Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 19304 del 2006, dep. il 08/09/2006

[…]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso regolarmente depositato la […] s.p.a. proponeva opposizione avverso l’ordinanza in data 1.2.2002 con la quale il Giudice dell’esecuzione di Vallo della Lucania aveva dichiarato l’improcedibilità della procedura esecutiva immobiliare promossa nei confronti di […], per l’intervenuto fallimento della debitrice esecutata, dichiarato con sentenza del tribunale di Vallo della Lucania in data 26.1.1999. Esponeva di essere creditrice ipotecaria di […] e che la stessa, con atto notarile in data 1.6.1989, aveva trasferito la proprietà dell’immobile ipotecato in favore della società […] s.n.c., società che, successivamente, mutava la propria denominazione in […] s.n.c.. Rilevava di non vantare alcun diritto di credito nei confronti della società fallita; che, pertanto, nella fattispecie concreta, era inapplicabile la L. Fall., art. 51; che il curatore del fallimento, anziché richiedere l’illegittima improcedibilità, avrebbe dovuto proseguire l’espropriazione immobiliare pendente, partecipando alla distribuzione delle somma ricavate in quella sede.
Il tribunale di Vallo della Lucania, in composizione monocratica, con sentenza in data 3.1.2002, rigettava l’opposizione, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione secondo cui, rilevata la volontà manifestata dal curatore con la richiesta di improcedibilità, il G.E. era vincolato nella sua decisione. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. […] affidandosi ad unico articolato motivo.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico articolato motivo […] s.p.a. denuncia la “Violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 51 e 207 in relazione agli artt. 555 e ss. c.p.c.”. Rileva che erroneamente il giudice del merito ha ritenuto, nel caso di specie, l’applicabilità della L. Fall., art. 51 secondo cui “Salvo diversa disposizione della legge dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento”, poiché la […] s.p.a. non era creditrice del fallimento, bensì “aveva come proprio debitore principale la signora […], la quale aveva sottoscritto il contratto di mutuo anche quale avallante assieme ad altro soggetto”. Proprio in forza dello stesso mutuo, inoltre, la debitrice aveva concesso ipoteca volontaria a favore della […], la quale, pertanto, con tale atto, aveva acquistato il diritto di sequela dello stesso mezzo di garanzia.
La […], con l’atto di pignoramento originario, aveva aggredito la […] in bonis perché aveva acquistato dalla […] il bene immobile già gravato dall’ipoteca. L’azione esecutiva “era stata iniziata nei confronti della […] non tanto per essere la stessa debitrice della […], ma soltanto perché la società era terza proprietaria del bene già gravato da ipoteca.
Il disposto della L. Fall., art. 51 non era, pertanto, applicabile alla fattispecie concreta ed al curatore non poteva essere concessa la facoltà prevista dalla L. Fall., art. 107.
Il ricorso non è fondato.
Dalla lettura del ricorso che, pur dando atto dell’allegazione dell’originario contratto di mutuo concluso fra la […] e la […], non ne riproduce il contenuto in ricorso – ragione già questa di per sè sufficiente per concludere per l’inammissibilità dello stesso per la violazione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione – si desumono una serie di dati.
a) Il mutuo era stato concesso dall’attuale ricorrente, (già […] s.p.a.) alla […], titolare dell’omonima impresa, per essere destinato all’acquisto di locali da adibire all’esercizio artigiano dell’impresa stessa.
b) Gli immobili, acquistati con l’utilizzo delle somme messe a disposizione dalla […], erano stati trasferiti alla […] s.n.c..
c) Tale ultima società mutava quindi la propria denominazione in […] s.n.c..
Ora, la ricorrente sostiene di non essere creditrice della […] s.n.c, ma esclusivamente della […]; ma, anche in questo caso, le conclusioni cui è pervenuto il giudice del merito sono esatte.
Infatti, il fallimento delle società di persone, ai sensi della L. Fall., art. 147, comporta automaticamente anche il fallimento in proprio dei soci illimitatamente responsabili.
Nel caso di specie, quindi, il fallimento della […] s.n.c. ha comportato anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili tra i quali deve comprendersi anche […].
Nessun elemento, infatti, esclude – ne’ l’attuale ricorrente ha fornito sul punto prove in senso contrario – una partecipazione continuativa della […] alle società sopra indicate, dapprima quale imprenditrice individuale, quindi come socia illimitatamente responsabile della […] s.n.c., che, successivamente, cambiava esclusivamente la propria denominazione in […] s.n.c., senza mutamenti nella compagine societaria.
D’altra parte anche l’eventuale cessazione – per qualsiasi causa – dell’appartenenza alla compagine sociale del socio di società di persone – cui non sia stata data pubblicità, ai sensi dell’articolo 2290 c.c., comma 2, non produrrebbe effetti al di fuori dell’ambito societario.
Conseguentemente la cessazione non pubblicizzata non sarebbe idonea ad escludere l’estensione del fallimento pronunciata ai sensi della L. Fall., art. 147. (Cass. 16.6.2004 n. 11304). Ne deriva che il fallimento dichiarato della società ha prodotto anche il fallimento personale della […] con l’applicabilità, quindi della L. Fall., art. 51 che prevede che, salva diversa disposizione della legge (ciò che nel caso di specie non ricorre), dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento.
Neppure, in questa sede, rileva che i fallimenti della società e dei soci illimitatamente responsabili, nonostante l’unicità della sentenza dichiarativa e degli organi delle procedure, costituiscano centri diversi di imputazione giuridica degli effetti di tale sentenza; ciò perché gli artt. 147 e 148, legge fall., stabiliscono una distinzione tra i patrimoni della società e dei soci, tra gli stati passivi e le masse riferibili alla prima ed ai secondi (Cass. 1.3.2005 n. 4284).
Il quesito da sciogliere in questa sede, infatti, è quello della legittimità dell’azione esecutiva individuale nella ipotesi in cui il curatore del fallimento, ai sensi dell’art. 107 c.p.c., abbia indicato la volontà di non proseguire l’espropriazione immobiliare pendente, optando per la sede concorsuale; scelta pienamente praticabile per le ragioni più sopra esposte. […]