Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 16216 del 2008, dep. il 16/06/2008

[…]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 29.9.88 […] citò al giudizio del Tribunale di Siracusa […] al fine di sentir dichiarare risolto per inadempimento del medesimo, con le conseguenti statuizioni restitutorie e risarcitorie, il contratto preliminare di compravendita immobiliare dell’11.11.86, la cui mancata esecuzione addebitava alla condotta dilatoria del convenuto ed al mancato pagamento delle rate di mutuo dal medesimo accollatesi, tali da determinare l’istante ad avvalersi della prevista clausola risolutiva espressa.

Si costituiva e resisteva […], ribaltando gli addebiti, segnatamente ascrivendo al promittente venditore il mancato ottenimento del certificato di abitabilità dell’appartamento e l’omesso frazionamento del mutuo ipotecario afferente l’immobile; conseguentemente chiedeva la reiezione della domanda attrice ed, in via riconvenzionale, la pronunzia di sentenza costituiva ex art. 2932 c.c., tenente luogo del mancato trasferimento dell’appartamento e dell’annesso “box”, con condanna del […] a procurare il certificato di abitabilità, a frazionare il mutuo ed a ridurre l’ipoteca oppure, in subordine, con riduzione del prezzo di vendita e condanna del suddetto al risarcimento dei danni.

Con sentenza 25.3.95 l’adito Tribunale rigettava la domanda attrice ed accoglieva la riconvenzionale, ascrivendo alle eccepite inadempienze dell’attore la mancata stipulazione del contratto definitivo ed il conseguente rifiuto del promissario acquirente, che riteneva legittimo, ad assolvere le obbligazioni assunte nel preliminare.

Appellava il […], resisteva […], proponendo gravame incidentale in relazione all’omessa pronunzia sulla richiesta di riduzione del prezzo e, con sentenza non definitiva n. 993 del 23.11.98, depositata il 28.12.98, la Corte di Catania rigettava i primi quattro motivi dell’appello principale, ad oggetto della reiezione della domanda di risoluzione e di rilascio degli immobili ed alla pronunzia del trasferimento ex art. 2932 c.c., e rimetteva al prosieguo del giudizio, disposto con separata ordinanza, la quantificazione della richiesta, dichiarata genericamente fondata, di cui all’appello incidentale, nonché l’esame delle connesse censure proposte dall’appellante principale in relazione all’importo del residuo debito del promissario acquirente, oltre al regolamento delle spese del giudizio.

Tale sentenza veniva fatta oggetto di riserva d’impugnazione all’udienza del 20.1.99, la prima successiva alla sua pronunzia, e notificata, in data 9.2.99, dall’ […] al […]. All’esito del successivo corso del giudizio la corte etnea, con sentenza n. 609 del 13.3 – 17.6.03, in parziale riforma di quella di primo grado, riduceva da L. 67.000.000 a L. 46.900.000, pari ad Euro 24.221,83, il prezzo di vendita dell’immobile, con condannala una parte, dell'[…] al pagamento del residuo in Euro 593, 93, oltre all’I.V.A. sull’importo di Euro 1270, 48, ed agli interessi legali dalla domanda, e del […], dall’altra, alla rifusione di quella di Euro 33.761,48, oltre rivalutazione ed interessi, analogamente decorrenti, ponendole spese dei due gradi di giudizio (che nel primo erano state compensate) a carico del […]. Avverso entrambe le sentenze il […] ha proposto ricorso per cassazione deducente tre motivi, cui ha resistito […] con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, nella parte avente ad oggetto la sentenza n. 993/98, deducendo la tardività dell’impugnazione ex artt. 325, 326 c.p.c., trattandosi di sentenza che, definendo in parte la controversia su un capo autonomo della domanda e, come tale, non suscettibile di impugnazione differita ex art. 361 in rel. art. 279 c.p.c., n. 4 sarebbe divenuta irrevocabile a seguito della notificazione alla controparte, eseguita in data 9.2.99; sotto altro e più radicale profilo

l’inammissibilità del ricorso deriverebbe, comunque, dall’invalidità della riserva d’impugnazione differita, essendo stata questa formulata, all’udienza del 20.1.99, da un avvocato non munito di poteri rappresentativi conferiti dal […] o di delega del procuratore di quest’ultimo, come sarebbe stato eccepito dal procuratore e difensore del deducente nel corso della medesima udienza.

Tale ultima circostanza, tuttavia, non trova riscontro nell’esame degli atti del giudizio di appello (l’accesso diretto ai quali è consentito a questa Corte, in considerazione della natura processuale della questione), non essendovi menzione nel verbale di udienza del 20.1.99 (nè, peraltro, in quello successivo) di alcun rilievo formale, presentato dal procuratore e difensore dell'[…] (peraltro anch’egli non presenterà rappresentato “per delega” da altro professionista), avverso la riserva di impugnazione ex art. 361 c.p.c., che fu in quella circostanza processuale formulata, per conto dell’avv. […], procuratore e difensore del […], dalla collega avv. […].

In proposito il collegio non ritiene di doversi discostare dal principio, più volte affermato nella giurisprudenza di legittimità, a termini del quale “nell’ipotesi in cui il procuratore costituito venga sostituito per il compimento di singoli atti, la mancanza di delega scritta può essere rilevata d’ufficio o dalla controparte solo prima del compimento degli atti stessi, mentre l’eccezione successiva a tale compimento è consentita soltanto alla parte il cui procuratore sia stato, di fatto ed irregolarmente, sostituito” (v., tra le altre, Cass. n. 12597/01, 1574/96, 697/95); pertanto, in mancanza di alcun rilievo, dall’una o dall’altra parte al riguardo formulato, la riserva in questione deve ritenersi efficacemente compiuta.

Sotto il diverso prospettato profilo, l’eccezione d’inammissibilità del ricorso avverso la suddetta prima sentenza, qualificata non definitiva dalla corte di merito, è infondata, dovendo ritenersi corretta tale qualificazione alla luce della giurisprudenza di questa Corte, già prevalente e consolidata dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 711 del 1999 (conf, in precedenza, S.U. n. 1577/90, e successivamente, sez. 2^ n. 5443/02, n. 16736/05), che ha recepito il criterio cd. “formale”, secondo il quale una sentenza può considerarsi definitiva solo quando il giudice si pronunci su una o più domande o su relativi capi autonomi, esaurendoli anche con il regolamento delle spese, disponendo la separazione dei giudizi nel resto, mentre va ritenuta non definitiva allorquando difettino quegli elementi formali, sulla base dei quali va operata la distinzione, vale a dire la pronuncia sulle spese e la separazione dei giudizi. Nel caso di specie, nel quale la Corte d’Appello non ha regolato le spese, relativamente alle questioni decise con la prima sentenza, differendone al definitivo la pronunzia, ed ha emesso una statuizione di accoglimento, sia pure generica, della domanda di riduzione del prezzo riproposta con l’appello incidentale, riservandone la quantificazione al prosieguo del giudiziosa sentenza deve considerarsi, alla stregua del suesposto principio, non definitiva, e pertanto validamente impugnata, non avendo l’eseguita notifica in corso di causa dato luogo alla decorrenza del termine breve ex artt.325, 326 c.p.c.. Con il primo motivo di ricorso, diretto contro la sentenza non definitiva, vengono dedotte violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1176, 1183, 1366, 1453, 1456, 1460, 1477 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., con connessi vizi e carenze di motivazione, segnatamente censurandosi il giudizio d’inadempienza formulato a carico del deducente, in considerazione del mancato ottenimento da parte del medesimo del certificato di abitabilità dell’immobile, con valutazione che non avrebbe tenuto conto della non essenzialità di tale mancanza e, comunque, della non significatività del ritardo al riguardo, tenuto conto che nel contratto preliminare non era stato previsto alcun termine al riguardo, ne’ per la stipula dell’atto traslativo, che alla data del 13.7.07, in cui […] invitò il […] a presentarsi a tal fine dal notaio, i lavori erano stati da poco tempo ultimati e pertanto detto certificato non avrebbe potuto essere rilasciato in tempi brevi, che peraltro il promissario acquirente aveva chiesto, in alternativa, “quanto meno il certificato di fine lavori”, che gli era stato messo a disposizione, che comunque altri analoghi immobili, facenti parte dello stesso edificio, erano stati trasferiti in quel periodo senza problemi di sorta;conseguentemente e per converso erroneamente i giudici di merito avrebbero considerato legittimo il comportamento, contrario a buona fede, del promissario acquirente, di sospendere i pagamenti del mutuo che si era accollato, senza tener conto che il medesimo fin dal marzo 1987 aveva ricevuto in consegna l’immobile, non aveva interesse ad una urgente stipula dell’atto di trasferimento, al quale si era comunque dichiarato disposto anche sulla base del solo certificato di fine lavori.

La decisione sarebbe anche illogica, per avere, da una parte riconosciuto che l’atto di vendita sarebbe stato possibile anche senza il certificato di abitabilità e, dall’altra ritenuto che tale mancata produzione avrebbe legittimato il rifiuto dell'[…] di adempiere alle proprie obbligazioni.

Il motivo d’impugnazione non merita accoglimento, risolvendosi in una serie di palesi censure in fatto, proponenti una diversa valutazione delle risultanze processuali, avverso la valutazione dei giudici di merito con la quale, a fronte dei reciproci addebiti d’inadempienza, quella ascritta al prominente venditore è stata ritenuta prevalente e tale da giustificare, ai sensi dell’art. 1460 c.c., la sospensione dell’adempimento delle obbligazioni contrattualmente assunte dal promissario acquirente.

Premesso che, per costante giurisprudenza di questa Corte, siffatto giudizio comparativo è riservato al giudice di merito ed, in quanto tale, ove adeguatamente motivato si sottrae al sindacato di legittimità(v., tra le altre Cass. n. 11430/06, 10477/04, 8880/00), deve rilevarsi che nel caso di specie la valutazione compiuta dalla Cote d’Appello si palesa corretta, sotto il profilo giuridico, ed esente da carenze o contraddittorietà, sotto quello logico. La consegna del certificato di abitabilità dell’immobile oggetto del contratto, ove questo riguardi un appartamento da adibire ad abitazione pur non costituendo di per sè condizione di validità della compravendita, integra, per altrettanto costante giurisprudenza di legittimità, oggetto di pertinente richiamo nella sentenza impugnata, un’obbligazione legalmente incombente sul venditore ai sensi dell’art. 1477 cod. civ., u.c., attenendo ad un requisito essenziale della cosa venduta, in quanto incidente sulla possibilità di adibire legittimamente la stessa all’uso contrattualmente previsto (v., oltre alle pronunzie citate dai giudici di merito, Cass. 2^ n. 12566/00). Nel caso di specie, come viene riferito nella sentenza impugnata, sulla scorta della testimonianza del notaio davanti al quale il […] era stato convocato per la stipulazione dell’atto pubblico, a tale stipula non si addivenne, non essendo stato ancora ottenuto dal costruttore il suddetto certificato. In siffatto contesto, caratterizzato da un notevole inadempimento del promittente venditore, tale da rendere allo stato non fruibile l’immobile promesso in vendita, ancorché materialmente già consegnato al promissario acquirente, la sospensione dei pagamenti dei ratei di mutuo è stata ritenuta giustificata, quale legittimo esercizio da parte del medesimo della facoltà di autotutela (inadimplenti non est adimplendum) prevista, nei contratti a prestazioni corrispettive, dall’art. 1460 c.c., con conseguente corretta reiezione della domanda principale, diretta alla risoluzione del contratto per assunto inadempimento dell'[…], sulla base di apprezzamento delle risultanze di causa esente da vizi logici e, pertanto, incensurabile.

In particolare non sussiste alcuna contraddizione tra l’esclusione del suddetto inadempimento, dall’attore ascritto al convenuto, e la circostanza che questi avesse, prima e durante il giudizio, manifestato, in subordine, la propria disponibilità ad accettare l’immobile anche senza la consegna del suddetto certificato, trattandosi di una insindacabile scelta al medesimo riservata, non attinente ad un indefettibile requisito di validità della compravendita, ma solo ad una rinunciabile qualità del bene oggetto della stessa la cui mancanza giustificava la riduzione del prezzo. Con il secondo motivo di ricorso, anche diretto contro la sentenza non definitiva, si lamenta violazione degli artt. 1460, 2932 c.c. e L. n. 47 del 1987, art. 40, con connessi vizi della motivazione, essenzialmente censurandosi per contraddittorietà la motivazione della decisione, per avere, per un verso, ritenuta la legittimità della sospensione dei pagamenti da parte dell'[…] in considerazione della mancanza del certificato di abitabilità e, dall’altra, ritenuto possibile, e pronunziato, l’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, pur in mancanza del suddetto certificato;tale esecuzione, sotto diverso profilo, si porrebbe in contrasto con il divieto di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 40, per difetto di sanatoria delle difformità incorse nell’edificazione del fabbricato comprendente l’immobile. Il primo profilo di censura ripropone una doglianza già contenuta nel precedente motivo, sicché è sufficiente al riguardo richiamare le già svolte considerazioni, evidenzianti la non rilevanza, di per sè, della mancanza di certificato di abitabilità ai fini della possibilità di valida stipulazione della compravendita e l’incidenza di tale difetto solo sulla idoneità all’uso convenuto della cosa compravenduta, con relativa facoltà dell’acquirente, promissario tale, alla riduzione del prezzo , in ragione del minor valore della stessa. Il secondo profilo contiene una censura nuova, che pur ipotizzando una ragione di nullità della sentenza sostituiva del contratto non concluso, astrattamente rilevabile di ufficio anche in questa sede, ove risultante dagli atti già acquisiti nel giudizio di merito, non è in concreto meritevole di accoglimento, considerato che la controversia è stata incentrata, nei precedenti gradi, essenzialmente sulla mancanza del certificato di abitabilità, e non anche sull’abusività, totale o parziale, dell’edificio, nell’ambito del quale è compreso l’immobile oggetto del preliminare di vendita. La mancanza di licenza di abitabilità, come si è già detto, di per sè sola non incide sulla validità del trasferimento di proprietà, mentre la difformità non sanata, rispetto al provvedimento concessorio, solo se totale (in quanto tale parificabile alla mancanza di concessione edilizia), è ostativa, ai sensi della L. n.47 del 1985, artt. 17 e 40, alla stipulazione degli atti di trasferimento della proprietà o di altri diritti reali sugli immobili in tal modo edificati ed alla pronunzia di sentenze costitutive, traslative di siffatti diritti ex art. 2932 c.c., mentre invece, come è stato più volte chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (v., tra le altre Cass. n. 5068/01, 14025/99, 4926/93, 7552/92), tale impossibilità non sussistevi sensi della citate norme, anche nei casi di non conformità parziale rispetto al titolo concessorio. Nella specie , dunque, non risultando – ne’ venendo comunque dedotto – che la mancanza di certificato di abitabilità fosse dipesa dalla totale mancanza di concessione o da una radicale ed essenziale difformità della costruzione, rispetto al progetto assentito nel titolo ad aedificandum, la censura deve essere disattesa per difetto, ancor prima che di supporto probatorio di fatto acclarato in sede di merito, di sufficiente specificità. Con il terzo motivo di ricorso, diretto contro la sentenza definitiva, vengono dedotte “violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, lamentandosi il mancato accoglimento di varie richieste, relative ad assunti esborsi, formulate dal […], che la corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto inammissibili perché nuove, pur essendo state documentate fin dal primo grado ed essendone, comunque, l’esame dovuto nell’ambito del complessivo e finale regolamento del reciproco “dare-avere “, derivante dall’unico rapporto negoziale. Neppure tale censura merita accoglimento, tenuto conto che, come correttamente osservato dai giudici di appello, le sole pretese esposte dal […] in primo grado erano di carattere risolutorio e risarcitorio, sicché esclusa la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte e la conseguente responsabilità della stessa a titolo di risarcimento danni, non vi era spazio alcuno per l’accoglimento di richieste di rimborso, per assunto adempimento di obbligazioni gravanti sul promissario acquirente, formulate dal promittente venditore solo in grado di appello. Decisivamente dirimente, in quanto, non oggetto di specifica censura nel mezzo d’impugnazione, risulta peraltro la ratio decidendi, di per sè sola idonea alla reiezione della richiesta, anche contenuta nella sentenza definitiva (pagg. 14-15), secondo la quale dalla documentazione prodotta dal […], non sarebbe comunque possibile desumere la specifica riferibilità dei pagamenti gelativi ad un ampio arco temporale e ad una pluralità di appartamenti, ai rapporti con […]