Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 20645 del 2018, dep. il 08/08/2018

[…]

FATTI DI CAUSA

1. […] avevano proposto al Tribunale di Cagliari domanda volta a ottenere la condanna degli […] e […] a rilasciare un appartamento detenuto senza titolo, appartamento che era stato acquistato dagli attori per successione legittima dallo zio, […]. I convenuti si costituivano eccependo in via principale di detenere l’appartamento in virtù di una scrittura privata del 2003 con la quale era stato costituito in loro favore il diritto d’uso dell’intero immobile e degli arredi in esso contenuti “fino a quando nello stesso eserciteranno la professione di avvocato” e in via subordinata di detenerlo a titolo di comodato; proponevano quindi domanda riconvenzionale per ottenere l’accertamento del loro diritto d’uso, e poter così provvedere alla trascrizione della relativa sentenza, nonché la condanna degli attori a restituire i mobili e gli oggetti che avevano prelevato dallo studio senza essere autorizzati e a rimettere in pristino l’immobile rilasciando due stanze che avevano occupato e al risarcimento dei danni. Gli attori replicavano chiedendo l’accertamento della invalidità, inefficacia e/o nullità della scrittura privata del 2003 e, in subordine, l’accertamento delle esatte condizioni d’uso dell’immobile.
Il Tribunale di Cagliari, ritenuta da un lato fondata l’eccezione, formulata dagli attori, di indeterminatezza circa i requisiti essenziali del contratto e dall’altro lato respinta l’eccezione subordinata di contratto di comodato fatta valere dai convenuti, con sentenza non definitiva aveva rigettato le domande riconvenzionali dei convenuti, che sono stati condannati in solido al rilascio dell’appartamento e a consegnare tutti gli arredi in essi presenti in favore degli attori nonché a risarcire loro i danni, riservando al prosieguo del processo la liquidazione dei danni e la decisione sulle spese di lite.
2. […] hanno proposto appello contro la sentenza.
La Corte d’appello di Cagliari, con pronuncia n. 489/2013, ha accolto il secondo motivo di impugnazione (ha escluso la nullità del contratto, qualificandolo come contratto atipico e complesso, in cui concorrono elementi del contratto costitutivo del diritto di uso nonché di quello di vitalizio alimentare, o contratto di mantenimento) e ha così rigettato la domanda diretta a ottenere il rilascio dell’appartamento.
3. I […] ricorrono per cassazione.
[…] resistono con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorso è articolato in tre motivi che denunciano, tutti e tre, oltre alla violazione e alla falsa applicazione di norme di diritto, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Questa parte dei motivi è inammissibile: essi invocano un parametro non applicabile ratione temporis, essendo la sentenza impugnata stata depositata il 4 luglio 2013, alla fattispecie, né – come invece sostengono i ricorrenti nella memoria ex art. 378 c.p.c. – è rinvenibile nello svolgimento dei tre motivi il fatto decisivo che la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare.
2. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1346, 1366, 1367, 1374, 1418, 1421 c.c.: la qualificazione operata dalla Corte d’appello del contratto come contratto atipico di vitalizio assistenziale si fonderebbe su un uso distorto dei generali principi che governano la disciplina del contratto al solo fine di ottenere a ogni costo la conservazione del contratto medesimo; la Corte non avrebbe così considerato che, ai fini della validità del contratto, anche nei contratti di natura aleatoria – tipici o atipici – deve osservarsi il principio della determinatezza e determinabilità dell’oggetto previsto dall’art. 1346 c.c., mentre nel contratto concluso tra […] e i suoi colleghi l’oggetto sarebbe indeterminato, in particolare per quanto concerne l’attività di assistenza e collaborazione legale.
Il motivo è infondato. La Corte d’appello ha interpretato la scrittura del 25 marzo 2003 (riportata a p. 18 del provvedimento) quale contratto atipico e complesso, in cui concorrono gli elementi del contratto costitutivo del diritto d’uso nonché di quello del vitalizio alimentare (o contratto di mantenimento) commisurato, quanto alla durata, non alla vita delle parti, ma all’esercizio della professione d'[…] e connotato dalla aleatorietà, costituente elemento essenziale del negozio. La Corte ha correttamente ancorato l’ermeneutica al disposto di cui all’art. 1322 c.c., ritenendo – con argomentazione sufficiente e coerente (cfr., in particolare p. 19 del provvedimento) – l’interesse perseguito dal contratto meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico. La Corte non ha poi condiviso l’assunto del Tribunale circa la nullità del contratto per indeterminatezza e indeterminabilità delle prestazioni assunte, con riferimento alla durata e alla natura delle prestazioni stesse: ad avviso della Corte d’appello, data la prevalenza anche da un punto di vista economico della prestazione di collaborazione professionale, il contratto deve essere regolato dalle norme che disciplinano il contratto atipico di vitalizio assistenziale, giacché la causa del contratto “va ravvisata nell’impegno assunto dagli appellanti di prestare in favore dell'[…], per tutto il tempo in cui avesse svolto attività professionale, assistenza e collaborazione in corrispettivo del godimento dell’immobile, per il periodo in cui, a loro volta, avessero svolto l’attività di […]”. Essendo l’aleatorietà l’elemento che caratterizza il contratto (cfr., in tal senso, da ultimo Cass. 22009/2016 e Cass. 15904/2016), la Corte d’appello ha osservato che necessariamente il contratto è caratterizzato dalla indeterminatezza in ordine alla prestazione complessiva cui risulteranno obbligate le parti e alla durata delle singole prestazioni.
2. Il secondo motivo fa valere violazione e falsa applicazione degli artt. 1021, 1322, 1325 n. 4, 1350 nn. 4 e 8, 1366, 1367, 1872 c.c.: se il primo motivo attacca la ricostruzione interpretativa della Corte d’appello sotto il profilo della indeterminatezza dell’oggetto del contratto, il secondo contesta, sempre sotto il profilo della contrarietà alle disposizioni in materia di interpretazione del contratto, che il contratto possa essere qualificato quale vitalizio assistenziale perché da un lato, quanto alla prestazione a carico dell'[…], non si ha trasferimento della proprietà di un bene, ma semplice concessione di un diritto d’uso del bene, dall’altro lato, quanto alla prestazione a carico degli […], il suo oggetto, collaborazione professionale, non può essere considerato prestazione assistenziale in senso proprio, sostanziandosi quest’ultima in assistenza “spirituale”, ossia volta alla prestazione di cure mediche o altre forme di assistenza materiale, trattandosi invece, nel caso di specie, di assistenza legale, per di più svolta a favore di soggetti terzi, i clienti.
Il motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il contratto atipico di vitalizio si caratterizza per il “contenuto non meramente patrimoniale delle prestazioni dell’obbligato, presupponente un intuitus personae nella scelta di tale soggetto” (Cass. 5855/1980), soggetto “specificamente individuato alla luce delle sue proprie qualità personali” (Cass. 22009/2016), profili questi presenti nel caso in esame ove i soggetti obbligati sono due colleghi che avevano iniziato la professione quali praticanti dell’[…] e che hanno da quel momento con lui condiviso lo studio professionale e ove la prestazione – la collaborazione professionale – può plausibilmente rientrare nella nozione di assistenza. Quanto poi alla circostanza che nel caso concreto vi sia mera concessione del diritto di uso e non il trasferimento della proprietà del bene non vale ad escludere la configurabilità di un contratto atipico di vitalizio, potendosi configurare, proprio perché si tratta di un contratto con caratteri atipici, la concessione di un semplice diritto di uso del bene.
3. Il terzo motivo contesta “violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 832, 1021, 1100, 1102 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.”: la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciare sulla domanda di determinazione “delle esatte condizioni d’uso dell’immobile”.
Il motivo non può essere accolto.
Al di là dell’erronea riconducibilità del vizio di omessa pronuncia al n. 3 invece che al n. 4 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., il denunciato vizio non sussiste. La Corte d’appello, cfr. pp. 21-22 del provvedimento impugnato, ha infatti stabilito il diritto degli appellanti a detenere l’immobile (compresi i mobili e gli arredi in esso presenti) “in forza”, e quindi secondo i termini, del contratto stipulato in data 25 marzo 2003 con […] e ha condannato i ricorrenti alla restituzione dei beni e degli arredi prelevati dall’immobile, secondo l’elenco predisposto dalle parti nel corso del giudizio di primo grado, e al rilascio dei locali da loro occupati all’interno dell’immobile e alla rimessione in pristino dei luoghi.
4. Il ricorso va quindi rigettato […]