RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Bologna ha riformato la pronuncia di condanna emessa nei confronti di […] dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Piacenza, con la quale questi era stato giudicato colpevole della morte del dipendente […], assolvendolo dal reato di omicidio colposo commesso con violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e dalla contravvenzione di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 38. 2. Secondo l’accertamento condotto nei gradi di merito il 2 settembre 2006 il […], addetto alla conduzione della macchina raccoglibietole Barigelli B/6 4 x 4, nel corso dell’operazione di sostituzione di una delle ruote anteriori, operazione alle quale attendeva il collega […], mentre il mezzo era a motore acceso e con il gruppo anteriore defogliatore-scavatore alzato, si era portato nella parte posteriore della macchina, aveva rimosso la vite che univa la leva di comando del sensore dello sterzo al sensore stesso ed era rimasto schiacciato fra il supporto dei pistoni dello sterzo e la ruota posteriore sinistra, riportando lesioni che ne avevano cagionato la morte.
Al […] era stato contestato di non aver provveduto a fornire di adeguata e specifica formazione il dipendente […] in relazione ai rischi connessi all’attività svolta, sicché questi aveva eseguito una manovra di estrema pericolosita senza essere consapevole dei rischi ai quali in tal modo si esponeva. A differenza di quanto affermato dal giudice di primo grado, la Corte di appello ha ritenuto che alcun addebito potesse essere mosso al […] in quanto “al datore di lavoro non incombeva l’obbligo di fornire specifica formazione sul funzionamento di tutte le parti della complessa macchina raccoglibietole, ivi comprese quelle relative agli apparati elettro-idraulici che comandavano le molteplici funzioni”; per la Corte distrettuale “l’adeguata e specifica formazione non poteva essere estesa a quelle operazioni tecniche complesse riservate a personale altamente specializzato”. Sotto altro aspetto il collegio distrettuale ha ritenuto la persistenza di un ineliminabile dubbio in ordine al nesso di causalità, avendo il lavoratore posto in essere un’azione esulante dalle sue mansioni di addetto alla conduzione della macchina in questione, azione riservata a personale specializzato della ditta costruttrice, ed avendo quindi posto in essere un’azione abnorme, anomala, imprevedibile. 3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Bologna che con motivo unico deduce dovere di formazione del datore di lavoro sulla scorta di una sorta di inversione logica che ha portato il giudice di secondo grado a ritenere che l’ignoranza e l’incompetenza del […] circa gli aspetti più tecnici del funzionamento della macchina abbiano determinato l’imprevedibilità della sua azione imprudente, laddove l’incompetenza e l’ignoranza del lavoratore dovrebbero essere considerate causa di prevedibilità di un suo agire scorretto, dettato proprio dalla non percezione dei rischi conseguenti alla mancanza di informazioni minime circa il funzionamento della macchina. Rileva l’esponente che l’assenza di attività di addestramento in ordine al corretto uso della macchina si pone quale causa dell’incidente occorso al lavoratore, il quale avrebbe dovuto essere adeguatamente preparato a compiere piccoli interventi di manutenzione, essendo gli autisti i primi ad essere interessati alla ottimale regolazione dello sterzo, come ritenuto anche dalla sentenza di primo grado. La sentenza impugnata, peraltro, risulta contraddittoria anche nella parte in cui sostiene che la mancanza di informazioni in ordine al meccanismo che ha causato l’incidente fosse giustificata perché la vittima era addetta unicamente alla conduzione del mezzo. Tanto però contrasta con le risultanze del processo di primo grado, in base alle quali il giudice di prime cure ha ritenuto verosimile che la regolazione dello sterzo fosse effettuata anche presso la ditta alle cui dipendenze era il […] e non esclusivamente da parte della ditta produttrice. 4.1. Ricorre per cassazione la parte civile costituita, […]. Con unitaria trattazione deduce vizio motivazionale, laddove la Corte di appello ha ritenuto insussistente l’obbligo del datore di lavoro di fornire specifica informazione sul funzionamento di tutte le parti della complessa macchina raccoglibietole ed altresì laddove ha ritenuto insuperato il dubbio in ordine al nesso di causalità, per essere stata abnorme la condotta posta in essere dalla vittima del sinistro. Quanto al primo profilo rileva la ricorrente – che pure censura la valutazione del materiale probatorio operata dalla Corte di appello, evidenziando come dalle dichiarazioni del collega del […], […], sia emersa l’assenza di adeguata formazione in ordine all’uso del macchinario, rilevando peraltro che la raccomandazione di non utilizzare la macchina accesa non era sufficiente ad integrare l’informazione, la formazione e l’addestramento adeguati e specifici richiesti dalla normativa vigente in materia di sicurezza sul lavoro – come la Corte di appello abbia omesso di considerare che qualora l’adeguata e specifica formazione non potesse essere estesa alle operazioni tecniche complesse riservate a personale altamente specializzato, secondo quanto dalla stessa ritenuto, allora tali operazioni avrebbero dovuto essere espressamente vietate ai lavoratori, non potendosi considerare sufficiente a tale scopo la generica raccomandazione che talune operazioni dovessero avvenire a motore spento. Sotto il diverso profilo del nesso di causalità, la ricorrente rinviene nella qualificazione come abnorme del comportamento del lavoratore una errata applicazione della legge penale ed una carente ed illogica motivazione poiché, avendo il giudice di primo grado accertato che l’istruzione fornita al […] era stata molto limitata e che non era mai stata impartita una formazione volta far conoscere al medesimo in modo approfondito il funzionamento della macchina e i pericoli che potevano derivarne, non è possibile concludere che la condotta imprudente del lavoratore non fosse riconducibile alla violazione dei doveri incombenti sul datore di lavoro.
4.2. Il 25 giugno 2014 è stato depositato presso questa Corte atto di intervento delle parti civili con il quale […].
5. […] prossimi congiunti di […], ricorrono per cassazione a mezzo del comune difensore, […], deducendo vizio motivazionale, avendo la Corte di Appello affermato la natura abnorme del comportamento del lavoratore nonostante questi si fosse recato nella parte posteriore della macchina per allineare l’asse delle ruote posteriori, mansione di fatto che ai dipendenti del […] era consentito svolgere sui campi, e che a ciò il […] si fosse determinato per non interrompere la raccolta, occorrendo svariate ore ai tecnici della casa di fabbricazione a recarsi sul posto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
6. I ricorsi sono fondati; ciò non di meno deve essere pronunciato l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla contravvenzione addebitata all’imputato, essendo la medesima estinta per essere decorso l’intero termine massimo di prescrizione.
7.1. Come già descritto nella superiore parte narrativa, ciò che ha determinato la Corte di Appello ad una decisione di segno contrario rispetto a quella del Tribunale di Piacenza, nella condivisione del quadro fattuale come ricostruito in primo grado, è l’interpretazione della disciplina in materia di formazione del lavoratore, quale enunciata dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 38, legge vigente al tempo del sinistro. La Corte distrettuale ha ritenuto che “al datore di lavoro non incombeva l’obbligo di fornire specifica formazione sul funzionamento di tutte le parti della complessa macchina raccoglibietole, ivi comprese quelle relative agli apparati elettro- idraulici che comandavano le molteplici funzioni”; per la Corte distrettuale “l’adeguata e specifica formazione non poteva essere estesa a quelle operazioni tecniche complesse riservate a personale altamente specializzato”. In altri termini, il Collegio territoriale ha rinvenuto un principio di diritto, a tenore del quale, in presenza di macchine complesse, l’attività di formazione del lavoratore che vi sia addetto attiene unicamente al funzionamento complessivo delle stesse e non delle singole componenti; ne’ occorre che egli sia formato per intervenire sulla macchina ove ciò implichi conoscenze di particolare qualificazione.
Orbene, mette conto rammentare che, a mente del citato art. 38 (oggi trasfuso, in una disposizione maggiormente analitica, nel D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 73), il datore di lavoro si assicura che: a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguata sull’uso delle attrezzature di lavoro; b) i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici ricevono un addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone.
La norma va letta tenendo presente la previsione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 5, esplicitamente richiamata dall’art. 38, la quale prende in considerazione le attrezzature che richiedono per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici; in tal caso è prescritto che il datore di lavoro si assicuri che l’uso dell’attrezzatura di lavoro sia riservato a lavoratori all’uopo incaricati e che in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato sia qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti.
Va anche rilevato che la formazione, della quale oggi il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, da una definizione legale valevole in ambito prevenzionistico, è “il processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi”.
Da tali disposizioni si ricava che, ove si tratti della formazione riguardo all’uso di macchine complesse, la formazione adeguata della quale fanno parola l’art. 38, e art. 35, comma 5 citati non si esaurisce nella fornitura di nozioni tecniche atte ad eseguire una determinata operazione; essa è piuttosto la creazione o il rafforzamento di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei compiti assegnati; competenze che a seconda dei casi prospettano un facere o un non facere.
Detto altrimenti, l’obbligo di formazione, quando si tratti di attrezzature di elevata complessità, suscettibili di richiedere operazioni riservate a personale specializzato, non implica unicamente di far conoscere ciò che deve essere fatto ma anche ciò da cui astenersi, proprio perché ad altri riservato. Una riprova, neppure troppo indiretta di quanto si va affermando, è nella previsione di legge al tempo del commesso reato, recata dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 37, comma 1, lett. b); oggi dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 73, comma 1, lett. b), secondo la quale il datore di lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione d’uso necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa alle situazioni anormali prevedibili.
L’attività di informazione si distingue da quella formativa perché ha ad oggetto il trasferimento di conoscenza, senza che ciò implichi necessariamente la ‘costruzione’ di un saper fare. Tuttavia è evidente che quest’ultima incorpora la prima.
Si deve quindi formulare il seguente principio di diritto: “in tema di infortuni sul lavoro, l’attività di formazione del lavoratore prevista dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 38, – ed oggi dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 73, -, ove si tratti dell’utilizzo di macchine
complesse, talune operazioni sulle quali siano riservate a personale con elevata specializzazione, non si esaurisce nell’informazione e nell’addestramento in merito ai rischi derivanti dall’utilizzo strettamente inteso ma deve tener conto anche dei rischi derivanti dalla diretta esecuzione delle operazioni ad altri riservate”. 7.2. Tenendo presente un simile quadro normativo si coglie l’errore prospettico nel quale è incorsa la Corte di appello. Questa ha ritenuto che il […], in quanto conducente del mezzo, non fosse esposto al rischio specifico derivante dall’intervento sul sensore dello sterzo perché ha giudicato che l’operazione fosse riservata a personale altamente specializzato. Tant’è vero che ha esplicitamente affermato che l’operazione in questione rientra tra “quelle operazioni tecniche complesse riservate a personale altamente specializzato” e che non può essere definita operazione di piccola manutenzione la riparazione o la regolazione dell’impianto elettrico idraulico che comandava gli organi di sterzo. A conforto dell’affermazione il Collegio distrettuale rammenta che tale operazione non era neppure indicata nel libretto di uso di manutenzione ed implicava la conoscenza approfondita degli impianti elettro-idraulici e lo smontaggio di parti meccaniche. L’accertamento in ordine alla complessità dell’operazione è questione di merito nella quale questa Corte non è legittimata ad intervenire. Tuttavia, la Corte territoriale omette di considerare che proprio in ragione del fatto che si trattava di operazioni rigorosamente riservate a personale altamente specializzato l’attività di formazione non poteva non comprendere anche le informazioni e le direttive volte a far conoscere al lavoratore l’esistenza di operazioni che, concernenti il mezzo meccanico al quale egli era addetto, erano tuttavia da compiersi a cura di personale specializzato; a dotarlo di istruzioni circa il comportamento da assumere laddove tali operazioni si fossero rese necessarie nel corso dell’utilizzo da parte sua del macchinario in questione; dei rischi ai quali egli si sarebbe esposto non già eseguendo l’operazione ma qualora non avesse seguito le istruzioni appena ricordate. Il rischio specifico al quale il conducente del mezzo si trovava esposto, vista la complessità del mezzo affidatogli per la conduzione, era quello di non percepire tale complessità e quindi di assumere comportamenti non appropriati, a loro volta pregiudizievoli per sè e per altri. Se non artificiosa, quindi, quanto meno parziale è la lettura della normativa prevenzionistica adottata dai giudici di secondo grado, i quali, ripetuta mente, hanno richiamato lo stato di ignoranza del […], il quale era stato addestrato (unicamente) a condurre la macchina e ad utilizzarla per la raccolta, a provvedere alle normali operazioni di pulizia e di manutenzione, dalle quali certamente esulava quella di riparazione o di regolazione dell’impianto elettroidraulico che comandava gli organi di sterzo; che il […] non sapeva che andando ad agire sul sensore dello sterzo con il motore avviato e il gruppo defogliatore-scavatore alzato da terra avrebbe potuto provocare l’improvviso azionamento dei pistoni idraulici che comandavano la sterzatura delle ruote posteriori. Ne consegue che la decisione impugnata è illegittima perché identifica in modo errato il rischio specifico alla quale era esposto il […], conducente di una macchina di elevata complessità, rispetto alla quale questi avrebbe dovuto essere edotto in ordine ai pericoli derivanti dalla diretta esecuzione di operazioni di riparazione e di interventi su meccanismi elettronici componenti e formato adeguatamente per fronteggiare l’evenienza che vi fosse necessità di mettere mano agli stessi, senza surrogare l’intervento di manodopera specializzata.
7.3. Peraltro, la sentenza impugnata incorre in violazione di legge anche per un diverso aspetto. Invero, non è corretto affermare che “sussiste ineliminabile dubbio anche sul nesso di causalità” perché il […] compì un’azione che esulava dalle sue mansioni di addetto alla conduzione della complessa macchina.
Ancora una volta la Corte di Appello adotta una prospettiva indebitamente riduzionista delle mansioni affidate al […]; queste certamente non comprendevano l’intervento sull’apparato elettro-idraulico, ma neppure è posto in dubbio dal Collegio territoriale che il lavoratore si sia portato nella parte posteriore del mezzo per motivi che non fossero quelli di intervenire su un’anomalia di funzionamento. In ciò vi è la scorretta esecuzione dei compiti affidati al […]; ma è proprio anche rispetto a tale evenienza che la giurisprudenza di questa Corte afferma, con ribadite decisioni, che non integra il “comportamento abnorme” idoneo a escludere il nesso di causalità tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l’evento lesivo o mortale patito dal lavoratore il compimento da parte di quest’ultimo di un’operazione che, seppure inutile e imprudente, non risulta eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell’ambito del ciclo produttivo (cfr., tra le ultime, Sez. 4, n. 7955 del 10/10/2013 – dep. 19/02/2014, Rovaldi, Rv. 259313).
8. Come preannunciato, la contravvenzione contestata all’imputato, commessa sino al 2.9.2006, risulta ormai estinta per il decorso dell’intero termine di prescrizione.
Ne deriva che la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 38, (capo 2), deve essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione. La medesima sentenza va invece annullata, quanto al reato di cui all’art. 589 cod. pen. (capo 1), con rinvio alla Corte di Appello di Bologna, per nuovo esame. […]