Corte di Cassazione, Sez. 3, Ordinanza n. 2149 del 2021, dep. Il 29/01/2021

[…]

FATTI DI CAUSA

1.Con atto di citazione del …2013 il … convenne in giudizio il … per chiederne la condanna al risarcimento dei danni derivanti da una caduta avvenuta in data ..2012 in zona … a causa della pavimentazione disconnessa in più parti: dalla caduta egli aveva riportato la lussazione della spalla e la frattura dell’omero. A prova dei fatti produceva un verbale della Polizia Locale, redatto il giorno successivo al fatto e relativo allo stato dei luoghi, chiedeva l’ammissione di prove orali e di una CTU medico-legale.

2. Il Tribunale adito, ammessa la CTU medico-legale, con sentenza n. … 2017 condannò il … al risarcimento dei danni quantificati in € …,00 oltre interessi e spese.

3. La Corte d’Appello di Milano, adita dal Comune per sentir pronunciare l’erronea interpretazione delle norme di diritto e dei principi giurisprudenziali in tema di onere della prova ha, con sentenza n. … 2018 del … 2018, accolto l’appello ritenendo, per quanto ancora qui di interesse, non esservi prova che il sinistro si fosse verificato nelle condizioni dedotte, nei luoghi, tempi e modi descritti ed a causa della pavimentazione dissestata; che le prove formulate dall’attore non consentivano di desumere l’esatta dinamica del sinistro e neppure che i soccorritori vi avessero assistito de visu, così come non potevano trarsi elementi dal verbale della Polizia Locale redatto il giorno successivo ai fatti. In ogni caso, ad avviso della Corte territoriale, pur ammettendo che la caduta si fosse verificata nelle circostanze dedotte, la domanda non sarebbe stata comunque da accogliere perché, trattandosi di un caso in cui il danno non era effetto di un dinamismo interno della cosa ma comunque implicante un agire umano, il danneggiato, per provare il nesso causale, avrebbe dovuto dimostrare che lo stato dei luoghi presentava una situazione obiettiva di pericolosità tale da rendere molto probabile se non inevitabile il danno, secondo la giurisprudenza di questa Corte. Ad avviso del giudice non sarebbe stata fornita la prova dello stato di pericolosità perché i dislivelli del terreno non erano occulti ma anzi ben visibili, perché l’incidente era avvenuto in un punto interessato da prossimi lavori di asfaltatura, preannunciati con cartelli mobili e nastri svolazzanti che, ancorché posizionati per altro fine, avrebbero dovuto allertare il pedone ed indurlo a procedere con limitata velocità al fine di avvedersi delle caratteristiche della strada.

4. Avverso la sentenza … ha proposto ricorso per cassazione.
Il … non ha svolto difese.
5. …

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo – violazione e falsa applicazione degli artt. 230 e 244 c.p.c. nonché dell’art. 111 Cost, in relazione all’art. 24 Cost. all’art. 101 c.p.c. e all’art. 2697 c.p.c. -il ricorrente si duole che la Corte d’Appello abbia ritenuto che alcuna prova fosse stata raccolta e neanche formulata in modo specifico non risultando dalla capitolazione l’esatta dinamica del sinistro e neppure che i soccorritori vi avessero assistito de visu. Ad avviso del ricorrente i capitoli da esso dedotti con la memoria ex art. 183, VI° co. c.p.c. e riprodotti a pp. 5-6 del ricorso non erano affatto generici e contenevano l’indicazione dell’avvenimento storico da provare, sufficientemente localizzato nel tempo (“in data 15/5/2012 alle ore 21.30 circa”), nel luogo (“l’attore percorreva a piedi il marciapiedi dei … lato civici pari in direzione Piazza XXV Aprile quando giunto all’altezza del civico …”) e nel suo svolgimento (“rovinava a terra a causa della disconnessione della pavimentazione del marciapiedi in diverse parti; gli astanti presenti sul posto, visto l’attore steso a terra dolorante, chiamavano soccorso”). Sarebbe altresì censurabile l’affermazione della corte territoriale secondo la quale non sarebbe stato indicato che i soccorritori vi avessero assistito de visu, in quanto tale circostanza non attiene all’ammissibilità del mezzo di prova ma alla fondatezza della prova medesima istruita e raccolta in sede testimoniale in base al combinato disposto degli artt. 230 c.p.c. e 116 c.p.c. Infine sarebbe altresì censurabile l’affermazione della Corte di irrilevanza della prova.

2.Con il secondo motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. e 1227 c.c. – il ricorrente si duole che la Corte abbia erroneamente ritenuto che l’attore dovesse provare l’obiettiva pericolosità della cosa e la probabilità o inevitabilità del danno essendo il medesimo onerato della sola prova del nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso, incombendo sul custode l’onere della prova dell’inesistenza del nesso causale o della sussistenza del nesso tra l’evento ed un fatto né prevedibile né evitabile. Il Giudice avrebbe dovuto accertare che il custode avesse dato la prova positiva del fortuito, circostanza difficilmente conciliabile con una strada dissestata la quale, proprio in base ad una valutazione ex ante, avrebbe dovuto essere considerata causa potenziale di cadute accidentali. Il giudice avrebbe errato nel prendere in considerazione la sola condotta della vittima senza esaminare se l’evento-caduta fosse imprevedibile, eccezionale o anomalo da parte del custode in quel contesto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte sull’art. 2051 c.c.

3.Con il terzo motivo – omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e violazione dell’art. 1176 c.c.- il ricorrente si duole che la Corte d’Appello abbia omesso di valutare che il sinistro era avvenuto alle ore 21.30 di sera in un contesto di evidente visibilità ridotta e che abbia ricavato un profilo di negligenza e di colpa del danneggiato dalla presenza di cartelli “posizionati per altri fini” che avrebbero dovuto metterlo sull’avviso di potenziali rischi. Quest’ultima affermazione sarebbe in palese contrasto con l’art. 1176 c.c. in quanto un profilo di imprudenza, imperizia, negligenza poteva essere ricavato da una omessa valutazione di una segnalazione riferibile al ricorrente ma non anche da avvertenze poste in essere per altri fini, per segnalare prescrizioni che l’agente non era tenuto a considerare e non riferibili alle insidie del manto stradale.

1-3 Ilricorso è fondato. Il primo motivo evidenzia un palese contrasto tra la motivazione meramente apparente relativa alla non specificità dei capitoli di prova e la capitolazione invece effettuata dal ricorrente nella memoria ex art. 183, 6° co. c.p.c. e riportata in ricorso ai fini della autosufficienza, contrasto che consente di ritenere senz’altro violate le disposizioni indicate nell’epigrafe del motivo. E’ noto infatti, che in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’esigenza di specificazione dei fatti sui quali i testimoni devono deporre è soddisfatta se, ancorché non precisati in tutti i loro minuti dettagli, tali fatti siano esposti nei loro elementi essenziali per consentire al giudice di controllarne l’influenza e la pertinenza e mettere in grado la parte di formulare un’adeguata prova contraria, potendo la verifica della specificità e della rilevanza dei capitoli formulati essere condotta non solo alla stregua della loro letterale formulazione ma anche in relazione agli altri atti di causa, (Cass., 2, n. 11765 del 6/5/2019); l’apprezzamento circa la specificità dei capito i deve essere valutato dal giudice del merito con motivazione adeguata non solo alla stregua della formulazione letterale dei capitoli articolati dalla parte istante ma ponendo il loro contenuto in relazione agli altri atti di causa e alle deduzioni dei ricorrenti (Cass.-, L, n. 10371 del 3/10/1995).
Ugualmente da accogliere è il secondo motivo di ricorso relativo alla violazione dell’art. 2051 c.c. in quanto la sentenza non si è affatto conformata ai criteri ormai del tutto consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, del riparto degli oneri probatori e della necessità che il custode, sul quale incombe una responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 2051 c.c. debba, per andare esente da responsabilità, dare la prova positiva del fortuito, rispondendo altrimenti del danno, indipendentemente dai profili di colpa del danneggiato.
La responsabilità ex art. 2051 c.c. impone al custode, presunto responsabile, di fornire la prova liberatoria del fortuito e ciò in ragione sia degli obblighi di vigilanza, controllo e diligenza, in base ai quali è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire e impedire la produzione dei danni a terzi, sia in ossequio al principio cd. della vicinanza della prova, in modo da dimostrare che il danno si è verificato in maniera né prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso. (Cass., 3, n. 8811 del 12/5/2020).
L’art. 2051 c.c., nell’affermare la responsabilità del custode della cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa operando sul piano oggettivo dell’accertamento del rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso e della ricorrenza del caso fortuito, quale elemento idoneo ad elidere tale rapporto causale. (Cass., 3, n. 2477 del 1/2/2018; Cass., 6-3 n. 27724 del 30/10/2018).
Non pare che l’impugnata sentenza si sia affatto conformata ai suddetti principi, limitandosi ad affermare che il fatto del danneggiato si era unito al modo di essere della cosa sì da dover escludere che lo stato dei luoghi presentasse un’obiettiva situazione di pericolosità tale da rendere molto probabile se non inevitabile il danno.
Così come da accogliere è il terzo motivo di ricorso con il quale si fa valere l’omessa pronuncia su un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, quale l’orario in cui il sinistro era avvenuto – ore 21.30 di sera, in condizioni di totale buio- e la presenza di cartelli annuncianti l’inizio imminente di lavori, del tutto diversi e non correlati alla situazione del manto stradale. Il motivo si presta ad essere apprezzato quale vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, co. 1 n. 5 c.p.c. e merita di essere accolto in quanto la sentenza ha del tutto omesso di motivare sui menzionati profili evidenziatisi nel giudizio di merito sui quali il giudice avrebbe dovuto motivare.

4. Conclusivamente il ricorso va accolto per quanto di ragione […]