[…]
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Marsala, con sentenza del 12/2/2015 ha affermato la
responsabilità penale di […], che ha condannato alla pena
dell’ammenda, per il reato di cui agli artt. 93, 94, 95 d.P.R. 380\01, per l’esecuzione di interventi edilizi in zona sismica, senza darne il preventivo avviso scritto e senza l’autorizzazione del competente ufficio tecnico della regione.
Il Tribunale dichiarava altresì estinti per intervenuto permesso in sanatoria gli ulteriori reati contestati, concernenti la violazione degli artt. 44, lett. b), 64, 65, 71 e 72 d.RR. 380\01, assolvendo l’imputato per non aver commesso il fatto in relazione ai fatti ascrittigli al capo a), punto 5, della rubrica.
2. Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3. Con un primo motivo di ricorso lamenta il vizio di motivazione, osservando
che il giudice del merito sarebbe incorso in una evidente contraddizione laddove dapprima riconosce l’imputato responsabile del reato per il quale è intervenuta condanna e, successivamente, nel giustificarne l’assoluzione per i fatti di cui al capo a), punto 5), riconosce che i lavori sarebbero stati eseguiti dal padre dell’imputato mentre questi risiedeva in altra regione.
Aggiunge che l’unica opera che avrebbe imposto l’osservanza della disciplina
antisismica sarebbe la realizzazione del vano autoclave, la cui preesistenza sarebbe stata accertata nel corso dell’istruzione dibattimentale, osservando che, in ogni caso, la sanatoria conseguita avrebbe estinto anche il residuo reato concernente la disciplina delle zone sismiche.
4. Con un secondo motivo di ricorso evidenzia l’intervenuta prescrizione del
reato, non rilevata dal primo giudice.
5. Con un terzo motivo di ricorso rileva la applicabilità, nella fattispecie, della
causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. per la particolare tenuità del fatto.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito specificati.
La sentenza impugnata prende in esame, per quanto è dato rilevare, una serie di interventi finalizzati alla trasformazione ed ampliamento di un preesistente
immobile da destinare ad attività ricettiva di “bed and breakfast”.
2. Come rilevato nel primo motivo di ricorso, il giudice, nell’affermare la
responsabilità dell’imputato per il reato di cui al capo b) della rubrica, utilizzando, peraltro, formule assolutamente generiche che nulla precisano in ordine agli elementi fattuali ritenuti determinanti, stante il vago richiamo a non meglio specificati “elementi probatori acquisiti” ed “elementi obiettivi del fatto”, ritenuti indicativi “di una precisa e completa rappresentazione e volizione dei fatti”, attribuisce con certezza la responsabilità dei reati al ricorrente, incorrendo subito dopo in una palese contraddizione laddove, dopo aver sinteticamente indicato le ragioni dell’assoluzione per i fatti di cui al punto 5 del capo a) dell’imputazione, aggiunge la frase “inoltre, appare verosimile quanto dichiarato dall’imputato in sede di esame, relativamente al fatto che è stato proprio il padre, […], a curare tutti i lavori necessari a trasformare l’immobile di via […] in un B&B, mentre lui risiedeva in Emilia per motivi di lavoro; così come confermato anche dal […] in sede di deposizione”.
Risulta pertanto evidente, pur nella genericità dell’esposizione, che non
specifica neppure quale sia stata, nel processo, la posizione del padre dell’imputato, cui in sostanza viene addebitata l’intera responsabilità per gli interventi abusivi, dei quali egli anche si autoaccusa, che tale affermazione si pone in insanabile contrasto con quanto in precedenza rilevato dallo stesso giudice rispetto alla posizione dell’imputato.
Il vizio motivazionale appena rilevato impone l’annullamento con rinvio della
decisione impugnata.
3. Del tutto errata risulta, al contrario, l’affermazione, contenuta nel motivo di
ricorso in esame, secondo la quale la sanatoria conseguita dall’imputato avrebbe comportato anche l’estinzione della violazione della disciplina antisismica.
Va detto, peraltro, che anche sul punto la sentenza impugnata offre una
confusa descrizione della sequenza procedimentale che avrebbe preceduto il
rilascio del titolo abilitativo sanante, facendo peraltro riferimento a titoli diversi
(concessione, autorizzazione, denuncia attività), ad attività di demolizione di opere in difformità e ad altra procedura di sanatoria pendente per l’abuso di cui al capo a) punto 5 per il quale è intervenuta comunque l’assoluzione.
Ciò nonostante, va comunque osservato che, secondo la uniforme
giurisprudenza di questa Corte, deve escludersi l’efficacia estintiva del permesso di costruire in sanatoria per le opere realizzate in violazione della disciplina antisismica.
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è uniforme (v., ex pl., Sez. 3, n.
11271 del 17/2/2010; Braccolino, Rv. 246462; Sez. 3, n. 19256 del 13/4/2005,
Cupelli, Rv. 231850; Sez. 3, n. 1658 del 1/12/1997 (dep.1998), Agnesse, Rv. 209571) e le esclusioni individuate dalla condivisibile lettura della norma in esame, hannosuperato anche il vaglio della Corte Costituzionale (Corte Cost. sent. 149 del 30 aprile 1999).
Va per inciso rilevato che tali esclusioni riguardano anche la disciplina delle
opere in cemento armato, la sanabilità delle quali il Tribunale ha invece
erroneamente ammesso (v. Sez. 3, n. 11 511 del 15/2/2002, Menna A, Rv. 22143901: Sez. 3, n. 50 del 7/11/1997 (dep. 1998), Casà G, Rv. 20966201 ed altre prec. conf.).
4. Altrettanto errata risulta l’ulteriore affermazione, contenuta nel medesimo
motivo, afferente alla individuazione di una sola tra le opere eseguite come soggetta alla disciplina antisismica, atteso che anche sul tema è intervenuta la
giurisprudenza di questa Corte ponendo in evidenza l’irrilevanza della natura dei lavori sulla base del fatto che la violazione delle norme antisismiche e sul cemento armato presuppone soltanto l’esecuzione di lavori edilizi in zona sismica, ovvero che comportino l’utilizzo del cemento armato e non altro (Sez. 3, n. 46081 del 8/10/2008, Sansone, Rv. 24178301).
5. Quanto alla dedotta prescrizione del reato, di cui tratta il secondo motivo di
ricorso ancora una volta il ricorrente fa rifermento al solo vano autoclave,
tralasciando di considerare l’insieme delle opere eseguite, tutte soggette, come si è detto, alle disposizioni richiamate nel capo di imputazione.
Il termine massimo di prescrizione del residuo reato, invero, non risulta affatto
spirato, perché, tenuto conto della data di accertamento del fatto (17/5/2011) e dei periodi di sospensione (dal 21/3/2012 al 13/6/2012 per adesione del difensore all’astensione dalle udienze; dal 16/1/2013 al 10/4/2013, dal 10/4/2013 al 29/6/2013 e dal 9/10/2013 al 9/1/2014 per rinvio richiesto in attesa della sanatoria) esso andrà a maturare il 2/8/2017.
6. Per ciò che riguarda, infine, il terzo motivo di ricorso, osserva il Collegio che,
secondo quanto già affermato (Sez. 3, n. 47039 del 8/10/2015, P.M. in proc. Derossi, Rv. 26545001. Conf. Sez. 3, n. 19111 del 10/3/2016, Mancuso, Rv. 26658601), ai fini della valutazione della particolare tenuità del fatto in tema di violazioni edilizie e paesaggistiche la consistenza dell’intervento abusivo (tipologia di intervento, dimensioni e caratteristiche costruttive) costituisce solo uno dei parametri di valutazione, perché, per ciò che riguarda gli aspetti urbanistici, in particolare, assumono rilievo anche altri elementi, quali, ad esempio, la destinazione dell’immobile, l’incidenza sul carico urbanistico. Inoltre, altro indice sintomatico della non particolare tenuità del fatto è rappresentato dalla contestuale violazione di più disposizioni quale conseguenza dell’intervento abusivo, come nel caso in cui siano
contestualmente violate, mediante la realizzazione dell’opera, anche altre
disposizioni finalizzate alla tutela di interessi diversi (norme in materia di costruzioni in zone sismiche, di opere in cemento armato, di tutela del paesaggio e dell’ambiente, a quelle relative alla fruizione delle aree demaniali).
Nel caso in esame ricorre la violazione di più disposizioni di legge (urbanistiche, antisismiche e in materia di conglomerato cementizio armato) che esclude di per sé la possibilità di ritenere astrattamente configurabile la particolare tenuità, considerata l’offensività complessiva della condotta derivante dalla violazione di più disposizioni della legge penale, pur a fronte dell’unicità naturalistica del fatto (situazione questa, del tutto simile a quella considerata nella richiamata sent.19111/2016). […]