Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 22721 del 2018, dep. il 25/09/2018

[…]

FATTI DI CAUSA

[…] ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Cassino […] e la […], chiedendo di disporre l’apertura della successione di […], deceduto in data […]1986, e di dichiarare […] tenuta alla collazione della donazione indiretta dell’immobile sito in […], acquistato con rogito del […] con denaro di appartenenza del de cuius, e […] alla collazione della donazione dell’autovettura […], infine di ordinare il rendimento del conto relativo ai beni mobili rimasti nell’abitazione in […] e […] e delle rendite percepite, provvedendo alla divisione dell’asse ereditario.
[…] ha resistito alla domanda di collazione dell’appartamento sito in […], asserendo di non aver beneficiato di alcuna elargizione di denaro da parte del de cuius, ed ha chiesto il rigetto della domanda di collazione dei beni mobili, in quanto gravati da usufrutto. […] ha proposto domanda riconvenzionale di collazione della quota del 50% di due immobili siti in […], donati da […] alle figlie […] e […]. Ha dedotto di aver versato l’intera imposta di successione, del cui importo ha chiesto di tener conto nelle operazioni divisionali. Il Tribunale di Cassino, con pronuncia n. 352/2011, ha dichiarato che l’appartamento di […] era ricompreso nell’asse ereditario, in quanto oggetto di donazione indiretta, ed ha ordinato a […] la resa del conto relativo al terreno di [….]. Con sentenza n. 498/2005 ha approvato il progetto di divisione redatto tal c.t.u. ed ha compensato le spese di giudizio. Proposto appello principale da […], in proprio e quale erede di […], e impugnazione incidentale da […], la Corte distrettuale di Roma, con sentenza n. 2963/2011, in parziale riforma della sentenza 352/2001, ha respinto la domanda di collazione della donazione dell’appartamento sito in […] proposta da […], e ha disposto la collazione del terreno sito in […], oggetto della donazione del […]1978, in favore di […] e […], unitamente all’edificio successivamente completato, disponendone il conferimento in natura nella sua piena consistenza; ha respinto la domanda riconvenzionale volta a far includere nella massa i terreni pervenuti alle sorelle […] con atto del […]1971, disponendo per la formazione di un nuovo progetto divisionale. Infine, con sentenza n. 5229/2013, ha disposto la divisione, determinando le quote ereditarie in misura di 1/4 dell’intero in favore di ciascun erede, stabilendone la composizione e quantificando i conguagli.
Per la cassazione di entrambe le pronunce di appello, […] ha proposto ricorso articolato in cinque motivi e ha depositato controricorso in replica al ricorso incidentale della resistente e memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..
[…] ha depositato ricorso incidentale in due motivi e memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso principale censura la violazione e falsa applicazione dell’articolo 746 c.c., in relazione all’articolo 360, comma primo, n. 3 c.p.c., per aver la sentenza n. 2963/2011 ritenuto che l’immobile sito in […], oggetto della donazione del 1978, dovesse esser conferito in natura e non per imputazione, trascurando che il conferimento in natura può aver luogo solo su scelta del donatario, scelta che, nel caso in esame, non era stata manifestata. Assume la ricorrente che, in ogni caso, occorreva disporre il conferimento per imputazione, considerato che gli immobili erano stati divisi consensualmente tra le due figlie e, che, pertanto, non erano suscettibili di ulteriore divisione, valendo detta successiva come manifestazione di volontà contraria al conferimento in natura, non più suscettibile di revoca.
1.1. Il motivo è fondato nei termini che seguono.
La sentenza impugnata in accoglimento della riconvenzionale proposta da […], ha stabilito che la donazione immobiliare effettuata con rogito del 1978 era soggetta a collazione, quale atto di liberalità effettuato dal de cuius in favore delle due figlie, per la quota di sua spettanza pari al 50%.
Ha disposto che il conferimento degli immobili, unitamente alle costruzioni ultimate dopo l’apertura della successione, doveva avvenire in natura e ciò pur nella incontestata assenza di una scelta delle interessate in favore di siffatta modalità di collazione. Non può tuttavia ritenersi che la Corte d’appello potesse prescindere da una esplicita opzione manifestata dalle donatarie in favore del conferimento in natura degli immobili donati. La collazione ereditaria, in entrambe le forme in cui è prevista dalla legge ed indipendentemente da quale ne sia il fondamento giustificativo, è preordinata alla formazione della massa ereditaria da dividere in modo che sia assicurata parità di trattamento tra i coeredi e non venga alterato il rapporto tra il valore delle quote (Cass. 3540/1971; Cass. 1988/1969;Cass. 2453/1976). L’obbligo di collazione sorge quindi automaticamente al momento dell’apertura della successione, indipendentemente da un’espressa domanda dei condividenti (Cass. 6490/1986; Cass. 1159/1995; Cass. 15131/2005; Cass. 8510/2018) e si attua, senza alternative, per i mobili mediante imputazione e, per il denaro, mediante il prelievo di una minor quantità di denaro che si trova nell’eredità da parte del soggetto tenuto al conferimento, o in caso di insufficienza delle somme, mediante il prelevamento da parte degli altri coeredi, di beni mobili o immobili ereditari, in proporzione delle rispettive quote, sempre che il donatario non intenda conferire altro denaro o titoli di Stato (artt. 750 e 751 c.c.).
Per i beni immobili l’art. 746, riproducendo la formulazione dell’art. 1015 del codice del 1866, dispone che essa ha luogo per imputazione o in natura su scelta di chi deve conferire, salvo che l’immobile donato non sia stato ipotecato o venduto (nel qual caso si procede per imputazione; cfr. art. 747 c.c.). Dall’insieme delle citate disposizioni, il conferimento per imputazione risulta, per esplicita volontà normativa, il modo in cui in generale si attua la collazione (secondo un’opzione normativa le cui origini risalgono all’art. 865 del Codice napoleonico), mentre quello in natura è modalità sussidiaria, ammissibile limitatamente agli immobili e che può aver luogo esclusivamente in base ad un’opzione riservata al donatario, su cui non possono influire né la scelta del donante (che può solo dispensare dalla collazione ma non stabilire come essa debba avvenire: Cass. 5659/2015; Cass. 4381/1982; Cass. 1521/1980), né gli altri coeredi, essendo consentita nell’esclusivo interesse di chi è tenuto al conferimento. Non giova – in contrario – ipotizzare che all’obbligo di collazione corrisponda un legato ex lege o ad un prelegato atipico a vantaggio degli altri coeredi che il donatario potrebbe adempiere, alternativamente, mediante imputazione o in natura (art. 1285 c.c.), non giustificandosi comunque, in base al dato positivo, un generale intervento sostitutivo del giudice ove la scelta dell’interessato dovesse mancare (dati i presupposti vincolanti di operatività degli artt. 1286, comma terzo, c.c. e 1287, comma terzo c.c.), considerato peraltro che, a differenza della disciplina generale, l’art. 746 c.c. riserva la scelta del modo in cui procedere alla collazione al solo coerede obbligato, senza contemplare alternative. A ciò deve aggiungersi che, in presenza di una donazione fatta in vita ad uno dei coeredi individuati dall’art. 737 c.c., l’apertura della successione non determina l’automatica risoluzione dell’atto di liberalità, posto che, come detto, le donazioni mobiliari comportano a carico del donatario solo l’imputazione del loro valore (ed è fatta salva, quindi, l’attribuzione traslativa compiuta in vita dal de cuius), per il denaro il conferimento avviene attraverso i prelievi mentre, riguardo agli immobili, il donatario conserva il potere di disporre della res donata, potendo venderla anche successivamente all’apertura della successione (Cass. 3731/1956), nel qual caso la collazione ha parimenti luogo per imputazione (art. 746, comma secondo c.c.). La donazione è quindi posta nel nulla solo qualora il donante opti per il conferimento in natura, ai sensi del primo comma dell’art. 746 c.c. (Cass. 3715/1955; Cass. 1845/1961), poiché in tal caso il bene donato rientra nella comunione ereditaria, che quindi viene incrementata, ed il beneficiario perde la titolarità di quanto conferito, effetto che non si determina nella collazione per imputazione, in cui il bene resta in proprietà del donatario in forza della donazione ricevuta, salvo l’obbligo di versare alla massa l’equivalente pecuniario (Cass. 2453/1976; in motivazione, Cass. 25646/2008; Cass. 5659/2015; Cass. 9177/2018). Da tutte le esposte premesse consegue quindi che: l’apertura della successione determina automaticamente l’obbligo di collazione, la quale, in mancanza di una diversa scelta del donante, si attua per imputazione; b) solo la scelta del coerede per il conferimento in natura ha l’effetto di impedire l’imputazione del valore e fa rientrare l’immobile donato nella comunione ereditaria, restando escluso che tale effetto possa essere ottenuto per disposizione del giudice, adottata d’ufficio.
2. Il secondo motivo censura la violazione e falsa applicazione degli articoli 748 e 749 c.c., in relazione all’articolo 360, comma primo, numero 3, c.p.c., lamentando che la sentenza non abbia tenuto conto dei miglioramenti e delle spese sostenute da ciascun donatario degli immobili e che il principio della accessione riguardo agli edifici realizzati sui suoli siti in […] non poteva trovare applicazione, ostandovi l’atto di donazione avente data certa. La censura è assorbita, poiché per effetto dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, il capo di pronuncia con cui il giudice di merito ha disposto il conferimento in natura degli immobili oggetto della donazione del 1978, è cassata unitamente alle statuizioni da esso dipendenti, dovendo il giudice del rinvio procedere alle operazioni divisionali, imputando il valore degli immobili alla quota del donatario, tenendo conto del disposto degli artt. 747 e 748 c.c..
3. Il terzo motivo censura la violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360, comma primo, numero 4 c.p.c., lamentando che la sentenza n. 2963/2011, dopo aver escluso la collazione dell’immobile sito in […], abbia erroneamente omesso di pronunciare sulla domanda di collazione della donazione di denaro effettuata dal de cuius in vista dell’acquisto del suddetto immobile da parte della resistente. Il motivo è infondato poiché la Corte distrettuale, con accertamento in fatto, ha stabilito che il de cuius non ha mai effettuato alcuna elargizione di denaro in favore di […] in vista dell’acquisto dell’immobile di […] (cfr. sentenza pag. 3 e 4) e tale statuizione implica il rigetto della domanda di collazione delle somme di denaro ed esclude la violazione lamentata, poiché, per pacifico orientamento di questa Corte, per integrare la violazione dell’art. 112 c.p.c. non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. 24155/2017; Cass. 20311/2011).
2. Il quarto motivo censura la violazione e la falsa applicazione l’articolo 110 c.p.c., in relazione articolo 360, comma primo, numero 3 c.p.c., lamentando che la Corte di merito abbia ritenuto di procedere alla divisione formando tre porzioni, non tenendo conto dell’ intervenuto decesso di […] e della prosecuzione del giudizio da parte delle figlie, sia in proprio che quali eredi della parte deceduta, occorrendo, per contro, formare due sole quote, posto che i diritti spettanti a […] sulla successione di […] si erano trasmessi, sempre iure successionis, alle figlie.
Il quinto motivo censura – letteralmente – la violazione e falsa applicazione dei principi in tema di divisione, per non aver la sentenza tenuto conto che, nell’ipotesi in cui i beni in comunione provengano da titoli diversi, si è in presenza di tante divisioni quante sono le masse ed è invece possibile procedere ad un’unica divisione solo con il consenso, anche tacito, delle parti; che pertanto la Corte avrebbe dovuto procedere a divisioni distinte, relativamente ai patrimonio di […] e […], e formare due sole quote, tanto più che la divisione del patrimonio di quest’ultima era oggetto di un autonomo processo.
3. I due motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati.
[…] è deceduta in corso di giudizio, lasciando quali uniche eredi […], quest’ultima destinataria, per testamento, della quota disponibile.
Nel giudizio di appello le parti si sono costituite anche quali eredi di […], ma ciò non era sufficiente per procedere alla formazione di due sole porzioni, poiché i diritti spettanti a […] sull’asse ereditario di […] erano già entrati a far parte del suo patrimonio e dovevano essere devoluti alle figlie in base al testamento e alla disciplina applicabile alla successione materna.
Nessun rilievo poteva assumere l’art. 110 c.p.c., poiché la disposizione disciplina gli effetti che si determinano sul processo a seguito della successione universale nella res litigiosa e non interferisce sul regime sostanziale della divisione ereditaria, che nel caso di specie, imponeva di tener distinte le operazioni divisionali relative alle due distinte successioni e alle rispettive masse ereditarie.
Del tutto correttamente, quindi, la sentenza, formando tre porzioni in luogo di due, ha salvaguardato l’autonomia della successione di […], e ciò proprio in base al principio secondo cui, quando i beni da dividere provengono da titoli diversi, non si realizza un’unica comunione, ma tante comunioni quante sono i titoli di provenienza dei beni, corrispondendo alla pluralità di titoli una pluralità di masse, ciascuna delle quali costituisce un’entità patrimoniale a sé stante (Cass. 314/2009; Cass. 3029/2009). Nella divisione fra fratelli di beni provenienti dalle eredità sia paterna che materna, i diritti del singolo condividente su ciascun asse devono essere regolati nell’ambito della relativa massa (Cass. 4740/1977).
4. Il primo motivo del ricorso incidentale censura la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c. per aver la sentenza omesso di pronunciare sulla domanda proposta da […] volta a determinare il valore dei frutti e degli interessi percepiti, a decorrere dall’apertura della successione, dalle due donatarie rimaste nel possesso dei beni.
Il secondo motivo del ricorso incidentale censura la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c. per aver la Corte di merito omesso di pronunciare sulla domanda ex art. 724 comma secondo c.c., proposta dalla […], diretta ad ottenere il riconoscimento di tutte le somme erogate nell’interesse della massa e delle altre coeredi, nonché sulla richiesta formulata in appello da […], volta a conseguire la restituzione dei titoli e delle somme prelevate presso la Banca […].
I due motivi, suscettibili di esame congiunto, sono fondati, poiché la Corte di merito non ha statuito, neppure per implicito, sulle domande volte a determinare i frutti percepiti dalle donatarie dopo l’apertura della successione, sulla domanda di imputazione ex art. 724, comma secondo c.c. dell’importo delle somme anticipate dalla […] nonché sulla richiesta di restituzione dei titoli e dei prelievi effettuati sui conti bancari.
Pertanto, è accolto il primo motivo del ricorso principale, è dichiarato assorbito il secondo e sono rigettati tutti gli altri ed è, infine, integralmente accolto il ricorso incidentale.
La sentenza impugnata è cassata nei sensi di cui in motivazione, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’appello di Roma […]