Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 5820 del 2019, dep. il 06/02/2019

[…]

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 7 novembre 2017 ha confermato la decisione con la quale, in data 21 aprile 2016, il Tribunale di quella città aveva affermato la responsabilità penale di […] e […] in ordine al reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 44, lett. b) d.P.R. 380/2001, perché, la prima quale proprietaria del terreno e la seconda quale esecutrice e fruitore delle opere abusive, realizzavano, in concorso tra loro, le seguenti opere in assenza di permesso di costruire: – edificio destinato a civile abitazione su due piani delle dimensioni di m. 7,65 x 8,20 e di altezza media di m. 3,60, dotato di impianti tecnologici (aria condizionata, acqua calda e fredda, energia elettrica, scarichi fognari, impianto di videosorveglianza) ed ancora, in aderenza, altro edificio delle dimensioni di m. 2,00 x 4,14 con altezza di m. 2,75, adibito a lavanderia ed, infine, un loggiato delle dimensioni di m. 8,10 x 1,40, con medesima altezza del fabbricato principale; – casa prefabbricata delle dimensioni di m. 2,35 x 5,75 e altezza media di m. 2,30 dotata di cucina e di letto ed impianto elettrico, collocata a ridosso della recinzione; – casetta in legno delle dimensioni m. 2,80 x 2,80 ed altezza media di m. 3,10 pure collocata a ridosso della recinzione, adibita a ricovero di tosaerba e di ciclomotore; – casetta in legno delle dimensioni m. 1,60 x 2,00 ed altezza media di m. 2,00 pure collocata a ridosso della recinzione ed adibita a deposito di materiale vario; lavori tali da comportare, nel complesso e funzionalmente, la realizzazione di un nuovo edificio e la trasformazione edilizia ed urbanistica di una zona agricola in area fabbricata e, quindi, in totale contrasto con gli strumenti urbanistici e con incremento del carico urbanistico (fatti commessi in […], in epoca successiva al 17 gennaio 2013 e con condotta ancora in corso di esecuzione alla data del 26 marzo 2014).

Avverso tale pronuncia le predette propongono congiuntamente ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2. Con un primo motivo di ricorso deducono la violazione di legge, osservando che le opere realizzate sarebbero conformi alla normativa nazionale e regionale, trattandosi di manufatti precari privi di fondamenta, consistenti in strutture aventi carattere temporaneo e non comportanti alcuna modifica sostanziale irreparabile del suolo. Osservano, quanto alle due casette in legno di cui al capo di imputazione, che le stesse sarebbero soggette a SCIA ai sensi della legge regionale e che, quindi, non sarebbero applicabili, ai sensi dell’articolo 37, comma 6 d.P.R. 380/2001, le sanzioni di cui all’articolo 44 del medesimo decreto. Quanto al fabbricato principale e relativi annessi, aggiungono, ancora una volta, che trattasi di opere precarie a carattere agricolo.

3. Con un secondo motivo di ricorso rilevano, in relazione alla posizione dell’imputata […], che la stessa sarebbe stata erroneamente ritenuta corresponsabile del reato sulla base di elementi privi di effettiva consistenza, quali il vincolo di parentela con gli esecutori materiali e la mera residenza nello stesso comune in cui le opere insistono.

4. Con un terzo motivo di ricorso lamentano il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e l’esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

5. Con un quarto motivo di ricorso deducono che la Corte territoriale avrebbe illegittimamente respinto la richiesta di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna in pendenza di un ricorso straordinario al Capo dello Stato, rilevando che il mancato accoglimento della richiesta si risolve in un nel riparabile pregiudizio nei loro confronti.

Insistono pertanto per l’accoglimento dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili.

2. Va osservato, quanto al primo motivo di ricorso, che la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato il principio, che qui va ribadito, secondo il quale il regime dei titoli abilitativi edilizi non può essere eluso attraverso la suddivisione dell’attività edificatoria finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più limitate per la loro più modesta incisività sull’assetto territoriale. L’opera deve essere infatti considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti e ciò ancor più nel caso di interventi su preesistente opera abusiva (Sez. 3, n. 30147 del 19/4/2017, Tomasulo, Rv. 270256; Sez. 3, n. 16622 del 8/4/2015, Pmt in proc. Casciato, Rv. 263473; Sez. 3, n. 1 5442 del 26/11/2014 (dep. 2015), Prevosto e altri, Rv. 263339; Sez. 3, n. 5618 del 17/11/2011 (dep.2012), Forte, Rv. 252125; Sez. 3 n. 34585 del 22/4/2010, Tulipani, non massimata; Sez. 3, n. 20363 del 16/3/2010, Marrella, Rv. 247175; Sez. 3, n. 4048 del 6/11/2002 (dep. 2003), Tucci, Rv. 223365).
Nel caso di specie, dunque, l’intervento, era evidentemente di carattere unitario, come emerge dalla mera descrizione contenuta nell’imputazione, in quanto finalizzato alla realizzazione di manufatti aventi destinazione residenziale in area agricola.
La destinazione residenziale delle opere realizzate, inoltre, oltre ad evidenziare il contrasto con lo strumento urbanistico, che rende l’intervento non sanabile, porta ad escludere che possano ritenersi applicabili disposizioni che disciplinano l’attività edilizia in zone a destinazione agricola, dovendosi ribadire quanto recentemente affermato e, cioè, che per l’edificazione in zona agricola, la destinazione del manufatto e la posizione soggettiva di chi lo realizza sono elementi che assumono entrambi rilievo ai fini della rispondenza dell’opera alle prescrizioni dello strumento urbanistico e, di conseguenza, anche per l’eventuale valutazione di conformità ai fini del rilascio della sanatoria (Sez. 3 n. 39339 del 9 luglio 2018, Ribezzo, non ancora massimata).

3. Quanto alla dedotta precarietà dell’intervento, va ricordato che l’opera precaria, per la sua stessa natura e destinazione, non comporta effetti permanenti e definitivi sull’originario assetto del territorio tali da richiedere il preventivo rilascio di un titolo abilitativo e la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che l’intervento precario deve necessariamente possedere alcune specifiche caratteristiche: la sua precarietà non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all’opera dall’utilizzatore; sono irrilevanti le caratteristiche costruttive i materiali impiegati e l’agevole amovibilità; deve avere una intrinseca destinazione materiale ad un uso realmente precario per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo; deve essere destinata ad una sollecita eliminazione alla cessazione dell’uso (cfr. ex. pl . Sez. 3, n. 36107 del 30/6/2016, Arrigoni e altro, Rv. 267759; Sez. 3, n. 6125 del 21/1/2016, Arcese, non massimata; Sez. 3, n. 16316 del 15/1/2015, Curti, non massimata; Sez. 3, n. 966 del 26/11/2014 (dep. 2015), Manfredini, Rv. 261636; Sez. 3, n. 25965 del 22/06/2009, Bisulca, non massimata). Tali principi, pienamente condivisi dal Collegio, sono stati correttamente applicati nella sentenza impugnata, avendo la Corte territoriale posto in evidenza le caratteristiche costruttive degli immobili realizzati, dando altresì conto del fatto che l’immobile principale è destinato a stabile abitazione degli occupanti, come dimostrato anche dalla presenza degli impianti tecnologici descritti nell’imputazione e dalle opere accessorie realizzate.

4. Quanto alla posizione […], di cui tratta il secondo motivo di ricorso, va osservato che, con riferimento alla responsabilità del proprietario (o comproprietario) dell’area non formalmente committente è richiesta, dalla giurisprudenza di questa Corte, la sussistenza di indizi e presunzioni gravi, precisi e concordanti e tali indizi sono stati individuati, ad esempio, nella piena disponibilità, giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell’interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del “cui prodest”); nei rapporti di parentela o di affinità tra l’esecutore dell’opera abusiva ed il proprietario, nell’eventuale presenza “in loco” del proprietario dell’area durante l’effettuazione dei lavori; nello svolgimento di attività di materiale vigilanza sull’esecuzione dei lavori; nella richiesta di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria; nel particolare regime patrimoniale fra coniugi o comproprietari; nella fruizione dell’opera secondo le norme civilistiche dell’accessione ed in tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche morale, all’esecuzione delle opere, tenendo presente pure la destinazione finale della stessa. Grava inoltre sull’interessato l’onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (così Sez. 3 n. 35907 del 29/05/2008, Calicchia, non massimata, che riporta anche gran parte degli esempi sopra indicati e ampi richiami a precedenti pronunce. Conf. Sez. 3, n. 38492 del 19/5/2016, Avanzato, Rv. 26801401 Sez. 3, n. 52040 del 11/11/2014, Langella e altro, Rv. 261522; Sez. 3, n. 44202 del 10/10/2013, Menditto, Rv. 257625; Sez. 3, n. 25669 del 30/5/2012, Zeno, Rv. 253065).
Si è ulteriormente precisato che, ai fini del disconoscimento del concorso del proprietario del terreno non committente dei lavori nel reato urbanistico, occorre escludere l’interesse o il suo consenso alla commissione dell’abuso edilizio ovvero dimostrare che egli non sia stato nelle condizioni di impedirne l’esecuzione (Sez. 3, n. 33540 del 19/6/2012, Grilli, Rv. 253169).
Di alcuni tra gli elementi appena indicati la Corte territoriale ha correttamente tratto la convinzione della penale responsabilità delle ricorrenti, ponendo in evidenza il fatto che la coimputata […] è la nuora della […], che quest’ultima ha messo a disposizione il terreno per la realizzazione delle opere, che la realizzazione di opere abusive le era nota, tanto che due anni prima era stata ritenuta responsabile della realizzazione di altro manufatto sullo stesso terreno, manufatto poi demolito e nell’area interessata dai lavori era presente, all’atto del sequestro, un autocaravan di sua proprietà.

5. Le circostanze attenuanti generiche, di cui tratta il terzo motivo di ricorso, sono state negate in ragione della gravità dei fatti, dando conto della consistenza volumetrica degli immobili realizzati e tenendo conto della reiterazione delle condotte illecite a breve distanza di tempo.
La motivazione, sul punto, è congrua e corretta, poiché, nel decidere circa il riconoscimento delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti, ben potendo fare riferimento esclusivamente a quelli ritenuti decisivi o, comunque, rilevanti ai fini del diniego (v. Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163 ; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244), con la conseguenza che la motivazione che appaia congrua e non contraddittoria non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, neppure quando difetti uno specifico apprezzamento per ciascuno dei reclamati elementi attenuanti invocati a favore dell’imputato (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Caridi, Rv. 242419; Sez. 6, Sentenza n. 7707 del 4/12/2003 (dep. 2004), Anaclerio, Rv. 229768).

6. La gravità del fatto posta in evidenza rende altrettanto corretta ed adeguata la motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.
La giurisprudenza di questa Corte ha altresì affermato che l’assenza dei presupposti per l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. può essere rilevata anche con motivazione implicita (Sez. 3, n. 48317 del 11/10/2016 Scopazzo, Rv. 268499. V. anche Sez. 5, n. 39806 del 24/6/2015, Lembo, Rv. 265317; Sez. 3, n. 24358 del 14/5/2015, Ferretti e altri, Rv. 264109) ovviamente in presenza di dati obiettivamente preclusivi di una valutazione di particolare tenuità del fatto, sicché deve ritenersi del tutto adeguata la motivazione espressa che valorizzi l’assenza anche di uno solo dei requisiti richiesti dall’art. 131-bis cod. pen., come è stato recentemente affermato (Sez. 3, n. 34151 del 18/6/2018, Foglietta e altro, Rv. 273678).

7. Infine, riguardo al quarto motivo di ricorso, osserva il Collegio che alcuna sospensione o revoca dell’ordine di demolizione era dovuta in pendenza del ricorso, poiché tale questione, semmai, sussistendone i presupposti, potrà essere prospettata in sede di esecuzione.

8. I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili […]