Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 31285 del 2019, dep. il 17/07/2019

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 14 maggio 2018 la Corte di Appello di Lecce ha confermato la sentenza del 27 novembre 2015 del Tribunale di Lecce, in forza della quale gli odierni ricorrenti … erano stati condannati alla pena, concesse le attenuanti generiche, di mesi due di arresto ed euro 22.000 di ammenda, con demolizione delle opere e rimessione in pristino dello stato dei luoghi, per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 44 lett. c) d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi di impugnazione.

2.1. Col primo motivo è stata eccepita l’intervenuta estinzione del reato stante l’intervenuta prescrizione, maturata ancor prima del 14 maggio 2018, ossia della data della pronuncia impugnata. Al riguardo, la data dell’accertamento risaliva al 4 aprile 2012, né si comprendeva come la presentazione di una s.c.i.a. per il ripristino dello stato dei luoghi avesse potuto comportare atto interruttivo della prescrizione.

2.2. Col secondo motivo, quanto alla dedotta violazione di legge, i ricorrenti hanno osservato che la protrazione della condotta era stata giustificata dalla sentenza impugnata in considerazione del mancato sequestro in sede di accertamento, laddove semmai – contro ogni principio – gli imputati avrebbero dovuto provare di non avere fatto alcunché successivamente all’accertamento. Tutto ciò a prescindere dalla mancata e certa identificazione dei ricorrenti quali responsabili materiali della realizzazione delle opere abusive.

3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. La sentenza impugnata va annullata perché il contestato reato è estinto per prescrizione.

4.1. In relazione invero al profilo di censura complessivamente incentrato sull’intervenuta prescrizione del reato contestato, va anzitutto rilevato che la stessa imputazione ha ad oggetto l’avvenuta effettuazione di interventi edilizi – in assenza di permesso di costruire ed in zona sottoposta a vincolo paesaggistico – su fondo in territorio comunale di […], consistenti nello spianamento e riempimento del terreno scosceso con materiale di risulta, e con la conseguente realizzazione di una strada di collegamento con varco di apertura ottenuto con l’abbattimento del muro a secco e la realizzazione di due colonne in cemento armato ai lati dell’ingresso. Al riguardo, la data di accertamento del fatto è indicata nel 4 aprile 2012.

4.1.1. Ciò posto, il principio del favor rei, in base al quale, nel dubbio sulla data di decorrenza del termine di prescrizione, il momento iniziale va fissato in modo che risulti più favorevole all’imputato, opera solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull’inizio del termine di prescrizione, ma non quando sia possibile eliminare tale incertezza, anche se attraverso deduzioni logiche, del tutto ammissibili (Sez. 3, n. 4139 del 13/12/2017, dep. 2018, Zizzi e altri, Rv. 272076).

In proposito, il primo Giudice aveva individuato il momento di commissione del reato nella data del sopralluogo, avvenuto il 4 aprile 2012, mentre la Corte territoriale ha assunto la mancata consumazione del termine di prescrizione, alla data del 14 maggio 2018 in cui è stata pronunciata la sentenza impugnata, in considerazione dell’assenza di sequestro e della conseguente protrazione della condotta illecita fino al ripristino dello stato dei luoghi, avvenuto il 18 novembre 2015 col deposito della segnalazione certificata d’inizio attività (oltre al periodo di sospensione della prescrizione, pacificamente determinato in mesi sei e giorni nove).

4.1.2. Al riguardo, i ricorrenti hanno invocato l’autorità di Sez. 3, n. 1218 del 21/12/1998, dep. 1999, Spagnuolo, Rv. 212834, secondo cui la cessazione della permanenza nella contravvenzione di costruzione abusiva, oltre che dall’esistenza di un provvedimento autoritativo, amministrativo, civile o penale, o dalla cd. desistenza volontaria, deriva dalla ultimazione dell’opera, ivi comprese le rifiniture esterne ed interne. Pertanto, ove sia indicata una determinata data di accertamento, in assenza di una prova diversa, deve ritenersi che la semplice utilizzazione dell’immobile e la sua ultimazione all’esterno, senza alcuna dimostrazione del completamento delle opere interne, comporta la individuazione dell’epoca di cessazione della permanenza al momento dell’accertamento. Vero è che in specie il manufatto abusivo è consistito nella mera realizzazione di una strada di collegamento in zona agricola mediante abbattimento di muro a secco e di realizzazione di due colonne all’ingresso (v. supra), per cui non vi può essere di per sé questione di rifiniture interne ed esterne dell’opera. Allo stesso tempo, peraltro, è stato ribadito che la permanenza del reato di edificazione abusiva termina, con conseguente consumazione della fattispecie, o nel momento in cui, per qualsiasi causa volontaria o imposta, cessano o vengono sospesi i lavori abusivi, ovvero, se i lavori sono proseguiti anche dopo l’accertamento e fino alla data del giudizio, in quello della emissione della sentenza di primo grado (Sez. 3, n. 29974 del 06/05/2014, Sullo, Rv. 260498; Sez. 3, n. 38136 del 25/09/2001, Triassi, Rv. 220351).

4.1.3. In specie, tenuto altresì conto della formulazione del capo d’imputazione e delle stesse espresse considerazioni del primo Giudice circa la data di consumazione del reato, non è mai stata neppure ipotizzata – a prescindere da provvedimenti di sequestro o meno – la prosecuzione dei lavori dopo l’accertamento. Tant’è che la stessa Corte di Appello ha collegato “la protrazione della condotta illecita non ultimata” appunto al difetto di sequestro (ma di per sé la circostanza non riveste carattere decisivo) e comunque “al ripristino dello stato dei luoghi avvenuto il 18.11.2015 con il deposito della segnalazione certificata di inizio attività“, in tal modo introducendo nel reato contestato una sorta di obbligazione di facere, e di sua violazione, in sé estranea alla fattispecie. 4.1.4. In ogni caso, peraltro, da un lato il ricorso non può essere confinato nel perimetro dell’inammissibilità, e dall’altro proprio le considerazioni svolte dal provvedimento impugnato inducono al rilievo circa la coincidenza tra data di accertamento (4 aprile 2012) e cessazione della permanenza del reato. Né assume autonomo rilievo il periodo di mesi sei e giorni nove di sospensione dei termini prescrizionali, tenuto conto che la sentenza impugnata risale al 14 maggio 2018, ben oltre il termine quinquennale – ancorché protratto a seguito della richiamata sospensione – di cui agli artt. 157, comma 1 e 161, comma 2, cod. pen..

4.2. Non sussiste altresì ictu oculi la prova dell’estraneità dei ricorrenti al fatto contestato, per cui l’esame del motivo pregresso assorbe ogni ulteriore verifica processuale.

5. In ragione delle pregresse osservazioni, pertanto, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione. […]