Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 12687 del 1998, dep. il 18/12/1998.

[…]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione ritualmente notificata […] conveniva dinanzi al Tribunale di Roma […] Ass.ni S.p.A., la S.r.l. […] e […] per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni subiti a seguito di incidente stradale verificatosi il 9.11.1984 in Roma.
L’attore assumeva che in detto giorno, mentre percorreva alla guida della propria autovettura […] il grande raccordo anulare, era stato violentemente tamponato dall’autobus […], di proprietà della soc. […], condotto dal […] e assicurato presso […], e che in conseguenza dell’urto aveva riportato lesioni personali nonché era rimasta gravemente danneggiata l’autovettura.
Si costituiva in giudizio soltanto […], che contestava la domanda.
Con sentenza n. 13662 del 14.11.1992 il Tribunale respingeva le domande proposte dal […] e dall’INPS, interveniente volontaria nel giudizio, nei confronti dei detti convenuti, confermando nel contempo l’ordinanza del G.I. in data 10.4-6.5.1989, che aveva dichiarato la nullità della prova testimoniale attorea già espletata e la tardività di quella della convenuta. Poneva le spese a carico del […] e dell’INPS nella misura di 2/3 e di 1/3.
Il […] con atto del 29.12.1993 proponeva appello cui resisteva la sola […].
La Corte d’Appello di Roma con sentenza del 25.1.1996 rigettava il gravame.
Per la cassazione di tale sentenza […] ha proposto ricorso, svolgendo due motivi.
Ha resistito […] S.p.A. con controricorso.
Gli altri intimati soc.[…] S.r.l. e […] non hanno svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Tribunale di Roma, in prime cure, e la Corte d’Appello di Roma, in sede di gravame, hanno ritenuto -nel rigettare la domanda di […]- la nullità della prova testimoniale attrice “in quanto i testi erano stati indicati oltre i termini consentiti”, considerando al riguardo che, ricorrendo nella specie una violazione dell’art. 244 ult. Comma c.p.c., la relativa nullità era insanabile pur in accordo delle parti e che la stessa era rilevabile d’ufficio. Ora, col primo motivo di ricorso il […] denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la falsa applicazione degli artt. 115, 157 e 244 c.p.c., deducendo che le nullità o decadenze della violazione dispositiva contenuta nell’art. 244 c.p.c. hanno carattere relativo e sono sanate se non eccepite tempestivamente ai sensi dell’art. 157 c.p.c. La controricorrente, da parte sua, contesta l’ammissibilità del motivo di ricorso, ribadendo in pratica quanto ritenuto dai giudici di merito.
La censura, ad avviso di questo Collegio, si palesa fondata. È infatti orientamento di questa Corte per lo più costante -che si reputa di confermare, non ravvisandosi valide ragioni per discostarsene, ne’ risultando addotti nella impugnata sentenza profili nuovi e diversi- che le nullità o decadenze determinate dalla violazione delle disposizioni contenute negli artt. 244 e segg. c.p.c., in materia di deduzione e assunzione della prova testimoniale, indicazione dei testimoni e capacità di deporre, hanno natura relativa e sono sanate per acquiescenza se non eccepite tempestivamente ai sensi dell’art. 157 c.p.c., perché stabilite dalla legge a tutela di interessi delle parti e non per motivi di ordine pubblico (v. in particolare, Cass. 21.2.1995, n. 1864, nonché, nel tempo, Cass. 27.6.1991 n. 7205, Cass. 27.3.1990 n. 2435, Cass. 27.1.1981 n. 611 e, da ultimo, Cass. S.U. 13.1.1997 n. 264, con particolare riferimento al carattere relativo e all’assenza di motivi di ordine pubblico di tali disposizioni).
Nella specie risulta, invero, dalla sentenza impugnata che: a) i testi furono indicati dall’attore (odierno ricorrente) oltre il termine assegnatogli dal giudice istruttore della causa; b) la prova con i testi in tal modo indicati venne espletata senza opposizione della parte convenuta costituita; c) quest’ultima dedusse la nullità di siffatta prova testimoniale dopo due udienze istruttorie. In tale stato delle risultanze processuali è, dunque, indubbiamente erronea la decisione dei giudici di merito di ritenere nulla la prova testimoniale assunta, sul rilievo che i testi erano stati indicati dall’attore oltre il termine perentorio all’uopo assegnatogli, senza avere -gli stessi giudici- considerato, o per lo meno considerandolo di non decisivo rilievo, che la controparte non si era opposta all’assunzione dei testi e che il giudice istruttore l’aveva consentita sebbene gli stessi non fossero stati indicati nel termine prefisso allo scopo, ciò comportando, di conseguenza acquiescenza al compimento dell’atto.
Diversamente peraltro da quanto opinato dalla Corte territoriale romana la sentenza n. 611 del 27.1.1981, citata, ha statuito nei termini sopra esposti, in un caso identico a quello in esame, giacché anche in quel caso il nome di un teste non fu indicato dalle convenute nel termine perentorio loro assegnato dal giudicante con propria ordinanza ed il procuratore dell’attore eccepì l’irritualità della testimonianza resa dal detto teste solo dopo la sua escussione, ancorché nella stessa udienza in cui quel mezzo istruttorio fu raccolto (mentre nel caso in esame la nullità della testimonianza è stata eccepita -addirittura- dopo due udienze istruttorie).
Non v’è del resto contrasto tra la facoltà di eccepire – tempestivamente- la decadenza, impedendo così l’espletamento della prova, e la possibilità di acquiescenza a tale espletamento, rinunziando così a far valere la decadenza, perché entrambi i comportamenti costituiscono espressione dello stesso principio, rappresentato dalla attinenza degli interessi tutelati a materia compresa nella disponibilità delle parti e, conseguentemente, dalla attribuzione della loro tutela alla parte nel cui interesse è disposta la decadenza (così Cass. n. 7205/91, cit.). Pertanto, va accolto il primo motivo di ricorso e, dichiarato assorbito il secondo motivo (con il quale si denuncia, ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., violazione dell’art. 107 c.s. e dell’art. 2054 c.c.), la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio per nuovo esame, alla stregua dei principi sopra esposti, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Roma, anche in ordine alle spese del presente giudizio di Cassazione.
[…]