Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 14981 del 2002, dep. il 24 ottobre 2002

[…]

 

 

 


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 17-20/7/1987 […] convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, […] esponendo che dopo la morte, avvenuta in Frascati il 26 agosto 1986, del proprio genitore […] di cui erano eredi legittimi, avevano appreso che il predetto aveva aperto un libretto al portatore contrassegnato dal n. […] presso la Banca Popolare di […] donandolo, sul finire del luglio 1986, alla nipote […] il cui, marito […], il 4 settembre successivo, aveva prelevato dallo stesso la residua somma di L. 100.000.000.

Chiedevano pertanto gli attori che venisse dichiarata la nullità della donazione per difetto di forma, con la condanna della convenuta alla restituzione dell’indicato importo portato dal titolo, con interessi e rivalutazione.

Costituitasi, la convenuta assumeva che, avendo ella provveduto per oltre dieci anni all’assistenza morale e materiale dello zio, abbandonato dai figli sin dal 1966, nel trasferimento del libretto “de quo” doveva ravvisarsi il pagamento di un corrispettivo a titolo di ricompensa per i servigi e le cure ricevute e non già una donazione.

Chiedeva pertanto il rigetto dell’avversa domanda, vinte le spese di lite.

Acquisiti alcuni documenti, concesso il sequestro conservativo sui beni della […], espletata prova testimoniale il Tribunale, con sentenza 11.5.1995, rigettava la domanda attorea, revocava il disposto sequestro e condannava gli attori al pagamento della metà delle spese di lite, che compensava per il residuo.

Proposto gravame dai soccombenti, riassunta la causa dagli appellanti stante il decesso della […], con costituzione in giudizio di […], figli ed eredi dell’appellata, con sentenza 9.12.98-28.1.99 la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’impugnazione, dichiarava nulla la donazione effettuata da […] in favore di […] e condannava gli eredi di costei alla restituzione, in favore degli appellanti, della somma di L. 100.000.000, con gli interessi dal 20.7.87 al soddisfo, compensando interamente tra le parti le spese del doppio grado. Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, illustrati da memoria, […].

Resistono con controricorso gli intimati.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denunzia in riferimento all’art. 360 n.ri 3 e 5 cpc, violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 277 e 359 stesso codice, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia. Contestano i ricorrenti la statuizione della Corte del merito circa la sussistenza nel trasferimento del libretto in discorso di una donazione remuneratoria e non invece, come ritenuto dal primo giudice, di un adempimento, sia pur in parte, di obblighi nascenti da rapporto di lavoro.

Con il secondo mezzo si deduce, sempre in riferimento all’art. 360 n.ri 3 e 5 cpc, violazione e falsa applicazione degli artt. 770, 1987 e 2034 cc, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia.

Rilevano i ricorrenti che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto, con motivazione del tutto inadeguata e contraddittoria, che “l’attribuzione patrimoniale determinata da gratitudine verso il destinatario sia riconducibile comunque sia al concetto espresso dall’art. 770 cc sia a quello contenuto nell’art. 2034 comma primo stesso codice senza tener conto del fatto che nella donazione remuneratoria il dovere di riconoscenza lascia sussistere integro “lo spirito di liberalità” esaurendo l’elemento psicologico che funge da movente della volizione e produce direttamente lo scopo di arricchire, mentre nel caso di specie la rimunerazione era stata determinata – come correttamente ed esaurientemente motivato dal primo giudice – da un fine di corrispettività rispetto alle prestazioni ricevute per dieci anni e dalla volontà del […] di rendersi rispettoso dell’impegno assunto nei confronti della nipote di compensarla adeguatamente per quanto ricevuto. Il ricorso è infondato per le ragioni che qui di seguito vanno ad esporsi.

Premesso che la prestazione di assistenza verso un congiunto non può essere interpretata, di per sè sola, come fatto rivelatore di un rapporto di lavoro essendo possibile che sia stata determinata da meri affetto e benevolenza e che per affermare l’esistenza di un rapporto siffatto occorre invece la prova che “ab initio” vi sia stata l’assunzione, da una parte, dell’impegno a prestar assistenza sia pure con discrezionalità nella scelta dei modi, e dall’altra dell’obbligo di corrispondere un corrispettivo, ancorché con rinvio della sua determinazione ad un momento futuro, ha osservato innanzi tutto la Corte del merito che mancando del tutto nel caso di specie una prova siffatta, dovesse escludersi che, nel trasferimento del libretto bancario potesse ravvisarsi, sia pure in parte, l’adempimento di obblighi nascenti da un rapporto di lavoro. Era altresì da escludere, ad avviso della Corte territoriale, che gli intenti manifestati dal […] nelle dichiarazioni riportate nel capitolato probatorio, esprimenti da un canto gratitudine per i servigi ricevuti e dall’altro l’intenzione di ricompensarli, dichiarazioni non concretizzantesi in una mera e formale assunzione dell’impegno di erogare una soma determinata, avessero comportato assunzione, da parte del predetto, di un dovere giuridico.

Tanto chiarito non restava pertanto, secondo il giudice d’appello, che stabilire se quel trasferimento dovesse essere qualificato come donazione remuneratoria o come adempimento di un dovere morale. Tenuto conto peraltro della circostanza che i numerosi tentativi esperiti, in dottrina e giurisprudenza, per individuare una linea di demarcazione tra la liberalità remuneratoria, mossa da riconoscenza verso il donatario, e l’adempimento di obbligazioni naturali non avevano dato risultati appaganti essendo un’attribuzione patrimoniale determinata da gratitudine verso il destinatario comunque riconducibile sia al concetto espresso dall’art. 770 cc sia a quello contenuto nell’art. 2034 comma primo stesso codice e ritenuto che l’espressa inclusione degli atti anzidetti tra le liberalità remuneratorie dimostrava che il legislatore aveva voluto direttamente risolvere il problema nel senso di separare i debiti di riconoscenza dalla categoria dei doveri morali e sociali ed assumerli come motivi delle donazioni ex art. 770 cc, ha conclusivamente riconosciuto quel giudice che nel richiamato trasferimento del libretto “de quo” non potesse che ravvisarsi una donazione remuneratoria, nel caso di specie nulla per difetto di forma.

Ebbene, ad avviso del Collegio, posto che per consolidata giurisprudenza di legittimità per donazione remuneratoria deve intendersi l’attribuzione gratuita compiuta spontaneamente e nella consapevolezza di non dover adempiere alcun obbligo giuridico, morale, sociale per compensare i servizi resi o promessi dal donatario (Cass. n. 1077/92, n. 1989/ 95) par proprio al Collegio che nella gravata sentenza, una volta escluso che nel trasferimento del libretto potesse ravvisarsi, sia pur in parte, l’adempimento di obblighi nascenti da rapporto di lavoro o comunque dipendenti da un dovere giuridico, risultino sufficientemente dimostrate a parte la non cristallina chiarezza dell’operato raffronto tra le norme di cui agli artt. 770 e 2034 cc, le ragioni per le quali nel trasferimento “de quo” dovesse ravvisarsi la figura prevista dall’art. 770 primo comma cc, caratterizzata dalla rilevanza giuridica che assume in essa il “motivo” dell’attribuzione patrimoniale, correlata specificamente ad un precedente comportamento del donatario nei cui confronti la liberalità si pone come riconoscenza, apprezzamento di meriti o “speciale remunerazione” di attività svolta e non piuttosto quella dell’adempimento di un’obbligazione naturale ex art. 2034 primo comma cc, per la cui ripetizione non è data azione.

Alla stregua delle svolte argomentazioni il proposto ricorso va pertanto respinto mentre ricorrono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese di questo giudizio. […]