Corte di Cassazione, Sez. 5, Sentenza n. 2284 del 2007, dep. il 02/02/2007

[…]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato (nel domicilio eletto) a […] il 6 giugno 2000 (depositato il 26 giugno 2000) il […] – premesso (1) che l’Ufficio IVA di […], constatato, in seguito a “controllo formale” delle dichiarazioni IVA per gli anni 1989 e 1990 della ditta “[…] s.a.s.” la mancata effettuazione dei “versamenti trimestrali ed annuale”, aveva (a) provveduto alla “prenotazione a ruolo dell’imposta con emissione dei relativi fogli” e (b) notificato “regolarmente distinti avvisi di irrogazione sanzioni per ciascuno dei predetti anni di imposta alla società” (la quale “al momento della detta notifica, aveva assunto la denominazione … “[…]” s.a.s.”); (2) che “gli avvisi divenivano definitivi per mancata impugnazione”; (3) che “successivamente il concessionario della riscossione procedeva alla notifica delle cartelle esattoriali alla … società e al)la conseguente esecuzione sul patrimonio sociale che si rivelava infruttuosa”; (4) che “nel maggio 1997” erano stati notificati al […] (il quale “era stato, per il periodo 21 aprile 1989 – 19 settembre 1990, socio accomandatario ed amministratore della società”) “quattro avvisi di mora, due per imposta ed interessi per gli anni in discorso e due per soprattasse e pene pecuniarie per i medesimi anni” -, in forza di un unico motivo chiedeva di cassare (“con ogni consequenziale statuizione, anche in ordine alle spese”) la sentenza n. 22/11/99 deposi tata il 21 aprile 1999 con la quale la Commissione Tributaria Regionale delle Marche aveva rigettato il gravarne proposto dall’Ufficio contro la decisione (426/03/97) con cui la Commissione Tributaria Provinciale di Ancona aveva accolto il ricorso del contribuente avverso i predetti quattro avvisi di mora. L’intimato non svolgeva attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con la decisione impugnata la Commissione Tributaria Regionale ha rigettato l’appello dell’Ufficio affermando che “l’avviso di mora è illegittimo perché notificate ad un soggetto che al momento della notifica non era legale rappresentante della società avendo perso tale qualifica già nel 1990” per cui “l’atto impositivo è privo di qualsiasi effetto giuridico nei confronti del ricorrente”.
Il giudice a quo, quindi, ha aggiunto che “in assenza di coincidenza e contestualità tra rappresentanza e soggetto giuridico e condotta emissiva, l’avviso di mora all’ex rappresentante della società, deve essere preceduto dalla notifica al medesimo dell’avviso di accertamento” perché “in caso contrario deve ritenersi violate il diritto di difesa assicurato dall’art. 98 comma II° D.P.R. n. 602 del 1973”.
2. Nel l’unico motivo di ricorso il Ministero sostiene che tale decisione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 sia affetta da “violazione e falsa applicazione della L. n. 4 del 1929, art. 11, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19
“in quanto:
– “il socio accomandatario …, ai sensi dell’art. 2313 c.c., risponde solidalmente ed illimitatamente delle obbligazioni sociali, quindi anche delle obbligazioni tributarie che gravano sulla società”;
– “di siffatte obbligazioni risponde il socio accomandatario che era tale al momento in cui si è verifica – a l’omissione dei versamenti”, quindi “incontestabilmente” il […], il quale “risponde altresì per soprattasse e pene pecunia rie in virtù dell’allora vigente L. n. 4 del 1929, art. 11”, costituente “diretta applicazione del predetto art. 2313 c.c.”;
– “la circostanza che, al momento della notifica dell’avviso, il […] non era più rappresentante legale del la società è assolutamente irrilevante, in relazione alla qualità rivestita dal contribuente al momento in cui si è concretata la evasione di imposta ed alla ovvia conseguenza che la responsabilità che ne discende alla stregua dei principi generali suddetti non può di certo venir meno per il solo fatto dell’uscita del socio dalla società avvenuta successivamente al verificarsi dell’omesso versamento dell’imposta”.
A contestazione, poi, della necessità (affermata dal giudice a quo) della preventiva notifica dell’avviso di accertamento al “soggetto non più rappresentante della società … per non incorrere nella violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98”, il ricorrente aggiunge:
(a) che “nulla impediva … all’Ufficio di notificare direttamente l’avviso di mora all’accomandatario in forza dei predetti principi generali sulla sua responsabilità tipica” (“che deriva dalla collocazione gestionale del medesimo nell’ambito societario, soprattutto in un caso, come quello in esame, in cui il patrimonio sociale è stato previamente verificato come non capiente”) in quanto “dal punto di vista processuale .. l’avviso di mora è atto sempre autonomamente impugnati – le dal soggetto che lo ha ricevuto, a prescindere dalla notifica di atti prodromici all’avviso medesimo, come prevede l’attuale D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e come già prevedeva il D.P.R. n. 636 del 1912, art. 16, a testimonianza della continuità del principio nell’ambito del nostro ordinamento”: “con la notifica dell’avviso di mora, infatti, non viene per ciò solo pretermesso alcun diritto difensivo del contribuente, dal momento che, se pure si volesse ritenere la disattesa necessità, nella fattispecie, della previa notifica di altro atto autonomamente impugnabile, questo ben avrebbe potuto essere impugnato unitamente all’avviso di mora” per cui “è pretestuoso dolersi, come ha fatto il contribuente, della impossibilità di poter risalire all’atto prodromico sulla base del solo contenuto dell’avviso di mora, in quanto esso avviso fa menzione del titolo in forza del quale è richiesto il pagamento e dell’anno di imposta relativo, onde il socio accomandatario, responsabile principale dogi i omessi versamenti contestati alla società, aveva tutte le informazioni necessarie per risalire all’atto che assume non essergli stato notificato, quanto avrebbe dovuto esserlo”; “in ogni caso” secondo il Ministro, “nulla avrebbe impedito al socio accomandatario di impugnare l’avviso di mora e riservarsi motivo aggiunti avverso l’atto presupposto, con richiesta al giudice di ordinarne l’esibizione all’Amministrazione” questa Corte, “sia pure in materia di soprattasse e pene per mancato versamento di imposte dirette”, ha statuito, “con posizione di un principio di natura processuale che riveste sicuramente carattere generale”, che “in tema di solidarietà tributaria è legittima … la notificazione al rappresentante del contribuente del solo avviso di mora … Tale avviso può essere impugnato da rappresentante a norma del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16 (anche nel testo originario) di fronte alle Commissioni Tributarie, per contestare non soltanto il rapporto di rappresentanza e la propria responsabilità, ma la stessa esistenza ed entità de debito principale, pur se cristallizzato nei confronti del titolare passivo, atteso che in tal caso l’avviso di mora cumula, con la natura esattiva, quella di (primo) atto partecipativi) della pretesa fiscale” (Cass., sez. 1^, 3 dicembre 1993, n. 1200)”;
(b) che il riferimento “al D.P.R. 602 del 1972, art. 98, nulla ha a che vedere con la fattispecie che si occupa, riguardando, invece, la responsabilità solidale del rappresentante legale per il pagamento delle sanzioni in tema di riscossione delle imposte dirette”.
In conclusione, secondo il Ministero, “giammai l’avviso di mora avrebbe potuto essere annullato per la mancata previa notifica di altro atto, trattandosi di forte atto autonomamente impugnabile con tutte le garanzie di difesa del contribuente ed essendo irrilevante, a questi lini, che quest’ ultimo non fosse più, al momento della notifica dell’avviso di mora, rappresentante legale della società, atteso che la problematica non sarebbe stata diversa anche se il contribuente avesse ancora ricoperto la suddetta carica”.
3. Il ricorso deve essere accolto perché manifestamente fondato.
A. in primo luogo, va osservato che, pur essendo riconosciuta a fini IVA (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 4) la soggettività passiva alla società di persone, nessuna norma speciale tributaria deroga alla disciplina generale del codice civile in tema di responsabilità per le attività sociali per cui (Cass., trib.: 22 maggio 2006 n. 12022; 25 giugno 2003 n. 10093; 4 maggio 2001 n. 6220; 5 febbraio 2001 n. 1592) l’Amministrazione finanziaria, in base alle norme comuni, può rivolgersi a tutti i soci, i quali, quindi, anche nei confronti del Fisco hanno responsabilità solidale e illimitata, sia pure sussidiaria: per la realizzazione del suo credito, pertanto, l’Amministrazione finanziaria (una volta che tale credito sia stato accertato nei confronti della società) può procedere alla riscossione coattiva nei confronti del socio, debitore solidale, il diritto di difesa del quale non risulta violato potendo egli impugnare l’avviso di mora e contestare la pretesa dell’ufficio in ogni sua parte.
B. In secondo luogo, si deve ricordare che la responsabililà del socio illimitatamente responsabile, il quale sia receduto dal contratto societario, a norma dell’art. 2290 cod. civ., riguarda tutte le obbligazioni sociali insorte prima del recesso, ivi comprese, oltre a quelle di origine negoziale, le obbligazioni (quali quelle tributarie) aventi la propria fonte direttamente nella legge (Cass., trib., 1 febbraio 2006 n. 2215; cfr., per le obbligazioni contributive previdenziali, Cass., lav., 24 giugno 1997 n. 5624). C. In terzo luogo, va considerato che (Cass., trib.: 8 maggio 2006 n. 10533; 17 febbraio 2005 n. 3231; id., 27 aprile 2 002 n. 6142) la legge attribuisce all’avviso di mora una duplice funzione: l’una (primaria e necessaria) di atto equivalente al precetto nel processo di esecuzione forzata e l’altra (eventuale e secondaria) di atto equivalente a quelli di imposizione tributaria.
Siffatta funzione viene assunta dall’avviso di mora in tutte le ipotesi in cui esso sia – tra gli atti della serie procedimentale amministrativa che si snoda a partire dall’avviso di accertamento e di liquidazione e che, passando a volte per un autonomo avviso di liquidazione e, poi, per la cartella di pagamento, potrebbe concludersi con l’avviso di mora – il primo atto di gestione del rapporto tributario sostanziale ad essere reso conoscibile al contribuente: in tal caso, l’avviso di mora diviene succedaneo degli atti suoi presupposti non notificati o irritualmente notificati con la consequenza che gli atti presupposti, se non impugnati unitamente all’avviso di mora, diventano inoppugnabili.
D. In ultimo, va osservato che (Cass., trib., 25 giugno 2003 n. 10093, cit.) la notifica, da parte del concessionario della riscossione consegnatario del ruolo nei confronti della società, al socio dell’avviso di mora è corretta in quanto si tratta di un’ azione esecutiva direttamente consentita dall’art. 2291 cod. civ., la quale non richiede ulteriori valutazioni o provvedimenti da parte dell’ente impositore: anche in tal caso, in base alla formulazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 non si può ritenere menomato il diritto di difesa del contribuente perché lo stesso, raggiunto come coobbligato solidale dall’avviso di mora, può sempre contestare i presupposti dell’obbligazione e quindi dell’avviso dove gli stessi non abbiano ancora assunto il carattere della definitività e quindi l’efficacia esecutiva necessaria per la validità dell’avviso stesso.
E. I richiamati pacifici principi giuridici evidenziano l’erroneità della decisione impugnata la quale, di conseguenza, deve essere cassata con rinvio della causa a sezione diversa della Commissione Tributaria Regionale che la ha pronunciata affinché (1) esamini i motivi di appello facendo applicazione dei richiamati principi di diritto e (2) provveda, altresì, a regolamentare le spese processuali di questo giudizio di legittimità. […]