Corte di Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 8619 del 2017, dep. il 03/04/2017

 

[…]

FATTI DI CAUSA

[…] ha convenuto in giudizio la Banca […] deducendo di aver acquistato Bond Cirio per E 104.030 in data 9/6/2000 senza indicazioni sulle caratteristiche del titolo ed i rischi dell’operazione né consegna dell’offering circular, né segnalazione sull’inadeguatezza dell’operazione; di aver acquistato il 27/10/2000 altri titoli identici per E 25.000 e il 7/10/2002 per ulteriori 12.000 euro, ad appena due mesi dal default. Ha richiesto, di conseguenza, la dichiarazione di nullità degli ordini ed in subordine l’accertamento del grave inadempimento dell’intermediario ed il risarcimento del danno nella misura dell’investimento eseguito od in quella inferiore accertata. Il Tribunale ha accolto la domanda risarcitoria ed ha condannato l’intermediario al pagamento di E 101.344,74, detratta la somma incassata dall’attore nel 2006. La Corte d’Appello ha integralmente riformato la pronuncia di primo grado rigettando la domanda. Ha svolto preliminarmente la seguente premessa: la violazione di norme comportamentali, intendendo per tali anche quelle che regolano il compimento delle singole operazioni d’investimento, dà luogo ad un inadempimento contrattuale idoneo a giustificare una domanda risarcitoria. ( Sull’investitore, pertanto, grava l’onere di provare il nesso causale tra la violazione della norma comportamentale ed il danno. Più esattamente esso deve provare che se avesse avuto complete informazioni da parte dell’intermediario, sarebbe stato dissuaso dal porre in essere l’investimento incentivato e non avrebbe acquistato i titoli. In ordine ai motivi di appello la Corte ha rilevato: l’appellato aveva già eseguito investimenti per oltre un milione di euro; aveva come obiettivo la “redditività con elementi di rivalutabilità”, aveva un’esperienza media in materia d’investimenti e una propensione al rischio media. Lo stesso aveva ricevuto il documento sui rischi generali che conteneva una chiara distinzione tra titoli di capitale e titoli di debito nonché la precisazione secondo la quale “quanto maggiore è la rischiosità tanto maggiore è l’interesse che l’emittente corrisponde all’investitore”. Lo stesso appellato aveva eseguito in precedenza investimenti in obbligazioni bancarie con tassi elevati e aveva in essere due gestioni patrimoniali di cui una caratterizzata da investimenti di azionariato internazionale ed un’altra bilanciata. Aveva inoltre utilizzato largamente i pronti contro termine. Ne consegue che il […] era un investitore interessato non tanto a depositare passivamente ma ad utilizzare il denaro come fonte di reddito. In particolare la delega dell’operatività su titoli azionari data ad un gestore specializzato non fa venir meno la componente del rischio presente su tale mercato, come risulta dalle schede informative che evidenziano gestioni in perdita. Infine non può ritenersi che gl’investimenti sub judice fossero all’epoca altamente rischiosi. Non ha particolare rilievo che fossero negoziati in grey market perché tale caratteristica non ha tradotto l’operazione in una sollecitazione all’investimento. L’acquisto fuori dai mercati regolamentati in relazione ad operazioni prive di rating è consentito, in quanto il rating è indispensabile solo per le sollecitazioni all’investimento. La mancanza del rating non è di per sé motivo di elevata rischiosità soprattutto in considerazione del fatto che nel 2002 la quotazione delle obbligazioni Cirio era superiore al prezzo di rimborso. La banca comunque pur con la diligenza dell’operatore qualificato non avrebbe potuto avvertire il rischio default. Tale indicazione non poteva venire dall’offering circular prodotta, relativa a titoli diversi rispetto a quelli acquistati. In conclusione gli investimenti effettuati non avevano natura più rischiosa di quelli usualmente già effettuati dall’investitore e sua moglie. Il riferimento al mercato estero è irrilevante perché nelle gestioni patrimoniali l’appellante si era già rivolto a tali mercati. Anche in ordine alle dimensioni degli investimenti, il giudizio non può che essere di adeguatezza dal momento che l’appellato aveva investito in bond Cirio meno del 10% del suo patrimonio complessivo. Complessivamente si è trattato di investimenti adeguati per quali non era necessario alcuno specifico avvertimento scritto apposto sugli ordini di acquisto. Quanto alla violazione di altri obblighi comportamentali si deve rilevare che la banca ha adempiuto agli obblighi legislativi provvedendo a consegnare il documento rischi generali e a raccogliere le informazioni sulla situazione patrimoniale degli investitori e la loro propensione al rischio Le prove testimoniali hanno inoltre evidenziato che le informazioni relative ai titoli sono state date oralmente sul rapporto rischio redditività in occasione del primo investimento mentre il secondo è stato eseguito perché il primo era andato bene. La ridotta entità di quest’ultimo fu proprio suggerita dall’ addetto bancario. Infine la banca, come già rilevato, non poteva essere in possesso d’informazioni ulteriori anche in funzione della sua dimensione locale tanto da aver acquistato in proprio parte delle obbligazioni che si trovano nel dossier titoli del cliente. Deve, in conclusione, escludersi che la banca fosse o potesse essere in possesso delle informazioni funzionali a lasciar presagire il default Cirio, con conseguente insussistenza di alcuna violazione dell’art. 28 reg. Consob. Sulla domanda risarcitoria proposta in via incidentale dalla moglie del […], formulata in via subordinata e sul presupposto che il marito non l’aveva informata delle sue scelte d’investimento osserva la Corte d’Appello che la stessa è del tutto generica. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione […], affidandosi a quattro motivi. Ha resistito con controricorso l’istituto bancario. […] ha proposto quattro motivi di ricorso incidentale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso è articolato in cinque sub censure riguardanti sia il vizio di omessa pronuncia e ultrapetizione, sia il vizio di omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, sia la violazione degli artt. 21 TUF e 26 Reg. Consob nonché dell’art. 2697 cod. civ. Rileva la parte ricorrente che pur avendo il Tribunale in primo grado ravvisato nel comportamento della banca la violazione dell’art.26 Reg. Consob nella parte in cui impone agli intermediari la conoscenza degli strumenti finanziari nonché dei prodotti diversi al fine di fornire un’informazione adeguata, è mancata la pronuncia sul punto della Corte d’Appello che si è limitata ad esaminare il profilo dell’adempimento degli obblighi (di natura diversa) contenuti nell’art. 28, pur essendo tenuta a decidere sul merito della domanda. Deve, pertanto, ritenersi che quanto meno sia stata omessa la motivazione su questo punto decisivo. Sotto altro aspetto poiché la banca non ha proposto specifico appello sulla accertata violazione dell’art 26, si è formato il giudicato sul punto e la Corte, rigettando la domanda risarcitoria ha violato il giudicato interno. Le considerazioni svolte sull’irrilevanza della mancanza dell’offering circular e di altre specifiche informazioni sono state rese ultra petita e senza rilevare la violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. Peraltro ove si ritenesse che la Corte d’Appello abbia fornito la propria motivazione in ordine alla violazione dell’art. 26 deve considerarsi del tutto erronea l’applicazione dei principi regolatori l’onus probandi. Non è l’investitore che deve provare che la banca fosse in
possesso di informazioni tali da lasciar presagire il successivo default dei Cirio bond ma il contrario, come espressamente stabilito nell’art. 23 TUF. Infine è contraddittoria ed illogica la motivazione nella parte in cui esclude che la banca anche per la sua dimensione locale e perché non partecipava direttamente alla vendita di titoli potesse essere in possesso delle informazioni relative al grado effettivo di rischiosità dei titoli e al futuro default. Da tali premesse sarebbe dovuta conseguire la mancata offerta ed acquisto del prodotto finanziario non conosciuto. La Corte non ha neanche tenuto conto della mancata acquisizione dell’offering circular limitandosi a dire che quello prodotto atteneva ad un’altra emissione. Ma dal suo esame era comunque emerso che la Cirio e le consociate già dalle prime emissioni del 2000 avevano un indebitamento consolidato in relazione al patrimonio e al reddito tale da non assicurare il pagamento dei propri debiti.

Nel secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 28 Reg. Consob anche in relazione all’allegato 3 del predetto regolamento nonché il vizio di motivazione ex art. 360 n.5 cod. proc. civ. per avere la Corte d’Appello ritenuto sufficiente ad integrare l’obbligo informativo posto a carico dell’intermediario la consegna del documento rischi generali, nonostante si trattasse di un documento del tutto
generico ed inidoneo di per sé (per la finalità indicata nell’allegato 3 al regolamento) a esaurire l’obbligo in questione, in quanto ai clienti devono essere fornite informazioni adeguate su natura, rischi, implicazioni di ciascuna operazione. Le deposizioni testimoniali, peraltro, non avevano evidenziato l’assolvimento all’obbligo di fornire informazioni specifiche e non potevano ritenersi del tutto attendibili. Rimane fermo che le obbligazioni erano prive di rating e ciò avrebbe imposto una conoscenza del prodotto superiore a quella riscontrabile in generale dalla stampa specializzata o dalla lettura dei bilanci sociali. Non venne detto che i titoli erano emessi in Lussemburgo e che non erano emessi dalla Cirio ma da una consociata estera. In conclusione è mancata un’informazione adeguata in concreto e trattandosi di operazioni inadeguate un ordine scritto.

Nel terzo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 2697 cod. civ e 1223 cod. civ. sulla premessa generale sull’onere della prova relativo al nesso causale tra inadempimento e danno che ricade sull’intermediario. E’quest’ultimo che deve provare che il danno provocato (la perdita) deriva da eventi estranei alla sua sfera di azione.

Nel quarto motivo viene dedotta la violazione dell’art. 21 T.U.F. e 29 reg. Consob nonché il vizio di motivazione per non avere la Corte d’Appello ritenuto inadeguato l’investimento in questione in correlazione al portafoglio dell’attore. La valutazione è stata svolta in esclusiva considerazione del profilo di rischio accettato nei precedenti investimenti dall’attore che non sceglieva titoli meramente conservativi, ma questa circostanza non è idonea a fare dell’investitore un operatore qualificato. In realtà il portafoglio titoli dell’attore era composto da titoli a rischio medio e basso oltre ad essere bilanciato.

I quattro motivi di ricorso incidentale della moglie sono adesivi rispetto a quelli del marito.

I motivi di ricorso principale e di ricorso incidentale prospettati da […] devono essere trattati congiuntamente ed accolti per quanto di ragione, salvo il terzo da ritenere assorbito per le ragioni che si svolgono in via preliminare.

La Corte d’Appello ha svolto una premessa sul regime dell’onere della prova in ordine al nesso causale che deve sussistere tra inadempimento allegato ed accertato e il danno patrimoniale subito a causa dell’investimento sub judice. Tale premessa, tuttavia, alla luce delle rationes decidendi su cui si fonda la decisione è superflua dal momento che la Corte esclude la sussistenza di una condotta inadempiente in capo all’intermediario.

Il ricorrente, tuttavia, ha svolto anche una censura avverso questa affermazione priva d’incidenza diretta sulla decisione impugnata al fine di evitare la formazione del giudicato su di essa nell’ipotesi di accoglimento degli altri motivi di ricorso.

Ne consegue l’ammissibilità della censura da ritenersi assorbita in quanto in nesso di pregiudizialità con le rationes decidendi relative alla valutazione della condotta dell’intermediario.

In ordine agli altri motivi devono disattendersi le censure contenute nell’articolazione del primo motivo di ricorso relative alle conseguenze dell’asserita omessa pronuncia della Corte d’Appello sulla violazione dell’art. 26 Reg. Consob n. 11522 del 1998. Deve rilevarsi che nella sentenza impugnata si esclude un difetto colpevole di’informazione preventiva da parte dell’intermediario, anche in considerazione della sua dimensione locale e del conseguente limitato accesso ad informazioni più dettagliate di quelle tratte dalla stampa anche di settore. Il profilo della violazione dell’art. 26 risulta affrontato, pur senza citare espressamente la disposizione regolamentare anche in relazione alla dedotta non necessità dell’offering circular ed all’irrilevanza dell’assenza del rating, trattandosi d’informazioni ritenute nella specie
superflue a fronte dell’opposta valutazione contenuta nella sentenza di primo grado. Deve, in conclusione, escludersi che sull’accertamento della violazione dell’art. 26 sopra citato si sia formato il giudicato.

In ordine alle censure specificamente dirette a evidenziare la violazione degli obblighi informativi e di diligenza posti a carico dell’intermediario nell’operazione d’investimento in questione devono essere svolte alcune considerazioni preliminari ed illustrato il quadro normativo di riferimento. Il ricorrente ha sottoscritto il …/98 un contratto di negoziazione titoli autonomo e separato dalle gestioni patrimoniali già in essere, consistente nell’acquisto di Bond Cirio per L. 104.030.000 nonché un altro per L. 25.000.000 il …/2000 ed infine un ultimo il 7…/2002 per L. 12.000.000. Il contratto ai sensi dell’art. l, comma 5, del d.lgs n. 58 del 1998, nella versione ratione temporis applicabile, ha ad oggetto un servizio d’investimento costituito dalla negoziazione, verosimilmente per conto terzi, di Bond (obbligazioni) Cirio. L’obbligo informativo in capo all’intermediario, comune a tutti i servizi d’investimento, anche diversi dalle gestioni patrimoniali è descritto in via generale nelle lettere a) e b) del comma l dell’art. 21 che si riportano: “Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrita’ dei mercati; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati. L’obbligo informativo ha, di conseguenza, una direzione biunivoca. Per un verso, con la prescrizione contenuta nella lettera b) il legislatore impone una condotta rivolta ad una puntuale conoscenza delle capacità patrimoniali e del profilo d’investimento del cliente oltre al più incisivo obbligo di mettere in condizione l’investitore di scegliere i propri investimenti all’esito di una conoscenza concreta della loro natura, dell’ attitudine e del grado di rischiosità, dell’andamento nel mercato di riferimento, del possibile rendimento. Per l’altro, nel postulare il generale obbligo di diligenza, correttezza e trasparenza contenuto nella lettera a) il legislatore impone all’intermediario un obbligo d’informazione preventiva quanto più possibile completa delle caratteristiche dell’investimento in modo da poter adempiere in modo diligente agli obblighi informativi indicati nella lettera b) e di non assumere comportamenti contrari al canone di trasparenza, celando all’investitore il grado di rischio presumibile relativo all’investimento proposto. Quest’ultima conformazione della condotta diligente dell’intermediario richiede la preventiva conoscenza delle caratteristiche effettive del prodotto finanziario che s’intende proporre, da ritenersi fondata su parametri specifici di prevedibilità dell’andamento dell’investimento sul mercato e non solo sulle informazioni generalmente riscontrabili dalla stampa, ancorché di settore. Le clausole generali che compongono le prescrizioni sopradescritte del T.U.F. sono integrate e puntualizzate dalla conformazione degli obblighi di condotta dell’intermediario contenuti negli artt. da 26 a 29 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998. Al riguardo l’art. 26, recante il titolo “regole generali di comportamento” stabilisce alla lettera e) che gl’intermediari hanno l’obbligo di acquisire una conoscenza degli strumenti finanziari, adeguata al tipo di prestazione da fornire. Il criterio dell’adeguatezza introduce necessariamente alla conoscenza concreta del prodotto, da intendersi non soltanto con riferimento alla sua denominazione generale (obbligazione, azione etc.) e alla generica proiezione dei rischi conseguenti all’acquisto di una o l’altra tipologia di prodotto finanziario. E’ necessaria la conoscenza del mercato ove sono collocati i prodotti (regolamentato o non regolamentato) e, nel caso in cui le operazioni finanziarie vengano svolte in grey market (mercato non ufficiale ove avvengono gli scambi senza il controllo dell’autorità di vigilanza per prodotti non ancora quotati) tale dato deve essere preventivamente fornito. Al fine di conoscere le caratteristiche effettive del prodotto ed il grado di rischiosità dell’investimento, può essere necessario acquisire altri parametri di valutazione quali il rating (ovvero la solvibilità dell’emittente) e l’offering circular (il prospetto informativo specifico delle obbligazioni da collocare destinato agli investitori istituzionali relativo in particolare alla solidità anche proiettiva dell’emittente, al rendimento, alle scadenze etc.). La conoscenza preventiva di tali ultimi dati è necessaria in particolare per i prodotti, quali le obbligazioni negoziate in mercati non regolamentati e nella fase del grey market, ovvero fuori di un controllo preventivo delle autorità istituzionali di vigilanza dei mercati. La Corte d’Appello, ritenendo adeguata la conoscenza del prodotto da parte della banca non ha fatto buon governo del rigoroso codice di comportamento relativo all’acquisizione delle informazioni necessarie sull’investimento, desumibili dal quadro normativo sopra delineato, con riferimento ad un prodotto obbligazionario incontestatamente collocato su mercato non regolamentato ed in grey market. In particolare la violazione dell’art. 21 T.U.F. nella declinazione contenuta nell’art. 26 lettera e) del Regolamento Consob n. 11522 del 1998 si coglie sia nella giustificazione della limitatezza della conoscenza della banca dovuta alla sua dimensione locale sia nell’irrilevanza della ignoranza sulla offering circular del prodotto e sul rating dell’emittente. Sul primo profilo è sufficiente evidenziare che la dedotta difficoltà di conoscenza dovuta alla “dimensione locale” dell’intermediario e alla mancanza di “un osservatorio privilegiato” dovuto alla partecipazione diretta alla vendita dei titoli non può, se non colpevolmente, condurre comunque alla proposta di acquisto rivolta ad un investitore non professionale (per la peculiarità della categoria, non riconducibile al cliente usuale investitore í cfr. Cass. 17333, 21887 e 23805 del 2015;). Ne consegue che non è rilevante, come invece ritiene la Corte d’Appelloi che l’intermediario non fosse in ( possesso di ulteriori informazioni rispetto a quelle fornite ma che altri dati non fossero disponibili. Ma sia il rating che l’offering circular, come riconosciuto anche nella sentenza impugnata, erano del tutto conoscibili (pag. 20 in ordine all’offering circular e pag. 12 in ordine al rating). Le spiegazioni relative all’irrilevanza di queste informazioni non sono plausibili. Sul rating si afferma che nel 2002 le quotazioni delle obbligazioni Cirio erano superiori al prezzo di rimborso ma l’informazione riguarda specificamente la solvibilità sulla quale, come desumibile dagli stralci della consulenza tecnica d’ufficio, riportata nella sentenza impugnata, c’era già allarme. Sull’offering circular la Corte contesta i dati di quello depositato dall’investitore in quanto non esattamente riferibili al prodotto ma non ne censura la mancata acquisizione da parte dell’intermediario. La mancata conoscenza e trasmissione delle informazioni necessarie ad illustrare le caratteristiche specifiche del prodotto determina, consequenzialmente anche la violazione dell’obbligo di fornire al cliente un’informazione adeguata sul prodotto, così come prescritto dall’art. 21 T.U.F e 28 Reg. Consob n. 11522 del 1998. Nella specie trovano applicazione i par. l e 2 del Regolamento secondo i quali :
Prima di iniziare la prestazione del servizi di investimento, gli intermediari autorizzati devono:
a) chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L’eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall’investitore;
b) consegnare agli investitori il documento sul rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari di cui all’Allegato n. 3.
Gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sul rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento.
Non forma oggetto di censura specifica l’obbligo di assumere informazioni sull’investitore contenuto nella lettera a) del par. 1. Il profilo soggettivo dell’investitore assume rilevanza nello sviluppo argomentativo della Corte d’Appello in ordine al rilievo secondo il quale poteva presumersi una propensione al rischio coerente con la tipologia di prodotti finanziari acquistati (bond Cirio), in virtù degli investimenti compiuti per le gestioni patrimoniali già in essere. Oltre a tale affermazione, l’assolvimento dell’obbligo informativo viene dedotto dalla consegna del documento “Rischi Generali” e dalle deposizioni testimoniali, in ordine alle quali deve segnalarsi che le informazioni riferite, peraltro di contenuto generico ed incompleto in ordine alle caratteristiche del prodotto, si collocano temporalmente in una fase successiva all’effettuazione quanto meno di una parte cospicua degli investimenti (pag. 15 sentenza impugnata). Come già osservato la carenza ingiustificata di conoscenza del prodotto determina un primo, decisivo vulnus all’adeguatezza informativa cui l’intermediario è tenuto ex art. 28 par. 2 Reg. Consob n. 11522 del 1998 anche per le operazioni non riguardanti la gestione di un portafoglio titoli. Deve aggiungersi che le scelte effettuate nelle gestioni patrimoniali (descritte come non aventi ad oggetto titoli meramente conservativi, pag.11 sentenza impugnata) risultano del tutto irrilevanti ai fini dell’esigenza di conoscere volta per volta le caratteristiche del prodotto che forma oggetto dell’investimento, non essendo in discussione nella specie la propensione al rischio dell’investitore ma l’oggettivo deficit informativo sulle ( caratteristiche e la rischiosità del prodotto, con ‘ conseguente impossibilità di valutare effettivamente il grado di aleatorietà dell’investimento proposto. Al riguardo deve osservarsi che la consegna del documento sui rischi generali non esaurisce l’obbligo informativo così come indicato in apertura dell’allegato 3 del citato Regolamento Consob: ” Questo documento non descrive tutti i rischi ed altri aspetti significativi riguardanti gli investimenti in strumenti finanziari (…) ma ha la finalità di fornire alcune informazioni di base sul rischi connessi a tali investimenti e servizi: lSi tratta, pertanto, di un documento che contiene indicazioni di carattere generale sulle macro categorie degli investimenti (azioni, obbligazioni, etc.) e su quale possa essere in astratto l’incidenza dei diversi fattori che compongono le caratteristiche di un investimento. E’ tuttavia necessario che tali indicazioni generali vengano riempite di contenuto concreto con riferimento allo specifico investimento proposto, così come richiesto nell’allegato 3 sopra citato, nel quale sono contenute le modalità attuative dell’assolvimento degli obblighi informativi indicati nell’art. 28. In particolare l’investitore deve conoscere in concreto i fattori di variabilità del prezzo che siano conoscibili o prevedibili e non esclusivamente rimessi alle fluttuazioni del mercato ed il rischio specifico, ovvero quello derivante dalle caratteristiche dell’emittente. In particolare in ordine a tale requisito l’allegato 3 precisa che “per gli investimenti in strumenti finanziari è fondamentale apprezzare la solidità patrimoniale delle società emittenti e le prospettive economiche delle medesime tenuto conto delle caratteristiche dei settori in cui le stesse operano”. Tale conoscenza, desumibile anche da indici come il rating o da prospetti come l’offering circular è stata del tutto esclusa dal bagaglio conoscitivo da assumere e da trasmettere all’investitore. Anche gli altri profili informativi indicati nell’allegato 3 non risultano esplorati alla luce della descrizione delle conoscenze del prodotto trasmesse all’investitore, così come risultanti dalla sentenza impugnata. Tali profili sono il rischio d’interesse in continuo adeguamento in correlazione all’andamento del mercato e la liquidità molto meno garantita nei mercati non regolamentati (cfr. allegato 3 sopracitato). Il giudice del merito è tenuto ad un rigoroso accertamento dell’assolvimento dell’obbligo informativo secondo il paradigma costituito dalla clausola generale contenuta nell’art. 21 lettera b) T.U.F. e dall’art. 28, integrato dall’all. 3 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998, al fine di verificare se la condotta dell’intermediario sia stata diligente sotto il duplice profilo della conoscenza preventiva delle effettive caratteristiche del prodotto e della trasmissione adeguata delle informazioni. Al riguardo l’orientamento di questa Corte è costante, sia in ordine al rilievo della contrattazione in grey market (Cass. 18039 del 2012, la fattispecie è del tutto analoga, il prodotto finanziario è identico ) quando le informazioni sulle caratteristiche del prodotto sono ancora inadeguate, sia in ordine al contenuto dell’obbligo informativo,che deve consistere non solo nelle gestioni patrimoniali ma anche nelle negoziazioni di titoli, in una condotta positiva, diretta specificamente a fornire le informazioni idonee a descrivere la natura, la quantità e la qualità dei prodotti finanziari ed a rappresentarne la rischiosità.(Cass. 8089 del 2016).
In conclusione devono essere accolti il primo il secondo e quarto motivo del ricorso principale e di quello incidentale per quanto di ragione con assorbimento del terzo. La sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione, la quale, deve attenersi ai seguenti principi di diritto: “L’obbligo di diligenza, correttezza e trasparenza posto a carico dell’intermediario nella negoziazione di titoli ex art. 21, comma l lettere a) e b) del d.lgs n. 58 del 1998 così come puntualizzato negli artt. 26 e 28(quest’ultimo integrato dall’allegato 3) del Regolamento Consob n. 11522 del 1998, richiede sia una conoscenza preventiva adeguata del prodotto finanziario, alla luce di tutti i dati disponibili che ne possano influenzare la valutazione effettiva della rischiosità (es. rating; offering circular; caratteristiche del mercato ove il prodotto è collocato), senza che possa giustificarsi il deficit delle informazioni assunte dall’intermediario sulla base della dimensione locale di esso e della non partecipazione diretta alla vendita dei titoli sia un’informazione delle caratteristiche del prodotto, concreta e specificaalla luce di tutti gli indicatori desumibili dall’art. 28 del Regolamento Consob così come integrato dall’allegato 3 al testo normativo”. […]