Corte di Cassazione, Sez. 4, Sentenza n. 22324 del 2011, dep. il 06/06/2011

[…]

RITENUTO in FATTO

1. Con sentenza del 16/12/2008 il Tribunale di Tivoli, sez. dist. di Palestrina, dichiarava non doversi procedere nei confronti di […] per contravvenzioni relative a violazioni edilizie (acc. In […] il […]2006), perché estinti i reati per sopravvenuto permesso per costruire.
Con sentenza del 14/10/2009 la Corte di cassazione, 3^ sez., su impugnazione del P.M., annullava la sentenza, per difetto di motivazione, rinviando per nuovo giudizio alla Corte di Appello.
Con sentenza del 15/6/2010 la Corte di Appello di Roma, ritenuto che le opere edilizie svolte non erano sanabili in ragione di successivo permesso e che, peraltro la sanatoria in ogni caso non poteva riguardare le violazioni relative alle violazioni antisismiche ed alla normativa sul cemento armato, dichiarava l’imputato colpevole dei reati ascrittigli e lo condannava alla complessiva pena di mesi 2 di arresto ed Euro 10.000,00= di ammenda, con le attenuanti generiche.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, lamentando:
2.1. La violazione di legge in quanto nella sentenza erano state omesse le indicazioni sulle generalità dell’imputato ed, in ogni caso, l’anno di nascita era indicato in modo errato […];
2.2. la violazione di legge ed in particolare del principio devolutivo, in quanto il P.M. aveva proposto impugnazione per non essere le opere sanabili ai sensi del D.P.R. 380 del 2001, art. 36 mentre il permesso per costruire era stato rilasciato ai sensi del D.P.R. 380 del 2001, art. 34; inoltre, l’opera svolta era sanabile, in quanto costruzione in difformità parziale di altro manufatto già regolarmente autorizzato;
2.4. la mancanza di motivazione sulla omessa sospensione condizionale della pena.

CONSIDERATO in DIRITTO

3. Le censure formulate sono infondate ed il ricorso deve essere rigettato.
3.1. La doglianza relativa alla erronea indicazione dell’anno di nascita dell’imputato ([…] e non […]), poiché non incide sulla sua corretta identificazione, come emerge dagli atti processuali e dagli stessi provvedimenti amministrativi edilizi, non è causa di nullità della sentenza, ma determina la mera correzione dell’errore materiale come da dispositivo (cfr. Cass. Sez. 1^, Sentenza n. 3949 del 06/12/2007 Cc (dep. 24/01/2008), Scatola, Rv. 238376).
3.2. Quanto alla lamentata violazione del principio devolutivo (“tantum devolutum quantum appellatum”), nessun vulnus del principio si è maturato, essendosi limitato il P.M. ad evidenziare che nel caso di specie nessuna sanatoria poteva essere concessa. Il difensore dell’imputato ha osservato di contro, che la sanatoria era stata concessa ai sensi del D.P.R. 380 del 2001, art. 34.
Orbene, questa Corte di legittimità ha più volte ribadito, che la disciplina prevista dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 34, comma 2, (cosiddetta procedura di fiscalizzazione dell’illecito edilizio) trova applicazione, in via esclusiva, per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, e non equivale ad una “sanatoria” dell’abuso edilizio, in quanto non integra una regolarizzazione dell’illecito e non autorizza il completamento delle opere realizzate (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19538 del 22/04/2010 Cc. (dep. 24/05/2010), Alborino, Rv. 247187; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13978 del 25/02/2004 Cc. (dep. 23/03/2004), Tessitore, Rv. 228451; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24661 del 15/04/2009 Cc. (dep. 15/06/2009), Ostuni, Rv. 244021).
Infatti, l’art. 34 cit. si riferisce alle sole opere realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire e dispone che anche tali opere, ancorché solo parzialmente difformi, devono essere eliminate a cura e spese del responsabile entro il termine congruo fissato nell’ordinanza del dirigente del responsabile dell’ufficio. Decorso tale termine sono demolite a cura del Comune ed a spese del responsabile dell’abuso. Tuttavia, quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base 27 luglio del 1978, n. 392 della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruirete ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura dell’agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi Le disposizioni anzidette si applicano anche alle opere eseguite in parziale difformità dalla denuncia d’inizio attività. In tal caso, il provvedimento adottato dall’autorità amministrativa a norma del comma secondo della norma dianzi citata trova applicazione solo per le difformità parziali e comunque non equivale ad una sanatoria, atteso che non integra una regolarizzazione dell’illecito, ed in particolare non autorizza il completamento delle opere, considerato che le stesse vengono tollerate, nello stato in cui si trovano, solo in funzione della conservazione di quelle realizzate legittimamente (Cass. n. 13978 del 2004).
In tal caso, pertanto non si può concedere la sanatoria per ed. doppia conformità, ex art. 36 del Testo unico, per una parte soltanto dell’opera e conservare la parte difforme richiamando una norma non applicabile al caso concreto, giacché la norma invocata riguarda le sole difformità parziali rispetto al progetto approvato.
Ne consegue da quanto detto che, nel caso di specie, il rilascio del permesso D.P.R. 380 del 2001, ex art. 34 non aveva alcuna efficacia sanante e, pertanto non poteva determinare l’estinzione dei reati, proprio come lamentato dal P.M. nell’impugnazione. A ciò va aggiunto che, con coerente motivazione, la Corte di merito, valutato il cambio di destinazione del preesistente immobile l’immobile incrementato di volume (da magazzino a civile abitazione); il raddoppio della superficie calpestabile (con un incremento di 27 mq.); valutato, inoltre che l’immobile gravava in zona “semirurale” con vincolo sismico e di saggi archeologici ha ritenuto non concedibile alcun provvedimento di sanatoria e che, pertanto, quello rilasciato, andava disapplicato.
In definitiva, correttamente la Corte di appello ha ritenuto non sanato l’abuso commesso ai sensi dell’art. 36, ne’ sanabile ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 34 con la conseguente configurabilità dei reati contestati.
3.3. L’imputato ha infine lamentato il difetto di motivazione sulla omessa concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Va ricordata sul punto la giurisprudenza di questa secondo cui “In tema di sospensione condizionale della pena e di non menzione, il giudice di appello, qualora condanni un imputato già assolto in primo grado, a seguito di impugnazione del pubblico ministero, non ha l’obbligo di motivare la mancata concessione dei benefici in assenza di specifica richiesta dell’interessato” (cass. Sez. 3, Sentenza n. 7911 del 12/08/1993 Ud. (dep. 21/08/1993), Todisco, Rv. 194662; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 4374 del 28/10/2008 Ud. (dep. 02/02/2009), Maugliani, Rv. 242785). Nel caso di specie, in sede di conclusioni il difensore dell’imputato non ha avanzato alcuna richiesta; inoltre il beneficio non era concedibile […]