Corte di cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 12361 del 2002, dep. il 22 agosto 2002

[…]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 3.3 ed il 7.3.1972 la società di fatto […], rappresentata dal suo liquidatore, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Macerata, […] ed […] e sulla premessa di aver fornito al Calzaturificio […], società di fatto corrente tra il […] e […], dante causa della […], fondi prefabbricati per calzature dal maggio al settembre 1969 ricevendone solo un parziale pagamento, ne chiedeva la condanna solidale al pagamento del residuo prezzo pari a L. 15.213.491, oltre agli interessi di legge.
Il […], costituendosi, eccepiva il difetto di legittimazione attiva della […] in liquidazione, avendo egli avuto rapporti solo con la ditta individuale […], la difettosità dei fondi venduti, l’entità della fornitura, la compensazione con un proprio controcredito di oltre dodici milioni di lire portato da cambiali e chiedeva, quindi, il rigetto della domanda avversaria con il favore delle spese e, in riconvenzione, la condanna di controparte al pagamento, anche a titolo di danni, della somma di L. 22.000.000, con interessi e rivalutazione monetaria.
L’adito Tribunale, acquisita varia documentazione “hinc et inde” ed assunte le prove per interrogatorio e per testi dedotte dal convenuto, nel contraddittorio altresì di […], la quale si costituiva solo per chiedere la riunione con altra non meglio specificata causa pendente dinanzi allo stesso Tribunale tra lei ed il […], disposta infine d’ufficio consulenza tecnica per la verifica dei lamentati difetti, con sentenza 17 luglio/29 settembre 1981, accoglieva la domanda attorea, rivalutava il credito e pertanto condannava i convenuti, in solido, al pagamento della soma di L. 60.853.964, regolando di conseguenza le spese di lite.
Premessa l’infondatezza dell’eccezione pregiudiziale in quanto l’attore aveva provato che la fornitura era stata fatta dalla società […] della quale aveva prodotto sia l’atto costitutivo che la dichiarazione di scioglimento e ritenuto inoltre provato, anche per ammissione del socio deceduto […], e per mancata contestazione, il credito vantato dalla società attrice e reclamato nell’ammontare di cui alla citazione, i primi giudici ritenevano innanzi tutto abbandonata, per omessa riproposizione nelle conclusioni definitive, l’eccezione di compensazione rispetto ad un preteso credito cambiario affermato in L. 12.000.000 da parte del convenuto; giudicavano tempestiva la denuncia dei vizi (e comunque ritenevano probabile che i vizi delle suole fossero stati riconosciuti da un tecnico della ditta attrice), tuttavia ritenevano al contempo tardiva l’azione di garanzia in accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa attorea.
Escludevano quei giudici l’applicabilità della regola della perpetuità dell’azione di garanzia ove fatta valere in via d’eccezione, poiché in realtà la società co venuta non aveva svolto nessuna delle eccezioni previste dalla disciplina della vendita, bensì una domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni.
E poiché, del resto, l’atto di transazione intervenuto tra le parti e prodotto nelle more del giudizio dal convenuto non era utilizzabile per decidere la controversia in quanto la stessa parte non vi aveva fondato sopra alcuna istanza doveva dunque accogliersi la domanda attorea, rivalutando il credito in adesione alla domanda di rivalutazione proposta per la prima volta dall’attore in sede di conclusioni, ma la cui novità non era stata eccepita dalla difesa avversaria.
Proposto gravame da […], sempre nella veste di titolare del calzaturificio […], il quale insisteva nelle richieste ed eccezioni di prime cure, nel contraddittorio della società […], che resisteva al gravame chiedendo, in aggiunta, l’ulteriore rivalutazione del credito, disposta la riunione con l’altro giudizio di appello promosso avverso la stessa sentenza dall’altra convenuta […] per far valere le medesime istanze contro la ditta […], con sentenza 2 giugno-19 luglio 1999 la Corte d’appello di Ancona, in accoglimento dei riuniti gravami, rigettava la domanda della società […], condannando la stessa alla refusione delle spese di lite sostenute dai convenuti in entrambi i gradi del giudizio.
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, illustrati da memoria, […].
Resistono, con distinti controricorsi, […] e […], il quale ha a sua volta proposto ricorso incidentale subordinato, affidato ad un’unica censura e resistito dai ricorrenti principali con controricorso.
I ricorrenti principali hanno depositato memoria, documentando altresì la loro qualità di eredi mediante deposito di atto notorio, ritualmente notificato alle controparti ai sensi dell’art. 372 secondo comma cpc.
[…] ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

È stata disposta la riunione dei due ricorsi, il principale e l’incidentale subordinato, in quanto proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 cpc). Va quindi preliminarmente esaminata l’eccezione, proposta in controricorso dal ricorrente incidentale […], di inammissibilità del ricorso principale sotto il profilo della veste assunta dai ricorrenti di pretesi eredi del […] quale “liquidatore” della ditta […], stante l’impossibilità, a giudizio del […], di trasmissione in capo ai predetti del “munus” sul quale era basata la partecipazione al giudizio della parte originaria.
L’eccezione è fondata.
Per consolidata giurisprudenza di legittimità, nelle società di persone, ivi comprese le società di fatto, quale è la […], parte del presente giudizio, (società che, ancorché irregolare e non munita di personalità giuridica, è tuttavia soggetto di diritto in quanto titolare di un patrimonio formato con i beni conferiti dai soci – Cass. n. 1027/93, n. 12833/99, n. 642/2000, con autonomia patrimoniale che permane anche durante la fase di liquidazione – Cass. n. 931/62) gli eredi del socio defunto – salvo contraria disposizione, nel caso di specie indimostrata, del contratto sociale – non acquisiscono la posizione di quest’ultimo nell’ambito della società, ma hanno soltanto diritto, in virtù del disposto di cui all’art. 2284 cc, alla liquidazione della quota del loro dante causa (v. Cass. n. 174/61, n. 1850/70, n. 2812/76, n. 4169/95, n. 3671/2001).
Poiché, quindi, la successione ereditaria esclude, salvo espresse clausole contrarie del patto sociale o di altra convenzione con gli eredi, nella specie inesistenti e comunque non provate, che gli stessi subentrino nella posizione di socio del “de cuius”, deriva che i predetti eredi, non avendo la qualità di soci, non assumono la responsabilità e gli oneri relativi al rapporto sociale al quale sono rimasti estranei (V. Cass. n. 2987/78).
In particolare è da escludere stante la intrasmissibilità “iure ereditario” di una situazione personale del “de cuius”, quale è nella fattispecie esaminata, la qualifica del […] di liquidatore della […], che tale “munus” abbia potuto trasmigrare negli eredi […], attuali ricorrenti (v. Cass. n. 2632/93, che ha affermato addirittura il principio della invalidità della clausola “di continuazione”, con la quale i soci di società in accomandita semplice, nell’atto costitutivo, in deroga all’art. 2284 cc, prevedano l’automatica trasmissibilità all’erede del socio accomandatario defunto, di cui non sia certa l’identità, unitamente alla predetta qualità di socio, anche del “munus” di amministratore, tenendo conto che tale designazione “in incertam personam” coinvolge la stessa struttura societaria, e che la funzione amministrativa, strettamente strumentale al perseguimento del fine sociale, non può essere affidata ad un soggetto che, al momento in cui è posto in essere il negozio societario, resti indeterminato, ovvero sia individuabile con criteri di indifferenza rispetto alle sorti della società e allo scopo che i soci intendono raggiungere). Ne consegue che, in applicazione del principio per il quale è legittimato a ricorrere per cassazione soltanto colui che, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, sia stato parte del giudizio di appello, nel caso, come quello di specie, di sentenza resa nei confronti di una società di persone (la […], società di fatto in liquidazione), è inammissibile il ricorso per cassazione proposto dagli eredi del “liquidatore” defunto, in quanto persone del tutto estranee al rapporto sociale, cui non può competere pertanto la rappresentanza ne’ sostanziale ne’ processuale della società medesima (vedi, per la inammissibilità del ricorso anche nell’ipotesi che questo sia proposto da un singolo socio in proprio e non dalla persona fisica che la rappresentava in giudizio nelle pregresse fasi, Cass. n. 3431/82, n. 8191/93, n. 3048/95, n. 7021/97, n. 5233/99, n. 442/2002). […]