Corte di Cassazione, Sez. 2, Ordinanza n. 24922 del 2018, dep. il 09/10/2018

[…]

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione ritualmente notificato in data 17.9.1985, […] aveva convenuto in giudizio avanti al Tribunale di Modica […] (dante causa degli odierni controricorrenti). L’attore deduceva che, con scrittura privata del 25.4.1979, […] gli aveva concesso in locazione l’immobile, con annesso terreno, sito in […], per un canone di £ 9.000.000 per la durata di 6 anni a decorrere dall’1.9.1979, obbligandosi le parti a procedere alla compravendita dell’immobile oggetto del contratto
per il convenuto prezzo di € 28.921.60 (pari a £ 56.000.000), somma dalla quale doveva essere detratto l’importo di € 4.648,11 (pari a £ 9.000.000), corrisposti a titolo di canone anticipato per l’intera durata del rapporto.
Le parti, con successiva annotazione del 9.11.1982, in calce alla scrittura del 25.4.1979, qualificavano l’accordo intercorso come preliminare di vendita, confermandone le condizioni in esso fissate per la stipula: nell’occasione era
corrisposto un ulteriore acconto prezzo di € 4.131,66 (pari a £ 8.000.000). Il promittente venditore autorizzava, altresì, […] ad eseguire nell’immobile “tutti i miglioramenti per il suo funzionamento” che il promittente acquirente avesse ritenuti opportuni per il migliore perseguimento della concordata destinazione di “attività di interesse turistico”. Dati i rapporti di amicizia tra le parti, non si procedeva alla formalizzazione dell’accordo. Così, in esecuzione di quanto convenuto, […] iniziava la complessa e dispendiosa attività di recupero, consolidamento e completamento dell’immobile. Nonostante il formale impegno assunto, il promissario venditore aveva rinviato sempre la data di stipula dell’atto di trasferimento, al punto che [..] era stato costretto a convenire in giudizio […] per ottenere il giudiziale trasferimento dell’immobile.
Con sentenza n. 230/1996, depositata 1’1.7.1996, il Tribunale di Modica aveva rigettato la domanda attorea e la domanda riconvenzionale del convenuto […]. In particolare, la sentenza, passata tra l’altro in giudicato, aveva rigettato la domanda di esecuzione in forma specifica, sul presupposto dell’insussistenza dell’inadempimento del promittente venditore, per essere parzialmente abusive le costruzioni realizzate sul bene. Nel corso del giudizio, in data 11.1.1990, il Sindaco del Comune di […] aveva rilasciato concessione edilizia in sanatoria, ai sensi della L.R. n. 37/1985, su richiesta di […].
In data 29.7.1998 […] decedeva. Con lettera del 3.10.2001…], tramite il proprio difensore, aveva convocato in […], nello studio del Notaio […], gli eredi del promissario venditore per procedere alla stipula del rogito, in forza dell’intercorso preliminare. Ma gli eredi non si erano presentati senza addurre alcuna giustificazione.
Con atto di citazione del dicembre 2002 […] instaurava il secondo giudizio nei confronti degli eredi di […], citando in giudizio […] per ottenere una sentenza di trasferimento immobiliare in luogo del contratto non concluso, ai sensi dell’art. 2932 c.c..
Nelle more del giudizio gli eredi di […] ottenevano il rilascio coattivo dell’immobile per la cessazione del rapporto di locazione, giudizialmente dichiarata in separato giudizio.
Con sentenza n. 99/2008, depositata il 26.2.2008, il Tribunale di Modica dichiarava inammissibile la domanda principale, per essersi formato il giudicato sul punto, e rigettava, altresì, la domanda subordinata di rimborso delle spese per i miglioramenti apportati all’immobile, per esserne incerta la prova sul quantum. Compensava interamente le spese di lite.
Avverso detta sentenza […] proponeva appello, assumendo che tra le due domande giudiziali, nonostante vi fosse l’identità di soggetti e petitum, la causa petendi fosse invece diversa. Infatti, si sarebbe trattato di un fatto nuovo e successivo alla data di formazione del giudicato (1996), più precisamente, l’ingiustificato rifiuto alla stipula del rogito da parte degli eredi di […], per omessa presentazione davanti al Notaio […] nel 2001. L’appellante precisava che il secondo giudizio era stato proposto in conformità al giudicato che si era formato sulla prima sentenza. Quest’ultima aveva rigettato la domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., in quanto l’attore non aveva nuovamente invitato il convenuto alla stipula del contratto
definitivo dopo la regolarizzazione urbanistica. Di conseguenza, l’appellante, dopo la regolarizzazione suddetta, aveva provveduto a tale incombente. Con il secondo motivo l’appellante criticava il rigetto della domanda di rimborso per i miglioramenti.
Con sentenza n. 642/2013, depositata il 26.3.2013, la Corte d’Appello di Catania rigettava l’appello e condannava l’appellante alle spese dei due gradi di giudizio.
Contro la suddetta sentenza […] ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, cui hanno resistito con controricorso […]. Entrambe le parti
hanno depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, il ricorrente deduce la «violazione e falsa applicazione di norme di diritto: artt. 2932 e 2909 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.», là dove la Corte di merito ha ritenuto la nuova domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. coperta dal giudicato, in quanto la regolarizzazione urbanistica era intervenuta nel corso del primo giudizio e quindi non poteva considerarsi fatto nuovo; ed in quanto la mancata adesione dei promittenti venditori alla nuova convocazione davanti al Notaio, non poteva essere opposta per la prima volta in appello. Viceversa, la seconda domanda giudiziale ex art. 2932 c.c. non era la stessa domanda fatta valere nel precedente giudizio; laddove il fatto nuovo e successivo al giudicato sarebbe l’ingiustificato rifiuto alla stipula del rogito da parte dei promittenti venditori, per omessa presentazione davanti al Notaio, nonostante la formale convocazione.
1.2. – Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la «violazione e falsa applicazione di norme di diritto: art. 345 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. – Motivazione contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: art. 360, n. 5 c.p.c.», poiché la Corte di merito avrebbe erroneamente considerato “domanda nuova” l’allegazione della mancata presentazione dei convenuti alla convocazione avanti al Notaio per la stipula del rogito. Nella fattispecie, si tratterebbe di una deduzione che non comporta il mutamento sostanziale del fatto costitutivo del diritto fatto valere e dello specifico interesse dedotto in giudizio, nella specie fondati sull’inadempimento all’obbligo di stipulare il definitivo.
1.3. – Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la «violazione e falsa applicazione di norme di diritto: art. 1592 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. – Violazione artt. 115 e 116 c.p.c. – Giudicato interno e motivazione incongrua», in quanto la Corte territoriale avrebbe erroneamente rigettato la domanda di rimborso e non avrebbe tenuto conto del giudicato interno, integratosi fin dal primo grado di giudizio, in ordine all’effettiva esecuzione da parte dell’odierno ricorrente delle migliorie sull’immobile per cui è causa.
2. – In ragione della loro connessione logico-giuridica, i motivi primo e secondo vanno esaminati congiuntamente. Essi sono fondati.
2.1. – L’impugnata sentenza della Corte d’appello etnea sottonea che – proposta dal […] nel 1985 la domanda diadempimento in forma specifica, ex art. 2932 c.c., del preliminare inter partes – «la stessa è stata rigettata dal Tribunale di Modica con sentenza passata in cosa giudicata, sul presupposto della insussistenza dell’inadempimento del promittente venditore per essere parzialmente abusive le costruzioni realizzate sul bene». E che – instaurato il presente giudizio nel dicembre 2002 sempre dal […], per ottenere il medesimo adempimento in forma specifica del suddetto preliminare – il Tribunale di Modica «ha dichiarato inammissibile la domanda per essersi ormai formato il giudicato di rigetto sul punto».
Con riferimento al primo motivo di appello del […] – che deduce l’inidoneità della sentenza di rigetto della domanda attorea a coprire col giudicato la nuova domanda di adempimento qui in discussione (poichè il giudicato non preclude la rilevabilità dei fatti che sopravvengono alla sua formazione, e quindi, pur rigettata con sentenza passata in giudicato una domanda ex art. 2932 c.c. per mancanza di alcune condizioni, la stessa è certamente riproponibile ove tali condizioni si verifichino successivamente al giudicato stesso) – la Corte distrettuale ha precisato che «l’unica circostanza che il […] ha invocato a fondamento della nuova domanda è la sopravvenuta sanatoria dell’immobile, sanatoria che il Tribunale – con affermazione non contestata in appello – ha rilevato invece essere avvenuta nel corso del primo processo». Ciò posto, la Corte ha, peraltro, affermato che «a nulla vale il tardivo mutamento di rotta operatocon la citazione in appello, laddove si è dedotto, per la prima volta, che il fatto sopravvenuto al giudicato sarebbe (non la sanatoria ma) la mancata adesione del promittente venditore alla nuova convocazione davanti al Notaio a regolarizzazione urbanistica avvenuta». Infatti, secondo la Corte, «tale nuova allegazione non […] può essere esercitata dalla parte, per la prima volta, in appello, venendosi altrimenti a determinare un inammissibile ampliamento, nel giudizio di secondo grado, del tema di indagini e del tema decisionale sottoposti all’esame ed alla decisione del giudice di prime cure»; e comunque, il motivo sarebbe infondato (ove ammissibile) «ben potendo giustificarsi la mancata adesione dei promittenti venditori alla convocazione innanzi al notaio proprio in base al giudicato ormai formatosi (mancando una reale modifica delle sottostanti condizioni poste a base della prima decisione)» (sentenza impugnata, pagg. 3 e 4).
2.2. – Questa Corte ha affermato che il giudicato copre il dedotto e il deducibile con esclusivo riguardo alla situazione che esisteva e fu tenuta presente dal giudice al momento della decisione, ma non preclude la rilevabilità dei fatti che sopravvengono alla sua formazione. Pertanto, il giudicato di rigetto della domanda di esecuzione in forma specifica di un preliminare di vendita ex art. 2932 cod. civ. a causa del mancato avveramento di alcune condizioni essenziali, non osta alla riproponibilità della stessa domanda, qualora dopo la formazione del giudicato quelle condizioni si siano verificate (Cass. n. 3525 del 1986). Pertanto, il giudicato formatosi sulla pronuncia di rigetto della domanda di esecuzione in forma specifica di preliminare di vendita, per il mancato adempimento o la mancata offerta della prestazione inerente al prezzo, non osta, sempre che il contratto non sia stato risolto, a che quella domanda possa essere riproposta, sulla base della sopravvenienza di detto adempimento o di detta offerta (Cass. n. 684 del 2011; Cass. n. 14378 del 2004; Cass. n. 12263 del 2002; cfr. altresì Cass. n. 9176 del 2000).
2.3. – Rilvato che tali principi (ed in particolare la considerazione della mancata risoluzione del contratto preliminare) si attagliano perfettamente alla fattispecie in esame, va ritenuto che l’odierna domanda giudiziale di adempimento in forma specifica non risulta essere la “stessa domanda” rispetto a quella passata in giudicato, differenziandosi da questa (pur essendo identici i soggetti ed il petitum) quanto alla causa petendi, basata su un fatto nuovo e successivo rispetto alla formazione di quel giudicato, ossia sull’ingiustificato rifiuto della stipula dell’atto pubblico da parte dei controricorrenti, per non essersi questi presentati davanti al Notaio alla data del 3.10.2001. Avendo affermato, dunque, la sentenza del 1996 che «non risulta che l’attore […] abbia nuovamente invitato il convenuto alla stipula del contratto definitivo, dopo avere regolarizzato urbanisticamente le costruzioni eseguite nell’immobile per cui è causa [giacché] solo in questo ultimo caso si sarebbe potuto parlare di inadempimento contrattuale del convenuto» (testualmente da ricorso pag. 16; e controricorso, pag. 8), la domanda dell’odierno ricorrente si connota per la denuncia di un nuovo inadempimento dei promittenti venditori, che non impinge nel supposto giudicato.
2.4. – Peraltro, quanto alla eccepita e ritenuta natura di “domanda nuova” dell’allegazione della mancata presentazione dei convenuti alla convocazione avanti al Notaio per la stipula del rogito alla data del 3.10.2001 (di cui al secondo motivo), va rilevato che tale allegazione si connota per configurare la narrazione di un mero accadimento, riferito ad un evento che non comporta alcun mutamento sostanziale del fatto costitutivo del diritto fatto valere e della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre, già peraltro specificato nell’atto di citazione al presente giudizio (ricorso, pag. 4).
Orbene, la condotta tenuta dal ricorrente nel 2001, nel sollecitare la presenza del promittente venditore davanti al notaio, avrebbe potuto considerarsi semmai (colpevolmente) tardiva rispetto agli accadimenti di cui è causa, ma non coperta dal giudicato del 1996, che riguardava ovviamente fatti precedenti; né l’invito cronologicamente successivo a stipulare il definitivo costituisce un mutamento della strategia difensiva, in quanto riguardante un fatto nuovo già richiamato ed evidenziato nell’atto di citazione del 2002. Sicché, in quest’ottica, la mancata adesione dei promittenti venditori e quindi lo specifico inadempimento contestato dal ricorrente avrebbe dovuto essere valutato nel merito e non considerarsi apoditticamente giustificato sulla base di un inesistente “giudicato ormai formatosi”.
3. – In conclusione, quindi, alla stregua dei richiamati principi, devono essere accolti il primo ed il secondo motivo di ricorso, con assorbimento del terzo motivo […]