Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 26766 del 2014, dep. il 18/12/2014

[…]

Svolgimento del processo

1.-Con atto di citazione notificato in data 6 maggio 1994 […] e […] esposero di aver acquistato un appartamento sito […] e con esso l’area di scoperto circostante; di aver sempre fatto pacifico uso uti condomini di detto scoperto e di entrambi i cancelli che immettono in esso, uno da via […] e l’altro da via […]. Lamentarono che nell’estate del 1991, […], nipote di […], aveva rotto accidentalmente il lucchetto che chiudeva il cancello di accesso allo scoperto comune da Via […], provvedendo immediatamente a sostituirlo e a consegnare a tuttii condomini le chiavi del nuovo lucchetto; che successivamente la signora […] aveva posto in essere una serie di comportamenti intesi a porre in dubbio e a molestare il compossesso degli attori. In particolare, la stessa nel dicembre del 1992 aveva sostituito nuovamente il lucchetto senza consegnarne le chiavi agli altri condomini; a seguito di ciò, costoro avevano avviato un procedimento possessorio concluso con il rigetto per un dubbio probatorio circa la tempestività dell’azione.
Poco dopo la […] aveva sostituito un piccolo cancello di comunicazione tra lo scoperto comune e quello di suo esclusivo godimento con uno più grande che impediva ai condomini di fruire dello spazio antistante ad esso. Da qui l’esigenza degli attori di far accertare il loro diritto di comproprietà sullo scoperto comune e sui relativi accessi tanto nei confronti della […], che dell’altra condomina […], la quale nel procedimento possessorio aveva confermato la tesi della […].
2.- Il Tribunale di Venezia accertò il diritto di comproprietà sullo scoperto adiacente l’appartamento di […], e condannò […] ad astenersi da molestie relativamente al godimento del bene comune e a fornire le chiavi di apertura del lucchetto.
Avverso tale pronuncia propose gravame la […].
3. – La Corte d’appello di Venezia, con sentenza depositata il 28 aprile 2008, rigettò il gravame, osservando che i rilievi mossi dall’appellante non consentivano di pervenire ad una valutazione diversa da quella raggiunta dal Tribunale in merito all’accertamento della comproprietà dell’area di scoperto, fondato sul titolo di acquisto del […] 1985 avente ad oggetto l’appartamento di via […] con pertinenze ed accessori, e quanto pervenuto al venditore di cui si tratta in forza dell’atto di compravendita del … aprile 1985. Il titolo faceva riferimento a tale ultimo negozio con il quale […] aveva trasferito al […], dante causa degli appellati, l’unità immobiliare unitamente alla comproprietà delle parti comuni per legge in particolare dello scoperto adiacente. L’originario atto di trasferimento, intercorso tra […] del 1972, avente ad oggetto tre unità immobiliari, tra le quali anche quella poi divenuta di proprietà dei […], faceva invece richiamo più in generale a un terreno di pertinenza. L’area di scoperto era compresa nell’oggetto del trasferimento avendo i contraenti nei vari passaggi di proprietà manifestato la volontà di includere quella porzione. Comunque l’espressa menzione di tale bene nell’atto di vendita non era richiesta, vigendo ai sensi dell’art. 1117 cod.civ. la presunzione legale di comunione pro indiviso di quelle parti destinate per ubicazione e struttura all’uso comune. Né a paralizzare la riconosciuta comproprietà dell’area poteva valere la pretesa usucapione dello scoperto che la […] sosteneva, in via di eccezione, di aver acquisito. Al riguardo, la Corte osservò che il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei compossessori non è, di per sé, idoneo a far ritenere lo stato di fatto così determinato funzionale all’esercizio del possesso ad usucapionem e non anche, invece, conseguenza di un atteggiamento di mera tolleranza da parte del compossessore, risultando, per converso, necessaria, ai fini dell’usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sulla res da parte dell’interessato attraverso un’attività apertamente contrastante ed incompatibile con il possesso altrui, gravando l’onere della relativa prova su colui che invochi l’avvenuta usucapione del bene. Nella specie la prova della volontà di possedere utl dominus non era stata data da chi ne era onerato. Gli esiti delle prove orali, ben lungi dall’avallare la pretesa acquisizione dell’area in via di usucapione, avevano fatto emergere elementi di segno contrario alla tesi prospettata dall’appellante.
4. – Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso […] sulla base di quattro motivi. Resistono con controricorso la […] e il […], che hanno anche depositato memoria.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo si deduce insufficienza e perplessità della motivazione circa un punto decisivo della controversia. Si rappresenta che il fabbricato, come accertato dal c.t.u., è costituito da due unità immobiliari, l’una delle quali orientata a nord, l’altra a sud, del tutto autonome, di cui una sola costituisce il condominio. L’appartamento dei […] insiste sull’immobile orientato a sud, composto da otto unità abitative, mentre l’immobile a nord, preesistente al primo, è nella esclusiva proprietà della ricorrente. L’atto di compravendita stipulato il … tra […] e il figlio […], con il quale veniva trasferita la proprietà di due appartamenti nell’immobile posto a nord ed uno solo, quello per cui è causa, dell’immobile posto a sud, solo alla fine contiene la menzione dello scoperto esterno, e non quale oggetto del negozio, ma come clausola di stile al fine di individuare i confini del mappale, che però non valgono ad indicare che il terreno circostante è incluso nella compravendita. Ed infatti nella perizia del 1996 il c.t.u. individuava quale oggetto del primo contratto solo  l’appartamento, aggiungendo che nulla risultava in ordine alla proprietà
dei resistenti sullo scoperto di cui si tratta. Ciò posto, la sentenza impugnata sarebbe insufficientemente motivata nella parte in cui non dà ragione della diversa lettura che essa opera rispetto al senso letterale del primo atto di trasferimento, né del motivo per il quale ritiene indifferente che il fabbricato sia composto da due diversi edifici.
Sarebbe ancora viziata la sentenza nella parte in cui non motiva in merito al fatto che l’atto costitutivo del condominio, ovvero il primo contratto di vendita a terzi di uno degli otto appartamenti insistenti sull’edificio, costituisca una espressa servitù di passaggio sullo scoperto circostante, con ciò escludendo che esso possa essere considerato condominiale.
2. – Il motivo è privo di fondamento.
In realtà la Corte di merito ha esaustivamente e correttamente motivato il proprio convincimento, facendo, per un verso, riferimento ai diversi passaggi di proprietà nei quali i contraenti avevano manifestato la volontà di includere lo scoperto, e, per l’altro, ricordando che l’espressa menzione dello stesso nell’atto di vendita non è richiesta, vigendo, ai sensi dell’art. 1117 cod.civ., la presunzione legale di comunione pro indiviso di quelle parti che sono destinate per ubicazione e struttura all’uso comune.
In proposito, la sentenza impugnata richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale in caso di frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento, dall’originario unico proprietario ad altri soggetti, di alcune unità immobiliari, si determina una situazione di condominio per la quale vige la presunzione legale di comunione pro indiviso di quelle parti del fabbricato che, per ubicazione e struttura, siano in tale momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso: ciò sempre che il contrario non risulti dal titolo, cioè che questo non dimostri una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente ad uno dei condomini la proprietà di dette parti e di escluderne gli altri (Cass., sent. n. 16292 del 2002).
3. – Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1366 cod.civ. per non avere il giudice di secondo grado effettuato alcuna indagine sulla reale volontà dei contraenti, che sarebbe stata doverosa in presenza di profili di contraddittorietà fra i titoli di compravendita invocati dagli acquirenti, e, in particolare, in presenza di contratti che escludevano la volontà di […] di alienare la proprietà dello scoperto insieme agli appartamenti del condominio, e in assenza della prova da parte dei pretesi proprietari di usare del bene in questione uti domini, ma in presenza, invece, della prova per tabulas che le spese relative allo scoperto erano state sempre sostenute dalla sola ricorrente, e che alla stessa venivano chiesti permessi ed autorizzazioni in merito a lavori o accessi diversi dal transito allo scoperto.
4. – La doglianza non può trovare ingresso nel presente giudizio, in quanto, da un lato, volta ad un riesame, inammissibile in sede di legittimità, degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di secondo grado e dei quali quest’ultimo ha dato adeguatamente conto; dall’altro, tesa a conseguire una diversa interpretazione dell’atto con il quale […] alienò ad […] l’appartamento poi trasferito ai […].
5. – Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 cod.civ. Avrebbe errato la Corte di merito nel considerare lo scoperto incluso nell’atto di acquisto in quanto bene condominiale ex se ai sensi dell’invocata disposizione codicistica, laddove il titolo costitutivo del condominio avrebbe escluso dai beni condominiali lo scoperto, configurando la condizione che esclude il bene dal novero di quelli condominiali. In ogni caso alle cose legate all’edificio da mera relazione spaziale, ma costituenti beni ontologicamente diversi, suscettibili di godimento fine a se stesso non si applica – sostiene la ricorrente – il principio accessorium sequitur principale.
6. – Il motivo è inammissibile, in quanto la decisione impugnata si fonda su di una diversa ratio, consistente, come si già visto, nell’accertamento dell’intervenuto acquisto della comproprietà sullo scoperto, mentre il richiamo al regime di cui all’art. 117 cod.civ. È svolto ad abundantiam.
7. – Con il quarto motivo si deduce omessa motivazione in ordine alla determinazione della estensione del diritto riconosciuto agli attori.
Essendo pacifico trattarsi di due distinti corpi di fabbrica, i signori […] avrebbero potuto rivolgere le proprie pretese solo sul terreno circostante l’appartamento di loro proprietà, e non su terreni di pertinenza di altro fabbricato.
8. – La censura non merita accoglimento.
Come esattamente osservato dai controricorrenti, In tema di condominio negli edifici, la presunzione legale di comunione di talune parti, stabilita dall’art. 1117 cod. civ., senz’altro applicabile quando si tratti di parti dello stesso edificio, può ritenersi applicabile in via analogica anche quando si tratti non di parti comuni di uno stesso edificio, bensì di parti comuni di edifici limitrofi ed autonomi, purché si tratti di beni oggettivamente e stabilmente destinati all’uso od al godimento degli stessi, come nel caso di cortile esistente tra più edifici appartenenti a proprietari diversi, ove lo stesso sia strutturalmente destinato a dare aria, luce ed accesso a tutti i fabbricati che lo circondano (v., sul punto, Cass., sentt. n. 21693 del 2014, n. 17993 del 2010).
9. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato […]