Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 44911 del 2016, dep. il 25/10/2016

[…]

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Torre Annunziata, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 30 gennaio 2015 respingeva l’istanza di […] Mario diretta ad ottenere la sospensione o la revoca dell’ordine di demolizione dell’edificio relativo alla sentenza del tribunale di Torre Annunziata, del 28 settembre 2007, irrevocabile il 9 luglio 2010;
2. […] propone ricorso, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2.1. Erronea applicazione ed interpretazione della legge e difetto di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica dell’ordine di demolizione.
Il tribunale di Asti con recente pronuncia – 3 novembre 2014 – ha ritenuto l’ordine di demolizione una sanzione, con relativa prescrizione per decorso del tempo. La demolizione deve considerarsi una pena accessoria; come per la confisca urbanistica ex art. 44 d. P.R. n. 380 del 2001 così per la demolizione deve seguirsi la giurisprudenza CEDU che considera “penale”, con criterio sostanziale, la confisca e quindi anche la demolizione. Conseguenza di questa impostazione è l’integrale applicazione all’ordine di demolizione degli istituti della pena, art. 172 e 173 del cod. pen.
2. 2. Difetto di motivazione e violazione di legge relativamente alla verifica della sussistenza delle condizioni richieste dall’art. 34 comma 2 del d. P. R. 380 del 2001. Un tecnico di parte ha verificato l’impossibilità della demolizione senza danno per altra parte legittimamente edificata. La costruzione abusiva è stata realizzata vicino, adiacente, ad una struttura esistente. La legge non richiede l’assoluta impossibilità di demolire come causa di revoca dell’ordine di demolizione, ma prevede solo il caso in cui la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte del manufatto regolare. E’ solo l’ufficio tecnico che deve verificare il pregiudizio che la demolizione comporterebbe.
Ha chiesto pertanto l’annullamento del provvedimento impugnato.
3. La procura Generale della Corte di Cassazione, […], ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi (art. 606, comma 3 del cod. proc. pen.).
In materia di reati concernenti le violazioni edilizie, l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, avendo natura di sanzione amministrativa di carattere ripristinatorio, non è soggetto alla prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, né alla prescrizione stabilita dall’art. 28 legge n. 689 del 1981 che riguarda unicamente le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva.
(Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015 – dep. 09/09/2015, Formisano, Rv. 264736; Sez. 3, n. 19742 del 14/04/2011 – dep. 19/05/2011, Mercurio e altro, Rv. 250336; Cass. Sez. 3, 11/02/2016, n. 5708, Wolgar).
4. La questione della natura sanzionatoria dell’ordine di demolizione relativamente alle sentenze Cedu sulla confisca è mal posta.
Nessuna equiparazione può, infatti, logicamente farsi tra la demolizione e la confisca, trattandosi di due istituti diversi che operano su piani completamente diversi: sanzionatoria la confisca e solo di riduzione in pristino (riporta il paesaggio alla condizione iniziale, prima dell’abuso) del bene leso, la demolizione (vedi Cass. Sez. 3, 22/10/2009, n. 48925, Viesti).
5. Anche l’ulteriore motivo di ricorso è manifestamente infondato. Il ricorrente ritiene applicabile l’art. 34 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ma la norma si applica solo ed esclusivamente per gli interventi eseguiti in parziale difformità del permesso di costruire, non per l’assenza del permesso di costruire.
La disciplina prevista dall’art. 34, comma secondo, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (cosiddetta procedura di fiscalizzazione dell’illecito edilizio) trova applicazione, in via esclusiva, per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, e non equivale ad una “sanatoria” dell’abuso edilizio, in quanto non integra una regolarizzazione dell’illecito e non autorizza il completamento delle opere realizzate. (Fattispecie in tema di sequestro preventivo di immobile abusivo in relazione al quale era stata concessa dal Comune una sanatoria parziale per alcuni soltanto degli abusi realizzati mentre, per quelli non sanabili, era stata applicata la procedura dell’art. 34). (Sez. 3, n. 19538 del 22/04/2010 – dep. 24/05/2010, Alborino, Rv. 247187).
Nel nostro caso invece l’immobile risulta totalmente abusivo e non solo realizzato in parziale difformità dal titolo autorizzatorio.
Non sono allegate altre cause di impossibilità della demolizione, se non una generica e indimostrata interferenza con la costruzione adiacente. Motiva sul punto il giudice dell’esecuzione: “Ritenuto altresì che dalla relazione redatta dal consulente di parte non si evincono elementi oggettivi dimostrativi di una materiale impossibilità della demolizione del manufatto abusivo, essendo genericamente indicati i danni che ne deriverebbero alla struttura adiacente”.
Trattasi evidentemente di una questione di fatto insindacabile in sede di legittimità. Nel ricorso non si contesta l’accertamento in fatto compiuto dal giudice dell’esecuzione, ma la non applicazione dell’art. 34 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; norma che, come sopra visto, risulta inapplicabile alla fattispecie. […]