Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 10250 del 2014, dep. il 12/05/2014

[…]

RITENUTO IN FATTO

1. – In sede di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto in data 2 dicembre 1999 da […] per la restituzione della somma di L. 27.000.000 oltre accessori, […] eccepiva la prescrizione del credito, che il ricorrente pretendeva in base a scrittura privata, del 31 maggio 1986, per la vendita inter partes di un immobile per il prezzo di L. 55.000.000, rispetto al quale era stato versato, all’atto della sottoscrizione, l’importo poi oggetto dell’ingiunzione; contratto dichiarato nullo – perché simulante un mutuo garantito da patto commissorio vietato ai sensi dell’art. 2744 c.c. – in forza di sentenza del Tribunale di Roma in data 16 dicembre 1995, resa nel giudizio intentato dal […] al fine di ottenere, ai sensi dell’art. 2932 c.c., il trasferimento coattivo dell’immobile.

2. – L’eccezione di prescrizione sollevata dalla […] era rigettata dal Tribunale di Roma con sentenza non definitiva del luglio 2002, ma il gravame dalla medesima interposto avverso tale decisione veniva accolto dalla Corte di appello di Roma, che, con sentenza resa pubblica il 12 aprile 2007, dichiarava estinto per prescrizione il diritto alla restituzione dell’importo vantato […] in forza di decreto ingiuntivo del 2 dicembre 1999.

2.1. – La Corte territoriale osservava che il […] avrebbe dovuto interrompere la prescrizione del diritto alla restituzione della somma portata dal provvedimento monitorio con “un idoneo atto interruttivo, diverso dalla promozione del giudizio volto ad ottenere l’esecuzione specifica dall’art. 2932 c.c.”, ciò in quanto, essendo l’impedimento al decorso della prescrizione “solo di carattere legale”, l’ingiungente “ben poteva legittimamente e tempestivamente esercitare il diritto alla restituzione di quanto versato (anziché, infondatamente, richiedere il trasferimento dell’immobile) già nel corso dell’altro giudizio, oppure con azione separata, oppure, in ogni caso, formulare intimazione o richiesta scritta”.
In effetti, soggiungeva il giudice di appello, a fronte di tali rilievi si rendeva manifesto l’errore del primo giudice nell’applicare il principio per cui “l’esercizio di un diritto nascente da un determinato titolo rappresenta impedimento per il decorso della prescrizione relativa ad altro diritto, alternativo, nascente dal medesimo titolo”, là dove “al […] il diritto alla restituzione della somma non derivava affatto dal medesimo titolo sul quale si basava la domanda di adempimento in concreto da lui avanzata con la citazione del 10.12.1986, bensì dal contratto di mutuo, che è titolo essenzialmente diverso” e che era “il titolo veramente voluto dalle parti, per quanto dissimulato”. Donde la prescrizione dell’azionato diritto alla restituzione, essendo il termine di completamento della restituzione della somma ricevuta a mutuo dalla […] da individuarsi nel 30 giugno 1987, mentre il decreto ingiuntivo recava la data del 2 dicembre 1999.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre […] sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso […].

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c..
La Corte territoriale avrebbe errato nel non considerare che la prescrizione del “diritto alla ripetizione di quanto pagato dal […], a titolo di acconto, al momento della conclusione del preliminare” poteva decorrere, ai sensi dell’art. 2935 c.c., soltanto “dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza 16436/95 che ha dichiarato la nullità della scrittura del 31.5.1986”, posto che in precedenza ciò non sarebbe stato possibile “sussistendo la causa solvendi portata dal contratto preliminare in essere”. Del resto, soltanto se la causa solvendi fosse stata assente originariamente il termine di prescrizione sarebbe potuto decorrere dall’esecuzione della prestazione, ma non già nell’ipotesi di nullità (come nella specie) o annullamento del contratto, e cioè di “mancanza sopravvenuta” della causa solvendi, poiché in tal caso l’interesse alla restituzione dell’indebito “diviene attuale” solo dall’accertamento definitivo dell’indebito stesso, mentre “prima di allora permane l’esistenza del titolo che aveva dato luogo al versamento della somma ed è, quindi, esclusa la possibilità legale dell’esercizio del diritto ai sensi dell’art. 2935 c.c.”.
Viene formulato il seguente quesito di diritto:
“Dica la Suprema Corte di Cassazione se il diritto alla ripetizione di quanto pagato dal promittente acquirente sorge all’esito della dichiarazione giudiziale di nullità del contratto preliminare riqualificato come contratto di mutuo con vendita a scopo di garanzia”.

1.1. – Il motivo è infondato, per la parte in cui non è inammissibile.
La tesi su cui esso si fonda cede dinanzi alla portata del più recente orientamento espresso da questa Corte (Cass., 13 aprile 2005, n. 7651; Cass., 15 luglio 2011, n. 15669), ed al quale il Collegio intende dare continuità, secondo cui “l’accertata nullità del negozio giuridico, in esecuzione del quale sia stato eseguito un pagamento, da luogo ad un’azione di ripetizione di indebito oggettivo, volta ad ottenere la condanna alla restituzione della prestazione eseguita in adempimento del negozio nullo, il cui termine di prescrizione inizia a decorrere non già dalla data del passaggio in giudicato della decisione che abbia accertato la nullità del titolo giustificativo del pagamento, ma da quella del pagamento stesso”. Ciò in ragione, essenzialmente, della natura che riveste la pronuncia di nullità del negozio, che, essendo di mero accertamento, ha efficacia retroattiva con caducazione fin dall’origine dell’atto e della modifica della situazione giuridica preesistente, non diversamente da quanto accade nell’ipotesi di ripetizione del pagamento effettuato in base a norma successivamente dichiarata incostituzionale.
Peraltro, l’assorbenza del principio di diritto sopra rammentato ai fini della delibazione di infondatezza del motivo, non può esimere dal rilevare che, nella specie, la doglianza non coglie appieno la ratio decidendi della sentenza impugnata, insistendo sulla unicità del rapporto, quello di compravendita, esistente tra le parti, asseritamente venuto meno soltanto con la declaratoria giudiziale di nullità. Invero, la decisione del giudice del gravame si incentra, essenzialmente, sul fatto che il negozio realmente voluto dalle parti, e che pertanto dettava l’effettiva regolamentazione del loro rapporto giuridico prima ancora della dichiarata nullità del contratto oggetto di simulazione, fosse non già, per l’appunto, il simulato contratto di compravendita immobiliare, bensì un dissimulato contratto di mutuo, garantito da patto commissorio, in forza del quale il […] aveva versato l’importo di L. 27.000.000 alla […] e questa si era impegnata a restituirla ratealmente. Sicché, in tale prospettiva, assunta dal giudice del merito in base ad un apprezzamento neppure censurato nella sua intrinseca portata, il titolo da cui derivava il diritto alla restituzione delle somme in favore del […] era il contratto dissimulato di mutuo e non già il negozio simulato di compravendita in forza del quale è stato instaurato il giudizio ex art. 2932 c.c., ben potendo il medesimo mutuante agire in giudizio in base a quest’ultimo titolo o, in ogni caso, farlo valere ai fini interruttivi della prescrizione.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2943 c.c..
La Corte di appello avrebbe errato nel ritenere che esso appellato avrebbe dovuto porre in essere un idoneo atto interruttivo diverso dalla promozione del giudizio ex art. 2932 c.c., posto che è orientamento giurisprudenziale costante quello per cui la domanda giudiziale, proposta da uno dei soggetti del rapporto giuridico che abbia “ad oggetto la sussistenza o meno degli elementi costitutivi del rapporto stesso”, ha efficacia interruttiva della prescrizione “con riguardo a tutti i diritti che si ricolleghino con stretto nesso di causalità a quel rapporto, senza che il loro titolare proponga, nello stesso o in altro giudizio, una specifica domanda diretta a farli valere”. Nella specie, la domanda di ripetizione “non poteva che insorgere all’esito della declaratoria di nullità della scrittura del 31.5.1986”, essendo soltanto con la sentenza del 1995 venuta meno “la causa del pagamento e, conseguentemente, è sorto in capo al […], il diritto alla ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c.”.
Viene formulato il seguente quesito di diritto:
“Dica la Suprema Corte di Cassazione se la proposizione di domanda giudiziale ha efficacia interruttiva della prescrizione con riguardo a tutti i diritti che si ricolleghino al rapporto dedotto in giudizio”.

2.1. – Anche il motivo in esame non può trovare accoglimento. Premessa la sua inconsistenza là dove si indugia ancora sulla tesi innanzi contrastata in forza dell’adesione alla più recente giurisprudenza di questa Corte, è altresì agevole rilevare che – al fine di poter escludere l’efficacia interruttiva della prescrizione della domanda giudiziale in relazione ai diritti non causalmente collegati al rapporto giuridico cui essa inerisce – così come si è riconosciuta autonomia alla domanda di risarcimento del danno rispetto a quella di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto, a maggior ragione è da ritenersi autonoma, e non in stretto nesso causale con quest’ultima, la domanda “volta ad ottenere la restituzione delle somme versate in vista di un programma negoziale poi naufragato per nullità del preliminare, stante la sua ancor più spiccata autonomia rispetto alla domanda di adempimento” (così la citata Cass. n. 15669 del 2011).

3. – Il ricorso va, dunque, rigettato […]