Corte di Cassazione, Sez. L, Sentenza n. 18595 del 2003, dep. il 05/12/2003

[…]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 17 aprile 1997 il […] proponeva opposizione avverso la ordinanza ingiunzione dell’Ispettorato del Lavoro di [..] per il pagamento della somma di L. 1.600.000 per avere omesso di comunicare al competente Ufficio di collocamento, entro 5 giorni, il licenziamento di alcuni lavoratori subordinati.
Con altro ricorso in pari data il medesimo Consorzio proponeva opposizione avverso la ordinanza-ingiunzione per il pagamento della somma di L. 9.000.000 per la irregolare assunzione dei medesimi lavoratori. In entrambi i ricorsi si costituiva l’Ispettorato e contrastava la domanda.
Il Tribunale di Catania, riuniti i due procedimenti, con sentenza del 1915 – 1 giugno 2000, rigettava le opposizioni, precisando che la sussistenza o meno degli illeciti contestati dipendeva dalla qualificazione del rapporto e che poteva essere configurato: o come contratto di appalto ad una organizzazione imprenditoriale facente capo alla […] (che aveva fornito apparecchiature elettroniche e software e si era impegnata a gestire il servizio di digitazione dati, mediante il distacco di proprio personale dipendente) come sosteneva l’opponente, oppure come rapporto di lavoro subordinato, con inserimento dei lavoratori nella organizzazione del Consorzio, per integrare, sia pure in via temporanea, l’organico per il disimpegno di mansioni svolte dai dipendenti di ruolo, come assumeva l’Ispettorato.
Vari elementi deponevano per la seconda soluzione: dalla “incontrastata documentazione in atti” non era ravvisabile una autonoma struttura organizzativa e finanziaria nell’ambito della quale fossero state rese le prestazioni dei lavoratori; questi prestavano la loro attività essendo assoggettati ad un orario di lavoro fisso, con obbligo di timbrare i cartellini ad orologio e di denunziare su un registro l’uscita ed il rientro; operavano sotto le direttive e la vigilanza del Direttore Generale del Consorzio e del suo Presidente, come risultava da una delibera del consiglio di amministrazione […]. Vi erano quindi gli elementi tipici del rapporto di lavoro subordinato, sussistendo sia il vincolo di subordinazione, che l’inserimento del lavoratore nella struttura dell’impresa, tale da escludere assolutamente la libertà di iniziativa del preteso appaltatore. L’opponente non aveva fornito nessun elemento probatorio contrario: in nessuno dei documenti si poteva ravvisare la sussistenza della dedotta convenzione per la realizzazione dell’opera o del servizio che si assumevano essere stati appaltati. Al contrario, il Consorzio aveva deliberato gli incarichi a più riprese e per periodi limitati di tempo (cosa questa incompatibile con la pretesa unitarietà del servizio che si assumeva concesso in appalto); le deliberazioni dell’Ente riguardavano l’assunzione di singoli lavoratori, per alcuni dei quali il Consorzio aveva sollecitato l’assunzione da parte di […]; la misura del corrispettivo non era fissata in modo globale per la remunerazione dell’opera, ma era stabilita in funzione delle unità lavorative impiegate ed in misura fissa mensile. Sussistevano quindi elementi certi, univoci e concordanti idonei a dimostrare che il Consorzio non aveva affidato un servizio in gestione alla […], ma aveva integrato il suo personale in organico con nuove assunzioni temporanee, aggirando il divieto di assunzioni che all’epoca incombeva sugli enti pubblici. Le opposizioni quindi dovevano essere rigettate.
Avverso questa pronuncia propone ricorso per cassazione L’Azienda consortile […] fondato su due motivi, illustrati da memoria.
Resiste […].

MOTIVI DELLA DECISIONE

Lamentando, col primo motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. e della L. 23 ottobre 1960, n. 1369 nonché omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) deduce il Consorzio ricorrente che nessuna assunzione aveva operato nel 1991 e 1992, ma aveva stipulato un contratto per la fornitura di apparecchiature elettroniche e del servizio gestione PC e software, nonché di digitazione dei dati su personal computer, mediante distacco di personale della […]. Il Tribunale ha ravvisato un rapporto di lavoro subordinato, senza avere prima effettuato una indagine approfondita per verificare la sussistenza del comando o distacco del personale, nell’ambito del quale “il potere direttivo spetta al distaccatario, in quanto si verifica una scissione… fra titolarità in capo al distaccante e gestione effettiva del rapporto in capo al distaccatario”. Per verificare la sussistenza del distacco è necessario accertare:
a) la temporaneità dell’assegnazione del lavoratore ad un diverso posto di lavoro; b) la sussistenza di un interesse del distaccante a disporre l’effettuazione della prestazione lavorativa presso terzi;
c) l’attribuzione al creditore della prestazione di una soggettività giuridica ed una autonomia organizzativa distinta dal soggetto distaccante. Tutti questi requisiti sussistono nel caso di specie. Manca invece nella sentenza qualsiasi motivazione in proposito e quindi la sentenza sotto questo aspetto è carente e va cassata. Lamentando, col secondo motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 2700 e 2697 c.c., dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 23, comma 12, L. n. 689 del 1981, nonché omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) deduce il ricorrente che il giudice ha fondato la sua decisione sulla documentazione prodotta dall’Ispettorato, trascurando quella fornita dall’istante. I verbali fanno fede fino a querela di falso solo per la provenienza, gli atti compiuti dal pubblico ufficiale ed i fatti che attesti essere avvenuti in sua presenza. Le ordinanze in questione hanno tratto origine da un esposto anonimo, col quale si denunciava la presenza dei giovani addetti alla immissione dei dati nel computer; il fatto materiale è stato accertato, ma non il titolo per cui detti giovani lavoravano presso i locali del Consorzio. Nessun elemento è stato fornito per dimostrare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, mentre il ricorrente ha dimostrato con documenti che i soggetti denunciati come dipendenti svolgevano l’attività di immissione dei dati come dipendenti della […].
Il ricorso è fondato.
Va innanzi tutto dichiarata la inammissibilità della produzione di documenti effettuata con la memoria, perché gli stessi non sono stati prodotti nei precedenti gradi del giudizio e tendono a dimostrare non la nullità della sentenza impugnata o l’ammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., ma la fondatezza delle opposizioni, per essere stati assolti gli imputati dai reati connessi all’illegittima assunzione dei lavoratori.
Ancora, in via preliminare, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per irritualità della notificazione effettuata nei confronti “dell’Ispettorato provinciale del lavoro di […] e per esso al procuratore domiciliatario costituito, […], funzionario dell’Ufficio”, invece che “Alla regione Siciliana, Assessorato regionale del Lavoro e della formazione professionale e dell’immigrazione, Ispettorato provinciale del Lavoro di […]”, domiciliato “ope legis” in Roma presso l’Avvocatura generale dello Stato.
In proposito si osserva che la Corte ha già avuto modo di riaffermare i seguenti principi di diritto: “il ricorso per Cassazione avverso la sentenza pronunziata dal Pretore in sede di opposizione ad ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzione pecuniaria amministrativa resa dall’Ispettorato del lavoro, ove questi siasi costituito senza il tramite dell’Avvocatura dello Stato, va notificato all’Ispettorato stesso presso il suo ufficio, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., ultimo comma, e non presso l’Avvocatura Generale dello Stato, considerato che l’art. 23, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, nello stabilire che detta opposizione deve essere notificata all’autorità che ha emesso il provvedimento, assegna a tale autorità, per l’intero arco del procedimento, la legittimazione processuale, e, quindi, la qualità di destinataria degli atti del procedimento medesimo, in deroga al disposto dell’art. 11 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611” (Cass. n. 7608 del 10 luglio 1991).
Ed ancora: “a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 3, del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 (sentenza della Corte Cost. n. 97 del 1967), la nullità della notifica del ricorso per cassazione deve ritenersi sanata, con effetto “ex tunc”, dalla costituzione in giudizio dell’amministrazione destinataria” (Cass. n. 3023 del 5 marzo 1995).
La Corte condivide questi principi di diritto e quindi la eccezione di inammissibilità va disattesa sotto il duplice profilo della regolarità della notificazione all’ufficio costituito in giudizio a mezzo di funzionario delegato e comunque della sanatoria di ogni preteso vizio a seguito della costituzione in giudizio dell’Avvocatura generale dello Stato per conto dell’ufficio resistente; peraltro l’Avvocatura, nel caso concreto, non si è limitata ad eccepire l’inammissibilità del ricorso per irritualità della notificazione, ma si è difesa anche nel merito, eccependo la manifesta infondatezza del ricorso per essere la Ia sentenza… assistita da congrua e adeguata motivazione”, incensurabile in sede di legittimità.
Nel merito, i due motivi di ricorso vanno trattati congiuntamente, perché sono aspetti della medesima censura. In proposito la Corte ha avuto modo di affermare il principio di diritto secondo cui la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico- formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico- giuridico posto a base della decisione” (Cass. S.U. n. 13045 del 27 dicembre 1997).
Nella specie sussiste il vizio di mancato, o comunque insufficiente esame di un punto decisivo della controversia, prospettato dalla parte: il ricorrente infatti ha contestato di avere “affidato alla ditta […]”, divisione della […] corrente in […], fra l’altro, “il servizio di digitazione dati sul computer mediante distacco di personale della […], giusta atti del C.A. n. […]) al 31 dicembre 1992 (delibere del C.A. n. […] del 19 maggio 1992 e n. […] del 21 maggio 1992)”. Il Tribunale, in sede monocratica, pur dando atto di tale prospettazione, omette di effettuare un adeguato esame della figura del “distacco” e si limita ad indicare le ragioni per le quali propende per la tesi del rapporto di lavoro subordinato, sostenuta dall’Ispettorato del Lavoro, specificando che elementi determinanti ai fini della decisione sono: il rispetto da parte dei lavoratori di un “orario di lavoro fisso con obbligo di timbrare gli appositi cartellini ad orologio e denunciare su un registro l’uscita ed il rientro”, l’esecuzione del lavoro “sotto le direttive e la vigilanza del Direttore generale e del Presidente del Consorzio […]”.
Da ciò trae la conclusione che sussiste il “vincolo della subordinazione, che determinando lo stabile inserimento del lavoratore nell’impresa, fa sì che… egli è venuto ad operare nell’ambito di un potere direzionale dell’imprenditore committente tale da escludere assolutamente la libertà di iniziativa dell’appaltatore”.
In sostanza il giudice di merito ha deciso la causa sulla base di un solo elemento, e cioè della potestà di direzione e vigilanza esercitato dagli organi direttivi del Consorzio, compatibile con la tesi in base ad esso, disattesa, e di alcune argomentazioni di contorno che non investono la questione di fondo sollevata dall’opponente; la subordinazione, però, nel caso di specie non è un elemento decisivo, posto che la Corte ha già affermato il principio di diritto secondo cui “l’istituto del distacco, attraverso il quale un lavoratore viene dislocato dal datore di lavoro presso un altro con contestuale assoggettamento al comando e controllo di quest’ultimo, è legittimo solo se eccezionale, temporaneo e basato su un giustificato interesse del datore distaccante, da valutarsi con riferimento al concreto espletamento della sua attività; ove non ricorrano tali condizioni, il distacco integra, oltre alla violazione del divieto di intermediazione di mano d’opera, l’illecito amministrativo di assunzione di lavoratori senza il tramite dell’ufficio di collocamento, a ciò non ostando la circostanza che il lavoratore risulti già assunto dal datore di lavoro distaccante” (Cass. n. 12224 del 2 novembre 1999).
In sostanza, ove sussistano le condizioni della eccezionalità del distacco, della sua temporaneità e del giustificato interesse del datore distaccante, si verifica il trasferimento del potere di “comando e controllo del lavoratore” in testa al distaccatario cui si contrappone la soggezione personale del lavoratore; la sussistenza in testa al titolare dell’azienda del complesso dei poteri di direzione e controllo è quindi una caratteristica comune al lavoro subordinato ed al distacco, per cui la stessa è inidonea per fungere da elemento discretivo fra le due figure e per affermare la sussistenza del lavoro subordinato con conseguente inserimento nella struttura aziendale, come invece ha ritenuto il giudice di merito.
Sotto questo profilo la censura è fondata e quindi il ricorso va accolto, con rimessione della causa ad altro giudice […]