Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 12914 del 2016, dep. il 31/03/2016

[…]

RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale di Tempio Pausania, con sentenza del 18/2/2000, irrevocabile il 31/3/2000, applicava ex art. 444 c.p.p. a […] la pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione e £. 400.000 di multa, per aver – tra l’altro – violato l’art. 20 lett. c) della L. n. 47 del 1985, e disponeva la sospensione condizionale della pena subordinando il beneficio al ripristino dello stato dei luoghi.
Il prevenuto non ottemperava all’ordine di demolizione ed il Comune di […] rigettava la domanda di condono edilizio presentata dal [….], trattandosi di opere realizzate successivamente al 10 gennaio 2014, data di entrata in vigore della legge n. 10 del 1994 istitutiva del Parco nazionale dell’arcipelago di […], per cui venivano avviate le procedure prodromiche all’esecuzione della sentenza, interessanti anche […], nuovo proprietario per intervenuta donazione dell’immobile.
Con ordinanza dell’1/4/2014, il Giudice dell’esecuzione accoglieva il ricorso del […] e sospendeva l’ordine di demolizione contenuto nella suindicata sentenza sul rilievo che avverso il diniego della sanatoria di cui al provvedimento in data 11/11/2013 del Comune [.] pende ricorso straordinario al Presidente delle Repubblica e che non vi sono ragioni per ritenere che lo stesso verrà definito in tempi lunghi.
Avverso l’ ordinanza, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico ed articolato motivo, con il quale deduce, ai sensi dell’art. 606, c.1, lett. b), e) e d) c.p.p., sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale, l’erroneità della decisione alla luce del principio giurisprudenziale secondo cui spetta al giudice penale – e quindi anche al giudice dell’esecuzione – verificare la sussistenza dei presupposti dell’applicabilità della normativa del c.d. “condono edilizio”, potendo l’ordine di demolizione essere revocato in presenza di determinazioni dell’autorità o giurisdizione amministrativa incompatibili con l’abbattimento del manufatto edilizio, ovvero quando sia ragionevolmente prevedibile, in base ad elementi concreti, che un tale provvedimento sarà adottato in breve arco temporale. Evidenzia il ricorrente che la motivazione dell’impugnata ordinanza è del tutto lacunosa e non contiene alcuna valutazione circa la condonabilità dell’opera, riposando la disposta sospensiva sulla mera possibilità che il proposto ricorso straordinario venga accolto.
Con memoria difensiva depositata l’ 1/2/2016, il […] espone di aver ricevuto in donazione dal padre […] una piccola porzione non edificata del suo fondo e che la domanda di sanatoria presentata al Comune […] riguarda un manufatto del tutto diverso da quello oggetto della sentenza di patteggiannento pronunciata nei confronti di quest’ultimo, sicché difetta un provvedimento sanzionatorio che lo riguarda, avendo la sentenza del Tribunale di Tempio Pausania in data 18/2/2000 ad oggetto altro manufatto edilizio. Evidenzia che la predetta amministrazione comunale, attraverso la delibera consiliare n. 4 del 15/1/2015, prodotta in copia, ha adottato il P.U.C. in adeguamento al P.P.R. ed al P.A.I., e che il Comune ritiene più consono non abbattere gli immobili abusivi ricadenti nella zona F2 e far pagare ai cittadini interessati una sorta di condono.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Questa Corte ha più volte ribadito che il giudice dell’esecuzione, investito della richiesta di revoca o di sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive di cui all’art. 31 d.P.R. d.P.R. n. 380 del 2001 in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è tenuto ad esaminare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e, in particolare: a) il prevedibile risultato dell’istanza e la sussistenza di eventuali cause ostative al suo accoglimento; b) la durata necessaria per la definizione della procedura, che può appunto determinare la sospensione dell’esecuzione nel caso di un suo rapido esaurimento (ex multis, Sez. 3, n. 47263 del 25/09/2014, Russo, Rv. 261212). La Corte di legittimità ha pure precisato, così distinguendo tra revoca da un lato e sospensione dall’altro, che mentre la prima è condizionata all’intervento di atti amministrativi incompatibili con la esecuzione della demolizione, la seconda discende dal fatto che sia ragionevolmente prospettabile che, nell’arco di breve tempo, questi stessi provvedimenti incompatibili vengano adottati (Sez. 3, n. 24273 del 24/03/2010, P.G. in proc. Petrone, Rv. 247791; Sez. 3, n. 38997 del 26/09/2007, cit.). Nella specie, l’ordinanza impugnata, a fronte di prospettazione che il Comune […], con provvedimento in data 11/11/2013, aveva respinto la domanda di condono edilizio presentata da […], “trattandosi di opere realizzate successivamente al 10 gennaio 1994, data di entrata in vigore della Legge n. 10 del 1994 istitutiva del Parco nazionale dell’arcipelago […], nonché in considerazione della non conformità delle stesse alla normativa urbanistica” e che avverso il diniego della sanatoria pendeva ricorso straordinario al Presidente delle Repubblica, non ha invece proceduto ad alcuna delle valutazioni richieste, nei termini sopra ricordati, limitandosi a rilevare che “non vi sono ragioni per ritenere che lo stesso (il ricorso straordinario, n.d.r.) verrà definito in tempi lunghi”. Il Giudice dell’esecuzione, che dispone del potere di sindacare il condono o il permesso in sanatoria, non ha minimamente indicato su quali basi abbia ritenuto che il ricorso proposto al Capo dello Stato potesse avere una sollecita definizione, in ordine alla quale nessun elemento è stato allegato neppure dal ricorrente, e, prima ancora, nulla ha detto in merito all’astratta accoglibilità della domanda di condono, considerato che le opere abusive insistono in area vincolata e che, come questa Corte ha più volte ribadito, gli abusi edilizi in zona sottoposta a vincolo paesaggistico non sono condonabili se non negli stretti limiti di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32 convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 2003, in quanto la normativa regionale non può essere interpretata in un senso che si porrebbe in conflitto con la legge nazionale, ma deve ritenersi operativa soltanto per le costruzioni in zona non sottoposta a vincolo (Sez. 3, n. 40198 del 2/7/2009, Rv. 244897, Sez. 3, n. 10703 del 9/1/2009, n. 10703, Perna, non massimata sul punto).

La difesa del ricorrente ha richiamato la delibera consiliare n. 4 del 15/1/2015, prodotta in copia, con cui il Comune […], che ha adottato il P.U.C. in adeguamento al P.P.R. ed al P.A.I., si è espresso nel senso “che sarebbe più consono non abbattere” gli immobili abusivi ricadenti nella zona F2 “e far pagare ai cittadini interessati una sorta di condono”, ma l’allegazione non appare dirimente.

Orbene, per quanto attiene alla eventuale incompatibilità dell’esecuzione dell’ordinanza di demolizione con la delibera consiliare dichiarativa dell’esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto al ripristino dell’assetto urbanistico violato, questa Corte ha osservato che essa presuppone che tale evenienza sia attuale e non meramente eventuale, non essendo consentito interrompere l’esecuzione penale per un tempo non definito e non prevedibile si è osservato, e tale principio vale in special modo ove ci si trovi di fronte a meri atti di indirizzo (Sez. 3, n. 11419 del 29/1/2013, Rv. 254421, Sez. Sez. 3, n. 13746 del 29/1/2013, Rv. 254752, Sez. 3 n. 41339 del 6/11/2008, non massimata).

Si è precisato, inoltre, che sottraendo l’opera abusiva al suo normale destino di demolizione previsto per legge, la delibera comunale che dichiara l’esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell’assetto urbanistico violato non può fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti genericamente più edifici, ma deve dare conto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto, precisamente individuato. Ed una delibera di siffatto genere, che il giudice dell’esecuzione ha il potere di sindacare, può ritenersi legittimamente emanata solo qualora ricorrano le seguenti condizioni: “1) assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici e, nell’ipotesi di costruzione in zona vincolata, assenza di contrasto con interessi ambientali; in quest’ultimo caso l’assenza di contrasto deve essere accertata dall’amministrazione preposta alla tutela del vincolo; 2) adozione di una formale deliberazione del consiglio con cui si dichiari formalmente la sussistenza di entrambi i presupposti; 3) la dichiarazione di contrasto della demolizione con prevalenti interessi pubblici, quali ad esempio la destinazione del manufatto abusivo ad edificio pubblico, ecc” (Sez. 3, n. 25824 del 22/5/2013, Rv. 257140).

Per quanto concerne, infine, la questione dell’esatta individuazione del bene da demolire, introdotta sempre con la memoria difensiva dell’1/2/2016, è appena il caso di osservare che essa attiene a rilievi del tutto fattuali che involgono una nuova e diversa valutazione delle risultanze istruttorie in questa sede non consentita. Il provvedimento impugnato va dunque annullato con rinvio […]