Corte di Cassazione, Sez. 2, Sent. n. 8611 del 2014, dep. il 11/04/2014

[…]

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 24 Cost., comma 2, – art. 111 Cost., commi 1 e 2, e art. 112 c.p.c., in relazione al D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 26 comma 5, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 54, 58 e 138 L.N..

Il […] rileva anzitutto che l’ordinanza impugnata ha violato il principio del contraddittorio, il principio di difesa e comunque il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, atteso che, a fronte della decisione della […], che aveva ritenuto l’esponente responsabile, con riferimento alla procura sopra menzionata, di aver invertito l’ordine delle forme prescritte dagli artt. 54 e 55, L.N. dell’atto in cui intervenga un comparente che non conosca la lingua italiana (ovvero italiano – inglese anziché inglese – italiano), la Corte territoriale ha respinto il reclamo invocando a sostegno di tale decisione un diverso addebito (ovvero la mancanza dell’indicazione chiara della ragione per la quale l’atto non era stato redatto in lingua italiana) non sanzionato dalla […] e non oggetto di contraddittorio tra le parti.

[…]

Con il secondo motivo il […], con riferimento al secondo addebito contestatogli, denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. 27 febbraio 1985, n. 52, art. 29, comma 1 bis, e art. 28 L. N. nonché violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, e D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 26.

Il ricorrente anzitutto rileva che l’art. 29, comma 1 bis, menzionato ha carattere generico e risponde all’esigenza di assicurare nelle vendite immobiliari sia un miglioramento pubblicistico della banca dati immobiliari sia una tutela in favore della parte acquirente, considerata più debole; peraltro deve ritenersi che la formulazione sommaria della norma non richieda formule tassative o sacramentali, essendo sufficiente che risulti dal testo dell’atto in maniera inequivoca il contenuto prescritto riguardante la corrispondenza tra i dati dell’immobile riportati in catasto e la planimetria depositata con lo stato di fatto; orbene in tutti gli atti redatti dall’esponente si rinveniva la descrizione dell’immobile con i confini, i dati catastali e l’intestazione in capo ai venditori di cui gli stessi affermavano la conformità in quanto contenuti nella dichiarazione di alienare l’immobile con quei dati censuari, l’attestazione di costoro con richiamo specifico alla L. 27 febbraio 1985, n. 52, art. 29, comma 1 bis, come introdotto dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 19, comma 14, convertito nella L. 30 luglio 2010, n. 122, e la dichiarazione di conformità dello stato di fatto dell’immobile alla planimetria catastale depositata. Il ricorrente inoltre assume che la possibilità prevista nello stesso comma 1 bis del menzionato art. 29 che la predetta dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali sia rilasciata da un tecnico conferma che detta dichiarazione può essere resa in ogni modo a tal fine idoneo, e che quindi non è indispensabile che la dichiarazione suddetta venga rilasciata dalla parte.

Il […] poi sostiene che erroneamente l’ordinanza impugnata ha ritenuto la natura assoluta della nullità prevista dall’articolo suddetto senza accertare se la nullità fosse invece di carattere relativo, in quanto il suo contenuto offriva diverse possibilità interpretative; infine sostiene che avrebbe comunque dovuto escludersi l’applicabilità dell’art. 28, della L. N., in quanto le nullità che rilevano ai fini disciplinari devono essere non solo assolute, ma anche inequivoche.

Il motivo è infondato.

La Corte territoriale con riferimento al secondo addebito contestato al notaio […]i ha rilevato che nei 280 atti di compravendita immobiliare urbana oggetto della sanzione era contenuta una clausola del seguente tenore: “Con riferimento alla norma di cui al comma 1 bis della L. 27 febbraio 1985, n. 52, art. 29, introdotto dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 19, comma 14, convertito in L. 30 luglio 2010, n. 122, i venditori attestano che, in base alla vigente normativa in materia catastale, lo stato di fatto dell’immobile da essi venduto è conforme alla planimetria catastale, regolarmente depositata”; ha poi richiamato il comma 1 bis menzionato secondo cui “gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.

L’ordinanza impugnata ha quindi affermato che, ai sensi di tale disposizione, la dichiarazione della conformità allo stato di fatto dei dati catastali che gli intestatari sono tenuti a rendere, deve essere contenuta negli atti a pena di nullità, e che essa non ammette equipollenti, ad eccezione della attestazione di conformità del tecnico quale espressamente disciplinata dalla norma; ne’, evidentemente, sarebbe sufficiente il mero richiamo, negli atti, al comma 1 bis suddetto, intendendo la norma garantire la cosiddetta coerenza oggettiva dell’immobile con i dati del catasto e mirando a far emergere eventuali fenomeni di elusione o evasione fiscale nel settore degli immobili urbani a causa del mancato aggiornamento dei dati oggettivi di tali immobili, ai quali può corrispondere una maggiore redditività reale rispetto a quella emergente dal catasto; l’altra finalità della norma era poi costituita dalla coerenza soggettiva, ovvero da un accertamento, spettante al notaio, della conformità tra titolari iscritti al catasto e le risultanze dei registri immobiliari, volendo in tal modo la legge contemporaneamente garantire la effettività dei dati emergenti dal catasto e dai pubblici registri immobiliari in vista dell’istituzione dell’Anagrafe Immobiliare Integrata, ovvero dell’allineamento delle banche date catastali con quelle della pubblicità immobiliare. Infine la Corte territoriale ha rilevato che la predetta nullità era assoluta, essendo espressamente comminata dalla legge, e che del resto una norma di recente applicazione richiede una interpretazione il più possibile aderente alla sua lettera ed al suo spirito. Ai fini della decisione è opportuno muovere dall’inquadramento della disposizione sopra richiamata – la cui violazione è all’origine della sanzione disciplinare irrogata al notaio […] – nell’ambito della disciplina normativa in cui è inserita.

Il testo del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, coordinato con la legge di conversione del 30-7-2010 recante: “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica” prevede al titolo secondo disposizioni di “Contrasto all’evasione fiscale e contributiva”; l’art. 19 poi reca una disciplina relativa all'”Aggiornamento del Catasto” con l’istituzione dell'”Anagrafe Immobiliare Integrata” finalizzata all’attestazione, ai fini fiscali, dello stato di integrazione delle banche dati disponibili presso l’Agenzia del Territorio per ciascun immobile, individuandone il soggetto titolare di diritti reali (commi 1 e seguenti); vi è inoltre la previsione, per i titolari di diritti reali sugli immobili che non risultano dichiarati in Catasto individuati secondo le procedure previste dal D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 36, convertito in L. 24 novembre 2006, n. 286, dell’obbligo di procedere entro il 31-12-2010 alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento fiscale (comma 8) e, per i titolari di diritti reali sugli immobili oggetto di interventi edilizi che abbiano determinato una variazione di consistenza ovvero di destinazione non dichiarata in Catasto, dell’obbligo di procedere entro lo stesso termine alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento catastale (comma 9); inoltre, qualora i suddetti soggetti titolari di diritti reali sugli immobili non provvedono in proposito entro il suddetto termine, l’Agenzia del Territorio procederà all’attribuzione (comma 10) ed agli accertamenti di competenza (comma 11).

In tale contesto normativo, chiaramente finalizzato ad un rilevamento ed a un aggiornamento a fini fiscali dei dati catastali corrispondenti all’effettiva consistenza patrimoniale degli immobili, si iscrive il successivo comma 19 sopra riportato che prevede, con riferimento agli atti pubblici ed alle scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, a pena di nullità, “la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale”; orbene è indubitabile che tale disposizione, come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale, e come emerge dal tessuto normativo in cui è inserita, ha lo scopo di evidenziare eventuali vicende di elusione o di evasione fiscale nell’ambito della proprietà immobiliare urbana derivanti dal mancato aggiornamento catastale dello stato degli immobili, conformemente alle finalità che l’art. 19 citato si propone di perseguire.

Ciò posto, è anzitutto agevole rilevare che l’espresso onere in tal senso imposto agli intestatari non può certamente ritenersi assolto, come pure dedotto dal ricorrente, tramite la dichiarazione di conformità allo stato di fatto dell’immobile della sola planimetria catastale depositata, ovvero di un documento relativo essenzialmente alla descrizione grafica dell’immobile stesso, che evidentemente non può sopperire alla mancanza della dichiarazione di conformità allo stato di fatto dell’immobile anche del distinto requisito richiesto dalla norma e rappresentato dai dati catastali, soltanto questi ultimi costituendo gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali dell’immobile rilevanti a fini fiscali; neppure può ritenersi, in presenza di un onere previsto espressamente a pena di nullità e della evidente finalità di natura pubblicistica della disposizione in esame, che la suddetta dichiarazione possa essere espressa implicitamente con il mero richiamo all’art. 1 bis suddetto, come pure è agevole osservare che proprio l’espressa possibilità che la predetta dichiarazione possa essere sostituita da una attestazione di conformità da parte di un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale conferma che, fuori di tale deroga, vige il principio inequivocabile dell’obbligo della suddetta dichiarazione di conformità a carico degli intestatari degli immobili urbani. Con riferimento poi all’ulteriore profilo di censura, riguardante la pretesa natura relativa della nullità comminata dalla norma predetta, occorre rilevare che tale ipotesi di nullità, pure denominate nullità speciali o di protezione, sono caratterizzate dalla finalità di una tutela limitata agli interessi soltanto di determinati soggetti (come ad esempio i contraenti deboli), evenienza del tutto estranea alla fattispecie, laddove le evidenziate finalità pubblicistiche di contrasto all’evasione fiscale delle disposizioni sopra richiamate, nel cui ambito è inserita e deve essere ricondotta la norma in oggetto, conducono logicamente a ritenere la natura assoluta della nullità ivi prevista.

Infine non può dubitarsi dell’applicabilità nella fattispecie dell’art. 28, comma 1, della L.N., che vieta al notaio di ricevere o autenticare atti “espressamente proibiti dalla legge”; infatti, posto che secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, detto divieto attiene ad ogni vizio che dia luogo ad una nullità assoluta dell’atto, con esclusione, quindi, dei vizi che comportano l’annullabilità o l’inefficacia dell’atto ovvero la stessa nullità relativa (Cass. 1-2-2001 n. 1394; Cass. 7-11-2005 n. 21493; Cass. 14- 2-2008 n. 3526), ne consegue che nella fattispecie, in presenza di una nullità avente natura assoluta, la sanzione disciplinare inflitta al notaio […] ai sensi della menzionata norma della L. N. è stata legittimamente irrogata; ne’ a diverse conclusioni può pervenirsi per il rilievo che il divieto per il notaio di ricevere atti nudi sussiste solo quando la nullità dell’atto sia inequivoca ed indiscutibile, dovendosi intendere l’avverbio “espressamente” che nel citato art. 28 qualifica la categoria degli “atti proibiti dalla legge” come “inequivocamente”; in tal senso è stato ritenuto che tale divieto si riferisce a contrasti dell’atto con la legge che risultino in termini in equivoci, anche se la sanzione della nullità deriva solo attraverso la disposizione dell’art. 1418 c.c., comma 1, per effetto di un consolidato orientamento interpretativo giurisprudenziale o dottrinale (Cass. 11-3-2011 n. 5913); orbene nella fattispecie la questione è risolta in radice dal rilievo che, come sottolineato dalla Corte territoriale, la nullità è espressamente comminata dalla legge, e dunque risulta superfluo a tal fine ogni particolare sforzo interpretativo.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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