[…]
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., in quanto proposti contro la stessa sentenza.
2. Con l’unico motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione degli artt. 1178, 1287, 1378 e 2932 c.c. (art. 350 c.p.c., n. 3). Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5)”, il ricorrente sostiene che il caso di specie si inquadrerebbe nella vendita di cose genetiche appartenenti ad un genus limitandum (recte limitatum). Assume il […] che “elemento essenziale del consenso contrattuale non era tanto l’identificazione concreta del lotto da acquistare, quanto l’estensione e la correlata potenzialità edificatoria del lotto medesimo” e ciò spiegherebbe la relativa genericità dell’individuazione del lotto.
Sostiene il ricorrente che il contratto di cui si discute in causa sarebbe “valido con riferimento alla determinazione dell’oggetto” e al riguardo, richiamando a sostegno del suo assunto la sentenza di questa Corte n. 7279 del 29 marzo 2006, deduce che anche se la porzione di terreno non è stata indicata con la forma e l’ubicazione, essendo stato convenuto che la […], avrebbe provveduto a sua insindacabile iniziativa a frazionare e, quindi, ad individuare il terreno da trasferire con il rogito, salva l’unica condizione del suo posizionamento centrale nel macrolotto centrale, il contratto sarebbe “perfettamente determinato nel suo oggetto”. Nè rileverebbe che trattasi di contratto preliminare, ben potendosi agire ex art. 2932 cod. civ., qualora il promittente venditore ometta di attivarsi per il frazionamento e la vendita del bene. Ad avviso del ricorrente la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere di non poter dar corso alla domanda sul presupposto erroneo dell’indeterminatezza dell’oggetto del contratto e nel ritenere, altresì, che il promissario acquirente, a fronte dell’inerzia della controparte, avrebbe dovuto preventivamente agire ex art. 1287 cod. civ. per farle operare la scelta o farle assegnare un termine, non trattandosi di obbligazioni alternative – e al riguardo il ricorrente lamenta vizio di motivazione della sentenza impugnata – ma di una sola obbligazione di genere cui non sarebbe applicabile l’istituto della decadenza dalla facoltà di scelta di cui alla citata norma e in relazione alla quale l’individuazione del terreno da trasferire si atteggerebbe come elemento meramente esecutivo, privo di autonoma rilevanza negoziale. Il giudice del merito ben avrebbe, quindi, potuto emettere la chiesta sentenza ex art. 2932 cod. civ. provvedendo a determinare, previa ctu, l’area da trasferire, dovendosi considerare implicita nella domanda ex art. 2932 cod. civ. anche quella volta alla pronuncia di individuazione dei confini catastali del lotto, del tutto ininfluenti sull’economia contrattuale.
2.1. In relazione all’unico motivo di ricorso il ricorrente pone il seguente quesito di diritto: “Se nel caso di contratto preliminare di vendita generica (come quello avente ad oggetto una estensione fondiaria determinata con certezza nella misura e solo indicativamente nell’ubicazione, da distaccarsi da un più ampio lotto completamente determinato, la cui individuazione sia stata contrattualmente rimessa senza possibilità di sindacato, alla promittente la vendita) a fronte dell’inadempimento del promittente la vendita sia possibile agire per esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., demandando implicitamente al giudice anche la concreta individuazione del lotto, previa se del caso l’ammissione di consulenza tecnica d’ufficio richiesta all’uopo dall’attore”. 2.2. Al ricorso in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. – inserito nel codice di rito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 applicabile, ai sensi del medesimo decreto legislativo, art. 27, comma 6 ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati dalla data di entrata in vigore dello stesso (2 marzo 2006) e successivamente abrogata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) a decorrere dal 4 luglio 2009 – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (13 giugno 2006).
2.3. Va osservato che, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di questa Corte, è ammissibile il motivo di ricorso per cassazione che denunzi vizi sia di violazione di legge che di motivazione, qualora si concluda con la formulazione di tanti quesiti corrispondenti alle censure proposte, poiché nessuna prescrizione è rinvenibile nelle norme processuali che ostacoli tale duplice denunzia, a nulla rilevando l’art. 366 bis cod. proc. civ., inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 il quale esige che, nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 3 il motivo sia illustrato con un quesito di diritto e, nel caso previsto dal n. 5, che l’illustrazione contenga la chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume che sia omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza la renda inidonea a giustificare la decisione ma non richiede anche che il quesito di diritto e gli elementi necessari alla illustrazione del vizio di motivazione siano prospettati in motivi distinti (Cass. 18 gennaio 2008, n. 976; Cass. 26 marzo 2009, n. 7621).
Nella giurisprudenza di questa Corte è stato, inoltre, specificato che, secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., anche nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, e che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603). In particolare, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma omessa, insufficiente o contraddittoria, deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenere rispettato il requisito concernente il motivo di cui all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5 allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito dell’art. 366 bis cod. proc. civ., che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea a sorreggere la decisione (Cass., sez. un., 18 luglio 2007, n. 16002; Cass., 27 ottobre 201 l,n. 22453).
E stato pure affermato da questa Corte che è inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., per le cause – come quella all’esame – ancora ad esso soggette, il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, qualora non sia stato formulato il c.d. quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la ratio che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla suprema Corte, la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito (v. Cass., 18 novembre 2011, n. 24255).
2.4. Nella specie l’unico quesito formulato in relazione al motivo in esame si riferisce alle sole censure di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, mancando in esso ogni riferimento alla motivazione della sentenza impugnata.
2.5. Pertanto, il motivo risulta inammissibile in ordine alle censure sollevate con riferimento al lamentato “vizio di motivazione”, mancando la formulazione del c.d. quesito di fatto ed evidenziandosi che nell’illustrazione della censura de qua neppure risulta specificato se trattasi di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, essendosi il ricorrente limitato al riguardo a lamentare “che la sentenza è occorsa in palese vizio di motivazione, per la ragione che da nessun elemento acquisito agli atti è desumibile che quella assunta dalla soc. […] sia, allo stesso tempo, un’obbligazione di genere limitato e un’obbligazione alternativa” ed a richiamare giurisprudenza e dottrina in tema di obbligazione alternativa e di genere limitato.
2.6. Quanto al profilo del motivo di ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, le censure proposte sono infondate. La Corte di merito ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte con la sentenza 7 agosto 2002, n. 11874, secondo cui la possibilità che l’oggetto di un contratto preliminare sia determinato attraverso atti e fatti storici esterni al negozio ed anche successivi alla sua conclusione trova un limite nel caso in cui l’identificazione del bene da trasferire non attenga all’ipotesi di conclusione consensuale del contratto definitivo su base negoziale, bensì afferisca ad una pronuncia giudiziale ex art. 2932 cod. civ., caso nel quale l’esatta individuazione del bene, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali, deve necessariamente risultare dal preliminare poiché, dovendo la pronuncia giudiziale corrispondere esattamente al contenuto del preliminare stesso, l’individuazione del bene oggetto del trasferimento deve avvenire in base a dati non attingibili da altra documentazione. Nella specie, come messo in rilievo dal giudice del merito, l’oggetto del contratto del preliminare di cui si discute in causa è costituito da un “lotto di terreno edificabile in Comune di […], Lottizzazione […] inserito nella Variante di P.R.G., in corso di approvazione, della superficie minima complessiva di mq. 10.000 ed edificabile per una volumetria minima complessiva di me. 10.000 con tolleranza in eccesso del 4%, il tutto confinante con la proprietà venditrice, salvo se altri, e la strada di via […]. Il tutto è da frazionare al Catasto a cura e spese della parte venditrice”. A tale indicazione, nel contratto in parola, è poi aggiunto che “il Lotto promesso in vendita e localizzato approssimativamente al centro del Macrolotto “B” attiguo ai primi MC. 10.000 ai primi MC 10.000 circa partendo dal lato N/W”.
Come pure evidenziato dal predetto giudice, lo stesso attore, non essendo possibile individuare con precisione la superficie del terreno da trasferire, ha fatto riferimento a porzioni di particelle catastali neppure esattamente individuate (“mappale 16 in parte, 331, 329 in parte e 91 in parte”).
Correttamente, di conseguenza, la Corte di appello ha affermato che per quanto la superficie complessiva non sia indicata ma possa essere ricavata dal contratto preliminare in 10.000 metri quadrati, prescindendo pure dalla mancata indicazione della superficie in eccesso, il generico riferimento a “parte” di un mappale non consente di individuare con precisione la porzione immobiliare pretesa, mancando ogni riferimento alla sua sagoma ed alla sua esatta collocazione; il medesimo giudice ha inoltre osservato che con l’atto di citazione l’attuale ricorrente ha unilateralmente scelto le particelle di cui ha chiesto il trasferimento, peraltro indicandole, come già evidenziato, in modo del tutto vago, senza specificare persino le esatte porzioni delle stesse ed ha ritenuto che i generici confini indicati sono inutilizzabili ai fini di cui si discute, potendo la concreta individuazione del bene sostanziarsi in forme geometriche del tutto variabili e, comunque, almeno in un rettangolo posizionabile in più e tra loro differenti siti.
Proprio tale precisazione – a prescindere dalla questione discussa in dottrina circa la possibilità di accomunare, per taluni aspetti, le obbligazioni di genere limitato a quelle alternative, cui la giurisprudenza ha dato prevalentemente risposta affermativa, con particolare riferimento alla vendita o promessa di vendita di genere limitato ovvero alternativa, pur senza affrontare funditus il tema (v. Cass. 24 novembre 1977, n. 5113; Cass., 18 gennaio 1979, n. 367; Cass. 29 luglio 1983, n. 5225; Cass. 27 giugno 1987, n. 5716; Cass. 23 marzo 2004, n. 5757; v. in senso difforme sul punto Cass. 6 marzo 1982, n. 1427; Cass. 8 novembre 1983, n. 6588; Cass. 4 febbraio 1992, n. 1194) – rende evidente che non sussistono nella specie all’esame i parametri di determinabilità dell’oggetto del contratto cui la sentenza n. 7279 del 2006 di questa Corte, invocata dal ricorrente, fa riferimento e cioè l’indicazione specifica della forma e dell’ubicazione della superficie da vendere all’interno della più ampia superficie indicata, sicché all’identificazione del terreno al quale si riferisce la proposta domanda ex art. 2932 cod. civ. non si può procedere a mezzo di ctu, contrariamente a quanto assume il ricorrente (v. ricorso p. 14). A tanto deve aggiungersi che l’accertamento della presenza dei requisiti necessari per una sicura identificazione dell’oggetto del contratto, per il quale sia necessaria la forma scritta come nel caso all’esame – è riservato al giudice di merito ed è soggetto al sindacato di legittimità solo sotto il profilo della logicità e congruità della motivazione (Cass. 11 aprile 1992, n. 4474 e Cass. 5 maggiol980, n. 2951), nella specie, come già evidenziato, non efficacemente censurato. 2.7. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
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