[…]
PREMESSO CHE
1. Con atto di citazione dell’8 giugno 2010 la […] (poi cessata) e i suoi due soci [..] e [..] proponevano opposizione al decreto n. 1528/2010, con cui il Tribunale di Verona aveva loro ingiunto di pagare alla […] la somma di euro 18.021, per l’esecuzione di lavori di sistemazione dell’impianto elettrico dell’immobile di proprietà della […], contestando di avere conferito il relativo incarico, essendo i lavori stati commissionati dalla diversa società […], che aveva in locazione l’immobile. Il Tribunale, con sentenza n. 3255/2011, rigettava l’opposizione e confermava il decreto opposto, avendo ritenuto provato sia il conferimento dell’incarico che le prestazioni rese dalla […].
2. Avverso la sentenza proponevano appello […] e […].
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza 6 ottobre 2015, n. 2313, rigettava il gravame e confermava la sentenza impugnata.
3. Contro la sentenza ricorrono per cassazione […] e […].
Resiste con controricorso […]
I ricorrenti e la controricorrente hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE
I. Il ricorso è articolato in quattro motivi.
a) Il primo motivo denuncia “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2721 c.c. e dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e/o n. 4 c.p.c.”: i ricorrenti avevano eccepito l’inammissibilità della prova testimoniale, prova sulla quale sono fondate le sentenze di merito, perché riguardava “circostanze da provare documentalmente” e l’eccezione è stata ribadita all’udienza e poi riproposta nella comparsa conclusionale e nella memoria di replica, eppure su questa eccezione prima il Tribunale e poi la Corte d’appello hanno omesso di pronunciare.
Il motivo è infondato. La Corte d’appello ha infatti esaminato l’eccezione proposta dai ricorrenti (p. 5 del provvedimento impugnato), affermando che “gli opponenti si erano limitati a dedurre che i capitoli di prova 1 e 4 erano generici e relativi a “circostanze da provare documentalmente”. La Corte ha poi rilevato che gli opponenti non avevano eccepito che la prova testimoniale era stata ammessa in violazione dell’art. 2721 c.c., né prima né dopo l’assunzione della medesima e neppure in sede di precisazione delle conclusioni, traendone la corretta conseguenza che la prova doveva ritenersi ritualmente acquisita al processo. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “in tema di prova testimoniale, i limiti di valore, sanciti dall’art. 2721 c.c., non attengono all’ordine pubblico, ma sono dettati nell’esclusivo interesse delle parti private, con la conseguenza che qualora, in primo grado, la prova venga ammessa oltre i limiti predetti, essa deve ritenersi ritualmente acquisita, ove la parte interessata non ne abbia tempestivamente eccepito l’inammissibilità in sede di assunzione o nella prima difesa successiva” (così, da ultimo, Cass. 3956/2018).
b) Il secondo motivo lamenta “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e/o n. 4 c.p.c.”: la Corte d’appello ha ritenuto provato il credito ingiunto sulla base di una testimonianza dalla quale non emergerebbe però la conferma dei fatti posti a fondamento della domanda di […].
Il motivo è inammissibile. Con esso si chiede a questa Corte di rivalutare le dichiarazioni rese dalla testimone, ma la valutazione dei mezzi di prova spetta al prudente apprezzamento del giudice di merito e, se motivata (come nel caso in esame, v. p. 6 della sentenza impugnata), è incensurabile di fronte a questa Corte di legittimità.
c) Il terzo motivo riporta “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2709 c.c. e dell’art. 101, comma 2, c.p.c. e degli artt. 99 e 115 c.p.c. e di principi in tema di iniziativa di parte in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e/o n. 4 c.p.c.”: la Corte d’appello ha ufficiosamente rilevato la significatività dei documenti di trasporto prodotti dalla società resistente con la memoria ex art. 183 c.p.c. e mai richiamati dalla società stessa.
Il motivo è infondato. Il giudice d’appello ben poteva trarre elementi di prova dai documenti di trasporto “ritualmente prodotti”. Nel “sistema processualcivilistico vigente opera, infatti, il principio c.d. dell’acquisizione della prova, in forza del quale ogni emergenza istruttoria, una volta raccolta, è legittimamente utilizzabile dal giudice indipendentemente dalla sua provenienza” (così, da ultimo, Cass. 5409/2019). d) Il quarto motivo contesta “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2709, 2710, 2729, 2735 c.c. e dell’art. 111, comma 6, Cost. e degli artt. 112, 115, comma 1, e 132, comma 2 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e/o n. 4 c.p.c.”: la Corte d’appello ha omesso di esaminare fatti decisivi del giudizio, non motivando in relazione agli specifici motivi di appello, in particolare circa la fattura n. 156 del 6 maggio 2009, in cui “[…], scrivendo esclusivamente a […]”, avrebbe posto in essere dichiarazioni con valenza confessoria.
Il motivo è infondato, in quanto il giudice d’appello ha preso in esame la fattura n. 156/2009, sottolineando – con sufficiente motivazione – come le relative prestazioni e pagamenti non rilevavano nella presente causa, trattandosi appunto di un’altra società […] ed essendo risultato provato che […] ebbe l’incarico da […].
II. Il ricorso va quindi rigettato. […]