Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 8620 del 1996, dep. il 02.10.1996

[…]

FATTO
Con ricorso al Presidente del tribunale di Bergamo in data 17 luglio 1976 la s.r.l. […] chiedeva di essere autorizzata a procedere a sequestro giudiziario di una cambiale da essa emessa all’ordine della ditta siriana […], giacente presso una banca di Bergamo.
Affermava la ricorrente che un rilevante quantitativo di pelli di montone acquistato dalla predetta ditta si era rivelato difettoso e del tutto inutilizzabile e che, pertanto, la somma portata dalla cambiale, consegnata in pagamento del prezzo di tale merce, non era dovuta alla ditta venditrice.
La richiesta misura cautelare veniva autorizzata con decreto del 19 luglio 1976 per cui, eseguito il sequestro, la società […], con atto notificato il 27 luglio 1976, conveniva, dinnanzi al tribunale di Bergamo la società […] chiedendo la convalida del sequestro e la risoluzione del contratto di compravendita delle pelli con conseguente accertamento della inesistenza della sua obbligazione di pagamento del prezzo per la somma che risultava indicata nella cambiale sequestrata. La società […] si opponeva alle domande proponendo domanda riconvenzionale di condanna della società […] al pagamento della somma indicata nella cambiale evidenziando, per altro, che quest’ultima società aveva rinunciato agli atti del giudizio.
Nella prima udienza la società […] chiariva di avere rinunciato agli atti del giudizio perché aveva transatto la lite con tale […], che si era a lei presentato nella qualità di mandatario della ditta siriana; eccepiva, comunque, la nullità della procura ad litem prodotta dal difensore della società […] perché scritta in francese e, nel merito, l’infondatezza della domanda riconvenzionale a causa dei vizi che, incidendo radicalmente sulle caratteristiche commerciali delle pelli, ne modificavano l’identità rispetto all’oggetto del contratto di compravendita.
In corso di causa la società […] chiamava in causa […] chiedendo che, in caso di accoglimento della domanda riconvenzionale della società siriana, lo stesso fosse condannato alla restituzione delle somme da lui ricevute in seguito alla transazione della lite, nella quale, in considerazione della pessima qualità delle pelli consegnate, si era stabilito che in luogo del prezzo concordato sarebbe stata pagata, immediatamente, una somma notevolmente inferiore dandosi atto del contestuale versamento di tale somma all'[…].
[…] si costituiva per confermare di avere transatto la controversia con la società […] agendo nella qualità di rappresentante, in Italia, della società […]. Con sentenza n. 2011 del 1978 il tribunale condannava la società […] al pagamento, in favore della società […], della somma indicata nella cambiale, conseguentemente rigettando la domanda di convalida del sequestro sulla stessa eseguito, e lo […] al pagamento, in favore della società […], delle somme da quest’ultima ricevute in seguito alla transazione da lui stipulata.
Il tribunale riteneva, in particolare, che la convenzione stipulata dalla società […] con […] non poteva produrre effetti giuridici nei confronti della società […] che, in mancanza di una procura per iscritto, non poteva considerarsi efficacemente rappresentata dall'[…] e che doveva essere, quindi, accolta la domanda della società siriana per il pagamento del prezzo di compravendita delle pelli dato che la società […] non era riuscita a dimostrare i vizi dedotti a fondamento della sua domanda di risoluzione.
L’appello proposto dalla società […] contro questa sentenza veniva respinto dalla Corte di appello di Brescia.
Dopo avere premesso che doveva considerarsi perfettamente rituale sia il mandato conferito dalla società siriana al difensore che l’aveva assistita nel giudizio di primo grado sia il mandato all'[…], che, quale procuratore esercente nel distretto, aveva sottoscritto gli atti difensivi della società siriana nel giudizio di secondo grado, la Corte di Brescia affermava, in particolare, che la scrittura sottoscritta dalla società […] con […] aveva il contenuto di una transazione non opponibile alla società siriana sia perché non vi era la prova che questa avesse conferito per iscritto all'[…] i necessari poteri rappresentativi sia perché la transazione risultava stipulata dall'[…] in proprio e non nel nome e per conto della detta società, e che, conseguentemente, tale scrittura non poteva paralizzare la pretesa della società siriana di pagamento del prezzo di compravendita delle pelli, dato che le eccezioni della società […] circa la qualità di queste pelli erano rimaste del tutto prive di ogni principio di prova.
Contro questa sentenza la società […] ricorre in cassazione; la società […] con controricorso.
[…]
Entrambi le parti hanno depositato memoria.

DIRITTO
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 83 cod. proc. civ. e 5 r.d.l. n. 1578-33 nonché degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ.. Sostiene che la Corte di merito avrebbe dovuto dichiarare la nullità della comparsa di risposta depositata in appello dalla società […] perché sottoscritta dall'[…], iscritto nell’albo degli avv.ti e procuratori legali di altro distretto, e dall'[…], privo di espresso mandato alle liti.
L’errore ha impedito alla Corte di merito, secondo la ricorrente, di rilevare la inammissibilità della eccezione con la quale, per la prima volta, la società […] ha dedotto che la transazione non poteva essere per lei vincolante dato che risultava accettata e sottoscritta dall […] solo nel nome e per conto proprio.
La censura non può essere condivisa.
Non vi è dubbio che la parte, di regola, può stare in giudizio solo con il ministero di un procuratore legalmente esercente, ossia iscritto in uno degli albi professionali del distretto in cui è compreso l’ufficio giudiziario adito, perché l’esercizio illegale della professione “extra-territorium” comporta, per difetto dello “jus postulandi” da parte del professionista, la giuridica inesistenza dell’atto posto in essere dal medesimo ed impedisce la valida instaurazione o prosecuzione del rapporto giuridico processuale, con conseguente nullità di tutti gli atti del processo successivi alla costituzione del procuratore privo dell'”jus postulandi” (sent. n. 2919-79 rv 360654).
Ma nel caso in esame, come è, del resto, riconosciuto anche dalla ricorrente, la comparsa di risposta depositata in appello dalla società siriana è stata sottoscritta non solo dall'[…], iscritto nel distretto della Corte di appello di Milano, ma anche dall'[…], regolarmente iscritto nel distretto della Corte di appello di Brescia.
Contrariamente a quanto si assume con la censura in esame, il predetto […] doveva considerarsi regolarmente investito del potere di rappresentare, nel processo, la società […].
Come ha evidenziato la Corte di merito, la procura speciale alle liti conferita, con separato atto notarile, dalla società siriana all'[…] di Legnano attribuiva allo stesso anche il potere di nominare altri procuratori in tal modo contenendo anche un mandato “ad negotia” che, secondo l’orientamento affatto pacifico di questa Corte, non essendo vietato dalla legge professionale o dal codice di rito, abilita senz’altro il procuratore mandatario a rilasciare a sua volta procura ad altro procuratore idonea a legittimare quest’ultimo ad assumere la rappresentanza processuale della parte in procedimento davanti ad ufficio giudiziario, nell’ambito del distretto in cui è compreso il tribunale al quale quest’ultimo è assegnato (sent. n. 661-79; sent. n. 127-78). Dalla comparsa di risposta in appello, che questa Corte ha il potere di esaminare direttamente, attesa la natura del vizio denunciato con la censura in esame, risulta che […] si è appunto servito del suo potere di nominare altri procuratori (della società […]) per conferire il mandato all'[…] (iscritto, come si è detto, nel distretto della Corte di appello di Brescia) enunciando inequivocamente questa sua volontà nel testo del predetto atto da lui sottoscritto assieme all'[…] dopo avere chiarito, nella epigrafe, che “l’appellata società […] ” si costituisce “in persona dei suoi soci […], assistita e difesa, come da procura speciale, dagli […]”: è infatti evidente, alla luce del chiarimento espresso contenuto nella premessa dell’atto, che la sottoscrizione dell'[…] in calce dell’atto medesimo assume anche la funzione di manifestare la volontà di conferire al […] il mandato alle liti mentre la sottoscrizione dell'[…] assume anche la inequivoca funzione di autenticare la sottoscrizione precedente del rappresentante della società siriana che gli ha conferito il mandato.
Nè tale conclusione è efficacemente contrastata dalle eccezioni con le quali la società […] evidenzia che il mandato non sarebbe scritto in calce o a margine dell’atto, come prescritto dall’art. 83 cod. proc. civ., e che la firma dell'[…] non sarebbe preceduto da espressioni indicative della volontà di autentica.
Questa Corte ha, infatti, chiarito che, poiché la procura in calce o a margine di uno degli atti indicati nell’art. 125 cod. proc. civ. non richiede espressioni solenni o termini particolari, essendo sufficiente che sia deducibile la volontà di conferire ai difensori i relativi poteri o facoltà, la sottoscrizione personale della parte (o del suo procuratore ad negotia) nell’atto di citazione o di impugnazione seguita dalla sottoscrizione personale del procuratore ad litem può valere, considerate tutte le circostanze, a significare la volontà della parte di conferire la procura e la volontà del procuratore ad litem di autenticare la sottoscrizione del proprio cliente e di sottoscrivere l’atto (sent. n. 2346-71; sent. n. 8098-90) ed ognuno intende come questo principio aderisca perfettamente alla fattispecie in esame, in cui, come si è detto, in calce alla comparsa di risposta vi è sia la firma dell'[…]], che, nel nome della società siriana, poteva anche nominare un procuratore ad litem, sia la firma dell'[…], del quale, nell’intestazione dell’atto, è espressamente indicata la qualità di procuratore.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1220 e ss. 156 e 167 cod. proc. civ., “addebitando alla Corte di merito l’errore di avere disatteso l’eccezione di nullità della procura conferita nel giudizio di primo grado in lingua francese dalla ditta […] al proprio difensore, avv. […], così ignorando del tutto la disposizione dell’art. 122 cod. proc. civ., che impone l’uso della lingua italiana in tutti gli atti del processo.
Anche questo motivo deve essere disatteso perché la disposizione dell’art. 122 cod. proc. civ., che prescrive l’uso della lingua italiana, si riferisce agli atti processuali in senso proprio e non agli atti giuridici dei soggetti del processo che non hanno una influenza immediata sul rapporto processuale, anche se ad esso sono coordinati, ne’ a quegli atti, quali la procura alle liti, che sono preparatori del processo ed ai quali può applicarsi, come ad ogni altro documento esibito, l’art. 123 cod. proc. civ. (sent. n. 3074-54).
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1236 e ss, 1362 e ss, 1372 e 1965 e ss. nonché vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza. Addebita alla Corte di merito l’errore di avere attribuito natura transattiva alla scrittura privata conclusa con […] senza tenere conto, anzitutto, che mancava una res litigiosa e la reciprocità delle concessioni, dato che […] aveva riconosciuto i vizi delle pelli ed il diritto della società […] alla risoluzione del contratto, ed, inoltre, che l’asserita funzione transattiva dell’accordo era contraddetta da alcune decisive clausole che la Corte territoriale non avrebbe potuto ignorare nell’interpretazione del contratto senza violare i principi ermeneutici dettati dal codice civile, per i quali il significato letterale delle parole costituisce imprescindibile dato di partenza dell’indagine, o senza incorrere nel vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza, ed in particolare senza tenere conto ne’ della clausola che “autorizzava” la società […] alla vendita delle pelli, di per sè indicativa di un precedente accordo risolutorio della compravendita delle pelli e dell’effetto traslativo della proprietà delle stesso che a questa compravendita si ricollega, ne’ della clausola che riconosceva alla società […] il diritto al risarcimento del danno, nella misura corrispondente alla differenza tra il valore della merce, riconosciuto concordemente dalle parti in dollari 8.597, e la somma di lire 7.240 pagata […] dalla società […], dalla quale emerge con chiarezza che l’intero danno, e non solo una parte, è stato risarcito alla società […] e che non vi è stata, quindi, rinuncia di diritti da parte di quest’ultima società. Inoltre, secondo la ricorrente, la Corte di merito ha errato nel ritenere necessaria la forma scritta per la validità della procura a transigere così ignorando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui questa forma è necessaria solo quando la transazione abbia per oggetto una controversia relativa a rapporti giuridici concernenti beni immobili, diritti reali o altri rapporti ad essi assimilati. Il motivo, che, come è evidente, si articola in quattro diverse censure, non può essere condiviso.
Non vi è dubbio che la transazione deve avere per oggetto una “res dubia” (e, cioè, cadere sopra un rapporto giuridico avente, almeno nella opinione delle parti, carattere di incertezza) e la funzione di fare cessare questa situazione attraverso reciproche concessioni che implichino la rinuncia di ciascuna parte ad alcune delle rispettive pretese.
Ma, contrariamente a quanto si afferma nella prima censura, la Corte di merito non ha affatto ignorato questo principio che, anzi, dimostra di avere applicato puntualmente nella qualificazione giuridica del contratto quando, proprio per evidenziare che l’oggetto del contratto era una res litigiosa e la funzione quella di porre termine alla controversia con un accordo nel quale ciascuna delle parti rinunciava in parte alle sue pretese, espressamente rileva come la scrittura privata tra la società […] e […] tragga origine proprio da una contestazione circa la qualità delle pelli consegnate alla acquirente società […] e dalle conseguenti pretese risarcitorie di questa società e contenga un accordo nel quale: 1) […], nella asserita qualità di venditore, riconoscendo i vizi, ha accettato di attribuire alle pelli il valore di 8.597 dollari, ha “autorizzato” la società […] a “rivendere” per questo importo le pelli ricevute, ha ricevuto in pagamento la minore somma di 7.240 dollari imputando la differenza di 1.357 dollari ai danni; 2) la società […] ha accettato di pagare il valore della pelli e di ricevere, per i danni subiti, la somma di 1.357 dollari e conseguentemente ha versato all'[…] di 7.240 dollari risultante dalla differenza tra il valore concordemente attribuito alle pelli ed il complessivo ammontare della somma accettata a titolo di risarcimento danno, espressamente dichiarando di rinunciare ad ogni ulteriore pretesa. Neppure può essere addebitata alla Corte territoriale l’omessa valutazione di clausole negoziali di decisivo rilievo sintomatico nella ricostruzione del contenuto negoziale dell’atto. La clausola che autorizzava la società […] a vendere le pelli per il valore che è stato loro attribuito nell’accordo, indicata dalla ricorrente con la seconda censura e, per altro, puntualmente considerata dalla Corte territoriale, che ne ha riportato il contenuto nella motivazione della sentenza, non è, infatti, di per sè, astrattamente indicativa della natura giuridica dell’atto, dato che l’eventuale volontà di risolvere il contratto di compravendita, che, secondo la ricorrente, l’espressione usata dalle parti rivelerebbe implicitamente, non esclude certo la transazione, che può anche avere effetti risolutori di un precedente contratto, e tanto basta per rilevare la inammissibilità della censura alla stregua del principio secondo cui “ai fini del controllo di legittimità in cassazione, l’interpretazione del contratto, consistendo nell’accertamento di una realtà storica (la comune intenzione delle parti), è assoggettata ai principi che governano i giudizi di fatto tra cui è fondamentale quello della non rilevanza del mancato o difettoso esame di elementi che risultano inidonei a modificare il giudizio” (sent. n. 6935-83 rv 431603). Per altro è affatto chiaro dalla motivazione della sentenza impugnata che la volontà di risolvere il contratto è stata negata dalla Corte territoriale, per la quale è evidentemente prevalente, nella ricostruzione della volontà negoziale delle parti, il riferimento ad una riduzione del prezzo, che logicamente presuppone la volontà di mantenere fermo il contratto di compravendita, modificandone solo la clausola sul prezzo.
Non vi è, dunque, l’omessa considerazione della clausola indicata dalla ricorrente ma una interpretazione del significato di questa clausola difforme da quella prospettata della parte. Anche per questo aspetto, la censura si rivela, così, inammissibile perché sostanzialmente rivolta contro l’apprezzamento del contenuto e della portata di una clausola contrattuale, che è tipico accertamento di fatto istituzionalmente attribuito al giudice di merito e che, perciò, sfugge al sindacato di legittimità se scaturito, come nella specie, dalla corretta applicazione delle regole ermeneutiche e sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (sent. n. 4511-85 di questa Corte). Analogo è l’errore che caratterizza la terza censura che, a parte la irrilevanza della circostanza che, secondo la ricorrente, sarebbe stata trascurata dal giudice di merito, investe l’apprezzamento del contenuto e della portata della clausola contrattuale con la quale è stato concordato il danno da risarcire alla società […], puntualmente riportata nella motivazione della sentenza impugnata in modo da focalizzare l’attenzione del lettore sulla rinuncia espressa, da parte della società […], ad ogni ulteriore e maggiore pretesa e da evidenziare così che l’accordo sull’ammontare del danno da risarcire è solo il frutto di un accordo nel quale la società creditrice ha rinunciato ad una maggiore pretesa.
La quarta censura, relativa alla possibilità di provare con testimoni o con elementi di prova indiretta la procura per la stipulazione di una transazione, propone una questione di diritto sulla quale il giudice di merito non si è affatto pronunciato (pagg. 26 e 27 della sentenza) avendo espressamente evidenziato che, comunque, nel caso sottoposto al suo giudizio, mancava anche la prova testimoniale o indiretta della procura.
Poiché, come si chiarirà, le conclusioni alle quali il giudice di merito è pervenuto circa la assoluta carenza di prova della procura resistono alle critiche che contro di loro sono indirizzate nel quarto motivo, anche questa censura, dunque, deve considerarsi priva di interesse per la ricorrente e perciò inammissibile. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. 1742 e ss. 1752 e ss., 2203 e ss.2209 cod. civ. nonché vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.” Sostiene che la Corte di merito ha negato la prova del potere dell'[…] di rappresentare in Italia la società siriana quando tale prova, che già emergeva da numerose circostanze di fatto accertate, avrebbe potuto e dovuto ritenersi sicuramente acquisita se solo si fosse avuto cura di considerare anche i seguenti elementi di prova:
1) che in una lettera del 10 luglio 1976 il […] rivela alla […] che il contratto di compravendita delle pelli non era stato da lui concluso quale rappresentante della ditta siriana ma nella qualità di rappresentante della s.r.l. […] e che era dunque possibile, attraverso questa lettera, individuare anche la natura dei rapporti tra la società siriana e l'[…] che, come si riconosce nella sentenza impugnata, era amministratore della società […] ed era dotato del potere di riscuotere il prezzo quale mandatario dello spedizioniere;
2) che […], secondo gli esiti di una visura alla C.C.I.A.A., era liquidatore della società […], fatto, questo che rivelava e rivela che in precedenza lo […] era stato rappresentante della medesima società;
3) che da una lettera del 17 maggio 1976 inviata dal […] al […] emergeva che la fattura e la lettera di vettura della merce era stata consegnata al […] proprio dallo […]. Aggiunge la ricorrente che la Corte territoriale ha disatteso, senza adeguata motivazione, la richiesta di provare con testi l’ampiezza dei poteri dello […] e la presenza del […], al quale la sentenza impugnata riconosce la qualità di rappresentante della società siriana, alla sottoscrizione dell’accordo del 1 ottobre 1976.
Sostiene, ancora, la ricorrente, che vi è contraddizione tra le “premesse storiche” enunciate nella sentenza impugnata, ove si considera lo […] un soggetto “incaricato della vendita, nel territorio italiano, delle pelli della società […], e la conclusione a cui la Corte è pervenuta quando ha negato ogni potere rappresentativo dell'[…] dato che il potere di concludere contratti, proprio del rappresentante di commercio, implica quello di rappresentante della parte per conto della quale i contratti sono stati conclusi.
Aggiunge ancora la ricorrente che la Corte di merito, nel ritenere che in ogni caso l’accordo del primo ottobre 1976 non poteva vincolare la società siriana perché stipulato dall'[…] senza spendere il nome di questa, ha del tutto ignorato che, trattandosi di atti pertinenti all’esercizio dell’impresa (della società siriana), la spendita del nome non era necessaria omettendo, per altro, anche di valutare adeguatamente il reale significato delle espressioni che, impropriamente indicando […] come effettivo “titolare” del rapporto, vogliono in realtà attribuire allo stesso la veste di “plenipotenziario” della ditta siriana, come risulta dalla circostanza che nello stesso accordo si da atto che […] ha ricevuto la somma di 7.272 dollari in pagamento della fattura di 20.272 dollari emessa dalla ditta […]. Lamenta, infine, la ricorrente che la Corte di merito ha senza motivazione disatteso la sua richiesta di prova per testi su alcune circostanze indicative della effettiva volontà dell'[…] di spendere il nome della ditta siriana nell’accordo del 1 ottobre 1976. Anche questo articolato motivo deve essere disatteso. Nella motivazione della sentenza impugnata tutti gli elementi di prova indicati dalla ricorrente sono puntualmente esaminati per rilevarne la scarsa valenza ai fini della prova dei poteri istitori o, comunque, rappresentativi dell'[…]. Per altro si tratta di elementi di prova equivoci e che non avrebbero in alcun modo potuto orientare diversamente la decisione della Corte territoriale.
L’omessa considerazione di questi elementi, dunque, non può tradursi nel vizio di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia (prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio) che, per le prove (documentali e non), esige che l’elemento trascurato o insufficientemente considerato sia tale da determinare, se opportunamente vagliato, l’astratta possibilità, se non addirittura le certezza, di una diversa decisione (Cass. n. 2480-74; sent. n. 1245-65; sent. n. 1881-65; sent. n. 2666-70; sent. n. 1889-70; sent. n. 2943-69; sent. n. 573-68).
Analoga considerazione vale per la doglianza che investe l’omessa pronuncia sulla istanza di prova della presenza del […] all’accordo sottoscritto dall'[…] data la difficoltà di desumere da una siffatta circostanza la prova certa dei poteri institori o comunque rappresentativi dell'[…] o anche solo la conferma di una prova in tal senso, che, come si è detto, il giudice di merito non ha ritenuto di potere trarre da tutti gli altri elementi indiziari sui quali la società […] pretende di fondare il proprio assunto difensivo.
La denunciata contraddizione tra le “premesse storiche” enunciate nella sentenza impugnata, ove si considererebbe lo […] un soggetto “incaricato” della vendita, e le conclusioni circa l’assenza di ogni potere rappresentativo dell'[…] si basa, poi, su una erronea lettura della sentenza impugnata: in essa, infatti, si accerta solo, sulla base delle deposizioni di alcuni testi siriani (pag. 31), che […] aveva stipulato con la ditta […] solo un “accordo” per la vendita delle pelli, ciò che, come si chiarisce nella sentenza impugnata, non solo non implica necessariamente il conferimento dei poteri dell’istitore ma neppure può considerarsi indicativo di un potere rappresentativo. Il rigetto delle censure che investono il primo degli argomenti che hanno condotto la Corte di merito a negare ogni efficacia vincolante, per la società siriana, dell’accordo del 1 ottobre 1976 priva di rilevanza pratica tutte le altre censure che investono l’argomento alternativo sul quale la Corte di merito, esclusa la prova del potere rappresentativo dell'[…], si è basata per sostenere la …]propria decisione evidenziando che nella predetta scrittura privata […] non ha speso il nome della società siriana.
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss., 1393 e 1398 cod. civ, 214, 215 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. nonché omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia con riferimento all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.” Il motivo investe il passo della motivazione della sentenza impugnata nel quale si chiariscono le ragioni delle ritenuta infondatezza della domanda diretta a riversare sulla società siriana gli effetti della transazione del primo ottobre 1976 in forza dei principi sulla tutela dell’affidamento del terzo e della apparenza del diritto. Dopo avere evidenziato che tale pronuncia fa leva esclusivamente sulla asserita mancanza di un errore scusabile da parte della società […] sui poteri rappresentativi dell'[…], dato che quest’ultimo, nella scrittura privata, non ha mai speso il nome della società siriana, e sulla difficoltà di imputare, comunque, alla società siriana la colpa della situazione che avrebbe indotto in errore la società […] sui poteri dell'[…], la ricorrente sostiene, in particolare:
1) che la Corte di merito, nella interpretazione del contratto, ha focalizzato la sua attenzione solo sulla circostanza che nell’atto non è stato esplicitamente chiarito che […] agiva anche nel nome e per conto della società siriana omettendo, così, di valutare le clausole che presuppongono nell'[…] tale specifica veste, quale quella contenente l’accettazione, da parte dell'[…], della somma di 7.240 dollari U.S.A. “in pagamento della fattura di 20.272 dollari, emessa dalla ditta siriana e dall'[…], la clausola con la quale l'[…] riconosce che la società […], per effetto dell’accordo, “nulla dovrà ad alcuno per nessun titolo per la fornitura della merce”, la clausola, infine, con la quale la società […] dichiara che, per effetto dell’accordo, non avrà a pretendere risarcimento dei danni da alcuno;
2) che la Corte di merito ha disatteso, senza motivazione, la richiesta di provare con testimoni che l'[…] si era presentato al difensore della società […] come persona incaricata dalla ditta siriana di definire la controversia esibendo dei documenti che accreditavano queste sue dichiarazioni;
3) che la Corte di merito ha escluso la possibilità di imputare alla ditta siriana l’apparenza dei poteri rappresentativi dell'[…] muovendo, anzitutto, dalla erronea premessa che tale possibilità di imputazione presuppone l’accertamento della colpa dell’apparente rappresentato ed omettendo, poi, di attribuire il giusto valore sintomatico alla circostanza che la predetta ditta aveva in Italia un proprio domicilio presso lo […] e la società […], che […] curava personalmente le modalità esecutive della importazione delle pelli in Italia ed era, quindi, quanto meno un “ausiliario” della ditta siriana e che tale ditta non si era preoccupata, come avrebbe dovuto, di rendere pubblici i limiti dei poteri di questo ausiliario, così come è prescritto dall’art. 2203 cod. civ. Le prime due censure, che investono l’accertamento della colpevolezza del comportamento tenuto dalla società […] nel fare affidamento nei poteri rappresentativi dell'[…], debbono essere senz’altro disattese. Dalla motivazione della sentenza impugnata risulta con evidenza che la Corte territoriale ha negato la scusabilità dell’errore nel quale la società […] sostiene di essere incorsa ritenendo di contrattare con un rappresentante della ditta siriana perché nello stesso contratto era chiarito espressamente che l'[…] agiva nel nome e per proprio conto, essendo l’effettivo venditore delle pelli e creditore del relativo prezzo.
Tale passo della motivazione implicitamente chiarisce come, di fronte all’espresso chiarimento, nel contratto, della posizione dell'[…], la Corte territoriale abbia considerato del tutto irrilevanti le prove indirette che la società […] propone di trarre dalle clausole che hanno per oggetto diritti che farebbero capo alla società […], quale quella che implica rinuncia a pretendere il pagamento del prezzo originariamente concordato o quella che implica reciproca rinuncia ad ogni ulteriore pretesa delle parti.
Non vi è dunque l’omessa considerazione delle clausole indicate dalla ricorrente ma una valutazione della valenza di queste clausole difforme da quella prospettata dalla parte.
La prima delle censure in esame si rivela così inammissibile perché sostanzialmente rivolta contro l’apprezzamento del contenuto e della portata del contratto (transazione) e delle sue singole clausole che, come si è detto, è riservato al giudice di merito. Si tratta, per altro, ancora una volta di prova affidata ad un argomento logico che trascura del tutto la circostanza che l'[…] si è dichiarato il reale venditore delle pelli e la evidente assonanza delle clausole indicate dalla ricorrente con tale premessa, che di per sè nega alla ditta […] i diritti nascenti dal contratto di compravendita delle pelli e conseguentemente fornisce la spiegazione logica delle clausole nelle quali l'[…] dispone di questi diritti.
La seconda censura in esame sfrutta una lacuna della sentenza impugnata, nella quale non è specificamente esaminata la richiesta di provare con testimoni che […] si era presentato alla società […] (o meglio, al legale della stessa) come incaricato della transazione per conto della ditta […] avvalorando tale dichiarazione con documenti e comportamenti che ne avrebbero rivelato i rapporti commerciali con la ditta siriana. Ma si tratta solo di un vizio apparente dato che il peso decisivo che nella sentenza impugnata viene attribuito alla presenza, nell’atto di transazione, di una espressa dichiarazione dell'[…] circa la sua qualità di diretto titolare dei diritti nascenti dal contratto di compravendita delle pelli indirettamente chiarisce anche le ragioni che hanno indotto la Corte territoriale a disattendere la richiesta di provare con testimoni che […] aveva in precedenza assicurato di avere il potere di rappresentare la ditta […] per la transazione della controversia ed aveva reso credibile questa sua dichiarazione con indiretti riscontri documentali perché indirettamente rivela come la Corte territoriale, ai fini della prova della presenza di una situazione apparente contraria al vero e della scusabilità dell’errore di colui che ha fatto affidamento su tale situazione, abbia ritenuto tutte le predette circostanze, che attengono alla condotta tenuta dall'[…] durante le trattative, prive di rilevanza di fronte alla successiva dichiarazione di agire nel proprio nome ed interesse che proprio […] ha voluto inserire nella transazione e che, secondo l’incensurabile valutazione del giudice di merito, di per sè esclude ogni possibilità di errore scusabile sulla veste assunta dalla predetta parte nella stipulazione dell’atto. La rilevata infondatezza delle due censure ora esaminate, mantenendo fermo il primo dei due argomenti sul quali si basa la decisione di rigetto della domanda di tutela dell’affidamento, rende superfluo l’esame delle altre censure che compongono l’articolato motivo in esame e che investono il secondo dei due argomenti utilizzati dalla Corte di merito.
È, infatti, evidente che anche se fossero fondate, queste censure non potrebbero condurre ad una diversa pronuncia sul punto dato che, come riconosce la stessa ricorrente, la tutela del soggetto che abbia fatto affidamento su una situazione giuridica e di fatto apparente presuppone la prova la prova della scusabilità dell’errore, nella specie mancata.
Con il sesto motivo la ricorrente denuncia la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1399 cod. civ. 115-116-214 215 cod. proc. civ. in riferimento all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. nonché vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, con riferimento all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.” La censura investe il passo della sentenza impugnata che chiarisce la ragione per la quale è stata negata la presenza di una ratifica della transazione stipulata dall'[…] da pare della ditta siriana, così disattendendosi la tesi difensiva della società […], secondo la quale la ratifica risultava, invece, da un prospetto riepilogativo dei conti di dare ed avere scritto in lingua araba da uno dei fratelli […]prodotto dall'[…], mai contestato dalla ditta siriana e perciò implicitamente riconosciuto ai sensi degli artt. 214-215 cod. proc. civ., e doveva, comunque, ritenersi provata dalle dichiarazioni di alcuni testi secondo i quali nel novembre del 1976 […] si è incontrato a […] con uno dei fratelli […] che ha predisposto di proprio pugno il conteggio. La Corte di merito, secondo la ricorrente, ha anzitutto errato nel non riconoscere al conteggio predisposto da uno dei fratelli […] il valore di una scrittura privata riconosciuta e gli effetti, quindi, di una ratifica, ed ha, comunque, omesso di considerare che tale conteggio, essendo stato predisposto, secondo le dichiarazioni di alcuni testi escussi in primo grado, nel novembre del 1976 in un hotel di Tubirgo, rivela la volontà di ratifica dell’operato dell'[…] da parte del rappresentante delle ditta siriana. Il motivo deve essere disatteso.
Contrariamente a quanto si assume nella prima delle due censure che compongono il motivo in esame, le scritture prive della sottoscrizione non possono rientrare nel novero delle scritture private aventi valore giuridico formale con effetti sostanziali e probatori, neppure quando non ne sia stata impugnata la provenienza dalla parte a cui vengono opposte; la parte contro la quale queste scritture sono prodotte non ha dunque l’onere di disconoscerne l’autenticità ai sensi dell’art. 215 cod. proc. civ. dato che questa norma, si riferisce solo al riconoscimento della sottoscrizione, questa essendo ai sensi dell’art. 2702 c.c. il solo elemento grafico in virtù del quale la scrittura, salvi i casi diversamente regolati (ad esempio dagli artt. 2705, 2707, 2708, 2709 cod. civ.) diviene riferibile al soggetto da cui proviene e può, conseguentemente, produrre effetti a sua carico (sent. n. 1984-74).
La Corte di merito ha, dunque, correttamente negato al conteggio prodotto dall'[…] gli effetti probatori propri della scrittura privata.
Per altro, l’errore di diritto che viene addebitato alla Corte di merito è anche privo di rilevanza dato che nella sentenza è puntualmente chiarito che il conteggio, di per sè, non dimostra affatto la ratifica e che la ricorrente non ha contestato tale affermazione con argomenti appropriati che analiticamente indichino, come sarebbe stato necessario per soddisfare l’esigenza di specificità dei motivi di ricorso, i contenuti del conteggio ed il rapporto di questo con la transazione.
Non migliore è la sorte che merita la seconda censura del motivo in esame.
La prova dell’incontro tra […] ed il rappresentante (o contitolare) della ditta siriana avrebbe potuto assumere una propria valenza solo se il conteggio che sarebbe stato predisposto in questo incontro si riferisse con certezza alla transazione e ne esprimesse una volontà di ratifica. In mancanza, la circostanza di fatto che, secondo la ricorrente sarebbe stata riferita dai testi, non è astrattamente idonea a provare che siano stati valutati i contenuti economici della transazione ed ancor meno, dunque, la approvazione della stessa. Si tratta, dunque, di elemento di prova che non avrebbero potuto orientare diversamente la decisione della Corte territoriale ed il cui omesso esame non può dar luogo, quindi, al vizio di insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia dato che questo vizio, come si è già chiarito, esige, per la prova, che l’elemento trascurato o insufficientemente considerato sia tale da determinare, se opportunamente vagliato, l’astratta possibilità di una diversa decisione.
Con il settimo motivo la ricorrente denuncia la “violazione e falsa applicazione degli art. 1313 cod. civ. 112-115-116-244-253-345 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., nonché vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, con riferimento all’art. 360 n.5 cod. proc. civ.” Il motivo investe la pronuncia di rigetto della domanda della società […] di risoluzione del contratto di compravendita e di risarcimento del danno per i gravi difetti delle pelli consegnate. Sostiene la ricorrente che la Corte di merito:
1) ha errato nel non ritenere che i vizi, essendo stati contestati solo con una espressione di stile dalla società siriana, dovevano considerarsi ammessi;
2) ha errato nel non riconoscere che i vizi dovevano considerarsi provati dal contegno processuale della società siriana, che ha omesso di contestarli specificamente;
3) ha errato nel ritenere operante l’art. 1513 cod. civ., a norma del quale la parte che non ha chiesto la verifica della cosa (compravenduta) deve, in caso di contestazione, provarne rigorosamente l’identità e lo stato, dato che nella specie non si è trattato di vizi ma di difetti di gravità tale da alterare l’identità della cosa dando luogo ad una consegna di una cosa diversa da quella pattuita (aliud pro alio) e dato che la predetta norma si riferisce, comunque, al caso di contestazione di vizi, nella specie mancata dopo che il […] prima e l'[…], poi, hanno riconosciuto i difetti della merce;
4) ha errato nel ritenere inammissibile la prova presuntiva dei vizi sulla base di una distorta interpretazione dell’art. 1513 cod. civ., che richiede solo una prova rigorosa senza alcuna limitazione circa i mezzi di prova;
5) ha errato nel considerare inadeguata la prova per testi richiesta sulla consistenza dei vizi della merce supponendo, perché, contrariamente al vero, ritenuto pacifico, che la prova riguardasse solo la condizione delle pelli contenute in alcune casse quando risultava chiaramente dai relativi articolati che la prova si riferiva invece a tutta la merce, così come verificata dal […] e dall'[…], prima, e dai periti, poi;
6) ha erroneamente ritenuto inammissibile la prova predetta sostenendo, a) sul primo e terzo articolato, che è rivolta a sollecitare valutazioni e giudizi dei testimoni, b) sul secondo articolato, che tende a “surrogare” la prova rigorosa della gravità dei vizi, c) sugli articolati da 7 a 13, che è relativa a dichiarazioni ed impegni negoziali di terzi non opponibili alla ditta siriana, d) sugli articolati da 4 a 6 che è relativa a fatti che avevano formato oggetto di prova in primo grado, così travisando, anzitutto, il contenuto del primo articolato, ove sono indicati precisi fatti storici, ed ignorando, inoltre, a) in ordine al primo articolato, che quando non è stata eccepita, l’inammissibilità della prova impropriamente formulata o la decadenza dalla stessa non può essere rilevata dal giudice e che la prova è ammissibile anche quando è diretta ad esprimere il convincimento che del fatto e delle sue modalità sia derivato al teste per sua stessa percezione, b) in ordine al secondo articolato, che il dato testuale di ogni articolato deve essere valutato coordinandolo con gli altri e che, comunque, ai fini dell’ammissibilità della prova, è sufficiente che siano definite le modalità essenziali di tempo e di luogo dei fatti, c) in ordine agli articolati da 7 a 13, che il riconoscimento dei vizi da parte dei terzi può anche assumere rilievo ai fini della prova di un fatto storico e prescinde dunque dalla sua opponibilità al terzo, d) in ordine agli articolati da 4 a 6, che la prova espletata nel giudizio di primo grado non si riferiva ai vizi della merce ma al comportamento delle parti ai fini della interpretazione del contratto del primo ottobre 1976 mentre quella richiesta in secondo grado riguardava proprio i vizi della merce.
Anche questo motivo deve essere rigettato.
Sulla prima delle due censure, infatti, deve essere rilevato che la Corte di merito ha puntualmente riportato la frase con la quale la ditta siriana ha, sin nelle sue prime difese, negato l’esistenza dei vizi evidentemente escludendo che possa essersi trattato di una espressione di stile o generica. Si tratta della valutazione del contenuto delle difese di parte e del comportamento processuale assunto attraverso queste difese che non è censurabile in questa sede e che non è, del resto, efficacemente criticato dalla ricorrente che non spiega perché mai l’espressa contestazione, da parte della società siriana, dei vizi dedotti dalla società […] dovrebbe considerarsi “di stile” e “generica”. La terza censura muove, per un verso, da una erronea premessa, avendo questa Corte già chiarito che la disposizione contenuta nell’art. 1513 cod. civ., secondo la quale, nel caso di divergenza sulla qualità e la condizione della cosa venduta, il venditore o il compratore che non abbia chiesto la verifica della cosa medesima debbono provarne rigorosamente l’identità e lo stato, si riferisce a qualsiasi ipotesi di controversia circa l’esistenza dei requisiti della cosa venduta, la cui mancanza comporti inadempimento del venditore all’obbligo di consegnare la cosa pattuita o di garantire il compratore dai vizi o dai difetti di qualità o di funzionamento ed avendo questa Corte conseguentemente affermato che la verifica è prevista dalla predetta norma non solo per l’accertamento dei cennati vizi o difetti ma anche per la prova che la cosa consegnata costituisce aliud pro alio (sent. n. 2082-76). Per il secondo profilo che la caratterizza la (terza) censura erroneamente identifica l’azione e l’attività del […] con quella della società siriana così riconducendo a quest’ultima gli effetti dell’asserito comportamento del primo al di là di una prova dei suoi specifici poteri rappresentativi, nella specie mancata. La quarta censura muove da una premessa indubbiamente corretta. Infatti, questa Corte ha già precisato che il mancato ricorso del venditore e del compratore alla procedura prevista dall’art. 1513 cod. civ. per l’accertamento dei difetti della cosa non comporta alcuna preclusione o limitazione circa i mezzi di prova utilizzabili per dimostrare i difetti medesimi (sent. n. 582-82; sent. n. 1049-71; sent. n. 1649-79; sent. n. 2706-68; sent. n. 4089-78). Ma questo principio non è stato affatto ignorato dalla Corte territoriale che, a parte alcune imprecisioni meramente espressive o formali, sostanzialmente ha rigettato la richiesta di prova del vizio solo per l’inadeguatezza della prova offerta (pag. 40 della sentenza) e non per una asserita inammissibilità di questa prova in assenza di verifica.
Quanto alla quinta ed alla sesta articolata censura, può anche convenirsi con la ricorrente quando afferma che il primo e più generale argomento che ha indotto la Corte territoriale a non ammettere la prova facendo leva sulla circostanza, ritenuta pacifica, che solo una esigua parte delle pelli era stata verificata si rivela affatto privo di fondamento di fronte al tenore degli articolati riprodotti nel ricorso, nei quali, invece, si fa riferimento ad una verifica di tutte le pelli e dal quale emerge, quindi, inequivocamente, che la premessa alla quale la Corte di merito affida il predetto argomento non era affatto pacifica. Ma gli ulteriori e più specifici argomenti che sostengono la decisione di rigetto delle istanze di prova resistono alle critiche della ricorrente. Al riguardo giova anzitutto chiarire che, contrariamente a quanto si assume dalla società […], il giudice può sempre rilevare di ufficio la inammissibilità di una prova che verta su apprezzamenti o valutazioni del teste piuttosto che sui fatti specifici a conoscenza dello stesso: infatti, poiché il giudice non può servirsi dei giudizi dei testi, una siffatta prova si rivelerebbe, comunque, inconcludente rispetto all’oggetto del giudizio.
Per altro, dalla epigrafe della sentenza impugnata risulta che il difensore della società […] ha espressamente eccepito la inammissibilità della prova richiesta dalla società […].
Il primo ed il terzo articolato, come precisato dalla Corte territoriale, hanno per oggetto la valutazione delle condizioni delle pelli, che, come è noto, non può essere affidata ai testi: questa Corte non riesce a scorgere, infatti, come si possa altrimenti qualificare una prova nella quale il teste è chiamato a riferire che “la partita di pelli di montone …. risultò, dopo la concia, di qualità molto inferiore al dichiarato e precisamente per il 10% di nappa di seconda scelta, per il 40% di nappa di terza scelta, per il 38% di scarto e per il 12% di soffiato” e che “le pelli compravendute erano praticamente inutilizzabili per la destinazione per la quale erano state acquistate dalla […]i”.
Non si tratta della testimonianza di un fatto, quale percepito dal teste, ma di un giudizio, per altro necessariamente approssimativo ed immotivato, sulla qualità di un prodotto nel quale la percezione del teste è solo il presupposto di una valutazione dell’oggetto della percezione alla stregua di parametri astratti che fanno parte solo del patrimonio culturale di esperti particolarmente qualificati. Il secondo ed il settimo articolato tendono alla prova del vizio attraverso quella del riconoscimento del […] e dell'[…], ritenuto dalla Corte territoriale astrattamente inidoneo a fornire quella prova rigorosa del vizio e della sua gravità richiesta dall’art. 1513 cod. civ., con una valutazione che, in quanto astrattamente corretta sotto il profilo logico, sfugge al controllo di questa Corte. Analogo limite caratterizza gli articolati da otto a tredici, che si riferiscono solo alla presenza delle trattative che hanno condotto alla stipulazione della transazione del primo ottobre 1976 e che correttamente la Corte di merito, escludendone ogni rilevanza ai fini della prova dei vizi, ha apprezzato solo sotto il profilo dei possibili effetti vincolanti nei confronti della società siriana; con una valutazione ancora una volta logicamente corretta data la evidente difficoltà di far derivare dalla mera presenza di una controversia sulla qualità della merce consegnata e di trattative per una soluzione stragiudiziale di questa controversia la prova dei vizi della merce medesima.
Gli articolati di cui ai nn. 4, 5, 6 non sono, infine, affatto riferibili alla prova dei vizi avendo per oggetto solo le modalità della denuncia dei predetti vizi da parte della società […] e gli incontri che ne sono seguiti con […].
Correttamente, dunque, la Corte di merito ha ritenuto che questi articolati riguardassero una prova che è stata già oggetto della prova espletata in primo grado sul potere dello […] di rappresentare la ditta siriana nelle trattative per la transazione della lite.
Se, poi, si volesse esaminare la censura che investe la decisione (della Corte di merito) di rigetto della richiesta di prova con i predetti articolati nella prospettiva, evidentemente forzata, indicata dalla ricorrente, certo è che il dedotto errore non potrebbe tradursi in un vizio di motivazione della sentenza impugnata.
Dovendosi escludere che la presenza di trattative per la soluzione della controversia sorta dalla denuncia dei vizi della cosa con soggetti privi del potere di rappresentare la ditta […] implichi prova dei vizi e della loro gravità, si tratterebbe, infatti, di articolati che hanno per oggetto fatti astrattamente inidonei a provare, anche indirettamente, i vizi denunciati dalla società […] e, come si è già avuto modo di precisare, non è dato riscontrare vizio di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia quando l’elemento trascurato o insufficientemente considerato non sia tale da determinare, se opportunamente vagliato, l’astratta possibilità di una diversa decisione.
Con l’ottavo motivo la ricorrente denuncia la “violazione e falsa applicazione degli artt 1189-1398-2909 cod. civ., nonché vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia”.
Il motivo investe la pronuncia di rigetto della domanda della società […] di imputazione al prezzo dovuto alla società […] della somma di 7.240 dollari versata all'[…] in esecuzione dell’accordo stilato il primo ottobre 1976. Il rigetto è spiegato nella sentenza impugnata rilevando che la domanda di imputazione della somma in conto prezzo è incompatibile con la condanna dell'[…] alla restituzione della medesima somma, pronunciata dal giudice di primo grado ed ormai passata in giudicato perché non impugnata.
Con il motivo in esame la ricorrente rileva: 1) che la domanda di condanna dell'[…] era subordinata all’accoglimento della domanda riconvenzionale della ditta siriana di integrale pagamento del prezzo e che il gravame proposto in appello contro la decisione di accoglimento di tale domanda riconvenzionale coinvolgeva, quindi, anche la condanna dell'[…] alla restituzione della somma dato che anche in appello le domande ed eccezioni erano state formulate secondo il medesimo ordine “gerarchico” indicato nel giudizio di primo grado;
2) che nessuna incompatibilità vi può essere tra la domanda di imputazione in conto prezzo della somma versata all'[…] (che, in quanto delegato alle modalità esecutive della importazione in Italia della pelli commerciate dalla ditta siriana, era legittimato, o doveva comunque considerarsi apparentemente legittimato, a ricevere il pagamento del relativo prezzo per conto del venditore) e la condanna dell'[…] alla restituzione della somma ricevuta dato che “la responsabilità dell’apparente mandante e del falsus procurator possono anche concorrere non avendo lo stesso fondamento giuridico”. Il motivo è infondato.
Dalla sentenza impugnata non risulta che la società […] abbia mai chiesto, in primo grado, l’imputazione della somma versata all'[…] in conto prezzo della merce vendutale dalla ditta siriana nè la ricorrente ha indicato, così come avrebbe dovuto per consentire a questa Corte le necessarie verifiche, lo scritto difensivo in cui tale eccezione alla domanda riconvenzionale di pagamento integrale del prezzo proposta dalla ditta siriana sarebbe stata proposta.
L’eccezione, poi, non risulta proposta neppure nell’atto di appello, o anche nell’udienza di precisazione delle conclusioni, ove, come risulta dall’epigrafe della sentenza, la società […] ha ribadito, nell’ordine, solo le sue domande a) di accertamento della efficacia vincolante, per la ditta […], dell’atto “denominato transazione” del primo ottobre 1976, b) di risoluzione del contratto di compravendita per i vizi della cosa e di condanna della società siriana al risarcimento dei danni, c) di riduzione del prezzo dovuto in relazione al deprezzamento subito dalla merce per effetto dei vizi denunciati, d) di rigetto della domanda riconvenzionale della ditta siriana anche, “ove occorra, per effetto della eccezione ex art. 1495 comma terzo cod. civ.”, e) di condanna dell'[…] a mantenere indenne la società […] da ogni peso economico che sulla stessa sarebbe gravato per effetto di eventuali crediti riconosciuti in favore della società siriana. Solo nella comparsa conclusionale depositata nel giudizio di appello l’eccezione risulta finalmente proposta ed adeguatamente illustrata (pag. 79-80).
Evidentemente, dunque, la ricorrente ritiene che l’eccezione di pagamento parziale sia contenuta implicitamente nella sua opposizione alla domanda riconvenzionale della società siriana e sia stata perciò legittimamente sviluppata per la prima volta nella comparsa conclusionale depositata nel giudizio di appello.
L’errore di questa tesi è, però, evidente se solo si considera che tale domanda è stata sempre ancorata alla transazione ed alla domanda di risoluzione del contratto di compravendita o di riduzione del prezzo e mai al fatto, del tutto diverso, e certo non rilevabile di ufficio, del pagamento parziale che sarebbe stato effettuato con il versamento all'[…] della somma di 7.240 dollari. Ciò, indipendentemente dalla inammissibilità della nuova eccezione introdotta con la comparsa conclusionale, non rilevata dal giudice di appello e non rilevabile in questa sede, nel silenzio delle parti, esclude la possibilità di ritenere che fosse stato tempestivamente ed efficacemente dedotto un rigoroso ordine di priorità tra l’eccezione di imputazione in conto prezzo della somma versata dalla società […] all'[…] (che si risolve in una eccezione di pagamento parziale, non rilevabile di ufficio dal giudice) e la domanda di rivalsa proposta nei confronti dell'[…]. Può, semmai, affermarsi il contrario dato che nella precisazione delle conclusioni la domanda di rivalsa nei confronti dell'[…] è espressamente subordinata solo alle domande di accertamento degli effetti preclusivi della transazione e di risoluzione del contratto di compravendita (o riduzione del prezzo) e precede la domanda di rigetto della riconvenzionale della società siriana. Tanto basta per rilevare la infondatezza della censura, indipendentemente dalla esattezza giuridica della affermazione del giudice di merito circa il giudicato interno che si sarebbe formato sulla condanna dell'[…]: infatti, a causa dell’accoglimento della domanda di rivalsa, il contrario ordine delle domande ed eccezioni avrebbe precluso, comunque, l’esame della eccezione di pagamento. Se, poi, si dovesse supporre che la ricorrente ha inteso al contempo far valere il pagamento parziale e chiedere all'[…] la restituzione della somma ricevuta, come sembra affiorare dalla censura con la quale si invoca il principio della responsabilità concorrente del falsus procurator e dell’apparente mandante, deve rilevarsi che la ritenuta incompatibilità tra le due domande, essendo essenzialmente logica, perché legata alla evidente impossibilità, per il debitore che ha eseguito il pagamento, di pretendere che la somma gli sia restituita senza pregiudizio degli effetti estintivi della obbligazione prodotti dal pagamento, non interferisce affatto con il principio tratto dalla sentenza di questa Corte del 12 luglio 1965 n. 1447 ed invocato dalla società […], che esprime solo la possibilità di coesistenza tra la domanda, nei confronti del falsus procurator, di risarcimento dei danni subiti dalla parte che abbia senza colpa confidato nella efficacia del negozio stipulato da quest’ultimo, e la domanda di accertamento della efficacia, nei confronti del creditore, del pagamento eseguito a colui che appare legittimato a riceverlo e non anche la possibilità che i pagamenti eseguiti al falsus procurator al contempo producano effetti estintivi della obbligazione, secondo i principi della tutela dell’affidamento, e siano ripetibili nei confronti del terzo al quale sono stati erroneamente, ma con effetti egualmente estintivi della obbligazione, eseguiti.
Con il nono motivo la società […] denuncia la “violazione e falsa applicazione degli art. 1362 e ss., 1337-1338-1398 e 2043 cod. civ., con riferimento all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. nonché vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, con riferimento all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.” Il motivo investe la statuizione che ha negato il diritto della società […] nei confronti dell'[…] al risarcimento dei danni subiti per avere confidato nella efficacia della transazione nei confronti della società siriana facendo leva sulla considerazione che, non avendo l'[…] speso il nome di tale società, l’errore nel quale sarebbe incorsa la società […] non potrebbe considerarsi “incolpevole”.
La censura riproduce gli stessi argomenti esposti con il quinto motivo aggiungendo che “in subordine” andava, comunque, rilevata la responsabilità precontrattuale dell'[…] “posto che, qualora dovesse escludersi la veste di falsus procurator dello stesso, l'[…] avrebbe dovuto comunque essere chiamato a rispondere in via di manleva nei confronti della società […], ai sensi degli artt. 1337-1338-2043 cod. civ, per essersi dichiarato colposamente ed inveritieramente titolare del rapporto senza esserlo”. Per il primo profilo di censura il motivo merita, evidentemente, la sorte del quinto del quale ripete sostanzialmente gli argomenti dedotti per sostenere l’esistenza di una situazione apparente circa i poteri dell'[…] che giustificherebbe l’affidamento della società […] sulla efficacia della transazione nei confronti della società siriana e sugli effetti preclusivi di tale transazione rispetto ai diritti nascenti dal contratto di compravendita delle pelli.
Per il profilo che attiene alla responsabilità del mendacio commesso dall'[…] nel dichiararsi titolare di un rapporto giuridico che faceva capo invece alla società siriana la censura è, anzitutto, inammissibile dato che la responsabilità dell'[…] non è stata mai prospettata, sotto il profilo indicato in questa censura, in sede di merito, ove la ricorrente, ricollegandosi esclusivamente alla disciplina della responsabilità (precontrattuale) del falsus procurator, ha fatto dipendere la sua domanda solo dalla mendace asserzione, da parte dell'[…], del suo potere di rappresentanza.
Per altro essa è anche infondata.
Anche la responsabilità precontrattuale della parte che “conoscendo o dovendo conoscere una causa di invalidità del contratto non ne dà notizia all’altra” presuppone, infatti, l’assenza di colpa di quest’ultima, nella specie, come si è detto, negata dalla Corte di merito con argomenti che, come si è visto, hanno resistito alle critiche della società […]. La rilevata infondatezza dei primi nove motivi di ricorso conduce al rigetto del decimo motivo, con il quale la ricorrente investe la statuizione di rigetto della istanza di convalida del sequestro essenzialmente legata all’accertamento della infondatezza delle domande di merito della società […] che i primi nove motivi di ricorso non sono riusciti a demolire.