RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Caltanissetta,con sentenza in data 24.10.2013, in parziale riforma della sentenza emessa dal tribunale di Gela in data 11. 7. 2012, appellata dagli imputati […] dal responsabile civile […]. e, in via incidentale, dal Procuratore Generale, ha dichiarato non doversi procedere in ordine al reato contravvenzionale ascritto al capo B) perché estinto per prescrizione; ha escluso le attenuanti generiche che erano state concesse al […] e per l’effetto lo ha condannato alla pena di due anni di reclusione per il reato di cui al capo A) (omicidio colposo); ha stabilito la pena nella misura di due anni di reclusione ciascuno anche per […] e […]; ha confermato nel resto l’impugnata sentenza, con condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili. Gli imputati, […] nella qualità di presidente del consiglio di amministrazione-datore di lavoro, […] di componente del consiglio di amministrazione con delega alla gestione del personale, presente sul luogo di lavoro al momento dei fatti, […] di responsabile del servizio di prevenzione e protezione, erano stati chiamati a rispondere dell’incidente sul lavoro avvenuto al dipendente della […] , […], la mattina del 24 ottobre 2005; il giovane, alle dipendenze della […] da soli 13 giorni come addetto al funzionamento di una pressa per scarti, pochi minuti dopo l’inizio del turno del mattino, era stato rinvenuto da un collega di lavoro con il corpo adagiato dalla cintola in giù sullo sportello inferiore della pressa per scarti dove stava operando, con le gambe a penzoloni e la testa appoggiata sui cartoni collocati all’interno schiacciata dalla pressa il cui sportello superiore era aperto. Nell’immediatezza erano sorte perplessità in ordine al fatto che si fosse trattato di un incidente sul lavoro dal momento che le modalità di funzionamento della macchina erano tali per cui il […] non avrebbe potuto mettere in moto la pressa dalla posizione in cui è stato trovato, posizione dalla quale i pulsanti di comando non erano raggiungibili e, tenuto conto della velocità di discesa della pressa stessa, non avrebbe avuto il tempo necessario a spostarsi alla pulsantiera, tornare indietro e infilare la testa all’interno della pressa; la necessità dell’intervento di un’altra persona che aveva avviato la pressa faceva sì che si prendesse in considerazione anche l’ipotesi di omicidio volontario da parte di terzi, ipotesi che però era stata poi esclusa con archiviazione del relativo procedimento. All’esito di una complessa istruttoria il Tribunale, disattendendo l’esito delle perizie tecniche effettuate in sede probatoria, riteneva che la posizione in cui era stato rinvenuto il […] era la conseguenza di un tragico incidente collegato all’uso della pressa e non era stata modificata da alcun intervento esterno; il […] doveva procedere alle operazioni di legatura della balla di cartone già pressata la sera prima e per fare ciò aveva infilato il capo nella macchina; proprio in quell’istante un’altra persona, rimasta ignota, non accorgendosi della posizione del […], aveva messo in moto la pressa, per poi, resosi conto di quanto stava accadendo, azionare immediatamente il tasto di emergenza bloccando così la macchina e impedendo che il piatto arrivasse a fine corsa ed esercitasse la massima pressione sul capo del ragazzo; tale ricostruzione era confermata dalle simulazioni effettuate con i manichini che avevano dimostrato che senza un intervento di arresto della macchina, la pressa esercita a fine corsa una forza di 16 tonnellate, con conseguenze su un corpo estraneo assimilabile alla testa di un uomo, ben più importanti e vistose di quelle in effetti riscontrate sul capo della vittima tale; il capo della vittima, leggermente girato verso destra, in posizione compatibile con un disperato intento di uscire dalla pressa, era stato soltanto fracassato (il giovane era stato attinto a livello del collo con la lesione delle prime due vertebre cervicali e scollamento del cervelletto) dovendosi pertanto ritenere che l’immediata manovra di blocco del pulsante di avvio non aveva permesso alla macchina di raggiungere la forza massima e determinare l’effetto ghigliottina. Che il decesso fosse conseguenza dello schiacciamento della capo della vittima da parte del piatto della pressa trovava conferma nelle conclusioni dei consulente medico legale del pubblico ministero che ha ritenuto che le lesioni presenti sul corpo del […] fossero dovute a schiacciamento per azione di pressa meccanica, escludendo la presenza sul corpo del giovane di segni riferibili a fattori diversi dall’azione del piatto della pressa . Ha poi rilevato il Tribunale che secondo le corrette modalità di funzionamento, la pressa doveva e poteva operare solo con entrambi gli sportelli, superiore ed inferiore, chiusi; in particolare quello inferiore doveva essere chiuso perché altrimenti il materiale da pressare usciva di fuori; quello superiore non poteva chiudersi se non era chiuso anche quello inferiore e la macchina poteva mettersi in funzione solo quando entrambi gli sportelli fossero stati chiusi, in quanto i contatti elettrici di comando entravano in azione solo a seguito della chiusura di quello superiore. Il dispositivo di sicurezza era però stato visibilmente manomesso tramite un fil di ferro, rinvenuto sul posto dai primi soccorritori, posizionato in modo tale da mantenere il piolo che consentiva il passaggio dell’elettricità attivo, nonostante la apertura dello sportello superiore; in tal modo la macchina poteva funzionare con uno o entrambi gli sportelli aperti; era stato accertato (testi […]) che la pressa veniva generalmente utilizzata con gli sportelli aperti per velocizzare le operazioni di lavoro. Tanto accertato e premesso, il Tribunale osservava che il fatto che la pressa era stata con certezza manomessa nei suoi dispositivi di sicurezza e l’esistenza di una prassi abituale per cui la lavorazione avveniva in tal modo, erano circostanze di importanza fondamentale nell’accertamento del nesso causale, conseguendone con certezza che l’assenza della manomissione e il corretto funzionamento del dispositivo di sicurezza avrebbero impedito che la pressa potesse essere attivata con lo sportello superiore aperto, con ciò determinando una condizione fondamentale perché si realizzasse l’evento infausto, operante come concausa anche in presenza dell’intervento di una terza persona, non essendo qualificabile quest’ultimo quale causa eccezionale e atipica da sola sufficiente a cagionare l’evento. Di ciò dovevano rispondere gli imputati stante la posizione di garanzia a ciascuno riferibile e il difetto di vigilanza che aveva fatto sì che non fosse eliminata una situazione di pericolo.
2. La Corte di appello condivideva la ricostruzione dei fatto e la affermazione di responsabilità degli imputati, ma modificava nel senso anzidetto il trattamento sanzionatorio.
2. Hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati.
2.1 Nell’interesse di […] anche quale legale rappresentante della […], responsabile civile, l’avvocato […] deduce i seguenti motivi: a) violazione di legge per l’omessa declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale del Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Caltanissetta. Si ricorda che l’ impugnazione incidentale non costituisce strumento autonomo di impugnazione ma ha natura accessoria rispetto all’impugnazione principale; ne consegue che l’appello incidentale non può avere ad oggetto capi della decisione e neanche punti di essa che non siano stati investiti dall’appello principale. Pertanto nella specie avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile l’appello del procuratore generale con il quale si sollecitava unicamente la riforma dei punti della sentenza di primo grado relativi alla concessione delle attenuanti generiche ed alla misura della pena comminata all’imputato, laddove con l’appello principale promosso dal […] non era stato mai minimamente investito alcun punto della decisione di primo grado relativa al trattamento sanzionatorio ovvero al riconoscimento delle attenuanti generiche avendo l’appello ad oggetto soltanto la domanda di assoluzione per la sussistenza, si assume di un più che evidente ragionevole dubbio in ordine alla riconducibilità dell’evento nell’alveo della disciplina antinfortunistica sul luogo di lavoro;
b) violazione di legge per mancata assunzione di una prova decisiva richiesta dalle parti. Nel giudizio di appello era stata richiesta la acquisizione dei brogliacci delle intercettazioni effettuate nei confronti dei colleghi di lavoro, in cui si indicava un altro lavoratore come possibile responsabile dell’infortunio e la corte d’appello aveva rigettato tale richiesta rilevando da un lato la carenza dei presupposti di legge necessari per sorreggere l’acquisizione di atti provenienti da altri procedimenti e dall’altro sulla base di un apodittico giudizio di irrilevanza di tali intercettazioni, ritenute meramente esplorative. Si rappresenta al riguardo che le intercettazioni telefoniche ed ambientali di cui si è chiesta l’acquisizione erano state disposte non già nell’ambito di un distinto fascicolo relativo all’ipotizzato reato di omicidio volontario, ma nell’ambito del procedimento iscritto al numero 1654/2005 RGNR del tribunale di Gela che è proprio quello cui si riferisce l’attuale ricorso; tuttavia di tali intercettazioni non vi è mai stata traccia nel fascicolo del pubblico ministero non avendo í difensori dei vari coimputati rinvenuto i brogliacci all’esito della chiusura delle indagini preliminari, ma essendo venuti a sapere della loro esistenza solamente nel dibattimento, all’esito della escussione del teste […] che vi aveva fatto riferimento; sostiene ancora il ricorrente che solo pochi giorni prima dell’udienza dibattimentale era stata rinvenuta nel fascicolo, in via del tutto casuale, la richiesta di archiviazione dell’ipotesi di reato ex articolo 575 c.p. c.p. iscritta al numero 6126/2007 RGNR nella quale si apprendeva per la prima volta del compimento di un’attività di intercettazioni telefoniche ed ambientali e si chiedeva l’acquisizione dei brogliacci ricevendone risposta negativa, richiesta reiterata nel procedimento di appello, della cui risposta negativa appunto ci si lamenta;
c) violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla omessa o travisata valutazione di atti processuali decisivi per la ricostruzione della dinamica dell’evento; dopo un’ampia disamina del materiale istruttorio, si ribadisce che la versione dei fatti riferita dai testi, secondo cui il […] era solo a lavorare, era stata smentita dai periti nominati in sede di incidente probatorio, i quali avevano ritenuto che se egli fosse stato solo l’incidente non si sarebbe potuto verificare e specialmente egli sarebbe stato decapitato dalla pressione di 16 tonnellate esercitata dalla pressa; concludevano che il cadavere doveva essere stato posizionato dopo l’evento, e che la presenza delle cuffie antirumore non danneggiate confermava che si trattava di “una messa in scena”; si sostiene il ricorrente che la sentenza è viziata per aver ricostruito i fatti sulla base di elementi estranei alla prove assunte in giudizio, combinando tra loro elementi delle due tesi ricostruttive possibili e pervenendo ad una autonoma valutazione che per potersi ritenere fondata avrebbe dovuto essere oggetto di nuova perizia;
d) violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla omessa o travisata valutazione di atti processuali decisivi per l’accertamento del nesso causale tra la manomissione del sistema di sicurezza della macchina pressatrice e l’evento morte del lavoratore. Si sostiene che del tutto contraddittoria e illogica è la conclusione dei giudici di merito per cui, nonostante l’azione positiva di un terzo che aveva avviato e poi disattivato la macchina, l’evento morte si sarebbe verificato in ogni caso per la causa esclusiva costituita dalla riscontrata manomissione del sistema di sicurezza che, ove funzionante, avrebbe impedito il funzionamento a sportelli aperti; nella specie non era stato possibile accertare l’esatto svolgimento dei fatti e pertanto manca in sentenza una precisa ricostruzione della dinamica dell’incidente e specialmente della possibilità che a mettere in moto la pressa sia stato l’intervento volontario di un terzo con intenti omicidiari o per un tragico scherzo; in tale situazione di impossibilità di ricostruire la dinamica dell’infortunio con certezza, si sarebbe dovuta adottare una pronuncia assolutoria come avvenuto in casi già esaminati da questa Corte. Si sostiene che comunque la prassi di utilizzare la macchina a sportelli aperti non era verificabile dal datore di lavoro, in quanto ciò avveniva non già – come ritenuto – con una manomissione effettuata con il fil di ferro ma semplicemente incastrando di volta in volta il piolino di chiusura degli sportelli con una manovra non controllabile dal datore di lavoro. Si insiste che, in ogni caso, un omicidio volontario o uno scherzo tra lavoratori fuori da ogni prevedibile ipotesi di rischio costituisce all’evidenza un evento interruttivo che degrada la presunta negligenza omissiva a mera occasione e non più concausa dell’evento;
e) violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla eliminazione delle attenuanti generiche riconosciute in primo grado. Si sostiene che non sussistevano valide ragioni per valutare negativamente il comportamento del […], pervenendo sul punto ad un giudizio opposto a quello del giudice di primo grado.
f) di legge e difetto di motivazione in relazione alla mancata dichiarazione di prescrizione del reato per effetto della valenza delle attenuanti generiche.
2.2 Nell’interesse di […] l’avvocato […] deduce motivi sostanzialmente coincidenti con quelli proposti da […] circa la violazione degli artt. 40,41,43, 113 cod. pen. in ordine all’accertamento della colpa e del nesso di causalità, in ordine alla mancata assunzione di prova decisiva e mancata rinnovazione del dibattimento. Contesta inoltre la ritenuta sussistenza della responsabilità fondata su una posizione di garanzia che consisteva nell’essere il […] responsabile per il servizio di prevenzione e protezione, posizione la cui peculiarità è stata riconosciuta anche dalla Corte di appello, e i cui obblighi si sostanziavano nel dovere di formazione debitamente assolto tramite la tenuta di corsi di formazione anche nei confronti del […], corsi che non dovevano comunque estendersi alle informazioni sullo specifico funzionamento dei singoli macchinari, di prassi fornite dai lavoratori più esperti e compiti che non gli imponevano di essere quotidianamente presente sul luogo di lavoro. Con un terzo motivo si eccepisce l’inammissibilità dell’appello incidentale proposto dal Procuratore Generale in punto di pena per mancato rispetto dei limiti di quello principale e si duole della mancata concessione delle attenuanti generiche e di quella del risarcimento del danno.
3. L’avvocato […], difensore di […], deduce violazione di legge e difetto di motivazione relativamente al diniego delle attenuanti generiche.
4. Nell’interesse delle parti civili è stata depositata una memoria con cui si contestano i motivi proposti dai ricorrenti e si chiede il rigetto dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di […] merita accoglimento sussistendo la lamentata violazione di legge dal momento che effettivamente l’appello incidentale del Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Caltanissetta, a seguito del quale sono state escluse le attenuanti generiche che gli erano state concesse in primo grado, non avrebbe potuto essere accolto. E’ infatti pacifico che l’ impugnazione incidentale non costituisce strumento autonomo di impugnazione ma ha natura accessoria rispetto all’impugnazione principale, con la conseguenza che la stessa non può avere ad oggetto capi della decisione e neanche punti di essa che non siano stati investiti dall’appello principale. Pertanto nella specie, poiché l’appello principale promosso dal […] riguardava esclusivamente la ritenuta responsabilità per i reati ascritti, dai quali si chiedeva la assoluzione, e non conteneva alcuna doglianza relativa al trattamento sanzionatorio ovvero al riconoscimento delle attenuanti generiche, quello su tali punti proposto dal pubblico ministero avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile; come tale deve essere qui considerato con la conseguenza che la statuizione con cui la Corte di appello ha escluso le attenuanti generiche concesse in primo grado è illegittima e pertanto il reato di omicidio colposo contestato al medesimo […] deve essere dichiarato prescritto; o e stato commesso in data 24 ottobre 2015, prima della legge n.251 del 2006 di riforma del termine di prescrizione, e per esso, essendo punito per effetto delle attenuanti generiche con pena inferiore nel massimo a 5 anni, il termine massimo di prescrizione è di sette anni e mezzo, interamente decorso al 4 gennaio 2014 anche tenuto conto dei periodi di sospensione, come già rilevato dalla Corte di appello; il ricorso in esame non può infatti ritenersi totalmente inammissibile, per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure non deducibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di rilevare l’intervenuta prescrizione e pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. maturata, come nel caso di specie, successivamente rispetto alla sentenza impugnata. L’esame dei motivi di ricorso dovrà comunque essere compiuto relativamente agli effetti civili collegati alla decisione, essendo pacifica la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il giudice di appello o la Corte di Cassazione, nel dichiarare estinto per amnistia o prescrizione il reato per il quale in primo grado è intervenuta condanna, sono tenuti a decidere sull’impugnazione agli effetti civili e per tale decisione devono esaminare e valutare i motivi della impugnazione proposta dall’imputato, valutando criticamente la decisione adotta dal primo giudice; dalla ritenuta mancanza di prova della innocenza degli imputati non può automaticamente farsi derivare la conferma della condanna al risarcimento dei danni (Cass. 1.3.97 n.1983, Coltro – rv. 208657; Cass. 9.11.94 n.11211, De Lillo – rv.199625).
1.2. Non è invece fondato l’analoga censura avanzata da […] dal momento che l’appello incidentale del pm nei suoi confronti non presenta un vizio analogo a quello accertato nei confronti di […] per la semplice ragione che con l’appello principale […] aveva formulato censure in ordine alla determinazione della pena e alla concessione di attenuanti generiche, sollecitandone la concessione negata in primo grado.
2. Deve sempre preliminarmente esaminarsi la questione, sollevata con il secondo motivo del ricorso […], della mancata rinnovazione del dibattimento richiesta al fine di acquisire i brogliacci delle intercettazioni effettuate nei confronti dei colleghi di lavoro, in cui si sarebbe indicato un altro lavoratore come possibile responsabile dell’infortunio, intercettazioni della cui esistenza si sarebbe appresa l’esistenza – sostiene il ricorrente – solo a seguito della testimonianza resa dal teste […], maresciallo della guardia di finanza cui era stata affidata la relativa delega. Sul punto va richiamata la motivazione fornita dalla sentenza impugnata secondo cui, “a fronte di un’attività processuale dibattimentale assolutamente completa, con l’audizione di tutti i testi presenti nel cantiere il giorno dell’infortunio e con l’espletamento di due perizie con incidente probatorio, ogni ulteriori richiesta appariva non necessaria ai fini della decisione, considerato che ove le intercettazioni avessero effettivamente permesso di configurare specifici elementi a carico di terzi soggetti, la procura presso il Tribunale di Gela avrebbe proceduto a carico di noti per il reato di omicidio volontario o preterintezionale, mentre invece la vicenda processuale si è definitivamente conclusa con una richiesta di archiviazione del procedimento, vertendosi con certezza in ipotesi di infortunio sul lavoro. In ogni caso, si rileva che tale richiesta istruttoria di acquisizione dei brogliacci delle intercettazioni era stata già rigettata dal Giudice di primo grado con ordinanza emessa all’udienza dell’11.5.2011, trattandosi di prova meramente esplorativa (pagina 9 del verbale) e non sussistendo i presupposti di legge per l’acquisizione di atti di altro procedimento”. A ciò potendo aggiungersi che la circostanza secondo cui “solo pochi giorni prima dell’udienza dibattimentale era stata rinvenuta nel fascicolo, in via del tutto casuale, la richiesta di archiviazione” è contraddetta dalle parti civili che sostengono che il decreto di archiviazione in questione è sempre stato presente nel fascicolo di cui si discute e che i brogliacci delle intercettazioni erano stati versati nel successivamente separato fascicolo relativo all’ipotesi dolosa.
3. Venendo al merito della ritenuta responsabilità, non può essere messa in discussione la ricostruzione effettuata dai giudici di merito secondo cui si è trattato di un tragico incidente collegato all’uso di una pressa priva dei presidi di sicurezza per le manomissioni che alla stessa erano state apportate. Occorre infatti ricordare che il sindacato della Corte di Cassazione resta, anche a seguito delle modifiche introdotte all’ 606, comma primo, lett. e) cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, di sola legittimità, sì che continua ad esulare dai poteri della stessa quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, dovendosi la medesima limitare a verificare la esistenza di eventuali manifeste carenze o illogicità della motivazione, rese immediatamente palesi dalla lettura della sentenza impugnata; con riguardo al c.d. travisamento del fatto, è pacifico che anche dopo le modifiche introdotte all’ 606, comma primo, lett. e) cod. proc. pen. dalla legge n. 46 dei 2006 , il controllo di questa Corte non è volto a verificare la rispondenza delle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata alle acquisizioni processuali, ma è consentito solo dedurre il vizio di travisamento della prova che si realizza allorché si introduca nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo ovvero si ometta la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; ipotesi questa del travisamento della prova che nella specie è assolutamente da escludere sia con riguardo alle deposizioni testimoniali che hanno indicato che lo sportello inferiore della pressa era chiuso, di cui si sostiene la falsità, avendo al riguardo la Corte di appello chiarito che lo stesso era mantenuto apparentemente chiuso dalla presenza del corpo del […], tanto che, non appena fu sollevato il piatto della pressa e liberata la testa del giovane, lo sportello aveva ripreso ad aprirsi verso l’esterno (teste […]); sia per quanto riguarda la dinamica dell’infortunio rispetto alla quale la motivazione della sentenza, come appresso si dirà, è completa, esaustiva e assolutamente priva di vizi logici. Nel ribadire la ricostruzione puntuale e precisa effettuata dal giudice di primo grado, la Corte di appello si è fatta carico dei rilievi formulati dagli imputati con gli appelli, e ha in primo luogo escluso che potesse avere un qualche fondamento la tesi secondo cui il corpo del […] era stato spostato o che egli non era deceduto proprio nella posizione in cui è stato ritrovato, indicando i plurimi elementi di conferma che è opportuno sinteticamente richiamare : 1)1’assenza di un tempo ragionevole tra l’incidente e l’intervento dei soccorritori, insufficiente al fine di spostare il corpo dello sfortunato lavoratore; 2) la circostanza riferita dal […], per cui, non appena si era cercato di liberare il capo del […] sollevando un poco la pressa, vi era stata una copiosa fuoriuscita di sangue, documentato dai rilievi fotografici in atti, segno evidente che la morte era stata causata propria dalla pressa; 3) tracce ematiche evidenti sono state rinvenute sui cartoni e sullo sportello della pressa; 4) ove il cadavere fosse stato spostato, avrebbe lasciato evidenti tracce di sangue che invece non sono state in alcun modo segnalate da nessuno dei soggetti intervenuti in loco; 5) anche il particolare delle cuffie, non viste da alcuni testi e stranamente rimaste intatte e prive di tracce ematiche, non risulta essere un particolare decisivo, deponendo semmai nel senso che furono posti in essere dei tentativi per inquinare la scena dell’infortunio, ma senza che sia provato lo spostamento del cadavere; 6) l’avvallamento presente sui cartoni nella pressa, in corrispondenza del capo del […]; 7) l’assenza sul corpo del giovane di tracce di “afferramento” del corpo per le braccia; 8) la accertata causa del decesso nel traumatismo da schiacciamento cranico da pressatrice, con esclusione di lesioni di tipo diverso. La Corte ha altresì escluso, anche qui ribadendo il già motivato convincimento espresso dal primo giudice, la possibilità della diversa ricostruzione dinamica prospettata, per cui il […] avrebbe prima azionato la pressa e poi si sarebbe portato verso la stessa, per eseguire una, peraltro non richiesta e non necessaria operazione di pressatura del poco cartone già pressato ivi deposto, evidenziandone la assoluta irrazionalità; infatti non solo non vi era alcuna necessità di pressare il cartone già pressato nel precedente turno di lavoro, ma tale dinamica neppure teneva conto del fatto che il […] avrebbe dovuto spostarsi per azionare il pulsante di comando, non raggiungibile dalla posizione in cui egli è stato trovato, e una volta azionatolo, tenuto conto della velocità di discesa del piatto della pressa, non avrebbe avuto il tempo necessario per tornare davanti alla pressa e infilarvi dentro la testa. Ma soprattutto, ove questa fosse stata la dinamica dei fatti, la pressa, come puntualmente osservato dalla sentenza di primo grado sulla base delle simulazioni effettuate con manichini, avrebbe esercitato sul capo del […] una pressione tale da portare a conseguenze ben più devastanti e appariscenti rispetto a quelle verificatesi, scaricando per intero la sua forza di 16 tonnellate. E’ sulla base di tali articolate considerazioni che i giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto che non sia stato il […] ad azionare il comando della pressa, ma un terzo soggetto che non si era accorto che il […] aveva infilato il capo all’interno della macchina e che, appena resosi conto della diversa realtà, aveva pigiato il tasto di emergenza, impedendo al piatto di arrivare a fine corsa e di esercitare tutta la Sua potenza, ciò che trovava conferma nel tipo di lesioni riscontrate sul povero […]. In tale ragionamento non sussiste il dedotto vizio di motivazione, per avere i giudici ricostruito i fatti sulla base di elementi estranei alla prove assunte in giudizio, combinando tra loro elementi delle due tesi ricostruttive possibili e pervenendo ad una autonoma valutazione senza disporre una nuova perizia; infatti, come anche sul punto già osservato dalla corte di appello, il giudice di merito ha la possibilità di scegliere, tra le varie tesi prospettate da periti e consulenti, quella che ritiene maggiormente condivisibile e può ricostruire il fatto sulla base delle complessive risultanze processuali, salvo darne congrua motivazione, come esattamente è avvenuto nella specie avendo le due conformi ed entrambe ampiamente motivate sentenze di merito dato ampia ed esaustiva motivazione, senza trascurare elemento alcuno e senza incorrere in vizi di illogicità. Tanto precisato sullo svolgimento dell’incidente, ritiene il Collegio che corretta sia la ricostruzione in termini giuridici della responsabilità degli imputati. E’ stato provato che la pressa operava abitualmente in condizioni di palese pericolosità, cioè con gli sportelli aperti, e la tesi che in questa sede viene riproposta, secondo cui tale prassi non era verificabile dal datore di lavoro, in quanto ciò avveniva non già, come ritenuto, con una manomissione, visibile, effettuata con il fil di ferro ma semplicemente incastrando di volta in volta il piolino di chiusura degli sportelli, manovra non controllabile dal datore di lavoro, è già stata respinta dalla Corte di appello allorché ha riferito che il teste […] aveva spiegato che i primi tempi il piolino veniva tenuto incastrato nel foro, ma poi, siccome con la vibrazione della macchina lo stesso non rimaneva fermo, si era proceduto a creare il filo di ferro appositamente sagomato, analogo a quello rinvenuto in occasione dell’incidente. E’ dunque un dato oggettivo che la macchina non rispondeva alle previsioni di sicurezza, che era abitualmente adoperata in tal modo, che si trattava di circostanza nota o facilmente riscontrabile e pertanto riferibile agli attuali ricorrenti per violazione evidente del dovere di vigilanza. La loro responsabilità non può ritenersi esclusa per il fatto che il pulsante di avvio sia stato premuto da un terzo, e non dallo stesso lavoratore. Il processo ha escluso che vi sia stato un comportamento doloso, ipotesi inizialmente presa in considerazione ma che si è rivelata del tutto priva di consistenza tanto da portare alla archiviazione del procedimento per omicidio volontario. La sentenza impugnata attribuisce il gesto a disattenzione o anche a un tragico scherzo, subito interrotto, ipotesi entrambe che non fanno venire meno la responsabilità degli imputati non essendo tali da interrompere il nesso causale. Infatti con riferimento alla materia degli infortuni sul lavoro si è fatto riferimento, specie per quanto riguarda il c.d. comportamento abnorme dello stesso lavoratore infortunato, alla nozione di area di rischio nel senso che il datore di lavoro è esonerato da responsabilità per esclusione dell’imputazione oggettiva dell’evento solo quando il comportamento del lavoratore e le conseguenze che ne discendono presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive organizzative ricevute (tra le altre Cass. 10 novembre 1999, Addesso, Rv. 183633; Cass. 25 settembre 1995, Dal Pont, in Cass. pen. 1997; Cass. 8 novembre 1989, Dell’oro, Rv. 183199; Cass. 11 febbraio 1991, Lapi, Rv. 188202; Cass. 18 marzo 1986, Amadori, Rv. 174222; Cass. 14 giugno 1996, Ieritano, Rv. 206012; Cass. 13 novembre / 1984, Accettura, Rv. 172160; Cass. 3 giugno 1999, Grande, Rv. 214997); in tali situazioni estreme, si è detto , si è completamente al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso; e quindi oltre la pur estesa sfera di responsabilità del datore di lavoro. Invece, quando si è comunque all’interno dell’area di rischio nella quale si colloca l’obbligo del datore di lavoro di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore, non è possibile ipotizzare l’esonero da responsabilità. Analoghe considerazioni valgono per la presente situazione nei confronti dell’intervento del terzo, collega di lavoro; l’incidente si è verificato perché non è stato assicurato il corretto funzionamento della pressa, e cioè per una violazione di norme cautelari rientranti nella sfera di rischio dei responsabili della […] tra le cui attribuzioni vi è quella di assicurarsi che le macchine operino in condizioni di sicurezza, a garanzia di tutti i lavoratori (e in generale anche dei terzi); la possibilità che un terzo, per errore o disattenzione, premesse il pulsante di avvio è del tutto prevedibile, trattandosi di un banale errore umano, ma ciò che ha reso l’errore tragico e fatale è il fatto che la macchina poteva operare a sportelli aperti, e dunque avviarsi mentre l’operatore stava lavorando al’interno. Anche ammesso che vi sia stata disattenzione da parte del terzo, vale comunque il principio, risalente ad una datata pronuncia , ma che qui è opportuno ribadire secondo cui qualora il datore di lavoro abbia omesso di predisporre le opportune misure antinfortunistiche e tale omissione abbia consentito il verificarsi di un infortuno sul lavoro, l’attività imprudente della parte lesa o di terzi non può considerarsi causa sopravvenuta, sufficiente da sola a determinare l’evento (sez. I 1.7.1981 n.8921 Rv. 150483).
4. Resta da esaminare la questione sollevata da […] la sussistenza della propria responsabilità in relazione alla posizione di responsabile per il servizio di prevenzione e protezione, la cui peculiarità è stata riconosciuta anche dalla Corte di appello, e i cui obblighi si sostanziavano nel dovere di formazione debitamente assolto tramite la tenuta di corsi di formazione anche nei confronti del […], corsi che non dovevano comunque estendersi alle informazioni sullo specifico funzionamento dei singoli macchinari, di prassi fornite dai lavoratori più esperti e compiti che non gli imponevano di essere quotidianamente presente sul luogo di lavoro. Valgono al riguardo le osservazioni già formulate dal giudice di appello che si sostanziano nella constatazione dello svolgimento da parte del […] incarico in questione fin dal 2003, e nel venir meno agli obblighi di continua collaborazione e segnalazione delle situazioni di rischio, come quella in esame, nonché nella violazione del dovere formativo che comprendeva non solo la effettuazione di corsi generici sulla sicurezza dei luoghi di la specifica informazione e formazione sull’uso dei macchinari utilizzati, mai avvenuta. Correttamente dunque è stato ritenuto che egli fosse corresponsabile del verificarsi dell’ infortunio verificatosi, riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, nonché per la mancanza della dovuta formazione dei lavoratori.
5. Da ultimo la sentenza non è censurabile per la mancata concessione delle attenuanti generiche a […] e […] e di quella del risarcimento del danno. In merito alle prime, la valutazione, come è pacifico, è rimessa al (1) esercitato con riferimento alla rilevanza della colpa e alla gravità del fatto. Per la seconda rilevano invece in modo decisivo le circostanze, di cui da atto la sentenza impugnata, della tardività del risarcimento e della sua entità non interamente sattisfattiva.
6. Conclusivamente deve essere dichiarato inammissibile l’appello incidentale del Procuratore Generale della Repubblica di Caltanisetta nei confronti di […] e di conseguenza, per effetto delle attenuanti generiche concesse in primo grado, deve essere annullata senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti del predetto […] perché il reato è estinto per prescrizione e rigetta agli effetti civili il ricorso del suddetto imputato. I ricorsi di […] e […] vanno rigettati […]
(1) da inserire le parole “ giudice di merito salvo l’obbligo di motivazione nella specie correttamente “