Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 12405 del 2007, dep. il 28/05/2007

[…]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 14 maggio 1984 la società […] srl, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Civitavecchia […] ed […], e premesso:
che era proprietaria di alcuni lotti, siti in […], località […], per averli acquistati dalla società […], la quale a sua volta aveva avuto la proprietà di un vasto comprensorio di terra, esteso circa 50 ettari, oggetto di lottizzazione, e che successivamente aveva stipulato una convenzione con quell’ente territoriale con atto di sottomissione del 25.11.1964;
che fra i lotti cedutile era compreso quello distinto col n. 138, della superficie di mq. 1456, del quale faceva parte pure la porzione di mq. 370, censita in catasto al foglio 132, particella 181, già 177/B;
che quel lotto era stato acquistato assieme ad altri con atto del notaio […] del 30.12.1972, e che nel nuovo catasto era stato indicato erroneamente con una superficie inferiore di circa 500 metri quadri, stranamente incorporati alla zona comune con quello confinante ceduto al nucleo […];
che successivamente il bene era stato oggetto di rettifica catastale, con l’inglobamento di quella porzione;
che nel mese di dicembre 1983 la Immobiliare […] appaltava la costruzione di un fabbricato con quattro appartamenti, di cui uno da realizzare sulla porzione controversa di mq. 370, su quel terreno, alla società […] snc. Di […];
che nel successivo mese di gennaio 1984 detta società alienava la frazione di lotto controversa, alla suindicata […], che vi costruiva pure una villetta;
che i convenuti contestavano la proprietà di quella frazione in capo alla società attrice, considerandola invece facente parte della zona comune;
tutto ciò premesso, l’Immobiliare […] chiedeva che il Giudice, espletata la relativa istruttoria, dichiarasse che il lotto di terreno nella sua interezza, e quindi comprensivo della frazione contesa, era di sua esclusiva proprietà, siccome indicato nella planimetria annessa al rogito del notaio […], e secondo la individuazione catastale dell’atto di rettifica. In subordine chiedeva che venisse dichiarata proprietaria per possesso ininterrotto ultradecennale.
[…] e […] si costituivano con comparsa di risposta, contestando la fondatezza delle domande “ex adverso” proposte. In particolare eccepivano che avevano acquistato il lotto 135 ed erano proprietari di 1/96 della zona comune destinata a verde, ed estesa mq. 3940, di cui faceva parte anche la porzione minore occupata da Immobiliare […] e da […]. Perciò chiedevano il rigetto delle domande di controparte, e svolgendo riconvenzionale, a loro volta invocavano declaratoria che la zona contesa fosse di proprietà comune al nucleo […]; che le opere ivi costruite fossero abbattute e le altre fossero arretrate alle prescritte distanze. Chiedevano inoltre di essere autorizzati a chiamare […] in causa;
il che veniva compiuto, mentre essi insistevano ancora una volta nelle domande già proposte in riconvenzione .
Con altra successiva citazione notificata il 21.12.1988 […] e […] convenivano in giudizio dinanzi allo stesso Tribunale la società […], l'”Immobiliare […]”, […], […], […] e […], lamentando che i convenuti avessero occupato “sine titulo” la porzione di terreno inglobata nel loro lotto, e che invece faceva parte dello spazio comune appartenente anche ai partecipanti alla comunione del nucleo […]. In particolare gli attori in questo processo lamentavano anche che i convenuti avessero costruito il fabbricato in violazione degli standards stabiliti contrattualmente, come pure delle norme sulla costruzione degli edifici. Perciò chiedevano declaratoria di proprietà comune della porzione controversa; l’abbattimento della costruzione realizzatavi e l’arretramento dell’altra, onde riportarla alle distanze legali, oltre al risarcimento del danno. I convenuti si costituivano con separate comparse di risposta, contestando la fondatezza delle domande proposte da controparte. Per l’Immobiliare è…] si costituiva la società […] srl, che l’aveva incorporata, e che faceva proprie le eccezioni e difese della prima.
Il Tribunale riuniva le due cause, per l’evidente connessione soggettiva e oggettiva; ne espletava l’istruttoria mediante l’acquisizione della documentazione offerta dalle parti; l’assunzione delle prove con i testimoni addotti, e l’espletamento di una consulenza tecnica di ufficio, seguita da tre altri supplementi di indagine. Indi, con sentenza n. 504 del 1998, in accoglimento delle domande della […] e della […], dichiarava che la porzione di terreno contesa faceva parte del lotto 138, già acquistato dall’Immobiliare […], secondo la planimetria allegata al rogito del notaio […] del 1972, e che la superficie corrispondeva a quella riportata nel catasto a seguito della richiesta rettifica;
rigettava le riconvenzionali, e condannava […] e […] al rimborso delle spese a favore di tutte le controparti. Avverso quella sentenza questi proponevano appello principale, al quale tutti gli appellati resistevano, e a loro volta […], […] e le due […] interponevano quello incidentale, dinanzi alla corte territoriale di Roma, la quale, con pronuncia in data 12 novembre 2002, ha rigettato entrambe le impugnazioni, condannando i primi al rimborso delle spese del grado a favore delle società […] Immobiliare ed […], e compensando quelle relative al rapporto con […], […] e le due […].
Quanto al gravame principale la corte di appello ha osservato che in base alla consulenza tecnica di ufficio, e ai successivi elaborati redatti a chiarimento, era emerso in modo preciso che la superficie di terreno acquistato dalla società Immobiliare […] era di mq. 1456, e che solo per errore dovuto alla inesattezza dei frazionamenti l’ufficio tecnico di Viterbo in sede di rilievo generale della lottizzazione per la formazione dei nuovi fogli catastali, aveva indicato l’entità del lotto inferiore di mq. 266, ed aumentato quella dello spazio a verde di mq. 570, tanto che successivamente, a seguito della rettifica intervenuta con atto rogato dal notaio […] nel 1983, i confini catastali erano stati modificati.
In ordine all’appello incidentale il Giudice di secondo grado ha osservato che nessuna imprudenza poteva riscontrarsi a carico degli appellanti principali nell’avere trascritto la domanda giudiziale relativa alla negatoria proposta. Infatti era stato necessario espletare un’indagine piuttosto complessa, anche in base alla errata rilevazione dei dati catastali. Pertanto il preteso danno, di cui gli appellanti incidentali chiedevano il risarcimento, non poteva essere riconosciuto.
Avverso tale sentenza […] e […] hanno proposto ricorso per Cassazione sulla base di un unico motivo, con cui vengono avanzate diverse argomentazioni, seguito da una breve memoria. […], […], […], […], […] e […] non hanno svolto alcuna difesa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

A) Con la prima argomentazione addotta pure col motivo indicato a sostegno del ricorso i ricorrenti deducono violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, senza indicare quali, nonché omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto la Corte di Appello non ha considerato che prima della stipula dell’atto da parte del notaio […] nel mese di dicembre 1972 tra le società […] e Immobiliare […] altri contratti e atti pubblici erano stati posti in essere, come quello di approvazione della lottizzazione e l’altro della convenzione tra quella cedente e il Comune di […], oltre a negozi di vendita di diversi lotti. Sicché la superficie del lotto 138 non doveva essere stabilita con riferimento all’atto di acquisto di essa, ma in correlazione a tutti gli altri pubblici precedenti. Quindi una nuova consulenza tecnica di ufficio era necessaria, onde eliminare ogni incertezza nella complessa questione. Peraltro la convenzione di lottizzazione intercorsa nel 1964 tra la […] e il Comune aveva riflessi di carattere pubblicistico, che non potevano essere trascurati nella decisione della presente controversia, e che il CTU aveva trascurato del tutto.
La doglianza è infondata.
La corte di appello ha osservato che il CTU aveva svolto delle indagini molto accurate, dalle quali era emerso che la superficie del lotto 138 era di mq. 1456 e non invece di 1190, sicché la porzione contesa faceva parte appunto di quella particella. Infatti le diverse risultanze riscontrate al catasto, e che peraltro dopo erano state eliminate, perché frutto di errore commesso in occasione della rilevazione generale dei frazionamenti effettuati nel comprensorio interessato della località “[…], non riproducevano l’esatta configurazione delle singole particelle, specie ove si considerasse che la originaria cedente aveva alienato quella superficie di mq. 1456 all’Immobiliare […]. Del resto egli aveva esaminato pure il piano di lottizzazione originario del mese di novembre 1964. Nè si poteva conferire affidamento alle conclusioni del consulente di parte, che si era riferito ai frazionamenti del lotto del nucleo […], ed inoltre si basava su elaborati redatti su scala 1/4000, per la quale indefettibilmente anche un minimo errore di un millimetro comportava dilatazioni e spostamenti rilevantissimi. Peraltro i rilievi catastali redatti in occasione del riordino di quell’ufficio, non si basavano su dati e punti fissi certi, sicché era necessario fare riferimento all’atto pubblico di acquisto del notaio […] del 1972.
Gli assunti sono esatti.
La corte di merito ha, con dovizia di particolare, specificato le ragioni, in virtù delle quali ha ritenuto di condividere le osservazioni e conclusioni cui il CTU era pervenuto, ponendole pertanto a base del proprio convincimento. Infatti i frazionamenti redatti tra il 1967 e il 1973 erano privi di punti di appoggio e riferimenti catastali precisi; non riportavano le misure, e costituivano solo un allegato grafico non rilevante ai fini probatori.
Si tratta perciò di valutazione corretta e adeguata, che non poteva certamente condurre al giudizio preteso dagli interessati. Nè è possibile in sede di legittimità prospettare un vaglio alternativo delle fonti di prova acquisiti dal Giudice di merito. Al riguardo infatti la giurisprudenza insegna che la valutazione degli elementi probatori è attività istituzionalmente riservata al Giudice di merito, non sindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento (V. anche Cass. Sent. 00 322 del 13/01/2003). Nè poi sarebbe configurabile il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione, che si concretizza solamente allorquando non è dato desumere l'”iter” logico-argomentativo condotto alla stregua dei canoni ermeneutici seguiti per addivenire alla formazione del giudizio.
In proposito invero questa Corte ha più volte statuito che il vizio di omessa (o insufficiente ovvero contraddittoria) motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del Giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal Giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cfr. pure Sez. U Sent. 0 5802 del 11/06/1998).
B) Con la seconda doglianza i ricorrenti denunziano le carenze suindicate, giacché la Corte distrettuale sarebbe caduta in errore, per non avere preso in considerazione che per la costruzione realizzata i convenuti erano stati sottoposti a procedimento penale, definito con decreto per amnistia. Infatti gli stessi vigili urbani avevano riscontrato che c’era stato uno sconfinamento di mq. 370, e che lo spazio relativo alla costruzione doveva essere solo quello di mq. 1190, come era stato evidenziato dal consulente di parte, geom. […]. Peraltro la stessa banca, che aveva concesso un mutuo per quel fabbricato, aveva escluso dal finanziamento l’area contesa. Persino i testimoni esaminati avevano dichiarato che quella porzione era delimitata da agavi e reti.
La censura in parte rimane assorbita da quanto enunciato rispetto a quella testè esaminata. Inoltre va aggiunto che essa è priva di fondamento.
La Corte di merito ha specificato che […] e […] non avevano fornito alcuna prova in ordine alla pretesa violazione delle norme urbanistiche da parte delle società e dei soggetti proprietari del fabbricato, ne’ che essi avessero violato quelle sugli standard costruttivi in vigore nella zona, e che d’altra parte i medesimi in particolare avessero subito un danno. Inoltre le eventuali irregolarità commesse in tale materia, lungi dal ledere diritti soggettivi tutelabili nella sfera privata, attenevano solamente ai rapporti tra i soggetti e la pubblica amministrazione, sicché nessuna tutela poteva essere accordata agli interessati in ordine a quelle doglianze, non concernenti appunto situazioni giuridiche qualificabili in quel senso.
L’assunto è esatto.
Infatti non v’ha dubbio che la rilevanza giuridica della licenza o concessione edilizia si esaurisce nell’ambito del rapporto pubblicistico tra Pubblica Amministrazione e privato richiedente o costruttore, senza estendersi ai rapporti tra privati, regolati dalle disposizioni dettate dal codice civile e dalle leggi speciali in materia edilizia, nonché dalle norme dei regolamenti edilizi e dei piani regolatori generali locali. Ne consegue che, ai fini della decisione delle controversie tra privati derivanti dalla esecuzione di opere edilizie, sono irrilevanti tanto la esistenza della concessione (salva la ipotesi della cosiddetta licenza in deroga), ovvero il fatto di avere costruito in conformità alla concessione, non escludendo tali circostanze, in sè, la violazione dei diritti dei terzi di cui al codice civile ed agli strumenti urbanistici locali; è del pari irrilevante la mancanza della licenza o della concessione, quando la costruzione risponda oggettivamente a tutte le disposizioni normative sopraindicate (V. pure Cass. Sentenze N. 2230 del 1985, N. 4208 del 1987, N. 6038 del 11/05/2000). C) Con la terza argomentazione i ricorrenti lamentano che la Corte di appello non abbia rilevato che venivano lesi diritti soggettivi di loro stessi, come privati, dal momento che i costruttori dovevano osservare le prescrizioni standard indicate nel piano di lottizzazione approvato dal Comune, e oggetto della convenzione con il medesimo da parte della società […]. Del resto quel piano era stato espressamente richiamato nell’atto del notaio […] del 1972, e perciò era vincolante anche per i successivi acquirenti del lotto. Esso prevedeva specifiche misure di distanza, altezza, volumetria e quant’altro.
La doglianza rimane assorbita da quanto più sopra osservato relativamente alle precedenti esaminate, non essendo indicato quale diritto dei ricorrenti sia stato leso dalle dedotte violazioni. Ne deriva che il ricorso va rigettato. […]