Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 7179 del 2018, dep. Il 22/03/2018

[…]

Fatti di causa

La […] s.p.a. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Latina, […] per sentir dichiarare inefficace, ex art. 2901 c.c., nei propri confronti, l’atto di cessione di immobile con rendita vitalizia compiuto dai convenuti in data 20.2.1998 con rogito del notaio […] rep. […], in quanto lesivo della garanzia patrimoniale di essa Banca in relazione alle ragioni di credito rappresentate dai decreti ingiuntivi emessi nei confronti di […], e in pari tempo disporre la trascrizione dell’emananda sentenza presso la Conservatoria dei RR.II. competente. Assumeva la banca che detto atto risultava pregiudizievole delle proprie ragioni creditizie derivanti dalle due fideiussioni rilasciate dal […] a garanzia degli obblighi della […] s.a.s. e di […], e, in particolare, del credito complessivo di £. 537.488.183, giacché i debitori principali [….] si erano resi inadempienti, come dimostrato dai due decreti ingiuntivi emessi dal Tribunale di Latina […]. Infatti, con l’atto in questione […] aveva sottratto di fatto, alla garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 c.c., gli unici suoi due beni immobili, cedendo alla nuora […] (coniugata in separazione dei beni) la nuda proprietà degli stessi e, riservando a se medesimo l’usufrutto, nel contempo costituendo una rendita vitalizia a suo favore. Si costituivano in giudizio i convenuti, eccepivano preliminarmente la nullità delle due fideiussioni in quanto l’oggetto delle stesse risultava indeterminato ed indeterminabile, e la sostanziale infondatezza della revocatoria richiesta in quanto l’atto impugnato aveva prevalente contenuto di prestazione assistenziale a carattere personale e non patrimoniale, sicché tale atipicità del contratto ne impediva l’impugnabilità ex art. 2901 c.c., giacché la prestazione assistenziale continuativa pattuita escludeva di fatto l’effetto traslativo. Eccepiva da ultimo l’inesistenza della scientia damni e del consilium fraudis.
Il Tribunale di Latina con sentenza n. 2199 del 2005 accoglieva la domanda attrice, dichiarava inefficace ex art. 2901 c.c. nei confronti della banca l’atto inter partes di cui al rogito notarile […] di cessione di immobile con rendita vitalizia.
Avverso tale decisione interponevano appello […] e […] chiedendo la riforma integrale della sentenza impugnata e che, per l’effetto, venisse respinta la domanda revocatoria ex art. 2901 cod. civ., proposta da […] S.p.A. in primo grado.
A sostegno dell’appello eccepivano, l’erroneità della decisione di primo grado esponendo, in sintesi, i seguenti motivi:
1. l’atto impugnato non aveva natura di liberalità essendo, al contrario, caratterizzato in modo prevalente dalla corrispettività delle prestazioni previste nel contratto;
2. gli elementi di prova valutati idonei all’accoglimento della domanda revocatoria dal giudice apparivano, al contrario, del tutto inidonei allo scopo, in particolare con riguardo al consilium fraudis ed alla scientia damni quali elementi insussistenti né provati, nulla potendosi desumere al riguardo dal mancato interrogatorio formale da parte del […].
Si costituiva in giudizio la […] s.r.I., quale mandataria di […] S.p.A., contestando le ragioni di impugnazione e, chiedendo il rigetto dell’appello.
Inoltre, si costituiva nel prosieguo, quale mandataria di […] S.p.A., […] s.p.a., in virtù della cessione del credito oggetto di causa da […] a […].
La Corte di Appello di Roma con sentenza n. 6282 del 2012 rigettava l’appello, confermava la sentenza impugnata, condannava gli appellanti alla refusione delle spese del grado.
Secondo la Corte distrettuale, nel caso in esame, ricorrono i presupposti per l’azione revocatoria. Infatti, agli atti del giudizio risultavano documentalmente provate le ragioni di credito vantate dalla Banca nei confronti di […] in base ai decreti ingiuntivi emessi dal Tribunale di Latina e tali decreti ingiuntivi non risultano opposti.
A sua volta, l’atto impugnato risultava lesivo della garanzia patrimoniale dovuta alla banca ex art. 2740 cod. civ. perché compiuto nell’imminenza dei citati decreti ingiuntivi, sicché all’evidente scopo di sottrarre i beni all’azione esecutiva della banca dopo l’insorgenza dei crediti da cui scaturivano i predetti decreti ingiuntivi.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da […] e […] con ricorso affidato a quattro motivi.
[…] spa e per essa […] spa, ha resistito con controricorso.
In data 21 marzo 2017 […] ha depositato comparsa di costituzione della società […], specificando di essere cessionaria del credito da parte della società […].
Va fin d’adesso chiarito che la costituzione è stata effettuata con procura semplice.

Ragioni della decisione.
1.= In via preliminare, va dichiarata inammissibile la costituzione della società […], essendo stata effettuata con procura semplice e non invece come avrebbe dovuto essere con procura notarile o con procura a firme autenticate da Notaio.
2.= […] e […] denunciano:
a) Con il primo motivo di ricorso, nullità della sentenza ex art. 360, primo comma n. 4 cod. proc. civ. con riferimento all’art. 112 cod. proc. civ. per l’omessa pronuncia sulla qualificazione giuridica dell’atto sottoposto ad azione revocatoria, nonché con riferimento all’art. 132 cod. proc. civ. per la mancata esposizione delle ragioni in diritto ed in fatto della decisione.
Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale non avrebbe valutato le argomentazioni svolte dagli appellanti (attuali ricorrenti) in ordine alla qualificazione data dal primo giudice al negozio di cui si dice, per cui sarebbe completamente irrisolta la questione processuale concernente la concreta volontà negoziale delle parti, nonché il contenuto e la natura giuridica dell’atto adottato.
In particolare, secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto, ai fini di verificare la sussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria, che le parti non avrebbero posto in essere una donazione remuneratoria sussumibile nel disposto di cui all’art. 770 cod. civ., ma avrebbero stipulato un atto negoziale atipico, ed oneroso. Era, invero, esatta evidenza documentale che l’espressa riserva di usufrutto dell’immobile in questione in favore del vitaliziato impediva l’attribuzione della natura patrimoniale all’atto dispositivo dell’immobile, così come, per altro verso la controprestazione a carico del vitaliziante, precisamente indicata all’art. 3 del contratto de quo era inquadrabile come di natura prettamente onerosa, nonché continuativa, inidonea a far venir meno la definitività del trasferimento immobiliare, essendo soggetto all’esatto adempimento di tale predetta controprestazione.
b).= Con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1322,1362, 1363, 1364, 1366, 1367 e 1371 cod. civ. con riferimento agli artt. 770, 433 e 1872 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. Travisamento dei fatti nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale se avesse correttamente rispettato la normativa di cui all’art. 1322 e la normativa in tema di interpretazione contrattuale, avrebbe dovuto qualificare il contratto oggetto del giudizio andava qualificato quale contratto atipico a titolo oneroso, proprio alla luce di quanto espresso da questa Corte in altra occasione. Infatti, secondo la Corte Suprema: il contratto con il quale una parte si obbliga a prestare ad un’altra, per tutta la durata della vita, servizi, assistenza e cure personali in corrispettivo della cessione di un bene immobile, va qualificato come negozio atipico, il quale, pur essendo affine a quello di rendita vitalizia, se ne differenzia per lo “intuitus personae” che determina la scelta dell’obbligato, nonché per il carattere non meramente patrimoniale e per l’infungibilità delle prestazioni, consistenti in un “facere”, invece che in un “dare”, come nel vitalizio tipico, e, cioè, in una serie di prestazioni di carattere essenzialmente morale e spirituale, quali la compagnia, l’accompagnamento ed il sostegno morale in favore dell’anziano (nella specie, la parte, in corrispettivo della cessione della nuda proprietà di un immobile, s’era obbligata a prestare all’ottantunenne cedente, per tutta la durata della vita dello stesso, il servizio e l’assistenza completa di cui lo stesso aveva bisogno, nonché a lasciare, entro un mese, la propria occupazione, per dedicarsi esclusivamente alla detta assistenza).
Pertanto, stante il carattere infungibile delle prestazioni caratterizzate dall’intuitus personae e la rescindibilità del negozio atipico sussumibile nella fattispecie sottoposta all’esame avrebbe errato la Corte distrettuale nel qualificare l’atto, ex adverso censurato, come definitivo.
2.1. = I motivi, che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente, sono infondati in quanto va esclusa la sussistenza del vizio di omessa pronuncia, nonché la violazione di legge denunciata.
Come più volte è stato ribadito da questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando anche se manca, in merito ad eccezioni avanzate dalla parte, una specifica argomentazione, tuttavia, è ricavabile dalla sentenza una statuizione implicita di rigetto di quelle stesse eccezioni.
Ora, nel caso in esame la Corte, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, ha provveduto a qualificare il contratto oggetto del giudizio, nonostante non abbia attribuito, a quel contratto, un nomen iuris, indicandolo, semplicemente, come cessione gratuita della nuda proprietà di beni immobili, attribuzione di un nomen, comunque, non necessaria, considerato che la questione centrale del processo era quella di stabilire se ricorrevano i presupposti per la revoca dello stesso contratto. Come ha avuto modo di chiarire la Corte distrettuale “(…..) si tratta, infatti, di una cessione della nuda proprietà degli unici beni immobili posseduti dal […], a fronte della quale nessuna contropartita patrimoniale ha ingresso nel patrimonio dell’alienante, sicché, risulta evidente il contenuto gratuito, ovvero senza corrispettivo materiale, della dismissione degli immobili operata con tale atto (…..) l’atto traslativo ha certamente natura gratuita agli effetti della norma di cui all’art. 2901 cod. civ., ossia, per la conservazione della consistenza patrimoniale del debitore, giacché non vi è scambio di beni aventi consistenza materiale nel patrimonio del debitore, ma solo una prestazione di carattere personale quale è l’assistenza da parte della nuora […] (…)”.. Emerge, dunque, con molta chiarezza che secondo la Corte distrettuale, nel caso in esame, era sufficiente ai fini di accettare la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2901 cod. civ. ritenere che il trasferimento dei beni di cui si dice era a titolo gratuito. Non solo, ma la Corte distrettuale ha avuto modo di specificare che la prestazione di natura personale, l’assistenza da parte della nuora […], non era idonea a trasformare il trasferimento a titolo gratuito in un contratto a titolo oneroso, ritenendo implicitamente che la controprestazione, comunque, risultava economicamente di molto inferiore al valore degli immobili trasferiti.
Come è stato già detto da questa Corte (Cass. n. 7479 del 25.03.2013) se la cessione di un immobile, che ha come corrispettivo il mantenimento del cedente, presenta una evidente sproporzione tra le due prestazioni, allora si presume che si tratti di donazione.
2.2.= Piuttosto, i ricorrenti pongono, nella sostanza, una questione di interpretazione del contratto in senso diverso da quello ritenuto dalla Corte distrettuale, non tenendo conto, però, che per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data del giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sì che, quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. 14 novembre 2003, n. 17248).
D’altra parte, nel caso concreto, la parte ricorrente si duole del fatto che la Corte distrettuale non abbia ritenuto che la controprestazione a carico della […] fosse idonea ad identificare un negozio atipico cui sarebbe applicabile il rimedio della risoluzione rendendo l’attribuzione patrimoniale non definitiva, non tenendo conto che la Corte distrettuale in ragione delle prove acquisite, ha ritenuto che “(…) non solo l’atto contempla un effetto immediatamente traslativo della proprietà degli immobili, ma prevede l’ulteriore effetto pregiudizievole ai fini che qui interessano, ossia dell’azione ex art. 2901 cod. ci ., di separare la nuda proprietà dall’usufrutto, rendendo in tal modo ulteriormente complessa l’eventuale azione esecutiva sugli stessi da parte del creditore (….)”.
3.= Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. con riferimento all’art. 115 cod. proc. civ. per l’omessa motivazione sulla denegata ammissione delle prove articolate.
Secondo i ricorrenti, la sentenza impugnata avrebbe violato la normativa di cui all’art. 115 cod. proc. civ. perché del tutto immotivatamente e senza alcun esame della specifica doglianza sollevata, nulla ha argomentato in ordine all’ammissione delle prove richieste, vulnerando così l’intera motivazione sottesa all’impugnata sentenza. 3.1. Il motivo è inammissibile sia per novità dell’eccezione e sia pure per genericità. E’ ius receptum che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio.
Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma, anche, di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito. E, comunque, oltre questa considerazione, sta di fatto che il ricorrente omette di indicare e/o di riportare il contenuto delle prove che non sarebbero state ammesse in modo da consentire il necessario controllo della decisività della prova.
Come è già stato detto da questa Corte (Cass. n. 15952 del 17/07/2007) il ricorso per cassazione per il principio di autosufficienza – deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito.
Pertanto, il ricorrente che denuncia, sotto il profilo di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, l’omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie ha l’onere di indicarne specificamente il contenuto.
4.= Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. E 2697, 2727, 2729 e 2901 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 5 cod. proc. civ.
Secondo i ricorrenti, nel caso di specie, posta la denegata e più volte censurata qualificazione giuridica dell’atto dispositivo come gratuito, anziché in ossequio al dato letterale dello stesso della palese volontà negoziale, nonché dell’orientamento giuridico in materia come oneroso, non vi è stato alcun accertamento giudiziale in punto di ricorrenza o meno della richiesta e necessaria consapevolezza dell’ex adverso dedotto pregiudizio da parte del vitaliziante.
4.1.= il motivo rimane assorbito dai primi due motivi e, comunque, sarebbe inammissibile, posto che muove da un presupposto non sussistente e, cioè, che il negozio oggetto del giudizio fosse un negozio atipico a titolo oneroso e non, invece, un negozio a titolo gratuito, così come lo ha qualificato la Corte distrettuale.
In definitiva il ricorso va rigettato […]