[…]
SVOLGIMENTO DELPROCESSO
Con atto per notar […] del 6.11.81 rep. 30775, […]i proponeva all’allora Mensa Arcivescovile di […] di donarle una zona di terreno di sua proprietà; successivamente, lo stesso […], che nel frattempo s’era sposato divenendo anche padre, poiché la beneficiaria non aveva sin’allora dato segno di voler accettare la donazione propostale, con atto notificato il 4.7.89 comunicava alla stessa la revoca della proposta, volontà ribadita per atto pubblico notar […] del 27.1.92 a sua volta notificato il 28.2.92.
Ancora in seguito, il legale rappresentante dell’Ente Arcidiocesi di […], assumendo essersi in tal guisa mutata la denominazione della Mensa Arcivescovile ed all’uopo allegando certificazione, per atto notar […] 23.5.94 dichiarava d’accettare la donazione e tale atto notificava al […] il 15.6.94. A questo punto, il […] conveniva l’Arcidiocesi di […] innanzi al tribunale di quella città onde sentir dichiarare nullo ed inefficace l’atto notificatogli per difetto di legittimazione del dichiarante e per inesistenza o prescrizione del diritto esercitato. Costituendosi, l’Ente Arcidiocesi contestava gli argomenti dell’avversa domanda e ne chiedeva il rigetto.
Con sentenza 29.1.97, l’adito tribunale accoglieva la domanda attorea sotto il profilo dell’intervenuto esercizio del diritto d’accettare la donazione oltre il termine decennale utile ex lege in materia di diritti patrimoniali.
Avverso tale decisione l’Ente Arcidiocesi proponeva appello cui resisteva il […] spiegando, a sua volta, appello incidentale. Con sentenza 9.3.99, la sezione distaccata di […] della corte d’appello di Lecce – ritenuto che per la successione delle norme in materia d’Enti ecclesiastici succedutesi tra il 1985 ed il 1986, l’originario convenuto Ente Arcidiocesi di […] avesse acquisto “il patrimonio” della preesistente Mensa Arcivescovile, nel quale andavano ricompresi i diritti inerenti la proposta di donazione de qua, e fosse, pertanto, legittimato passivo nell’azione promossa dall’originario attore […]; che quest’ultimo avesse correttamente notificato le dichiarazioni di revoca della proposta di donazione a mani del legale rappresentante dell’Arcidiocesi e nella sede di questa, soggetto, come visto, legittimato; che la proposta di donazione del 1981 non fosse stata accettata se non nel 1994 senza atti interruttivi intermedi, tale non potendosi considerare il procedimento amministrativo d’autorizzazione non comunicato alla controparte; che una proposta, anche irrevocabile, non accettata formalmente in un lasso di tempo ragionevole quale il decennio, potesse essere legittimamente revocata; che dei danni chiesti dal […] non vi fosse dimostrazione alcuna – respingeva entrambi gli appelli.
Avverso tale decisione l’Ente Arcidiocesi di […] proponeva ricorso per cassazione con un unico motivo.
Resisteva il […] con controricorso proponendo anche ricorso incidentale con unico motivo cui faceva seguire memoria, peraltro depositata fuori termine.
Al ricorso incidentale resisteva il ricorrente principale con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente principale – denunziando violazione degli artt. 782, 1326, 1329, 2946 CC nonché vizio di motivazione – si duole che la corte territoriale abbia ritenuto di ravvisare nel decorso di un decennio il termine ragionevole per la prescrizione del diritto d’accettare la donazione facendo erroneo riferimento all’art. 782 CC, altrettanto erroneamente equiparando tale diritto ad un diritto di credito, in fine facendo applicazione dell’art. 2946 CC laddove avrebbe dovuto trovare applicazione l’art. 1326 CC e si sarebbe dovuto tener conto della situazione concreta e delle particolarità dell’affare, in ispecie delle modificazioni che nell’arco del periodo considerato erano intervenute nella persona giuridica destinataria della proposta.
Il motivo non merita accoglimento.
Il legislatore ha posto quale unica condizione necessaria e sufficiente perché la prescrizione decorra il fatto oggettivo che il titolare del diritto, pur potendolo, si astenga dall’esercitarlo, conferendo così all’inerzia del detto titolare, protrattasi per un lasso di tempo incompatibile con la natura del diritto ed oltre ogni ragionevole tolleranza, l’effetto d’estinguere il diritto stesso; la ratio dell’istituto comporta inoltre, come questa Corte ha avuto ripetute occasioni d’evidenziare, che ai fini della sua applicazione rilevi solo la possibilità legale d’esercitare il diritto e non influisca, per contro, salve le eccezioni stabilite dalla legge, l’impossibilità di fatto d’agire in cui il titolare sia venuto a trovarsi. Spetta al giudice del merito – con apprezzamento di fatto che si sottrae al controllo di legittimità se correttamente e congruamente motivato – di stabilire, secondo le circostanze, la ricorrenza dei menzionati presupposti perché, nel caso concreto, l’inerzia del titolare del diritto abbia prodotto l’effetto estintivo ricollegatole dalla previsione normativa.
Nella specie, andava, dunque, anzi tutto pretermessa, come correttamente lo è stata, qualsiasi considerazione in ordine ad eventuali difficoltà oggettive che la parte destinataria della proposta di donazione potesse aver incontrato nell’attivarsi al fine d’accettare la proposta stessa; non senza considerare, sia pur solo ad abundantiam, non solo che tra la proposta del 1981 e le mutazioni intervenute tra il 1985 ed il 1986 nella persona giuridica di essa destinataria era già decorso tempo ampiamente sufficiente all’accettazione, così come ebbe ad aggiungersene altrettanto ed a maggior ragione sufficiente tra l’indicato periodo delle dette mutazioni e la revoca operata dal proponente nel 1992, ma anche che, degli enti sotto varie denominazioni succedutisi nella titolarità del diritto d’accettazione essendo rimasto legale rappresentante sempre il medesimo soggetto giuridico Arcivescovo di […] (indipendentemente dalla persistenza o meno della medesima persona fisica) in virtù della funzione svolta, neppure potevasi fondatamente ritenere che le menzionate mutazioni potessero aver inciso concretamente sulla possibilità oggettiva di far luogo alla necessaria accettazione.
La scelta, poi, della corte territoriale di fare riferimento, come parametro di valutazione d’un lasso di tempo ragionevole oltre il quale dovesse ritenersi ormai estinto il diritto d’accettare la proposta di donazione, al principio generale della prescrizione decennale dei diritti – non di credito, ma di tutti i diritti, indipendentemente dalla loro qualificazione, salve le eccezioni espressamente stabilite dalla legge – posto dall’art. 2946 CC, fornisce all’assunta decisione una motivazione del tutto appagante e conforme a diritto; in vero, quand’anche si fosse inteso applicare il criterio posto dall’art. 1326 sec. co. CC – secondo la tesi del ricorrente che, peraltro, non indica in base a quali elementi si sarebbe dovuto determinare in un più lungo lasso di tempo il termine di prescrizione – una ragionevole generica valutazione della natura dell’affare e degli usi non avrebbe comunque consentito, in difetto di una specifica disposizione di legge al riguardo ed in difformità dalla generale previsione dell’art. 2946 CC, di concedere al destinatario d’una proposta di donazione un termine per l’esercizio del diritto d’accettazione superiore a quello dell’ordinaria prescrizione di qualsiasi diritto.
Anzi, la decisione in esame si rammostra, se del caso, sin troppo favorevole al destinatario della proposta, giacché dovevasi tener conto della particolare natura della proposta stessa che – ove si consideri l’esigenza generale, variamente tutelata dall’ordinamento, di evitare il protrarsi dannoso per la collettività, sotto il profilo giuridico, delle situazioni d’incertezza nella titolarità dei diritti specie immobiliari, e, sotto quello economico, delle situazioni ostative alla libera circolazione dei beni – avrebbe obiettivamente richiesto una sollecita accettazione, stante anche la dubbia ipotizzabilità, per l’accettazione delle donazioni, di quel possibile interesse del titolare a ritardare l’esercizio del diritto in ragione del quale si è posto alla prescrizione ordinaria il termine decennale. Tant’è che all’art. 782 u.c. CC – cui la corte territoriale ha fatto riferimento non per dare ad esso impropria applicazione, come sostenuto dal ricorrente, ma per trovare indiretta conferma alla soluzione adottata il legislatore ha posto per la revoca della proposta di donazione effettuata in favore delle persone giuridiche il termine d’un solo anno dalla notificazione al proponente dell’avvio del procedimento amministrativo d’autorizzazione all’accettazione, termine che all’evidenza testimonia della preoccupazione e dell’attenzione del legislatore per le problematiche giuridico-economiche, già sopra accennate, connesse ad un eccessivo protrarsi del tempo intercorrente tra la proposta e l’accettazione delle donazioni; tempo che, dunque, anche in ragione di tale manifesto sfavore del legislatore in ordine alla sua estensione, non può certamente dilungarsi oltre il termine ordinario di prescrizione ma, se mai, in relazione ai singoli casi concreti, essere determinato in misura minore e di gran lunga.
Nell’impugnata decisione non sono, dunque, ravvisabili i vizi di violazione di legge e d’inidonea motivazione denunziati dal ricorrente principale.
Con l’unico motivo proposto, il ricorrente incidentale – denunziando falsa applicazione di norme di diritto ed inidonea motivazione – si duole che la corte territoriale abbia ritenuto l’Ente Arcidiocesi legittimato, sostanzialmente e formalmente, ad accettare la proposta di donazione da lui fatta non ad esso ma all’estinta Mensa Arcivescovile.
Il motivo è inammissibile.
Poiché, infatti, l’interesse ad impugnare va desunto dall’utilità giuridica, non di mero fatto, che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone e si collega, quindi, alla soccombenza, anche parziale, nel precedente giudizio, mancando la quale l’impugnazione è inammissibile, la parte totalmente vittoriosa in appello (o nell’unico grado di merito) è legittimata a proporre ricorso incidentale solo nell’ipotesi in cui intenda riproporre l’eccezione di giudicato interno, diversamente risultando priva d’interesse processuale al ricorso, onde le è solo consentito, con riferimento alle domande od eccezioni espressamente non accolte dal giudice di merito, proporre ricorso incidentale condizionato all’accoglimento, almeno parziale, del ricorso principale, poiché in tale ipotesi, per effetto della cassazione della sentenza impugnata, viene meno la sua posizione di parte del tutto vittoriosa, sorgendo, in tal modo, l’interesse all’impugnazione; peraltro, lo stesso esame del detto ricorso incidentale condizionato – tranne ove vi si riprospetti una questione di giurisdizione, nel qual caso vale il principio secondo cui la contestazione del potere decisorio del giudice in quanto carente di giurisdizione non può essere condizionata al risultato della lite, inerente al merito – può essere effettuato solamente se il ricorso principale sia stato giudicato fondato, in caso contrario, infatti, il ricorrente incidentale manca d’interesse alla pronuncia sulla propria impugnazione, il cui eventuale accoglimento non potrebbe procurargli un risultato più favorevole di quello derivante dal rigetto del ricorso principale.
Il che è quanto si verifica nel caso di specie. Nessuno degli esaminati ricorsi merita, dunque, accoglimento, l’uno in quanto infondato, l’altro in quanto inammissibile. […]