Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 13612 del 2013, dep. il 30/05/2013

[…]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 14/5/1997 […] e […] convenivano in giudizio […] in proprio e quali eredi di […] e ne chiedevano la condanna al risarcimento dei danni. Gli attori assumevano di avere acquistato il 4/7/1981 da […] un terreno di circa 90 mq. facente parte di una più vasta area interessata da un progetto urbanistico presentato dagli stessi venditori e approvato in data 30/6/1981 dalla Commissione edilizia comunale. Sull’intera area dovevano sorgere tre corpi di fabbrica, uno dei quali sull’area acquistata dagli attori che avevano chiesto la volturazione a proprio nome della concessione edilizia già richiesta dai […].
Con atto del 16/2/1982 i venditori asservivano un’area limitrofa vincolandone l’indice di fabbricabilità, allo scopo di rendere possibile l’edificazione del corpo di fabbrica previsto in progetto sull’area in precedenza venduta agli attori.
Con ordinanza del 30/10/1982 e successivamente con provvedimento del 15/3/1984 il Sindaco ingiungeva ai sigg. […] la sospensione dei lavori e la demolizione della parte del fabbricato fino a quel momento realizzato per le discordanze tra le misure riportate nel progetto e le misure reali, con riferimento alla distanza del fabbricato dal ciglio della strada che era risultata essere di metri 8,70 invece che di metri 10 come dichiarato e prescritto dalla normativa antisismica all’epoca vigente.
Gli attori, pur dando atto di avere ricevuto nel Marzo 1984 l’ingiunzione (almeno a quanto risulta sia dalla sentenza impugnata che dallo stesso ricorso per cassazione), affermano di essere stati ignari della difformità della quale venivano a conoscenza solo a seguito della sentenza emessa il 14/7/1987 dal Vicepretore di Ali Terme; le conclusioni degli appellanti, trascritte nell’epigrafe della sentenza di appello sono infatti del seguente letterale tenore “dichiarare che i coniugi […] hanno avuto piena e totale consapevolezza di tali difformità con la sentenza di Vice pretore di Ali Terme del 14/7/1987 e che pertanto l’azione non è prescritta”.
La demolizione era comunque evitata in quanto gli attori ottenevano una concessione in sanatoria, resa possibile da nuove norme per le zone sismiche, tuttavia potevano realizzare un edificio di dimensioni inferiori rispetto a quello dell’originario progetto in quanto la lunghezza del fabbricato era ridotta da 16,80 metri e 12 metri con la conseguenza che la superficie di ogni piano si riduceva da 120 mq. a 100 mq.; lamentavano, inoltre, danni per la sospensione lavori e per l’aumento del costo di costruzione.
Il processo proseguiva ne confronti […] in proprio e non quali eredi di […] nonché nei confronti di […] quale erede di […] e poi nei confronti di […] quali eredi della […]; in appello si costituivano […] quali eredi di […].
I convenuti, in primo grado, chiedevano il rigetto della domanda attorea per la mancata esplicitazione della causa petendi, per prescrizione del diritto al risarcimento e per infondatezza; in ordine alla causa petendi gli attori, con successiva memoria dichiaravano di esercitare un’azione di responsabilità contrattuale per la parziale evizione subita.
Il Tribunale di Messina con sentenza del 14/3/2001 rigettava la domanda risarcitoria rilevando che l’oggetto del contratto era un’area edificabile e che un’area edificabile era stata venduta.
[…] proponevano appello sostenendo che la possibilità di realizzare quanto previsto nel progetto edilizio costituiva la causa concreta del contratto di vendita e che il diritto al risarcimento dei danni scaturiva dall’evizione parziale; la prescrizione, a loro dire non era maturata perchè iniziava a decorrere solo dal 14/7/1987, data nella quale era accertata la divergenza tra il progetto e le distanze reali.
La Corte di appello di Messina con sentenza del 15/2/2006 rigettava l’appello accogliendo l’eccezione preliminare di prescrizione del diritto di garanzia per la mancanza di qualità promesse, così qualificata l’azione; la Corte territoriale riteneva decorso del termine annuale di prescrizione dell’art. 1495 c.c., dando atto della data dell’atto di vendita – 4/7/1981 – e della data della citazione – 14/5/1997; la Corte osservava che nei fatti dedotti dagli attori non poteva essere ravvisata un’evizione mancando una rivendica da parte di un terzo.
[…] propongono ricorso affidato a 5 motivi dei quali gli ultimi due sono proposti sul dichiarato presupposto della fondatezza della loro domanda.
Resistono con controricorso […] che preliminarmente eccepiscono l’inammissibilità del ricorso per carenze nell’esposizione del fatto; eccepiscono inoltre l’inammissibilità dei primi due motivi di ricorso in quanto il primo propone, per la prima volta, la qualificazione dell’azione come azione di responsabilità per vendita di cosa diversa da quella promessa e con il secondo i ricorrenti contrastano l’eccezione di prescrizione in ragione del riconoscimento del vizio senza che tale controeccezione sia mai stata in precedenza formulata.
I ricorrenti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono “violazione e falsa applicazione degli artt. 1497, 1495, 1490, 1494, 1218, 1453 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 1 e 5 c.c.,erronea applicazione della legge sostanziale, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”.
I ricorrenti sostengono che il bene immobile era stato comprato in funzione della realizzabilità del progetto edilizio così che, rivelandosi inattuabile quel progetto per la mancanza delle prescritte distanze dal ciglio della strada, la cosa venduta doveva essere considerata completamente diversa da quella pattuita, con la conseguenza che la prescrizione decennale doveva decorrere dalla sentenza penale del 14/7/1987 con la quale si era definitivamente accertato che la discordanza scaturiva dall’erronea previsione progettuale.
1.1 Il motivo si risolve nella censura della sentenza nella parte in cui ha ricondotto la fattispecie di fatto prospettata (per la quale gli attori chiedevano i danni per evizione parziale) alla responsabilità del venditore che consegna una cosa mancante delle qualità promesse; solo nel ricorso per Cassazione i ricorrenti prospettano una responsabilità del venditore derivante dall’avere consegnato una cosa del tutto diversa da quella oggetto del contratto; con questa diversa prospettazione rimane peraltro immodificato il fatto posto a fondamento della richiesta risarcitoria, ossia che sul suolo acquistato poteva essere costruito un edificio di superficie minore rispetto a quella del progetto edilizio esistente al momento della vendita.
Il motivo è, tuttavia, infondato quanto alla pretesa di ricondurre il fatto alla vendita di cosa diversa da quella oggetto del contratto, perché oggetto del contratto era un terreno da edificare secondo un progetto e la cosa è rimasta immutata sia nella sua materialità, sia nella sua idoneità ad essere edificata, mentre la minore potenzialità edificatoria sulla quale i ricorrenti facevano affidamento in base al progetto approvato, come esattamente rilevato dalla Corte territoriale, incide sulle qualità promesse (cfr. Cass. 13/1/1984 n. 276; Cass. 14/10/2010 n. 21229); in ogni caso, la responsabilità del venditore, con riferimento alla situazione di fatto prospettata, non potrebbe essere ricondotta all’ipotesi della vendita di cosa diversa.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 c.c. in relazione agli artt. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c., violazione degli artt. 2935 e 2944 c.c., l’omesso esame di un prova o di un fatto decisivo, l’insufficiente o contraddittoria motivazione, la nullità della sentenza. Il motivo si compendia nella censura secondo la quale la Corte di Appello non avrebbe considerato che la denunzia del vizio non sarebbe stata necessaria in quanto il venditore lo avrebbe riconosciuto, con ciò riconoscendo anche il proprio debito; la prova di tale riconoscimento sarebbe costituita dalla sentenza del vice pretore di Alì Terme del 14/7/1987.
Nella sentenza era stato affermato che della discordanza tra il progetto edilizio e le reali distanze del fabbricato dal ciglio della strada gli odierni ricorrenti non erano imputabili; i ricorrenti sostengono che il […], nel processo penale, avrebbe riconosciuto i vizi ammettendo le difformità.
2.1 n motivo è inammissibile. Anche ammettendo che l’interruzione della prescrizione sia una eccezione in senso lato, suscettibile di essere rilevata di ufficio (v. Cass. S.U. 27/7/2005 n. 15661, peraltro non costantemente seguita: v. Cass. 11/3/2011 n. 5872) il fatto del riconoscimento del debito o del vizio non è mai stato introdotto nel giudizio di merito quale difesa rispetto all’eccepita prescrizione; la sentenza del vice pretore è stata richiamata, almeno a quanto risulta dalle conclusioni degli appellanti trascritte nell’epigrafe della sentenza, per sostenere che essi non erano a conoscenza del vizio della cosa se non dalla data di quella sentenza e non per sostenere che vi sarebbe stato un riconoscimento del vizio da parte del venditore o l’assunzione dell’impegno a rimediarvi; il motivo è inoltre inammissibile perché introduce un fatto del tutto irrilevante nel presente processo: se effettivamente il venditore avesse ammesso la difformità del progetto edilizio, non si vede come questa dichiarazione, resa in un processo penale per illecito urbanistico, possa valere come riconoscimento del diritto del compratore ad ottenere il risarcimento del danno o riconoscimento di un vizio della cosa oggetto del contratto, che resta pur sempre il terreno edificabile; inoltre il riconoscimento del vizio non modifica la prescrizione annuale di cui all’art. 1495 c.c. salvo determinarne l’interruzione e la successiva ripresa sempre nel termine annuale; solo l’impegno ad eliminare il vizio determina il sorgere di un’obbligazione collaterale avente il termine decennale di prescrizione e avente ad oggetto non già il risarcimento del danno derivante dal vizio, ma l’eliminazione del vizio della cosa (cfr. Cass. SSUU 13/11/2012 n. 19702), il cui inadempimento può essere fatto valere con una autonoma domanda risarcitoria che non è stata proposta.
3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 1483, 1484, 1489, 1479 c.c. e il vizio di motivazione.
Il motivo si risolve nella censura della sentenza perché non ha ricondotto la fattispecie di fatto prospettata (nella quale gli attori chiedevano i danni per evizione parziale) alla responsabilità del venditore per avere venduto una cosa gravata da oneri e diritti altrui (art. 1489 c.c.) e alla responsabilità per la conseguente evizione parziale ravvisabile nel fatto che la costruzione era stata realizzata con una superficie inferiore a quella del progetto per effetto dei diritti fatti valere dal Comune di […].
3.1 n motivo è inammissibile:
– sia perché l’esame della sua fondatezza o infondatezza presuppone la previa valutazione di merito (non richiesta nelle fasi di merito) sulla apparenza o non apparenza degli oneri e dei diritti gravanti sulla cosa con riferimento alla normativa vigente al momento del contratto e non alla normativa sopravvenuta; questa valutazione, inoltre, avrebbe dovuto essere espressa tenendo conto che veniva in discussione la normativa all’epoca vigente e il mero riscontro tra l’elaborato progettuale e le distanze materiali dal ciglio della strada; nessuno di questi elementi ha formato oggetto di deduzioni e di valutazioni nelle fasi di merito;
– sia perché, deducendosi la responsabilità per un fatto evizionale (e quindi indipendente dall’accertamento di una colpa del venditore), concretatosi con l’ordine di demolizione del 17/3/1984, nessuna influenza, ai fini del maturare della prescrizione decennale, spiegherebbe la diversa qualificazione giuridica della fattispecie, tenuto conto che l’azione risarcitoria è stata proposta solo il 14/5/1997, ossia quando il termine decennale era abbondantemente decorso.
4. Con il quarto motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 191 c.p.c. e il vizio di motivazione per la mancata nomina di un consulente tecnico di ufficio per l’accertamento dei danni da risarcire.
4.1 Il motivo è assorbito dalla rilevata infondatezza del ricorso avverso la sentenza che ha escluso il diritto al risarcimento del danno.
5. Con il quinto motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 91 c.p.c. quanto alla loro condanna al pagamento delle spese processuali; il motivo si fonda sul presupposto che la loro domanda fosse fondata e che pertanto dovesse essere riconosciuta la soccombenza delle controparti.
5.1 11 motivo è assorbito dalla rilevata infondatezza della domanda attorea e del ricorso avverso la sentenza che ha escluso il diritto al risarcimento del danno.
6. In conclusione il ricorso deve essere rigettato […]