Corte di Cassazione, Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 25585 del 2018, dep. il 12/10/2018

[…]

RILEVATO

– che è proposto ricorso, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce del 9 marzo 2017, la quale, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto la domanda proposta da […] contro […] ed […], volta alla condanna dei medesimi al pagamento degli utili relativi agli anni dal settembre 1990 al settembre 1997, realizzati dalla […] società di fatto;
– che resistono gli intimati con controricorso;
– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c.;
– che il ricorrente ha depositato la memoria;

CONSIDERATO

– che il primo motivo censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 2272, 2275 e 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., nonché l’omesso esame di fatto decisivo, in quanto la corte del merito avrebbe errato nel ritenere sciolta la società di fatto sin dal settembre 1990, come risulta dalle deposizioni dei testimoni, mentre l’affermazione di altro socio receduto, secondo cui i soci decisero a tale data di sciogliere la società, è atecnica; né occorreva un nuovo accordo per la prosecuzione dell’attività sociale, mentre non risultano neppure individuati i presunti criteri di liquidazione;
– che il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., nonché l’omesso esame di fatto decisivo, in quanto comunque la corte territoriale avrebbe potuto condannare le controparti alla quota di liquidazione spettante al socio, come il più comprende il meno;
– che la corte del merito, per quanto ancora rileva, ha ritenuto come: a) sia le stesse ammissioni dell’attore, sia i testimoni escussi hanno dichiarato in modo non equivoco che i soci stabilirono di sciogliere la società nel settembre 1990, onde è integrata la causa di scioglimento ex art. 2272, n. 3, c.c.; b) non rileva in senso contrario la mancanza di una fase di liquidazione, non indefettibile nelle società personali; c) non vi è nessuna prova che le parti abbiano raggiunto un nuovo accordo per l’esercizio in comune dell'[…], neppure presuntiva, esistendo, anzi, in atti deposizioni testimoniali in senso contrario; d) nessun diritto agli utili post 1990 può essere dunque vantato dal […], avendo semmai egli diritto alla quota di liquidazione, tuttavia domanda mai avanzata;
– che, ciò posto, il primo motivo è inammissibile, in quanto esso pretende una riconsiderazione della situazione e delle circostanze di fatto, precluso in questa sede, avendo la corte del merito compiutamente valutato le risultanze probatorie, nell’ambito del giudizio di fatto ad esso riservato; né l’assunto esposto nella memoria, secondo cui furono intrapresi nuovi affari e non solo gli atti conservativi ex art. 2274 c.c., può indurre a mutare detta conclusione, posto che rimane un giudizio sul fatto non ripetibile in questa sede, mentre l’intrapresa di nuovi affari nella fase liquidatoria costituisce semmai un inadempimento del liquidatore, ma non implica di per sé il venire meno dello stato di liquidazione;
– che il secondo motivo è manifestamente infondato, dal momento che la corte del merito ha correttamente evidenziato la mancanza di qualsiasi domanda ex art. 2289 c.c. — circostanza del resto ammessa dallo stesso ricorrente — la quale ha petitum e causa petendi diversi da quelli di pagamento degli utili ex art. 2262 c.c., onde poi il giudice mai potrebbe sostituire l’una all’altra d’ufficio, come invece il ricorrente sembra sostenere; […]