Corte di Cassazione, Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 1667 del 2020, dep. il 24/01/2020

[…]

Svolgimento del processo

che, con atto di citazione notificato l’8 marzo 2011, […] ed […], in qualità di figli di […], convennero in giudizio […], per sentir accertare il rapporto di paternità intercorrente tra quest’ultimo ed il loro genitore;
che, con sentenza del 15 gennaio 2015, il Tribunale di Salerno dichiarò inammissibile la domanda, in quanto proposta successivamente alla scadenza del termine biennale di cui all’art. 270 c.c., comma 2, decorrente dalla morte di […];
che il gravame proposto dagli attori è stato rigettato dalla Corte d’appello di Salerno, che, con sentenza del … 2018, ha confermato l’avvenuta scadenza del termine per la proposizione della domanda, ritenendo giustificata la diversità della disciplina dettata dall’art. 270, comma 2, per i discendenti da quella prevista dal comma 1 per il figlio, ed escludendo la possibilità di attribuire efficacia interruttiva alle dichiarazioni rese dal […] in uno scambio epistolare intercorso con gli attori, in considerazione dell’indisponibilità del diritto controverso e della conseguente irrinunciabilità del termine di prescrizione;
che avverso la predetta sentenza i […] hanno proposto ricorso per cassazione, per un solo motivo, al quale ha resistito con controricorso […], in qualità di erede del […].

Motivi della decisione

che con l’unico motivo d’impugnazione i ricorrenti denunciano la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2937 c.c., censurando la sentenza impugnata per aver affermato l’indisponibilità del diritto al riconoscimento della paternità, senza considerare che la rinuncia del […] non aveva ad oggetto tale diritto, ma il termine di decadenza di cui all’art. 270 c.c., comma 2;
che, nel ritenere ininfluenti le dichiarazioni rese dal […] nella corrispondenza intercorsa in epoca anteriore all’instaurazione del giudizio, la Corte d’appello non ha considerato che la predetta rinuncia può risultare anche da un fatto incompatibile con la volontà di avvalersi della prescrizione, trattandosi di negozio unilaterale non recettizio, per il quale non è prescritta una forma particolare, nè la notificazione alla controparte o l’accettazione della stessa, ma solo la disponibilità del diritto rinunciato;
che il ricorso è infondato;
che la sentenza impugnata ha correttamente attribuito natura decadenziale al termine previsto dall’art. 270 c.c., comma 2, in conformità del dettato di tale disposizione, che, nel disciplinare la dichiarazione di paternità, distingue l’azione proposta dal figlio, dichiarata imprescrittibile dal comma 1, da quella proposta dai discendenti dello stesso, assoggettata al predetto termine, decorrente dalla morte del figlio (cfr. Cass., Sez. I, 21/09/2001, n. 11934);
che non può condividersi la tesi sostenuta dal ricorrente, che pretende di distinguere tra l’indisponibilità del diritto all’accertamento della paternità e la rinunciabilità del termine di decadenza previsto per la relativa azione, trovando applicazione l’art. 2698 c.c., ai sensi del quale, ove la decadenza sia stabilita dalla legge in materia sottratta alla disponibilità delle parti, come quella riguardante lo stato delle persone, le stesse non possono rinunziarvi;
che, anche a voler attribuire al termine in questione natura prescrizionale, l’indisponibilità dello status di figlio escluderebbe la possibilità di ravvisare una valida rinuncia nelle dichiarazioni rese dal convenuto in epoca anteriore all’instaurazione del giudizio, trovando applicazione l’art. 2937 c.c., comma 1, che non consente di rinunziare alla prescrizione a chi non può disporre validamente del diritto;
che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 270 c.c., nella parte in cui, assoggettando l’azione dei discendenti ad un brevissimo termine di decadenza, comporterebbe, ad avviso dei ricorrenti, un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto al figlio, la cui azione risulta invece sottratta a qualsiasi termine di prescrizione o decadenza;
che, come già affermato da questa Corte, la diversità della disciplina dettata dall’art. 270, primi due commi, trova giustificazione nell’evidente disomogeneità delle situazioni dagli stessi considerate, giacchè l’imprescrittibilità dell’azione riguardo al figlio tutela l’interesse del medesimo al riconoscimento della propria filiazione, interesse che resta integro anche nell’ipotesi di decesso del presunto genitore, mentre il termine decadenziale previsto per l’azione promossa dai discendenti del presunto figlio è giustificato dal fatto che essi sono portatori di un interesse non diretto, ma solo riflesso al riconoscimento della filiazione del loro ascendente (cfr. Cass., Sez. I, 21/ 09/2001, n. 11934);
che inoltre, a differenza di quanto accade per i discendenti, il diritto al riconoscimento di uno status filiale corrispondente alla verità biologica costituisce per il figlio una componente essenziale del diritto all’identità personale, riconducibile all’art. 2 Cost. ed all’art. 8 della CEDU, che accompagna la vita individuale e relazionale, e l’incertezza su tale status può determinare una condizione di disagio ed un vulnus allo sviluppo adeguato ed alla formazione della personalità (cfr. Cass., Sez. I, 29/11/2016, n. 24292);
che il ricorso va pertanto rigettato, […]