Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 10653 del 2015, dep. il 22/05/2015

[…]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- […] conveniva in giudizio, avanti al tribunale di Roma, […] per sentirlo dichiarare tenuto a trasferirgli l’immobile sito in Roma, via […], come da compromesso sottoscritto da tale […], mandatario del predetto […].
Il convenuto si costituiva in giudizio, contestando la domanda dell’attore e chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna al risarcimento dei danni, in via solidale, con lo stesso […], di cui chiedeva ed otteneva la chiamata in causa. Quest’ultimo, tuttavia, rimaneva contumace.
Con sentenza n. 6703/91 il tribunale trasferiva dal […] all’attore l’immobile de quo alle condizioni di cui al preliminare sottoscritto dal […], subordinando l’efficacia del trasferimento al pagamento del saldo di Lit. 150.000.000, rigettava la domanda riconvenzionale, ritenuto sussistente il “mandato” tra il […] ed il […].
Tale decisione era annullata dalla Corte di appello per difetto del contraddittorio, non avendo partecipato al giudizio il coniuge in comunione legale dei beni del promittente venditore e comproprietario del bene promesso in vendita, […]. Riassunto il giudizio dal convenuto, il tribunale rigettava la domanda proposta dall’originario attore sul rilievo che il contratto non era stato stipulato dal coniuge in regime di comunione legale del promittente venditore.
La decisione era confermata dalla Corte di appello con sentenza dep. il 28 maggio 2009. Per quel che ancora interessa, i Giudici ritenevano:
l’obbligazione contratta da un coniuge non costituisce l’altro debitore solidale ;
nel caso di promessa di vendita di un bene immobile in comunione lo stesso è considerato un unicum inscindibile e non come somma delle quote facenti capo a ciascun proprietario;
– solo in presenza delle dichiarazioni di tutti i comproprietari che si fondono in una unica volontà, è possibile il trasferimento della proprietà dell’immobile;
– l’attività negoziale posta in essere dal coniuge promittente non avrebbe potuto sottrarre il bene alla contitolarità dell’altro coniuge, non potendo incidere sulla consistenza patrimoniale comune e sulle condizioni di vita della famiglia; trattandosi di negozio eccedente l’ordinaria amministrazione, sarebbe stato necessario il consenso anche dell’altro coniuge, ex art. 180 secondo comma cod. civ.
2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione […] sulla base di due motivi. Resistono con distinti controricorsi […], da un lato, e […], […], quali eredi di […], dall’altro.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia che la sentenza impugnata aveva omesso di esaminare un punto decisivo della controversia che era stato dedotto con l’appello ovvero l’avvenuta inutile decorrenza del termine annuale per proporre l’azione di annullamento del contratto da parte del coniuge in comunione legale dei beni che non vi aveva partecipato
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce che il negozio posto in essere dal coniuge in comunione legale dei beni senza il consenso dell’altro è annullabile e non inefficace per cui lo stesso è valido finchè non sia contestato con l’azione di annullamento per la quale è previsto un brevissimo termine di prescrizione : nella specie nessuna azione era stata mai proposta dalla controparte.
3.- I motivi – che, per la stretta connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.
Preliminarmente vanno disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dai resistenti : a) seppure il primo motivo denuncia anche l’omesso esame della questione sottoposta con l’appello, in sostanza entrambi i motivi formulano sostanzialmente la medesima censura ovvero l’error in iudicando (violazione di legge ex art. 360 n. 3) per la mancata applicazione alla fattispecie de qua della normativa dettata dall’art. 184 cod. civ. in tema di comunione legale fra coniugi; b) i quesiti sono conformi alle prescrizioni di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. in quanto pongono la questione di diritto risolutiva della controversia ovvero se il contratto preliminare concluso da uno solo dei coniugi in comunione legale dei beni sia produttivo di effetti finchè non venga annullato e possa essere oggetto di esecuzione in forma specifica.
Ciò premesso, la sentenza non ha tenuto conto dei principi in materia di comunione legale dei beni fra i coniugi, secondo cui la comunione, a differenza da quella ordinaria, è una comunione senza quote, nella quale i coniugi non sono individualmente titolari di un diritto di quota, bensì solidalmente titolari, in quanto tali, di un diritto avente per oggetto i beni della comunione (arg. ex art. 189, secondo comma); mentre nei rapporti con i terzi ciascun coniuge non ha diritto di disporre della propria quota, può tuttavia disporre dell’intero bene comune, ponendosi il consenso dell’altro coniuge come negozio unilaterale autorizzativo diretto alla rimozione di un limite all’ esercizio del diritto dispositivo sul bene (Cass. 14093/20101; 21058/2007; S.U. 17952/2007; Corte Cost. 311/1988), la cui mancanza, ove si tratti di bene immobile o mobile registrato, si traduce in un vizio del negozio: l’ipotesi regolata dall’art. 184 c.c., comma 1, dunque, si riferisce non ad un caso d’acquisto inefficace perché a non domino, bensì ad un caso d’acquisto a domino in base ad un titolo viziato. Se non è da dubitare che fra gli atti dispositivi del patrimonio, al quale fa riferimento l’art. 184 cod. civ., rientra anche il contratto preliminare di vendita di bene immobile (Cass. 14093/2010), va considerato che la norma citata – al fine di tutelare la rapidità e la certezza della circolazione dei beni in regime di comunione legale – disciplina il conflitto tra il terzo ed il coniuge pretermesso in modo più favorevole (rispetto alla comunione ordinaria) al primo, con il regime degli effetti tendente alla conservazione del negozio; di conseguenza il contratto, in assenza del consenso del coniuge pretermesso non è inefficace ne’ nei confronti dei terzi, ne’ nei confronti della comunione, ma è solo soggetto alla disciplina dell’art. 184 c.c., comma 1, ed è solamente esposto all’azione di annullamento da parte del coniuge non consenziente, nel breve termine prescrizionale entro cui è ristretto l’esercizio di tale azione, decorrente dalla conoscenza effettiva dell’atto, ovvero, in via sussidiaria, dalla trascrizione o dallo scioglimento della comunione (Cass. 12923/2012; n. 14093/2010; 16177/2001).
Erroneamente i Giudici hanno rigettato la domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare per la mancata partecipazione ad esso del coniuge del promittente senza tenere conto di quanto previsto dall’art. 184 cod. civ.
Per quel che rileva nella presente sede, è soltanto il caso di accennare – in relazione a quanto dedotto dai resistenti – che, ai fini di verificare l’applicabilità o meno dell’art. 184 cod. civ., occorre fare riferimento al regime patrimoniale dei coniugi esistente al momento dell’ atto dispositivo dei beni della comunione (ovvero, nella specie, il contratto preliminare) e non a quello del successivo scioglimento, mentre – tenuto conto di quanto si è detto a proposito dell’efficacia del contratto finchè non sia stato annullato – sono inconferenti nella presente sede le considerazioni sul momento in cui la […] avrebbe avuto conoscenza della conclusione del preliminare, dovendo qui anche sottolinearsi che la regola di cui all’art. 184 cod. civ. – che, con riferimento agli atti di disposizione di beni immobili o mobili registrati, dispone la prescrizione annuale dell’azione di annullamento, senza deroga alcuna – è speciale rispetto alla regola generale di cui all’art. 1442 cod. civ., riguardante la prescrizione quinquennale dell’azione di annullamento del contratto e la corrispondente imprescrittibilità’ della relativa eccezione; pertanto, il principio “quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum” non è applicabile, neppure in via analogica, ai casi previsti dall’art. 184 cod. civ. in materia di comunione legale tra coniugi (Cass.16099/2003). Infine la sentenza impugnata, nel respingere la domanda di danni avanzata ex art. 96 cod. proc. civ. […], ha ritenuto la validità del mandato conferito al […] con statuizione che non ha formato oggetto di impugnazione ( evidentemente da esperire con ricorso incidentale). La sentenza va cassata con rinvio […]