Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 47456 del 2018, dep. il 18/10/2018

[…]

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19 gennaio 2017, il Tribunale di Firenze dichiarava non doversi procedere nei confronti di […] in ordine al reato di cui all’art. 44 lett. b) del d.P.R. 380/2001, accertato in […] il 28 febbraio 2014, in quanto estinto a seguito di esito positivo del periodo di messa alla prova, cui gli imputati erano stati ammessi con ordinanza del 30 giugno 2016.

2. Avverso la sentenza del Tribunale fiorentino, ha proposto appello, convertito in ricorso per cassazione, il Sostituto Procuratore generale presso la Corte di appello di Firenze, sollevando un unico motivo, con il quale deduce la violazione dell’art. 168 bis cod. pen., rilevando che il Giudice monocratico, per ritenere ammissibile l’istanza di messa alla prova, avrebbe dovuto pretendere che, prima di tutto, venissero demolite le opere abusive, essendo necessaria la preventiva eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, cioè la spontanea demolizione del manufatto abusivo, avendo peraltro il ricorrente accertato, come da documentazione allegata, che la principale opera contestata, ovvero la capanna in legno con tettoia, era ancora esistente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso del Procuratore generale è inammissibile.

1. Dal punto di vista sostanziale, la doglianza del ricorrente risulta fondata.
Deve infatti al riguardo richiamarsi la condivisa affermazione di questa Corte (Sez. 3, n. 39455 del 10/05/2017, Rv. 271642), secondo cui l’operatività della messa alla prova nei reati edilizi, formalmente ricompresi nella cornice edittale che consente l’applicazione dell’istituto, richiede la necessaria eliminazione delle conseguenze dannose dei reati in questione, ovvero la preventiva e spontanea demolizione dell’abuso edilizio, o comunque la sua riconduzione alla legalità urbanistica, ove ricorrano i presupposti per la sanatoria di cd. doppia conformità. Tali condotte, infatti, sono pregiudiziali (in senso logico, ma non necessariamente cronologico) rispetto all’affidamento dell’imputato in prova al servizio sociale e alla verifica del suo positivo esito e impongono pertanto al giudice di operare un corretto controllo, anche mediante le opportune e necessarie verifiche istruttorie, sul puntuale e integrale raggiungimento dell’obiettivo dell’eliminazione delle conseguenze del reato edilizio, non potendosi ammettere che venga dichiarata l’estinzione del reato, per compiuta e positiva probation, in presenza di un abuso non completamente demolito o non integralmente sanato, ricorrendone le condizioni, sul piano urbanistico.
Sotto tale profilo, risulta superata peraltro la problematica sul se la sentenza che definisce il procedimento per l’esito positivo della messa alla prova debba o meno contenere l’ordine di demolizione delle opere di cui all’art. 31 comma 9 del d.P.R. 380/2001, posto che tale ordine giudiziale non ha più ragion d’essere, una volta accertata l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

2. Ciò posto, deve tuttavia osservarsi che, dal punto di vista processuale, il rimedio esperito dal Pubblico Ministero risulta evidentemente tardivo. Ed invero, nel disciplinare il procedimento della messa alla prova, l’art. 464 quater cod. proc. pen. dispone che, una volta avanzata la richiesta da parte dell’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, il giudice emette un’ordinanza con cui decide per accoglimento o per il rigetto di tale istanza.
Orbene, avverso questa ordinanza, ai sensi del comma 7 dell’art. 464 quater cod. proc. pen., possono ricorrere per cassazione l’imputato e il pubblico ministero, in tal caso anche su istanza della persona offesa.
Esiste dunque uno specifico strumento di impugnazione che si riferisce espressamente (ed esclusivamente) alla fase processuale in cui viene compiuto dal Giudice il preventivo vaglio sull’ammissibilità dell’istanza di messa alla prova, essendo riservata a questa fase, che si conclude con l’ordinanza con cui viene accolta o respinta la richiesta difensiva, la verifica della configurabilità dei requisiti di legge, ivi compresa la necessità di provvedere eventualmente alla preventiva eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.
Da ciò consegue che la doglianza del ricorrente andava sollevata impugnando non la sentenza che, ai sensi dell’art. 464 septies comma 1 cod. proc. pen., ha dichiarato l’estinzione del reato per l’esito positivo della messa alla prova, ma l’ordinanza che, in precedenza, aveva accolto l’istanza di messa alla prova, dovendosi far valere in quella sede l’eventuale insussistenza dei presupposti per la sospensione del procedimento, non potendosi proporre con l’impugnativa della sentenza emessa all’esito del periodo di prova le censure concernenti il momento valutativo dell’ammissione alla prova, per cui è previsto un autonomo rimedio.

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