Corte di Cassazione, Sez. 4, Sentenza n. 39765 del 2015, dep.: 01/10/2015

[…]

RITENUTO in FATTO

1. Con sentenza del 5\2\2014 la Corte di Appello dell’Aquila confermava la condanna di […] per il delitto di omicidio colposo in danno del lavoratore […] (acc. In […] – TE- il 5\4\2006). Con la medesima sentenza veniva invece assolto con formula piena […]. Ai due imputati, nelle rispettive qualità di amministratore delegato della […] e di responsabile del deposito di […], era stato addebitato di avere, per colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia, nonché violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, cagionato la morte di […]. In particolare, gli imputati non avevano valutato, tra gli altri, il rischio particolare cui era esposto il lavoratore […], il quale, addetto a mansioni di autotrasportatore, provvedeva al periodico prelievo di rottami in vetro presso lo stabilimento della […]; in detta occasione, il giorno 5\4\2006, si era venuto a trovarsi nella necessità di sganciare l’autocarro dal rimorchio per l’impossibilità di accedere al punto di prelievo con l’intero veicolo, data la ridotta dimensione del tratto di strada antistante; nel documento di valutazione rischi della […], mancava ogni riferimento a tale specifico rischio, con conseguente omessa individuazione delle misure preordinate a fronteggiarlo (individuazione di una zona che consentisse di operare in sicurezza ed indicazione delle modalità operative); inoltre il lavoratore non era stato adeguatamente informato sui rischi specifici a cui era esposto in relazione all’attività svolta, con particolare riferimento al rischio presente durante le operazioni di sganciamento e successivo riaggancio autotreno-rimorchio e, dunque, sulle misure di sicurezza del caso; non gli era stata assicurata una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza, avuto riguardo alle proprie mansioni, con particolare riferimento allo svolgimento delle operazioni di cui sopra. Con tali condotte omissive gli imputati non impedivano il decesso del lavoratore […], il quale rimaneva schiacciato tra la motrice ed il rimorchio utilizzati nello svolgimento delle proprie mansioni, all’atto di riagganciarli. In particolare, questi aveva effettuato detta operazione senza che fossero state individuate e successivamente impartite al medesimo, mediante idonea informazione sul rischio e formazione lavorativa, le misure di sicurezza da seguire, che avrebbero imposto l’esecuzione dell’operazione a rimorchio fermo, previo allineamento del timone alla campana della motrice (anche avvalendosi di attrezzi occasionali) ed avvicinando l’autocarro al rimorchio mediante manovra di retromarcia. In assenza delle dovute prescrizioni, il […] aveva eseguito l’operazione posizionandosi tra i due mezzi e sfrenando il rimorchio, che si trovava in pendenza, in modo da farlo avvicinare all’autocarro, mentre con le mani allineava il timone del rimorchio alla campana dell’autocarro, per farli incastrare; non riuscendo nell’intento, rimaneva schiacciato dal rimorchio, riversatosi sulla motrice per effetto del mancato incastro del timone (infilatosi viceversa sotto la campana dell’autocarro), con conseguente immediato decesso. La Corte di merito, premesso che l’incidente si era verificato secondo quanto descritto nel capo di imputazione, ha osservato che nessuna responsabilità poteva gravare sul […], il quale aveva conferito al […] un delega antinfortunistica scritta e firmata dalle parti, esaustiva e con attribuzione di pieni poteri di programmazione, organizzazione e gestione. Con riferimento al […], contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la condotta della vittima non era stato un fatto imprevedibile ed abnorme, in quanto aveva svolto un’attività che rientrava nelle sue mansioni, da solo, senza ausilio di altro collega, senza che gli fosse stata data alcuna formazione ed informazione sui rischi specifici e sulla corretta manovra da svolgere; rischi neanche previsti nel documento di valutazione. La violazione delle norme di prevenzione, che aveva determinato il concretizzarsi dell’evento, era stata determinata dalle omissioni dell’imputato che, in ragione della delega ricevuta, era il primo garante della sicurezza dei lavoratori in azienda. Sulla base di tali considerazioni la sentenza di condanna di primo grado veniva confermata, sebbene la pena ridotta a mesi sei di reclusione.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando l’erronea applicazione della legge ed il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa. Invero l’evento verificatosi era del tutto imprevedibile, in quanto inaspettato era che il lavoratore disattivasse l’impianto frenate del rimorchio, onde consentire per gravità, il suo avvicinamento alla motrice. Inoltre in relazione alle operazioni di sganciamento e riaggancio, le norme I.S.P.E.S.L. prendevano in considerazione il rischio di schiacciamento degli arti, ma assolutamente non consideravano la possibilità di un incidente mortale. Pertanto se tale rischio non era prevedibile per gli Enti deputati alla sicurezza sul lavoro, certamente non potevano esserlo per l’imputato.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Va premesso che in tema di infortuni sul lavoro, l’art. 2087 cod. civ. ha carattere generale e sussidiario, di integrazione della specifica normativa antinfortunistica, con riferimento all’interesse primario della garanzia della sicurezza del lavoro. Pertanto, il dovere di sicurezza si realizza o attraverso l’attuazione di misure specifiche imposte tassativamente dalla legge oppure con l’adozione dei mezzi idonei a prevenire ed evitare i sinistri, assunti con i sussidi dei dati di comune esperienza, prudenza, diligenza, prevedibilità, in relazione all’attività svolta. Ne consegue che, per configurare la responsabilità del datore di lavoro o dei suoi delegati, non è necessario che sia integrata la violazione di specifiche norme dettate per la prevenzione degli infortuni, essendo sufficiente che l’evento dannoso si sia verificato a causa dell’omessa adozione di quelle misure e accorgimenti imposti all’imprenditore dall’art. 2087 cod. civ. ai fini della più efficace tutela dell’integrità fisica del lavoratore [cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 3439 del 12/02/1997 Ud. (dep. 15/04/1997), Rv. 208524; Cass Sez. 4, Sentenza n. 13377 del 28/09/1999 Ud. (dpp. 24/11/1999), Rv. 215537 Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6360 del 26/01/2005 Ud. (dep. 18/02/2005), Rv. 230855; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 5114 del 17/04/1996 Ud. (dep. 21/05/1996), Rv. 205196]. Pertanto, nel caso in esame, la circostanza che le norme ISPELS non prendessero in considerazione il rischio morte, non rileva, considerato peraltro che in ogni caso era presa in considerazione la possibilità dello schiacciamento. All’imputato è stato mosso anche un addebito di colpa generica : infatti, tenuto conto che la manovra di sgancio ed aggancio del rimorchio era di routine, correttamente ha ritenuto il giudice di merito che il relativo rischio di infortunio fosse prevedibile ed evitabile con l’adozione di adeguate disposizioni di sicurezza. Pertanto, considerato che tale rischio non era preso in considerazione adeguatamente nel relativo documento di valutazione, tale omissione ha determinato il concretizzarsi dell’evento che le cautele dovute miravano ad evitare.

3. Ma la responsabilità dell’imputato è a lui attribuibile anche per la violazione di specifiche norme di sicurezza e, quindi, a titolo di colpa specifica. Infatti al lavoratore, come esposto in sentenza, non è stata fornita una adeguata formazione ed informazione. In tali casi, la negligenza del lavoratore, che nell’espletamento delle sue mansioni ponga in essere condotte imprudenti, non costituisce un fatto imprevedibile, in quanto è il frutto proprio della mancanza dell’adempimento dell’obbligo di formazione gravante sul datore di lavoro ed sui suoi delegati. Alla luce di quanto esposto i motivi di ricorso si palesano infondati ed impongono il rigetto dell’impugnazione. […]