Corte di Cassazione, Sez. 2, Ordinanza n. 20426 del 2018 , dep. il 02/08/2018

[…]

PREMESSO CHE

Il Tribunale di Teramo rigettava le domande fatte valere da […] nei confronti di […] (di risoluzione del contratto preliminare avente ad oggetto la compravendita di un appartamento, per grave inadempimento del promittente venditore, a sua volta promissario acquirente del bene, con condanna di quest’ultimo alla restituzione della caparra) e dell’agenzia immobiliare […] (di condanna della medesima a restituire la provvigione per inadempimento dell’obbligo di informazione ex art. 1759 c.c.); rigettava anche la domanda riconvenzionale di […] di ristoro degli esborsi sostenuti per l’esecuzione di lavori nell’appartamento.
La sentenza è stata impugnata con appello principale da […] e con appello incidentale dall’agenzia […] e da […]. La Corte d’appello dell’Aquila, con pronuncia depositata il 4 giugno 2014, ha integralmente rigettato l’appello principale, dichiarato inammissibile per difetto di specificità l’appello incidentale di […]; rigettato l’appello incidentale di […].
[…] ricorre in cassazione contro la pronuncia.
[…] resiste con controricorso.
La società […] resiste con controricorso e fa valere ricorso incidentale circa la decisione sulle spese.
Il ricorrente principale propone controricorso nei confronti del ricorso incidentale e ha depositato memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c.

CONSIDERATO CHE

I. Il ricorso principale è articolato in cinque motivi.
a) Il primo motivo denuncia “violazione o mancata applicazione dell’art. 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. nonché n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”. La censura è inammissibile. Essa si sostanzia infatti in una, inammissibile in questa sede, critica alla ricostruzione dei fatti posta in essere dalla Corte d’appello: si contesta, in relazione alla mancata informazione del ricorrente della mancanza del certificato di abitabilità al momento della stipulazione del contratto preliminare, la valutazione operata dalla Corte circa le dichiarazioni rese da due testimoni ([…] e […]) e lo “svilimento” invece delle pertinenti dichiarazioni di […], moglie del ricorrente.
b) Il secondo motivo lamenta “violazione o mancata applicazione degli artt. 1453, 1477 e 1490 c.c. ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.”: a fronte della mancanza, alla data fissata per la stipulazione del contratto definitivo, del certificato di abitabilità la compravendita andava qualificata come di aliud pro alio e il contratto preliminare risolto per inadempimento. Il motivo è infondato. Secondo l’orientamento di questa Corte, il successivo rilascio del certificato di abitabilità esclude che la vendita dell’immobile che al momento del contratto ne sia privo possa essere configurata come una ipotesi di vendita di aliud pro alio (cfr. Cass. 6548/2010): nel caso in esame – lo afferma lo stesso ricorrente, v. p. 21 del ricorso – il certificato è stato rilasciato, così che, come afferma la Corte d’appello, la mancata consegna del certificato di abitabilità non poteva determinare, in via automatica, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del promittente venditore.
c) Il terzo, il quarto e il quinto motivo sono tra loro strettamente connessi. Con il terzo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1477, comma 3, c.c. (nonché omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, parametro questo non applicabile ratione temporis alla fattispecie) per avere la Corte omesso di valutare l’importanza dell’inadempimento con riguardo all’interesse del promissario acquirente. Il quarto motivo contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1454 e 1455 c.c. lamentando che la Corte non ha adeguatamente considerato alcuni elementi probatori, e in particolare la diffida ad adempiere contenuta nella lettera del 27-29 novembre 2000 e la scrittura redatta dal notaio il giorno 15 dicembre 2000. Il quinto motivo fa valere violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 c.c. per non avere la Corte d’appello dato rilievo, nel considerare la gravità dell’inadempimento, al fatto che l’adempimento, il rilascio del certificato di abitabilità, è successivo rispetto alla proposizione della domanda in giudizio, essendo stato posto in essere durante la causa.
I motivi sono fondati. La Corte d’appello, dopo avere correttamente escluso, dato che il certificato di abitabilità è stato poi rilasciato dal Comune, la configurabilità dell’aliud pro alio, non ha poi valutato che è obbligo del venditore consegnare i documenti relativi all’uso della cosa venduta, che devono essere acquisiti al momento della stipulazione del contratto definitivo di compravendita (cfr. Cass. 25427/2013) e non ha verificato in concreto la gravità dell’inadempimento, così non valutando gli elementi evidenziati dal ricorrente, come la diffida ad adempiere contenuta nella lettera 27 novembre 2000 (ove si avvertiva che in mancanza, al momento della stipulazione del contratto definitivo di compravendita, del certificato di abitabilità, “il contratto si intenderà senz’altro risolto”) e il fatto che vi è stato sì adempimento, ma a distanza di sette anni dalla diffida (il certificato risulta essere stato rilasciato – p. 8 della sentenza impugnata – il 19 febbraio 2007).
II. L’accoglimento dei tre motivi comporta l’assorbimento del ricorso incidentale fatto valere dalla società […], che ha ad oggetto il capo della sentenza della Corte d’appello che ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva compensato le spese del processo tra le parti e quello, della medesima pronuncia, in cui sono state compensate per un terzo le spese del giudizio di secondo grado.
III. La decisione impugnata va cassata in relazione ai tre motivi accolti e la causa rinviata al giudice di merito che, seguendo il principio di diritto sopra precisato, valuterà la gravità dell’inadempimento del venditore in relazione alle concrete circostanze del caso di specie […]