Corte di Cassazione, Sez. L, Sentenza n. 17748 del 2004, dep. il 02/09/2004

[…]

Con ricorso ex art. 414 cod. proc. civ. al Giudice del Lavoro di Catania […] conveniva in giudizio la […] assumendo di aver intrattenuto dal 1985 al 1995 un rapporto di lavoro subordinato con la […] e di avere prestato contemporaneamente la propria attività lavorativa alle dipendenze della convenuta […] a seguito di “distacco” disposto dal legale rappresentante della società datrice di lavoro, per cui – fermo il rapporto di lavoro con la […] (società “distaccante”) – era sorto un autonomo e distinto rapporto lavorativo con la […] (società ricevente) e per tale attività lavorativa non aveva mai percepito alcun compenso; richiedeva, pertanto, all’adito Giudice del Lavoro la condanna della società convenuta al pagamento delle somme di L. 318.063.537 per “retribuzioni non corrisposte”, “scatti di anzianità”, “tredicesima e quattordicesima mensilità”, “indennità per ferie non godute”, “indennità per permessi retribuiti non concessi”, “trattamento di fine rapporto”.
Si costituiva in giudizio la convenuta […] che impugnava integralmente la domanda attorea e ne chiedeva il rigetto. L’adito Giudice del Lavoro rigettava il ricorso del […] condannava lo stesso al pagamento delle spese giudiziali e – su impugnativa della parte soccombente e ricostituitosi il contraddittorio – la Corte di Appello di Catania-Sezione Lavoro rigettava l’appello e condannava l’appellante alle spese del grado. Per quello che rileva in questa sede la Corte territoriale ha rimarcato che: a) “sulla circostanza relativa agli indubbi legami di gruppo esistenti fra la […]e la […] il collegamento tra società, in quanto fenomeno di mero fatto, non esclude l’autonoma personalità giuridica delle singole società, ne’ da luogo ad un diverso centro di imputazione dei rapporti giuridici dalle stesse intrattenute, a meno che non risultino adottati meccanismi volti ad eludere il divieto di interposizione di cui all’art. 1 della legge n. 1369/1960”; b) “fatta questa premessa la situazione di distacco di un lavoratore subordinato posto dall’imprenditore a disposizione di altra impresa, alla prima collegata (situazione variamente configurabile in concreto in funzione del grado di collegamento fra le due imprese), costituisce tipica espressione dei poteri direttivi dell’imprenditore il cui effetto consiste nella semplice modifica delle modalità esecutive della prestazione, che deve essere adempiuta non già a favore della controparte naturale, bensì a favore del terzo presso il quale il lavoratore è distaccato, senza che ciò comporti il sorgere di un nuovo rapporto di lavoro con il beneficiario della prestazione lavorativa”; c) “presupposti del distacco del lavoratore presso un terzo sono la temporaneità del distacco medesimo e l’interesse del datore di lavoro distaccante: in ordine al primo presupposto la temporaneità non implica una durata più o lunga o comunque predeterminata, richiedendosi a tal fine la non definitività del distacco e cioè che la durata dello stesso coincida con quella (più o lunga) dell’interesse del datore di lavoro a che il suo dipendente presti la sua opera a favore di un terzo; in ordine all’ulteriore presupposto dell’interesse del datore di lavoro, tale interesse deve essere valutato non in astratto bensì in relazione al concreto espletamento dell’attività della società datoriale, potendo venire escluso solo in caso di evidente insanabile contrasto con le finalità proprie dell’oggetto sociale e con le ragioni che abbiano indotto la società ad assumere il dipendente”; d) “appare di tutta evidenza, nel caso di specie, stante i rapporti di collegamento esistenti fra la […] (società distaccante) e la […], che lo svolgimento da parte del […] della propria attività lavorativa anche in favore di quest’ultima società rispondesse ad un concreto interesse della società distaccante, per come si evince tra l’altro dall’attività di scorta svolta mediante l’utilizzazione di furgoni porta valori della […] e personale della […]. Per la cassazione di tale sentenza […] proposto ricorso sostenuto da un unico motivo.

L’intimata […] resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 -. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente – denunciando “violazione dall’art. 1 della legge n. 1369/1960, nonché vizi di motivazione” – censura la sentenza impugnata “per avere il Giudice di appello errato nel ritenere lecito il distacco e, conseguentemente, nell’escludere l’esistenza di un ulteriore e diverso rapporto lavorativo con la società che riceveva la prestazione e ritenendo l’unicità del rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della società distaccante, per avere inteso l’avvenuto distacco quale semplice modifica delle modalità esecutive della prestazione da parte del dipendente, (quando, invece) il datore di lavoro può legittimamente effettuare un distacco di un proprio dipendente presso altra sede solo quando ricorrono le seguenti condizioni: 1) l’interesse concreto del datore di lavoro distaccante al distacco persistente e costante per tutto il relativo periodo; 2) il comando deve avere carattere temporaneo; 3) in capo al datore di lavoro deve perdurare sia il potere effettivo – eventualmente delegato al destinatario – sia il potere di determinare la cessazione del distacco” e asserisce, a conferma della cennata censura, che “nella fattispecie per cui vi causa nessuno delle tre condizioni si è realmente verificata rendendo cosi illegittimo il distacco effettuato”.
2 -. Il motivo di ricorso come dinanzi proposto si appalesa infondato.
Infatti, il comando o distacco – che, di recente, ha trovato specifica regolamentazione nell’art. 30 del d. lgs. n. 276/2003 (la cui normativa non può, ratione temporis, trovare applicazione nella specie) -, disposto dal datore di lavoro presso un altro soggetto destinatario dell’attività lavorativa, è configurabile quando ricorrano le seguenti tre condizioni: 1) deve esistere l’interesse del datore di lavoro distaccante a che il lavoratore presti la propria opera presso un altro soggetto, purché tale interesse persista per tutto il tempo del distacco; 2) il comando deve avere il carattere della temporaneità, intesa non come brevità, ma non come definitività; 3) in capo al datore di lavoro deve perdurare il potere direttivo – eventualmente delegato al destinatario – unitamente a quello di determinare la cessazione del distacco (cfr. Cass. n. 5/1995, Cass. n. 5102/1998, Cass. n. 14558/2000). In particolare, per quanto concerne la “temporaneità del distacco” – su cui si appuntano principalmente le censure del ricorrente (secondo il quale il rapporto in contestazione “non può certo qualificarsi nè breve ne’ certamente eseguito per realizzare scopi ben precisi e tanto temporanei… poiché è durato oltre undici anni”) -, la temporaneità della destinazione del lavoratore a prestare la propria opera in favore di un terzo non richiede che tale destinazione abbia una durata predeterminata fin dall’inizio, ne’ che essa sia più o meno lunga o sia contestuale all’assunzione del lavoratore, ovvero persista per tutta la durata del rapporto, ma solo che la durata del distacco coincida con quella dell’interesse del datore di lavoro a che il proprio dipendente presti la sua opera in favore di un terzo (Cass. n. 6657/1995). Nella specie la Corte territoriale ha esattamente applicato i cennati principi, accertando la sussistenza a) dell’interesse della società datrice di lavoro a che il […] prestasse la propria opera presso il soggetto distaccatario, b) della temporaneità del distacco e c) della permanenza, in capo alla società distaccata, sia del potere direttivo (delegabile anche al distaccatane), sia del potere di determinare la cessazione del distacco. Di conseguenza si conferma l’infondatezza della censura concernente l’asserita violazione della legge n. 1360/1960; così, per quanto concerne la censura di asserito vizio di motivazione, il ragionamento svolto dalla Corte di Appello di Catania da correttamente conto dell’articolato procedimento logico giuridico posto in essere per pervenire al corretto decisum in relazione all’esaustivo accertamento relativo all’attività lavorativa in concreto prestata dal ricorrente, in ogni caso non sindacabile in questa sede di legittimità costituendo un giudizio di fatto riservato al giudice del merito.
3 -. In definitiva, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso proposto da […] deve essere rigettato e il ricorrente, per effetto della soccombenza, va condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di giudizio di legittimità che si liquidano come in dispositivo.
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