[…]
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
[…] ha proposto ricorso articolato in sei motivi avverso la sentenza n. 1789/2014 della Corte d’appello di Torino, depositata il 10 ottobre 2014.
Resistono con controricorso il Condominio … e i singoli condomini, ad eccezione di …, che non hanno svolto attività difensive.
Il giudizio ebbe inizio con la domanda del 2 agosto 2006 proposta dal Condominio … e dai singoli condomini nei confronti della condomina […], volta ad ottenere l’accertamento della proprietà condominiale del sedime di cui ai mappali …, derivanti dal frazionamento operato nel 2005 del mappale 105, fo. 3, catasto terreni del Comune … . Tale area, adibita dal Condominio a parco alberato ed area di manovra, era stata interessata nel febbraio 2005 da una recinzione, dalla costruzione di un muro e da altri interventi di sistemazione. Si era quindi appurato che il mappale 105 era intestato alla …, la quale aveva provveduto al frazionamento e rivenduto il mappale … ad […] con atto del … 2005.
[… dedusse che il proprio titolo riportava l’acquisto effettuato il … 1981 dalla dante causa …, la quale aveva a sua volta comprato dalla …. La convenuta chiese perciò accertarsi la sua proprietà, acquisita per contratto o per usucapione, ed agì in garanzia verso … .
L’adito Tribunale di Alessandria, sezione distaccata di Novi Ligure, con sentenza del 6 luglio 2012, accolse le domande del Condominio …, dichiarando di proprietà comune agli attori il sedime …. Il primo giudice accertò che le singole unità incluse nel complesso immobiliare costruito dalla Immobiliare … erano state vendute a far tempo da giugno 1982. Il mappale 105 era stato invece venduto dalla … alla … con atto del … 1997. … aveva quindi dapprima frazionato il mappale 105 e poi rivenduto il mappale … ad […] con l’atto del … 2005. Per il Tribunale, la vendita da … a … del … 1997 era perciò relativa a cosa di cui l’alienante non poteva più disporre, trattandosi di area condominiale.
[…] propose gravame, respinto dalla Corte d’appello di Torino con sentenza del 10 ottobre 2014. I giudici di secondo grado dichiararono inammissibile per novità la questione dedotta dall’appellante circa l’inopponibilità dei titoli trascritti prima della compravendita da … a … del … 1997, giacché le relative note non recavano menzione della comunione del mappale 105. La Corte d’appello affermò altresì che le alienazioni da … ai primi acquirenti determinavano sufficientemente l’oggetto come comprensivo del mappale 105. Dall’esame della documentazione, la Corte di Torino trasse anche il convincimento che la …, quanto meno dal 1987, non avesse più la proprietà di alcuna porzione insistente sul mappale 105, sul quale si era insediato il Condominio, al punto che nel 1994 i condomini utilizzarono parte dell’area per costruire box auto. Venne poi ritenuto irrilevante il regolamento di condominio prodotto, in quanto disciplinante soltanto i rapporti fra il Condominio … ed il Supercondominio …. La prova della proprietà dell’area rivendicata venne desunta nella sentenza impugnata sulla base della comune provenienza degli immobili dall’unica proprietaria originaria … .
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, e 380 bis.1, c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.
I. Il primo motivo del ricorso di […] denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 167 e 345 c.p.c., assumendo che l’eccezione della inopponibilità della comproprietà del mappale 105 era stata proposta già nella comparsa di risposta del .. 2006.
Il secondo motivo del ricorso di […] denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 948 e 2697 c.c., sostenendosi che spettava agli attori fornire la prova di un proprio valido titolo di acquisto del mappale 105.
Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 948, 2644, 2659, 2697 e 2826 c.c. Si assume che, una volta eccepita dalla convenuta in rivendica la mancanza di un titolo trascritto, e perciò opponibile, relativo al mappale 105, spettava agli attori provare la loro proprietà.
Il quarto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 2659, 2697 e 2826 c.c. Qui si evidenzia la indeterminatezza del riferimento al mappale 105 nei contratti di acquisto dei condomini.
Il quinto motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza o del procedimento in relazione agli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c., in quanto la Corte d’appello ha fatto riferimento in sentenza alle risultanze della Convenzione con il Comune … del .. 1975, documento che è stato citato nella relazione di CTU ma non è mai stato ritualmente prodotto dalle parti in giudizio.
Il sesto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 934, 936 e 1362 c.c., per la rilevanza deduttiva, orientata nel senso della precedente alienazione della proprietà, che la Corte di Torino ha attribuito alla mancata “reazione” della … alla costruzione dei garages attuata dal Condominio nel 1994: si contrappone che, se la …, come sostiene la ricorrente, era, in realtà, all’epoca proprietaria del fondo, non avrebbe avuto interesse alcuno a reagire all’edificazione, che la avrebbe beneficiata mediante accessione.
II.1.Devono esaminarsi pregiudizialmente il primo ed il quinto motivo di ricorso, che denunciano errores in procedendo.
Quanto al primo motivo, al di là della tempestività del rilievo della eccezione, che la ricorrente assume già svolto nella comparsa di costituzione in primo grado, va detto che questa Corte ha di recente riconosciuto che la questione relativa alla mancata trascrizione di un atto ed alla conseguente opponibilità dello stesso ai terzi acquirenti, non costituisce oggetto di un’eccezione in senso stretto, quanto di un’eccezione in senso lato, sicché il suo rilievo non è subordinato alla tempestiva allegazione della parte interessata, ma rimane ammissibile indipendentemente dalla maturazione delle preclusioni assertive o istruttorie (Cass, Sez. 2, 19/03/2018, n. 6769). Va tuttavia ritenuto che la violazione degli artt. 112, 167 e 345 c.p.c., denunciata nel primo motivo di ricorso, debba ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, essendo comunque il giudice del merito pervenuto ad un dispositivo conforme a diritto, come si chiarirà a proposito degli altri motivi di impugnazione. La Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, comma 2, Cost., ha, invero, il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un “error in procedendo”, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto (cfr. Cass. Sez. U, 02/02/2017, n. 2731; Cass. Sez. 2, 01/02/2010, n. 2313).
Il quinto motivo è invece inammissibile.
Con esso di deduce che il giudice di appello abbia tratto elementi di convincimento da un documento (la Convenzione … 1975) non prodotto dalle parti ed invece acquisito dal consulente tecnico di ufficio. A parte le carenze di specifica indicazione del contenuto del documento di cui la ricorrente lamenta l’irregolare acquisizione, come delle ragioni per le quali lo stesso si sarebbe rivelato decisivo nella valutazione del consulente tecnico d’ufficio, la censura imponeva, in forza dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di specificare l’atto delle pregresse fasi di merito in cui l’eccezione di nullità dell’acquisizione documentale era stata sollevata tempestivamente ai sensi dell’art. 157, comma 2, c.p.c. (nonché riproposta in sede di precisazione delle conclusioni ed in appello), dovendo, in mancanza, ritenersi sanata la nullità, avendo la stessa carattere relativo (Cass. Sez. 3, 15/05/2018, n. 11752; Cass. Sez. 2, 23/11/2016, n. 23896; Cass. Sez. L, 28/07/1994, n. 7036).
II. 2. Secondo, terzo, quarto e sesto motivo di ricorso vanno poi trattati congiuntamente, in quanto connessi: tali doglianze non rivelano immediata e piena riferibilità alle rationes decidendi su cui poggia la pronuncia della Corte d’Appello di Torino, limitandosi a censurare una serie di profili che risultano inidonei a determinare la cassazione della sentenza impugnata.
Le quattro censure in esame vertono tutte: 1) sulla distribuzione dell’onere della prova della proprietà del mappale 105 (poi divenuto mappale …) nei rapporti tra Condominio e condomini rivendicanti, da un lato, e convenuta, dall’altro, la quale vanta un proprio titolo di derivazione contrattuale; 2) sulla inopponibilità per difetto di trascrizione dei titoli di acquisto degli altri condomini; 3) sulla indeterminatezza dell’oggetto di tali titoli, per mancato espresso riferimento all’area in contesa. I motivi, all’evidenza, non si confrontano così con l’art. 1117 c.c., che è invece la norma di legge dirimente della concreta fattispecie e posta alla base delle ragioni, in fatto e in diritto, della decisione impugnata.
La Corte d’appello di Torino, e prima ancora il Tribunale di Alessandria, sezione distaccata di Novi Ligure, hanno fatto risalire la costituzione del Condominio … al … 1982 ed hanno individuato l’area 105 come parte comune, giacché pertinenza scoperta delle unità immobiliari, in parte successivamente destinata ad autorimesse. I titoli di alienazione da … facevano, peraltro, espresso riferimento al mappale 105/p.
Si ha riguardo ad uno spazio esterno adiacente ai … fabbricati del Condominio …, adibito a parco alberato ed ad area di manovra per i veicoli, dunque astrattamente utilizzabile per consentire l’accesso agli stessi edifici, e perciò da qualificare come cortile, ai fini dell’inclusione nelle parti comuni dell’edificio elencate dall’art. 1117 c.c. L’area esterna di un edificio condominiale, con riguardo alla quale manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio, va ritenuta di presunta natura condominiale, ai sensi dell’art. 1117 c.c. (solo tra le più recenti, cfr. Cass. Sez. 2, 14/06/2019, n. 16070; Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4687; Cass. Sez. 6 – 2, 08/03/2017, n. 5831; Cass. Sez. 2 , 31/08/2017, n. 20612; Cass. Sez. 2 , 04/09/2017, n. 20712). Si intende, peraltro, come cortile, agli effetti dell’art. 1117 c.c., qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti, ma anche comprensiva dei vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate degli edifici – quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi – sebbene non menzionati espressamente nel medesimo art. 1117 c.c. (Cass. Sez. 2, 09/06/2000, n. 7889).
La situazione di condominio, regolata dagli artt. 1117 e seguenti del Codice Civile, si attua sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto. Secondo le emergenze documentali menzionate dai giudici del merito, il Condominio … era sorto nel …1982, allorché le unità abitative con i relativi terreni pertinenziali erano state vendute dalla … e si era quindi avuto l’atto di frazionamento dell’iniziale unica proprietà. Originatasi a tale epoca la situazione di condominio edilizio, dallo stesso momento doveva intendersi operante la presunzione legale ex art. 1117 c.c. di comunione “pro indiviso” di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero – in tale momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio (Cass. Sez. 2, 18/12/2014, n. 26766). Mancando nel titolo originario una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente alla …. la proprietà dell’area scoperta mappale 105 (secondo interpretazione del contenuto negoziale di esso costituente apprezzamento di fatto, perciò rimesso ai giudici del merito), quest’ultima non poteva poi validamente disporre della stessa area cortilizia come proprietario unico di detto bene in favore della … . E’ consolidato l’orientamento di questa Corte ad avviso del quale spetta al condomino, che pretenda l’appartenenza esclusiva di un bene, quale appunto un cortile, compreso tra quelli elencati espressamente o per relationem dall’art. 1117 c.c., dar prova della sua asserita proprietà esclusiva derivante da titolo contrario (non essendo determinanti, a tal fine, né le risultanze del regolamento di condominio, né l’inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprietà esclusiva di un singolo condomino, né i dati catastali); in difetto di tale prova, infatti, deve essere affermata l’appartenenza dei suddetti beni indistintamente a tutti i condomini (Cass. Sez. 2, 07/05/2010, n. 11195; Cass. Sez. 2, 18/04/2002, n. 5633; Cass. Sez. 2, 15/06/2001, n. 8152; Cass. Sez. 2, 04/04/2001, n. 4953).
Vanno pertanto enunciati i seguenti principi, che confutano le ragioni esposte nel secondo, terzo, quarto e sesto motivo di ricorso.
1) L’individuazione delle parti comuni – come, nella specie, i cortili o qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti o sia destinata a spazi verdi, zone di rispetto, parcheggio di autovetture – operata dall’art. 1117 c.c. non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria, potendo essere superata soltanto dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali (cfr. Cass. Sez. U, 07/07/1993, n. 7449).
2) La comproprietà delle parti comuni dell’edificio indicate nell’art 1117 c.c. sorge, invero, nel momento in cui più soggetti divengono proprietari esclusivi delle varie unità immobiliari che costituiscono l’edificio, sicché, per effetto della trascrizione dei singoli atti di acquisto di proprietà esclusiva – i quali comprendono pro quota, senza bisogno di specifica indicazione, le parti comuni – la situazione condominiale è opponibile ai terzi dalla data dell’eseguita formalità (Cass. Sez. 2, 09/12/1974, n. 4119). Non ha perciò alcun rilievo il contenuto degli atti traslativi … – … e poi … – […], non potendo essi valere quale titolo contrario ex art. 1117 c.c., né validamente disporre della proprietà esclusiva dell’area oggetto di lite, ormai compresa fra le proprietà comuni (rimanendo nulla, al contrario, la clausola, contenuta nel contratto di vendita di un’unità immobiliare di un condominio, con la quale venga esclusa dal trasferimento la proprietà di alcune delle parti comuni: cfr. Cass. Sez. 2, 29/01/2015, n. 1680). Né la circostanza che gli atti di vendita tra … e i diversi condomini acquirenti delle singole unità immobiliari, come le correlate note di trascrizione, non contenessero espressa menzione del trasferimento della comproprietà dell’area comune segnata dal mappale 105 è in alcun modo sufficiente a superare la presunzione posta dall’art. 1117 c.c., la quale, al contrario, comporta che all’atto stesso consegua l’alienazione, unitamente alla porzione esclusiva, della corrispondente quota di condominio su dette parti comuni. Stando, infatti, al consolidato orientamento di questa Corte, una volta accertata la sussistenza di una situazione di condominio di edifici, le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprietà individuale estendono i loro effetti, secondo il principio “accessorium sequitur príncipale”, alle parti comuni necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprietà solitaria (Cass. Sez. 2, 06/03/2019, n. 6458; Cass. Sez. 6 – 2, 26/10/2011, n. 22361; Cass. Sez. 2, 27/04/1993, n. 4931).
3) La «presunzione legale» di proprietà comune di parti del complesso immobiliare in condominio, che si sostanzia sia nella destinazione all’uso comune della res, sia nell’attitudine oggettiva al godimento collettivo (sulla base di una valutazione da compiere nel momento in cui ha luogo la formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali), dispensa, quindi, il condominio dalla prova del suo diritto, ed in particolare dalla cosiddetta probatio diabolica (come invece erroneamente assumono il secondo ed il terzo motivo di ricorso). Ai condomini che agiscono in rivendica di parti comuni riconducibili all’art. 1117 c.c. basta dimostrare la rispettiva proprietà esclusiva nell’ambito del condominio per provare anche la comproprietà di quei beni che tale norma contempla. Ne deriva che quando un condomino pretenda l’appartenenza esclusiva di uno dei beni indicati nell’art. 1117 c.c., è onere dello stesso condomino, onde vincere detta presunzione, dare la prova della sua asserita proprietà esclusiva, senza che a tal fine sia rilevante il proprio titolo di acquisto, o quello del relativo proprio dante causa, ove non si tratti, come nella specie, dell’atto costitutivo del condominio, ma di alienazione compiuta dall’iniziale unico proprietario che non si era riservato l’esclusiva titolarità dell’area (arg. da Cass. Sez. 2, 07/06/1988, n. 3862: Cass. Sez. 2, 05/12/1966, n. 2834). In tale contesto di ripartizione degli oneri probatori, non riveste chiaramente alcuna decisività la critica che il sesto motivo di ricorso rivolge al rapporto logico deduttivo che la Corte di Torino ha posto tra la mancata “reazione” della … alla costruzione dei garages del 1994 e la non appartenenza dei suoli alla società, essendo stata raggiunta la prova della titolarità dell’area in contesa del tutto indipendentemente dal denunciato apprezzamento basato sull’id quod plerumque accídit. […]