[…]
FATTI DI CAUSA
1.-
La Banca […] ricorre per cassazione nei confronti del fallimento
della s.a.s. […] e del socio accomandatario […], articolando due
motivi avverso il decreto reso dal Tribunale di Brescia in data 22
novembre 2012.
Il fallimento della s.a.s. […] e personale del
suo socio accomandatario resiste, depositando apposito controricorso.
Lo stesso ha presentato anche una memoria.
2.- La vicenda
processuale, che giunge ora all’esame di questa Corte, muove dalla
domanda a suo tempo proposta dalla Banca […] per insinuarsi nello
stato passivo del fallimento resistente.
Nel contesto di detta
richiesta, la Banca – dichiarato di avere maturato un credito nei
confronti della società poi fallita per € 967.129,90 a ragione di
«saldo passivo di conto corrente» – ha altresì addotto che, in
data precedente alla dichiarazione del fallimento, era maturato nei
suoi confronti un credito del socio accomandatario e fideiussore […]
pari a € 62.484,00, per rimborso di azioni emesse proprio dalla […]
medesima. Posta questa situazione, la stessa ha dichiarato che si
erano verificati i presupposti della compensazione e di conseguenza
ha chiesto di essere ammessa al passivo per la minor somma di e
906.645,90.
A fronte di tale pretesa il giudice delegato ha
ritenuto di ammettere la Banca al passivo per la maggior somma di €
967.129,90 al «lordo dell’importo oggetto dell’istanza di
compensazione», in particolare rilevando «compensazione
inopponibile quanto a C 62.484,00 poiché relativa a posizioni di
soggetti diversi» e altresì riscontrando, per ogni ulteriore
eventualità, «pagamento inefficace ex art. 44 legge fall. in
relazione alla posizione del socio fideiussore […] e comunque
revocabile ex art. 67 legge fall.».
3.- Investito dal ricorso
in opposizione che la […] è andata a formulare, il Tribunale
bresciano ha dichiarato lo stesso «inammissibile».
Al
riguardo, il decreto ha rilevato, da un lato, che il ricorso
presentato difettava di interesse all’impugnazione: «l’accoglimento
della domanda proposta ex art. 93 legge fall., per un importo
addirittura maggiore di quello richiesto, palesa l’inammissibilità
stessa dell’opposizione svolta». Dall’altro, che comunque non
potrebbe riconoscersi la sussistenza di un interesse all’impugnazione
«in relazione alla pronuncia di esclusione dei presupposti della
compensazione: il procedimento di verifica dei crediti è infatti
interno alla procedura, con conseguente efficacia meramente
endofallimentare … dei relativi provvedimenti».
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.-
I motivi di ricorso denunziano i vizi che qui di seguito vengono
richiamati.
Il primo motivo (ricorso, p. 14) adduce, in
particolare, «violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 n. 3
cod. proc. civ. degli artt. 56, 67 comma 2, 95, 97 legge fall. in
relazione agli artt. 100 e 112 cod. proc. civ. – Omesso esame circa
un punto decisivo della sentenza che è stato fatto oggetto di
discussione tra le parti ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.».
Il
secondo motivo (p. 16) assume, inoltre, «violazione e/o falsa
applicazione ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 16, 44, 67
comma 1 n. 1, 67 comma 2, 95 e 97 legge fall e 1241, 1242, 1243 cod.
civ.».
5.1.- Più in particolare, il ricorso della […] si
richiama – in funzione di critica alla decisione dell’impugnato
decreto – all’autorità della pronuncia di Cass., SS. UU., 14 luglio
2010, n. 16508. Questa sentenza – così si annota in modo espresso –
ha stabilito che, «se in sede di ammissione allo stato passivo il
creditore attore deduce il proprio credito e allega il fatto
estintivo della compensazione parziale, in caso di contestazione del
controcredito da parte del curatore, il giudice delegato dovrà
pronunciarsi sull’eccezione del curatore»: «e tale pronuncia non
consentirà più al fallimento di ridiscutere del diritto portato in
compensazione».
Proprio in ragione di questo – si assume – la
Banca ha proposto opposizione al provvedimento del giudice delegato,
ché ciò in via segnata occorreva per evitare che sullo stesso «si
formasse un giudicato endofallimentare, in tal caso favorevole alla
curatela». Ora, la stessa esigenza – puntualizza ancora il ricorso –
sta pure alla base del ricorso a questa Corte: «l’opportunità di
chiedere un giudizio su una valutazione del tutto erronea del giudice
delegato … diviene necessità considerato appunto il giudicato
endofallimentare».
5.2.- L’ulteriore sviluppo del ricorso si
sostanzia nel censurare il provvedimento a suo tempo assunto dal
giudice delegato, una volta riscontrato che il Tribunale di Brescia –
avendo per l’appunto ritenuto di dichiarare l’inammissibilità
dell’opposizione per mancanza di interesse all’opposizione – ha di
conseguenza «omesso di pronunciarsi sul ragionamento della Banca»
in relazione a questo profilo.
Con riferimento a tale riguardo,
la Banca in via segnata nega che nella specie concreta manchi il
requisito della reciprocità, secondo quanto per contro divisato dal
giudice delegato nell’escludere la compensazione dalla stessa
invocata.
E così espressamente assume: «la ricorrente ha
sempre sottolineato come tale “pagamento” (che in realtà
pagamento non è perché si tratta di una compensazione parziale)
sarebbe stato allocato nella massa personale del socio […] e non in
quella della società, poiché, per effetto della fideiussione
prestata dal […] nei confronti della società fallita e della
conseguente responsabilità solidale di tale soggetti, l’allocazione
su una o sull’altra massa sarebbe stata ininfluente».
6.- La
giurisprudenza di questa Corte ha rilevato che l’eventuale
«provvedimento di ammissione del credito residuo nei termini
richiesti comporta implicitamente il riconoscimento della
compensazione quale causa parzialmente estintiva della pretesa,
riconoscimento che determina una preclusione endofallimentare, che
opera in ogni eventuale giudizio promosso per impugnare … il titolo
dal quale deriva il credito opposto in compensazione» (così,
testualmente, la sentenza della pronuncia delle Sezioni Unite, n.
16508/2010, che è stata pure richiamata, si è detto, dalla Banca
ricorrente).
Fermo questo principio, si manifesta sicuro –
oggettivamente non contestabile – l’interesse del creditore a
proporre opposizione nei confronti del provvedimento del giudice
delegato che escluda la sussistenza dei presupposti per l’operare
della compensazione che il medesimo creditore aveva invocato.
7.-
La rilevazione appena compiuta non conduce, peraltro,
all’accoglimento del ricorso presentato dalla […].
Ritiene
infatti il Collegio che il dispositivo adottato dal decreto del
Tribunale di Brescia – come di sostanziale conferma della decisione
assunta dal giudice delegato in sede di formazione dello stato
passivo del fallimento resistente, con ammissione della Banca per la
somma di € 967.129,90 – sia conforme a diritto, con conseguente
sufficienza della correzione della motivazione da questo svolta, ai
sensi della norma dell’art. 384 comma 4 cod. proc. civ.
Nella
specie non sussistono, in effetti, i presupposti per l’operare della
compensazione pur invocata dalla Banca ricorrente. Secondo quanto
correttamente ravvisato dal provvedimento del giudice delegato, nel
caso concreto difetta in particolare il presupposto primo per
l’operare della compensazione, come rappresentato dalla c.d.
reciprocità dei controcrediti.
8.- Per illustrare in modo
conveniente l’assunto appena sopra enunciato, appare opportuno
ricordare che la Banca ricorrente ha invocato il ricorrere della
compensazione tra i seguenti due crediti: uno, tratto da un rapporto
obbligatorio per «saldo di conto corrente» e dalla stessa vantato
nei confronti della fallita società in accomandita, come pure
garantito da una fideiussione prestata dal socio accomandatario […];
l’altro, invece inerente a un diritto di quest’ultimo a titolo di
rimborso di partecipazione sociale, di cui la stessa Banca si
dichiara senz’altro debitrice.
Ciò puntualizzato, può ora
rilevarsi come non sia dubbio che il rapporto obbligatorio di cui al
rimborso della partecipazione sociale corra esclusivamente tra la
persona di […] e la Banca.
Senza che, in proposito, risulti
possibile nessun tipo di eventuale interferenza da parte della detta
società in accomandita.
Pure è da escludere, d’altro canto,
che il debito da «saldo di conto corrente» possa in una qualche
misura essere considerato debito proprio – oltre che della società
in accomandita – anche di […]. Non varrebbe opporre in contrario,
invero, che quest’ultimo, oltre a rivestire i panni del fideiussore,
è anche socio accomandatario della società debitrice.
Secondo
l’orientamento adottato dalla giurisprudenza recente di questa Corte,
infatti, i debiti assunti dalle società di persone non possono
comunque essere considerati nei termini di debiti personali dei loro
soci illimitatamente responsabili. Si tratta invece di debiti che
sono esclusivamente propri della società, nei confronti dei quali i
soci illimitatamente responsabili assumono piuttosto la posizione, e
il trattamento, di garanti ex lege. In effetti, risulta pacificamente
ammessa la possibilità del socio illimitatamente responsabile di
prestare fideiussione a vantaggio della società a cui partecipa:
circostanza, questa, all’evidenza predicabile solo nel dichiarato
presupposto dell’«altruità» del debito garantito rispetto al socio
(cfr. su questi temi, tra le altre, le sentenze di Cass., 12 dicembre
2007, n. 26012; Cass., 26 febbraio 2014, n. 4528; Cass., 5 maggio
2016, n. 8944).
Del resto, il rilievo, che i debiti della
società siano per i soci illimitatamente responsabili dei debiti
(non propri, ma) altrui, trova pieno supporto sul piano della
disciplina vigente nel tenore della norma dell’art. 2266 cod. civ.,
che è precisa nell’indicare che «la società … assume
obbligazioni a mezzo dei soci».
9.- Allo scopo di presidiare la
propria pretesa compensativa, la Banca ha cercato di dare peso, nel
corpo del ricorso, al fatto che il debito della società in
accomandita e la garanzia prestata dal fideiussore […] rivestono
carattere solidale (cfr. quanto è stato riferito sopra, nel n.
5.2.).
In realtà, il carattere solidale degli impegni di tali
soggetti mostra poca attinenza con la tematica qui in esame, posto
che il fenomeno della solidarietà si pone, nelle sue direttrici di
base perlomeno, sul livello della legittimazione passiva
all’adempimento e della responsabilità patrimoniale che ne consegue,
e non già su quello del debito, che costituisce per contro il
terreno proprio della materia della compensazione (quale vicenda per
l’appunto rientrante nell’ambito dei «modi estintivi»
dell’obbligazione, secondo quanto indica sin l’intestazione del capo
IV, titolo I, libro IV, del codice).
A ben vedere, comunque, la
vigente disciplina dell’obbligazione solidale non reca alcun conforto
alla ipotesi di una «comunicabilità», se non commistione, di
debiti tra obbligati in via solidale, come sembrerebbe invece
ritenere la Banca. Questa disciplina appare orientata, piuttosto, nel
senso dell’opposta direzione, la norma dell’art. 1297 comma 1 cod.
civ. disponendo invero che «uno dei debitori solidali non può
opporre al creditore le eccezioni personali agli altri debitori».
Questa valutazione di fondo non viene a mutare direzione,
d’altra parte, allorché dal piano generale dell’obbligazione
solidale si scenda – in conformità agli aspetti proposti della
presente fattispecie – al livello specificamente rappresentato
dall’obbligazione fideiussoria, in quanto tale caratterizzato dal
tratto della c.d. solidarietà diseguale (secondo una disciplina
peculiare, che si ritiene sia tra l’altro applicabile, in via di
applicazione analogica, anche alle ipotesi di garanzia personale ex
lege).
E’ vero, dunque, che il vigente sistema facoltizza il
fideiussore ad opporre al creditore garantito le eccezioni personali
al debitore principale e perciò pure quella data dalla
compensazione. Tuttavia, una facoltà del genere si manifesta
propriamente singolare nel contesto della regolamentazione normativa
del fenomeno compensativo; essa, soprattutto, viene a discendere in
modo non solo diretto, ma pure esclusivo, dal principio di
accessorietà delle garanzie personali, come positivamente espresso
dalle norme degli artt. 1939 e 1945 cod. civ. Rimane per definizione
esclusa, pertanto, la stessa ipotizzabilità di riconoscere una
simile facoltà alla diversa – e per nulla «accessoria», va da sé
– posizione del creditore garantito.
10.- In conclusione, il
ricorso è da respingere […]