Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 5160 del 2012, dep. 30/03/2012

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MOTIVI DELLA DECISIONE

Passando all’esame dei ricorso principale, con il 1 motivo l’esponente denuncia l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione; l’erronea valutazione sul momento di decadenza della Convenzione fra il Consorzio e il Comune, nonché l’omesso accoglimento dell’istanza di esibizione di documenti ex art. 210 c.p.c.. Lamenta che i giudici di merito, muovendo dall’erronea presupposto per cui la convenzione del Consorzio con il Comune, relativa alla cessione dei diritti di superficie era decaduta al momento delle delibere del comitato direttivo in parola e quindi che il prezzo dell’assegnazione dei capannoni dovesse essere stabilito ex novo – avevano escludo in radice la possibilità che il prezzo, oggettivamente non riportato dalle delibere sopra citate, potesse essere quantomeno determinabile nel corso del giudizio, ciò che giustificava l’azione ex art. 2293 c.c.. Di conseguenza la Corte di merito aveva errato a non ammettere l’attività istruttoria richiesta, che era finalizzata alla determinazione del prezzo di assegnazione. A tal fine era stata sollecitata l’esibizione dei bilanci e dei libri sociali, degli atti di assegnazione e dei rogiti relativi ad altri capannoni, che avrebbero permesso agevolmente di determinare il prezzo del manufatto in esame. Secondo l’esponente, in realtà, la citata convenzione tra comune e Consorzio non era affatto decaduta all’epoca delle delibere stesse (10.102.98 e 23.04.98), ma ciò era avvenuto solo in epoca successiva, in data 9.7.2001, quando il Comune di […] aveva ceduto al Consorzio la proprietà delle aree su cui insistevano i capannoni industriali, prima concesse al Consorzio i diritto di superficie per la costruzione di edifici artigianali. La censura è fondata.

È opportuno ricordare che secondo questa S.C. “il rimedio previsto dall’art. 2932 c.c. a fine di ottenere l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, deve ritenersi applicabile non solo nelle ipotesi di contratto preliminare non seguito da quello definitivo, ma anche in qualsiasi altra ipotesi dalla quale sorga l’obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, sia in relazione ad un negozio unilaterale, sia in relazione ad un atto o fatto dai quali detto obbligo possa sorgere ex lege (Cass. n. 6792 del 08/08/1987; v. Cass. n. 7157 del 15/04/2004; v. Cass. n. 13403 del 23/05/2008 in tema di rifiuto di prestare il consenso di una cooperativa edilizia all’atto traslativo dell’immobile al socio assegnatario; Cass. n. 8568 del 05/05/2004 in tema di stipulazione di contratto di lavoro).

Ciò posto, secondo il Collegio appare evidente l’errore di valutazione in cui è incorso il giudice di merito, errore che ha poi condizionato la successiva attività istruttoria finalizzata a determinare il prezzo dell’assegnazione sulla base dei documenti acquisibili nel corso del giudizio. Risulta in effetti che con rogito 9.7.2001 il Comune di […] aveva ceduto al consorzio in proprietà le aree su cui insistevano i capannoni artigianali di cui trattasi, mentre nel corso del 1998, epoca in cui erano state emesse le delibere in parola, la precedente convenzione tra Comune e Consorzio era pienamente operante. Il ricorrente a questo riguardo ha opportunamente evidenziato la palese contraddizione in cui era incorsa la corte distrettuale, laddove afferma che all’epoca delle menzionate delibere….” il Comune di […] aveva trasferito al Consorzio il diritto di superficie (con vincoli di destinazione), ma non ancora la proprietà del sedime alienatogli successivamente nel 2001…”. Di conseguenza appare puntuale anche l’ulteriore censura della sentenza riguardante il rigetto dell’attività processuale richiesta, volta alla determinazione del prezzo, motivato sul solo e generico assunto che la causa fosse matura per la decisione. Ed invero, con il 2 motivo l’esponente eccepisce la violazione e falsa applicazione degli art. 345 c.p.c. nonché il vizio di motivazione in relazione all’ omessa acquisizione agli atti di documenti indispensabili e comunque sopravvenuti nel corso del processo. Premesso che i menzionati documenti erano indicati in modo analitico e dettagliato, con l’illustrazione della loro specifica rilevanza ai fini probatori, la censura è certamente fondata atteso che manca del tutto una pronuncia della corte milanese su tale specifico punto, con particolare riferimento all’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. – formulata dalla ricorrente in entrambi i gradi del giudizio – di specifica documentazione da cui sarebbe emerso il prezzo dell’assegnazione. Nella sentenza impugnata manca inoltre qualsiasi riferimento al giudizio d’indispensabilità o meno dei nuovi documenti di cui si era chiesta la produzione rei, giudizio d’appello, con specifico riferimento al copia del bilancio del consorzio 31.12.2006 con allegata nota integrativa. Conclusivamente va accolto il ricorso in relazione alle predette censure assorbite le ulteriori doglianze.

Passando all’esame del ricorso incidentale, il Consorzio denuncia la violazione dell’art. 342 c.p.c. sostenendo che la Corte distrettuale avrebbe dovuto dichiarare integralmente inammissibile l’appello della […]l, in relazione ai fatto che non vi era alcuna correlazione tra i motivi dell’appello e le domande proposte, “essendo i primi volti a sostenere le conclusioni di un contratto di compravendita e le seconde tese ad ottenere l’esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare”; ne conseguirebbe la violazione dell’art. 342 c.p.c. che impone la formulazione di motivi specifici dell’impugnazione.

La doglianza appare infondata. Il giudice d’appello, interpretando la domanda, ha correttamente ritenuto che la […] avesse inteso mantenere ferma la domanda di esecuzione specifica del contratto preliminare e inoltre proporre domanda nuova di accertamento di contratto di compravendita immobiliare, ritenendo correttamente solo quest’ultima inammissibile. Al riguardo si osserva che l’interpretazione dell’effettivo contenuto dell’atto di appello è compito esclusivo del giudice di merito nell’esercizio di un potere insindacabile in sede di legittimità se correttamente e congruamente motivato (Cass. n. 4720 del 22/05/1996).

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