Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 14372 del 2018, dep. il 05/06/2018

[…]

FATTI DI CAUSA

[…] ha proposto ricorso articolato in sei motivi avverso la sentenza della Corte d’Appello di Brescia n. 450/2013, depositata in data 5 aprile 2013, che aveva parzialmente riformato la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Mantova il 20 luglio 2006.
Resistono con controricorso […], e, quali eredi di […], […], i quali propongono ricorso incidentale in due motivi.
Resta intimato, senza svolgere attività difensive, […].
Con atto di citazione notificato il 17 e 20 gennaio 2000, […], in proprio e quale rappresentante dell’Azienda […], […] convennero davanti al Tribunale di Mantova […] e […] esponendo: che in data 4 dicembre 1998 gli attori, unitamente a […], avevano stipulato preliminare con cui avevano promesso di vendere a […] al prezzo di lire 440.000.000, il ramo di azienda relativo all'[…] appartenente alla società […], comprendente fabbricati, terreni, attrezzature, scorte vive e morte; che il […] veniva immediatamente immesso nel possesso dell’azienda; che le parti avevano fissato la data del 31 gennaio 1999 come termine ultimo per la stipula dell’atto notarile; che il contratto prevedeva il rimborso a carico del […] entro il 13 dicembre 1998 delle ulteriori somme versate dai soci a titolo di finanziamento della società per far fronte alle scadenze delle cambiali agrarie o delle richieste di rientro nei limiti dell’affidamento bancario; che in forza della suddetta clausola, il […] avrebbe dovuto versare la somma di lire 52.624.984, al fine di pagare tre cambiali agrarie in scadenza, oltre che coprire un debito bancario nei confronti del Banco […], e che il […], nonostante i solleciti, non aveva pagato; che in data 27 gennaio 1999, a seguito di invito, tutte le parti erano comparse davanti al notaio, ma la stipula della cessione non era stata effettuata perché il […] non era stato in grado di fornire le pattuite garanzie di adempimento della propria obbligazione di pagamento; che in seguito il […] aveva eccepito che il capannone promesso in vendita risultava privo di agibilità e che nell’azienda era presente una tettoia abusiva; che lo stesso […] aveva quindi chiesto ai creditori il dettaglio degli importi dovuti per verificare la situazione debitoria dell’azienda; che il […], socio al 50%, aveva evidenziato che prima della stipula del definitivo occorreva risolvere alcune questioni patrimoniali tra lui e la […]; che gli attori in data 4 gennaio 1999 avevano inviato al notaio copia della domanda di condono, nonché il certificato di agibilità; che ancora una volta il definitivo non veniva stipulato perché il […] aveva disdetto l’appuntamento davanti al notaio in ragione della mancata risoluzione dei problemi societari. Gli attori, così, domandarono la risoluzione del contratto per inadempimento del […] ed, eventualmente, anche del […], con condanna di entrambi al risarcimento dei danni, e la società […] chiese al […] la restituzione delle scorte vive e morte, oltre al pagamento di lire 3.500.000 al mese, a titolo di indennizzo ex art. 2041 c.c. Il […], costituitosi, domandò in via riconvenzionale l’adempimento ex art. 2932 c.c. del preliminare e il risarcimento dei danni. Il […], sostenendo di non essere a conoscenza dei fatti di causa, chiese l’accoglimento delle domande attoree, eccetto quella risarcitoria proposta nei suoi confronti. Il Tribunale di Mantova dichiarò inammissibili le domande di risoluzione contrattuale e risarcimento danni proposte da […] nei confronti del […]; rigettò le domande di risoluzione contrattuale e di risarcimento proposte nei confronti del […]; rigettò la domanda di esecuzione in forma specifica proposta dal […]; rigettò la domanda risarcitoria proposta dal medesimo […], che invece condannò alla restituzione del complesso aziendale ed alla corresponsione di C 850,00 mensili dal 4 dicembre 1998 sino alla restituzione, detraendo dall’importo finale € 15.730,00.
Avverso tale sentenza propose appello […], chiedendo il rigetto delle domande di controparte e, in via riconvenzionale, la pronuncia di sentenza che tenesse luogo del rogito e che condannasse gli attori al risarcimento dei danni (quantificati in € 100.000,00), nonché a tenerlo indenne dalle obbligazioni eccedenti il prezzo pattuito per il trasferimento. La Corte di Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accolse l’impugnazione del […], rigettò le domande di […] e trasferì in proprietà al […] il ramo di azienda relativo all'[…] appartenente all’Azienda Agricola, comprendente terreni e fabbricati, attrezzature, scorte vive e morte, subordinando il trasferimento al pagamento da parte del […] del corrispettivo di € 227.241,04, da effettuare mediante pagamento delle passività aziendali maturate alla data del 4 dicembre 1998, fino alla concorrenza del predetto importo.
La Corte di Appello di Brescia affermò che l’Azienda […] considerarsi parte del contratto preliminare del 4 dicembre 1998, avendo agito […] quali amministratori a firma congiunta della società, alla quale era riferibile l’impegno traslativo assunto col […]. I giudici di secondo grado ritennero idonea l’offerta del […] di adempiere alla sua prestazione, ai fini dell’ottenimento della pronuncia ex art. 2932 c.c., negando tuttavia che questi avesse dato prova di aver versato alcunché a titolo di acconto, come anche di aver saldato le passività. Priva di fondamento fu reputata dalla Corte di Brescia la pretesa del […] di essere tenuto indenne dalle obbligazioni eccedenti il prezzo della cessione, mancando prova del relativo pagamento e essendo comunque le stesse non a carico dell’acquirente per quanto stabilito nel contratto.
[…] ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

E’ infondata l’eccezione di improcedibilità formulata a pagina 7 e 8 del controricorso, avendo il ricorrente principale depositato, come prescritto dall’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., copia autentica della sentenza impugnata con la relazione della notificazione perfezionata il 7 novembre 2013.
I. Il primo motivo del ricorso principale di […] denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., nonché violazione dell’art. 232 c.p.c. La Corte di Appello avrebbe ritenuto non provato il pagamento dell’acconto (lire 25 milioni) da parte del […] all’atto di stipula del preliminare solo sulla base di quanto riportato nel contratto, ove si faceva parola di un assegno consegnato nelle mani del dottor […] che tuttavia non sarebbe risultato incassato, senza però apprezzare il contenuto dell’interrogatorio formale del […] e della testimonianza di […], che confermarono il versamento della somma.
Il secondo motivo del ricorso principale di […] censura la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 c.c. Si assume come il versamento di lire 25.000.000 al momento della firma del preliminare fosse circostanza oggetto di esplicita allegazione nella comparsa di risposta del […], non contestata dalle controparti, ed anzi oggetto di esplicita ammissione in sede di interrogatorio formale.
I.1. I primi due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente per la loro connessione e si rivelano in parte inammissibili e comunque infondati. Le censure sono prive di immediata riferibilità alla ratio decidendi esplicitata dalla Corte d’Appello e si fondano sull’allegazione di una circostanza, che assumono non valutata, o erroneamente valutata, che non riveste comunque carattere decisivo, ovvero tale da determinare un esito diverso della controversia. La Corte d’Appello di Brescia non ha negato che all’atto della stipula del preliminare il […] avesse versato ai promittenti venditori la somma di lire 25.000.000, come hanno confermato le prove indicate dal ricorrente principale e come lo stesso assume di aver dedotto sin dalla sua comparsa di costituzione in primo grado. La sentenza impugnata ha piuttosto dato per accertato che tale somma era stata corrisposta mediante “un effetto … consegnato nelle mani del dott. […], che non risulta essere stato incassato”. Secondo allora il consolidato orientamento di questa Corte, in caso di adempimento di obbligazioni pecuniarie mediante il rilascio di assegni bancari, l’estinzione del debito si perfeziona solo nel momento dell’effettiva riscossione della somma portata dal titolo, in quanto la consegna dell’assegno deve considerarsi effettuata, salva diversa volontà delle parti, pro solvendo (Cass. Sez. 2, 11/11/1992, n. 12129; Cass. Sez. 2, 01/12/2000, n. 15396; Cass. Sez. 1, 30/07/2009, n. 17749). La Corte d’Appello di Brescia non ha motivato in senso contrario all’avvenuta consegna dell’assegno di lire 25.000.000 dal […] ai venditori, ma ha sostenuto che fosse stata raggiunta la prova del mancato incasso del titolo, e questo accertamento di fatto non è stato oggetto di alcuna specifica censura da parte del ricorrente principale.
II. Con il terzo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione dell’art. 342 c.p.c. La Corte di Appello, nel delibare l’infondatezza della domanda del […] di risarcimento dei danni per il rilascio dell’abitabilità, per la regolarizzazione edilizia dell’azienda, per il costo di due silos e per tutte le spese sostenute e non previste in contratto, avrebbe errato nel ritenere necessario che le prove relative a tale pretesa dovessero essere indicate nell’atto di appello, in quanto si trattava di elementi comunque connessi a quelli espressamente dedotti nel motivo di gravame, risultanti dal contenuto della c.t.u. e presi in considerazione anche dal giudice di primo grado. Il quarto motivo del ricorso di […] deduce la violazione dell’art. 2932 c.c. e degli artt. 1453 ss., 1492, 1497 c.c., nonché la violazione dell’art. 1218 c.c. Viene richiamata ancora una volta la parte della sentenza della Corte di Brescia, già oggetto del precedente motivo, che ha ritenuto non provati gli esborsi pretesi. La Corte di Appello, nell’accogliere la domanda di trasferimento del ramo d’azienda, avrebbe errato nel ritenere che il promissario acquirente non potesse far valere i vizi e i difetti la cui sussistenza risultava accertata in sede processuale. Trattandosi di risarcimento del danno emergente per inadempimento contrattuale, il creditore non dovrebbe dare prova di aver sostenuto già i costi necessari al rimedio.
II.1. Il terzo ed il quarto motivo, parimenti da esaminare unitamente, si rivelano fondati. La Corte d’Appello di Brescia, quanto alla domanda risarcitoria inerente ai danni consistiti negli esborsi per il rilascio dell’abitabilità, per la regolarizzazione edilizia dell’azienda, per il costo di due silos e per tutte le spese sostenute e non previste nel preliminare, si è limitata ad affermare che di tali spese non era stata indicata in appello la corrispondente prova. Tuttavia, viene riferito che in primo grado l’espletata CTU aveva evidenziato una spesa occorrente per la sanatoria edilizia della tettoia abusiva presente sul capannone di un fabbricato alienato, come anche un aggravio per l’acquirente dovuto all’appartenza a terzi di due silos compresi nel patrimonio aziendale ceduto. Questa Corte ha più volte affermato che, in materia di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, in presenza di difformità non sostanziali e non incidenti sull’effettiva utilizzabilità del bene ma soltanto sul relativo valore, il promissario acquirente non resta soggetto alla sola alternativa della risoluzione del contratto o dell’accettazione senza riserve della cosa viziata o difforme, ma può esperire l’azione di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo a norma dell’art. 2932 c.c., chiedendo cumulativamente e contestualmente l’eliminazione delle accertate difformità o la riduzione del prezzo. In particolare, la presenza di irregolarità edilizie dell’immobile – non conosciute dal promissario acquirente – integra vizi che legittimano la domanda intesa alla loro eliminazione ovvero alla riduzione del prezzo ragguagliabile alla spesa sostenuta per la sanatoria. (Cass. Sez. 2, 15/02/2007, n. 3383; Cass. Sez. 2, 26/01/2010, n. 1562; Cass. Sez. 2, 15/12/2006, n. 26943; Cass. Sez. 2, 01/10/1997, n. 9560). D’altro canto, la sussistenza di vizi nella cosa promessa in vendita legittima il promissario acquirente altresì a cumulare la richiesta della pronuncia costitutiva degli effetti della vendita non conclusa ex art. 2932 c.c. con la richiesta di condanna del promittente venditore al risarcimento del danno correlato alla difettosità del bene indipendentemente dalla prova dell’effettiva sua eliminazione, in quanto siffatta inesattezza della prestazione determina comunque una riduzione del valore della res. Tale risarcimento può, invero, essere escluso solo se cumulato con un’actio quanti minoris, giacché soltanto in tal caso esso assume la valenza di un’eliminazione indiretta del vizio (arg. da Cass. Sez. 6 – 2, 17/06/2014, n. 13717; Cass. Sez. 2, 29/11/2013, n. 26852; Cass. Sez. U, 13/11/2012, n. 19702). Non è poi confutabile che, attesi i limiti previsti dagli artt. 342 e 345 c.p.c. in tema di nuove allegazioni e nuovi mezzi di prova, l’appellante che intenda ottenere il riesame delle istanze istruttorie non ammesse o non esaminate in primo grado ha l’onere, in ragione dell’effetto devolutivo dell’appello, di reiterarle nell’atto introduttivo del gravame, svolgendo una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice con riferimento alle prove che si assumano trascurate o malamente valutate (arg. da Cass. Sez. U , 16/11/2017, n. 27199; Cass. Sez. 1, 24/11/2015, n. 23978).
Allorché, tuttavia, l’appellante impugni in toto la sentenza di primo grado che lo abbia visto soccombente, insistendo per l’accoglimento delle proprie domande (nella specie, come fatto da […] per le domande riconvenzionali sia di pronuncia ex art. 2932 c.c. che di condanna degli attori al risarcimento dei danni per le indicate causali), egli non ha l’onere di reiterare specificamente le istanze istruttorie pertinenti a dette domande, ritualmente avanzate in primo grado, in quanto detta riproposizione è insita nella istanza di accoglimento delle domande, senza che operi alcuna presunzione di rinunzia (cfr. Cass. Sez. 2, 19/12/2013, n. 28424; Cass. Sez. L, 11/02/2011, n. 3376; Cass. Sez. L, 22/08/2003, n. 12366; Cass. Sez. L, 28/08/2002, n. 12629).
III. Il quinto motivo del ricorso principale denuncia la violazione degli artt. 163, 166, 167, 342 100 e 106 c.p.c., nonché dell’art. 111 Cost. Si sostiene che sarebbe stato errato il giudizio della Corte di Appello relativo alla domanda del […] di essere tenuto indenne dalle obbligazioni di pagamento eccedenti il prezzo della cessione. Tale domanda non rappresenterebbe affatto una domanda generica, né sarebbe rilevante la mancata prova del relativo pagamento, in quanto la chiamata in manleva o garanzia per debiti ultronei non presuppone che il chiamante abbia dato prova di aver già sostenuto gli esborsi dei quali chieda di essere garantito, potendosi comunque considerare volta ad una mera condanna alla manleva condizionata; inoltre, l’esistenza di un obbligo di pagamento per somma non superiore a lire 440.000.000 rappresenterebbe un argomento a favore dell’accoglimento della domanda spiegata. Con il sesto motivo del ricorso di […] si denuncia la violazione dell’art. 2560 c.c. La decisione di respingere la domanda di manleva censurata nel motivo precedente si porrebbe in contrasto anche con la previsione di un’obbligazione ex art. 2560 c.c., che pone a carico dell’acquirente del ramo di azienda i debiti inerenti all’azienda ceduta. Da suddetta previsione si ricaverebbe l’esistenza di un interesse concreto ed attuale da parte dell’acquirente ad ottenere una condanna per manleva nel caso di debiti aziendali superiori alla cifra pattuita a titolo di prezzo dalle parti.
III.1. Il quinto ed il sesto motivo sono da esaminare congiuntamente e risultano in parte inammissibili ed in parte comunque infondati. La Corte d’Appello di Brescia ha chiarito che in forza degli obblighi derivanti dal contratto del 4 dicembre 1998 (in particolare, l’art. 3 riprodotto anche dal ricorrente), […] si fosse accollato il pagamento dei debiti della società verso terzi “sino alla concorrenza massima di L. 440.000.000”. Tale convenzione, con la quale l’acquirente, in corrispettivo della cessione delle attività mobiliari ed immobiliari comprese in un ramo d’azienda, si accolli i debiti relativi all’azienda ceduta verso i creditori della stessa, configura un accollo ad oggetto determinabile, essendo identificabili, all’atto della stipula della convenzione, gli eventuali debiti ed i rispettivi creditori (cfr. Cass. Sez. 1, 23/09/1994, n. 7831). Nel preliminare di vendita, invero, la clausola di corresponsione del prezzo mediante accollo di debiti già gravanti sul promittente venditore racchiude normalmente due pattuizioni – l’una riguardante la determinazione delle modalità di pagamento del prezzo e l’altra integrante accollo (o promessa di accollo) verso i creditori -, rimanendo l’effettiva assunzione dei debiti nei confronti degli accollatari collegata al prodursi dell’effetto traslativo (Cass. Sez. 2, 30/03/1984, n. 2093). Nel pronunciare quindi sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. – che tiene luogo del contratto definitivo non concluso – la Corte di Brescia ha rispecchiato integralmente le previsioni negoziali risultanti dall’interpretazione del contratto preliminare, stabilendo appunto, quale modalità della prestazione di versamento del prezzo, il pagamento delle passività aziendali maturate alla data del 4 dicembre 1998 fino alla concorrenza dell’importo pattiziamente stabilito di C 227.241,04 (cfr. Cass. Sez. 2, 06/08/1990, n. 7907). Avendo così la sentenza impugnata delimitato gli effetti dell’accollo dei debiti aziendali nei rapporti interni fra cedenti e cessionario sulla base dell’importo del prezzo di cessione concordato fra le parti, il […] non ha interesse a dolersi che non sia stata accolta la sua ulteriore domanda volta a garantirlo contro un’eventuale maggiore pretesa degli stessi cedenti: l’accollante, in forza dell’accertato accollo interno, assolve il proprio obbligo di tenere indenne l’accollato adempiendo direttamente all’accollatario, o apprestando in anticipo all’accollato i mezzi occorrenti, ovvero rimborsando le somme pagate all’accollatoche abbia adempiuto, pur sempre entro la misura dell’importo determinato.
E’ poi inammissibile, perché nuova, la questione di diritto, implicante ulteriori accertamenti di fatto non consentiti in sede di legittimità, correlata alla disciplina di cui all’art. 2560 c.c., norma in forza della quale il cessionario di un’azienda commerciale è responsabile al pari del cedente per i debiti risultanti dai libri contabili verso i terzi creditori, i quali, a prescindere dalla regolamentazione dei rapporti interni tra le parti, possono comunque pretendere l’adempimento anche immediatamente dal cessionario (cfr. Cass. Sez. 1, 16/05/1997, n. 4351).
IV. Il primo motivo del ricorso incidentale dell’Azienda […] s.n.c., nonché di […] censura la violazione degli artt. 2932 c.c. e 1498 c.c. Si assume che la Corte di Appello avrebbe “liquidato” con motivazione inadeguata e incompleta l’inadempimento del […] solo per il fatto che fosse stato fissato un ulteriore appuntamento avanti al notaio, senza prendere in considerazione che anche il promissario acquirente, cosi come il […], non si era presentato alla stipula del rogito in difetto di giustificato motivo, oltre a non aver corrisposto, entro il termine stabilito nel preliminare, la somma di lire 52.624.984 dovuta ai sensi dell’art. 3 del contratto per il pagamento delle tre cambiali agrarie e di un debito bancario, e a non aver indicato le garanzie da fornire prima di procedere all’atto di trasferimento, così come richiesto nel preliminare.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale si denuncia la violazione degli artt. 1353 e 1355 c.c. per non aver la Corte Appello assegnato un termine per l’adempimento da parte del […] né statuito un ordine di rilascio in caso di mancato adempimento. I due motivi del ricorso incidentale sono connessi e devono perciò essere trattati congiuntamente, rivelandosi infondati. I ricorrenti incidentali prospettano con la prima censura le ragioni che avevano posto a fondamento della loro originaria domanda principale di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del promissario acquirente, domanda rigettata dal Tribunale e non oggetto di appello, la cui diretta cognizione è perciò ora preclusa in sede di giudizio di cassazione. In particolare, la Corte di Brescia ha rilevato come gli appellati non avessero censurato la sentenza del Tribunale di Mantova, la quale aveva ritenuto legittima la condotta del […] di non comparire alla stipula del rogito il giorno 8 novembre 1999, essendo necessario altresì l’intervento del […], del quale occorreva la firma in uno al […]. Così i giudici di secondo grado hanno pure negato l’inadempimento del […] in ordine al mancato pagamento della somma dovuta entro il 31 dicembre 1998, avendo gli stessi promittenti venditori fissato una successiva data per la stipula del definitivo. Nel caso di contrapposte domande di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare e di risoluzione di detto contratto per inadempimento, il giudice del merito deve procedere, invero, ad una valutazione comparativa ed unitaria degli inadempimenti che le parti si sono addebitati al fine di stabilire se sussista l’inadempimento che legittima la risoluzione, e il relativo accertamento è insindacabile in cassazione, se la motivazione risulta, come nel caso in esame, immune da vizi logici o giuridici (così Cass. Sez. 2, 29/07/2004, n. 14378). Pertanto, la Corte di Brescia ha ritenuto idonea l’offerta del […] di adempiere alla sua prestazione, ed è pervenuta in definitiva ad un apprezzamento di fatto, sindacabile in sede di legittimità nei soli limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., circa l’insussistenza di ogni inadempimento del promissario acquirente, ravvisando, piuttosto, l’inadempimento dei promittenti venditori rispetto all’obbligo di trasferimento della proprietà dell’azienda. Questa Corte ha peraltro più volte affermato come, nel caso in cui le parti di un preliminare di vendita abbiano convenuto che il pagamento del prezzo debba essere effettuato alla stipulazione del definitivo, il requisito dell’offerta di cui al secondo comma dell’art. 2932 c.c. è da ritenersi soddisfatto con la proposizione della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre, essendo tale offerta necessariamente implicita nella domanda, sicché, in siffatta ipotesi, deve senz’altro essere emessa la sentenza produttrice degli effetti del contratto non concluso e il pagamento del prezzo deve essere imposto come condizione per il verificarsi dell’effetto traslativo derivante dalla pronuncia del giudice. Nella specie, poiché la prestazione del promissario acquirente di pagamento del prezzo dell’azienda ceduta era da adempiersi, secondo il preliminare, mediante accollo delle passività aziendali, correttamente la Corte d’Appello, nella sentenza costitutiva, ha subordinato l’effetto traslativo al pagamento dei debiti accollati (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 29/12/2011, n. 29849; Cass. Sez. 3, 04/01/2002, n. 59). Né hanno consistenza le doglianze dei ricorrenti incidentali secondo cui la Corte d’Appello avrebbe dovuto assegnare al promissario acquirente un termine per i suoi pagamenti e statuire ex ante il rilascio per il caso del suo inadempimento. Secondo consolidata interpretazione giurisprudenziale, il promissario acquirente il quale, a norma dell’art 2932 c.c., chieda l’esecuzione specifica di un contratto preliminare di vendita, è tenuto a pagare il prezzo, che, in virtù delle obbligazioni nascenti dal preliminare, risulti dovuto all’atto della stipulazione del contratto definitivo, solo con il passaggio in giudicato della sentenza costitutiva di accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica, in quanto a tale data sorge l’obbligazione, e l’eventuale successivo mancato saldo del corrispettivo, al quale è subordinato l’effetto traslativo della proprietà, rende applicabile l’istituto della risoluzione del rapporto per inadempimento (Cass. Sez. 2, 23/05/2016, n. 10605; Cass. Sez. U, 22/02/2010, n. 4059; Cass. Sez. 2, 07/04/2006, n. 8212).
IV. Conseguono l’accoglimento del terzo e del quarto motivo del ricorso principale di […], il rigetto dei restanti motivi del ricorso principale, il rigetto del ricorso incidentale e la cassazione dell’impugnata sentenza nei limiti delle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Brescia, la quale deciderà al riguardo attenendosi ai rilievi svolti. […]