[…]
RITENUTO IN FATTO
1. […] propone ricorso contro l’ordinanza in epigrafe indicata con la quale è stato rigettato l’appello awerso il provvedimento del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ancona di perquisizione e sequestro di un cellulare, una pendrive e due hard disk; perquisizione e sequestro disposti in relazione ai delitti di cui agli artt. 278, 291, e 314 c.p. per i quali […] risulta indagato.
Il Tribunale ritiene infondato il riesame proposto anzitutto perché il concetto di fumus del reato che caratterizza il sequestro probatorio, a differenza di quello preventivo, non può che essere orientato all’esigenza di assicurare le “fonti di prova”.
In secondo luogo, l’utilizzo di una “denuncia anonima” è giustificato poiché si è in presenza di una fonte volta a stimolare l’attività di indagine d’iniziativa della polizia giudiziaria. Ne discende che, entro tali limiti, una volta acquisita la notitia di reato, all’esito delle indagine svolta dagli inquirenti, perquisizione e sequestro sono utilizzati quali mezzi di accertamento della prova e non della notizia di reato.
Nel caso concreto il fumus dei reati ipotizzati non è nella denuncia anonima, bensì va ricercato negli atti di indagine compiuti dalla polizia giudiziaria.
2. La difesa del ricorrente deduce:
2.1..violazione di legge con riferimento agli artt.125 comma 3, 247, comma 2, 250 comma 3, 252, 253 comma 1, 333 comma 3 c.p.p. nella parte in cui il giudice del riesame ha erroneamente ritenuto legittimo il decreto di perquisizione e sequestro a fondamento del quale è stata posta una denuncia anonima, della quale non può essere fatto alcun uso tranne che le notizie costituiscano “corpo del reato” ex art.240 c.p.p.. Ne discende che non avrebbe potuto essere operato alcun sequestro e quanto oggetto dello stesso avrebbe dovuto essere restituito.
2.2. violazione di legge in relazione agli artt. 247,250,252 e 253 c.p.p. nonché per violazione dell’obbligo di motivazione ex art.125 comma 3, c.p.p, in merito alla configurabilità del fumus dei reati contestati all’indagato. Ad avviso del ricorrente, gli atti di indagine delegati dalla Procura non avrebbero consentito di acquisire alcun elemento che potesse esser utile a configurare il fumus dei reati ipotizzati a carico dell’indagato, peraltro illegittimamente iscritto nel registro degli indagati sulla base di una sola denuncia anonima. Il pubblico ministero ha ritenuto di utilizzare gli elementi acquisiti, senza che vi fosse alcun riscontro valido che potesse far ritenere l’esistenza del fumus richiesto per quanto acquisito nel corso delle indagini e, in particolare, all’esito della perquisizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il tema posto dalla vicenda processuale implica l’approfondimento dei limiti di utilizzabilità di un “anonimo”: il decreto di sequestro probatorio è stato emesso all’esito di un perquisizione disposta dopo indagini effettuate dagli organi di polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero. Al riguardo, nell’informativa trasmessa al pubblico ministero si precisa che le indagini hanno avuto impulso da un “anonimo” e sono state sviluppate sull’analisi di “numerosi post a contenuto diffamatorio, anche nei confronti del Presidente della Repubblica”, pubblicati mediante l’account “[…]”, attuale indagato, per quanto acquisito e sequestrato in sede di perquisizione; account creato sul social network facebook. Per verificare la disponibilità dell’account, dal quale risultano inviti i messaggi diffamatori, sono stati sequestrai computer e telefono in uso all’indagato e si è effettuata una rogatoria internazionale.
Una “denuncia anonima” non può essere posta a fondamento di atti “tipici di indagine” e, quindi, non è possibile procedere a perquisizioni, sequestri e intercettazioni telefoniche, trattandosi di atti che implicano e presuppongono l’esistenza di indizi di reità. Tuttavia, gli elementi contenuti nelle “denunce anonime” possono stimolare l’attività di iniziativa del pubblico ministero e della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi estremi utili per l’individuazione di una “notitia criminis” (Sez. VI, 21/09/2006 n. 36003 Cc.). In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che la polizia giudiziaria legittimamente può procedere alla perquisizione di un’autovettura e al conseguente sequestro di sostanza stupefacente, dopo aver avviato, a seguito di una denuncia anonima, un’indagine sul posto dove poi ha acquisito la notizia di reato. Ne discende che legittimamente anche nel caso in esame l’anonimo è stato utilizzato come mero atto di impulso investigativo per verificare l’esistenza una notitia criminis e poi, altrettanto legittimamente, in base a quanto emerso dalla doverosa investigazione, si è proceduto a perquisizione e sequestro.
Il ricorso è, dunque, infondato e va rigettato […]