Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 38714 del 2018, dep. il 21/08/2018

[…]

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con ordinanza dell’8 novembre 2017, il Tribunale di Torre Annunziata, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza presentata da […] volta ad ottenere la revoca – o, in subordine, la sospensione dell’esecuzione – dell’ordine di demolizione di un manufatto abusivo impartito, ex art. 31, comma 9, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 con sent. Trib. Torre Annunziata – sez. dist. Sorrento del 17 aprile 2001, divenuta definitiva.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del condannato, deducendo i morivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.

3. Con il primo motivo, sul rilievo di aver già rimosso le opere abusive non sanabili e di aver richiesto l’accertamento di conformità con riguardo alle altre, il ricorrente allega la sussistenza dei presupposti per ottenere la revoca dell’ordine di esecuzione.

4. Con il secondo motivo si eccepisce la nullità del medesimo ordine per non essere stato lo stesso notificato al difensore ai sensi dell’art. 655, comma 5, cod. proc. pen.

5. Con il terzo motivo si eccepisce la carenza di legittimazione passiva del ricorrente, sul rilievo che l’ordine di esecuzione impartito in sentenza sarebbe stato emesso nei confronti del Comune di […], essendo stato il manufatto abusivo acquisito al patrimonio indisponibile del Comune, con conseguente indisponibilità materiale e giuridica del medesimo da parte del […]. Si aggiunge che per le opere in questione è stato richiesto il condono edilizio ai sensi della legge 326 del 2003 ed il condono paesaggistico ai sensi della legge 308 del 2004 e che l’autorità giudiziaria non avrebbe comunque competenza a demolire le opere, essendo invece competente la Regione Campania o il Genio Civile, per essere intervenuta condanna anche per le contravvenzioni in materia antisismica. Le sanzioni inflitte con la sentenza sarebbero in ogni caso estinte per indulto ai sensi della legge n. 241 del 2006.

6. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e comunque generico, in relazione a tutti i profili dedotti e può essere deciso con sentenza a motivazione semplificata.

6.1. Alcuna nullità si è verificata per non essere stato notificato al difensore l’ingiunzione a demolire, dovendosi ribadire il consolidato orientamento secondo cui, in materia di reati edilizi, l’ingiunzione a demolire, conseguente all’ordine di demolizione disposto dal giudice con la sentenza di condanna ex art. 31, comma nono, del d.P.R. n. 380 del 2001, non deve essere notificata dal pubblico ministero al difensore, ma esclusivamente al condannato, essendo preordinata a consentirgli lo spontaneo adempimento dell’obbligo senza ulteriori aggravi di spese a suo carico (Sez. 3, n. 254 del 07/10/2014, dep. 2015, Menduni, Rv. 261789; Sez. 3, n. 3589 del 06/07/2011, dep. 2012, Furente e a., Rv. 251871; Sez. 3, n. 31996 del 31/05/2007, Vitale, Rv. 237127).

6.2. Non essendo stata allegata la sentenza di condanna, viola il principio di autosufficienza del ricorso – ed è quindi generico – il rilievo secondo cui l’ordine di demolizione sarebbe stato emesso nei confronti del Comune e in ogni caso, sulla base delle stesse affermazioni contenute in ricorso e della documentazione allo stesso allegata, si comprende come il ricorrente abbia disponibilità materiale e giuridica dell’immobile abusivo.

6.3. E’ assolutamente pacifico in giurisprudenza il principio secondo cui l’ordine di demolizione adottato dal giudice ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 380/2001, al pari delle altre statuizioni contenute nella sentenza definitiva, è soggetto all’esecuzione nelle forme previste dal codice di procedura penale, avendo natura di provvedimento giurisdizionale, ancorché applicativo di sanzione amministrativa (si tratta di orientamento consolidato a partire da Sez. U, n. 15 del 19/06/199, Monterisi, Rv. 205336; di recente, v. Sez. 3, n. 30679/2017 del 20/12/2016, Pintacorona, Rv. 270229). Non è peraltro controverso che organo competente ad eseguire le statuizioni contenute in sentenza sia il pubblico ministero, pure allorquando, come nel caso di specie, oltre al reato di costruzione in assenza di permesso sussistano pure contravvenzioni alla normativa antisismica. L’attribuzione all’ufficio tecnico regionale dell’esecuzione d’ufficio dell’ordine – impartito dal giudice penale in sentenza a norma dell’art. 98, comma 2, d.p.r. 380/2001 – di demolizione delle opere costruite in difformità rispetto alle norme tecniche dettate in materia ovvero delle prescrizioni impartite per rendere le opere conformi alle stesse deroga al suddetto principio generale che attribuisce al pubblico ministero l’esecuzione dei provvedimenti giudiziali ed è dunque di stretta interpretazione, dovendo essere pertanto limitato all’unica ipotesi di demolizione collegata in via esclusiva alla condanna per contravvenzioni in materia antisismica. Ne deriva che quando – come avvenuto nella specie – vi sia stata condanna per costruzione effettuata in violazione sia della normativa edilizia che di quella antisismica, alla demolizione del manufatto si applica la sola procedura di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 e non anche quella, di competenza regionale, di cui all’art. 98 dello stesso testo unico in materia edilizia, con la conseguenza che compete al pubblico ministero, per entrambe le violazioni, l’iniziativa per la relativa esecuzione (Sez. 3, n. 31029 del 20/05/2016, Staiano e a., Rv. 267339; Sez. 3, n. 46209 del 12/10/2011, Pacchioni, Rv. 251593).

6.4. L’ordine di demolizione del manufatto abusivo non è sottoposto alla disciplina della prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, avendo natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio, priva di finalità punitive e con effetti che ricadono sul soggetto che è in rapporto col bene, indipendentemente dal fatto che questi sia l’autore dell’abuso (Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Delorier, Rv. 265540). Essa, peraltro, non è neppure soggetta alla prescrizione stabilita dall’ad. 28 legge 24 novembre 1981, n. 689, che riguarda unicamente le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva (Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015, Formisano, Rv. 265540; Sez. 3, n. 19742 del 14/04/2011, Mercurio e a., Rv. 250336). La conclusione, del resto, non comporta conseguenze irragionevoli o altrimenti foriere di insinuare dubbi di legittimità costituzionale anche in relazione alla disciplina convenzionale invocata in ricorso. Si è infatti affermato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 117 Cost., dell’ad. 31 del d.P.R. n. 380/2001 per mancata previsione di un termine di prescrizione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna, in quanto le caratteristiche di detta sanzione amministrativa – che, come si è già precisato, assolve ad una funzione ripristinatoria del bene leso, configura un obbligo di fare per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l’autore dell’abuso – non consentono di ritenerla “pena” nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU, e, pertanto, è da escludere sia la irragionevolezza della disciplina che la riguarda rispetto a quella delle sanzioni penali soggette a prescrizione, sia una violazione del parametro interposto di cui all’art. 117 Cost. (Sez. 3, n. 41475 del 03/05/2016, Porcu, Rv. 267977).

6.5. L’indulto non riguarda le sanzioni amministrative accessorie, ma soltanto le sanzioni penali principali, poiché, a norma dell’ad, 174, primo comma, cod. pen., «condona, in tutto o in parte, la pena inflitta, o la commuta in un’altra specie di pena stabilita dalla legge. Non estingue le pene accessorie, salvo che il decreto disponga diversamente, e neppure gli altri effetti penali della condanna». La legge 31 luglio 2006, n. 241 – unica applicabile ratione temporis – non detta previsioni derogatorie al richiamato principio generale, posto che l’art. 1 della stessa prevede il condono «per tutti i reati commessi fino a tutto il 2 maggio 2006, nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie». Così come esso non è applicabile alle sanzioni di cui all’art. 9 D.Lgs. n. 231 del 2001 in quanto sanzioni collegate a responsabilità di natura amministrativa e non penale (Sez. 2, n. 35337 del 13/06/2007, Cluster S.a.s., Rv. 239857), non opera neppure per la sanzione amministrativa accessoria impartita a norma dell’art. 31, comma 9, d.P.R. 380 del 2001.
Del resto, è risalente e non è mai stato contraddetto il principio secondo cui l’ordine di demolizione del manufatto abusivo ha natura amministrativa ed è un provvedimento dovuto, privo di contenuto discrezionale, conseguenziale alla sentenza di condanna; non trattandosi di imposizione di sanzione penale, sono inapplicabili all’ordine di demolizione sia l’istituto dell’amnistia che quello dell’indulto (Sez. 3, n. 6579 del 01/04/1994, Galotta e aa., Rv. 198063).

6.6. Da ultimo, l’ordinanza impugnata ha fatto applicazione del consolidato e corretto principio di diritto secondo cui in tema di reati edilizi, la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive, di cui all’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001, in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, presuppone l’accertamento da parte del giudice dell’esecuzione della sussistenza di elementi che facciano ritenere plausibilmente prossima la adozione da parte della autorità amministrativa competente del provvedimento di accoglimento (Sez. 3, n. 9145 del 01/07/2015, Manna, Rv. 266763); il giudice, di fatti, ha osservato che la pratica di condono pende dal 2004 e non può dunque effettuarsi alcuna prognosi di favorevole, sollecita, definizione. […]