[…]
IN FATTO E DIRITTO
Avverso […] ha proposto ricorso per Cassazione, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
1. violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3, degli artt. 247, 252, 253 c.p.p., e dell’art. 333 c.p.p., comma 3, e del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 103, perché la perquisizione a seguito di denuncia anonima e non ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 103, commi 2 e 3, in quanto non era in corso un servizio di indagine per la repressione del traffico di stupefacenti e non sussisteva fondato motivo che potessero essere rinvenute tali sostanze; e anche se sussistessero i presupposti del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 103, comma 3, non vi era stata comunicazione al magistrato competente, benché i Carabinieri avessero tutto il tempo;
2. violazione dell’art. 292 c.p.p. e mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 273 c.p.p. perché: 1) ne’ l’ordinanza del G.i.p., ne’ quella impugnata contengono l’esposizione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa (buste – paga prodotte all’udienza di convalida) e la valutazione degli stessi a favore dell’imputato; 2) il Tribunale non ha valutato la diversa tesi prospettata dalla difesa, affermando che un’ipotesi alternativa allo stato non pareva neppure astrattamente configurabile; 3) il Tribunale prima afferma che il furgone era nella costante disponibilità dell’indagato e poi si contraddice affermando che doveva escludersi che un terzo, ignoto, avesse nascosto il quantitativo ingente di stupefacente nel mezzo che era nella costante disponibilità di uno dei titolari dell’azienda e non, di conseguenza, di facile accesso.
L’impugnazione è infondata.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale in materia, fermo restando che il documento anonimo non soltanto non costituisce elemento di prova, ma neppure integra notitia criminis, e pertanto del suo contenuto non può essere fatta alcuna utilizzazione in sede processuale (salvo quanto disposto dall’art. 240 c.p., con riferimento alla natura di corpo di reato eventualmente riconoscibile al documento anonimo ovvero alla provenienza del medesimo dall’imputato; e salvo che ricorra l’ipotesi di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 41, nella quale lo scritto anonimo faccia riferimento alla presenza, in un determinato luogo, di armi, munizioni o materie esplodenti non denunciate o non consegnate o comunque abusivamente detenute, nel qual caso la polizia giudiziaria è legittimata a compiere perquisizioni di iniziativa), l’unico effetto degli elementi contenuti nella denuncia anonima, infatti, può essere quello di stimolare l’attività di iniziativa del P.M. e della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dall’anonimo possono ricavarsi gli estremi utili per l’individuazione di una notitia criminis. Tali investigazioni, volte ad acquisire elementi di prova utilizzabili, si pongono, peraltro, fuori delle indagini preliminari, appunto in quanto sfornite di pregressa notitia criminis, sicché l’accusa non può procedere – sulla sola base di una denuncia anonima o confidenziale, non inseribile in atti ed inutilizzabile – a perquisizioni, sequestri, intercettazioni telefoniche, trattandosi di atti che implicano e presuppongono l’esistenza di indizi di reità (Cass., Sez. 4^, 17 maggio 2005 n. 30313, ric. Cicerone; Sez. 3^, 29 aprile 2004 n. 26847, ric. Bettio e altro). Operano, pertanto, correttamente gli agenti della Polizia Giudiziaria, i quali, ricevuta una denuncia anonima, si recano nel luogo indicato e individuano un’autovettura parcheggiata con delle persone nei pressi, la sottopongono a perquisizione, procedendo al sequestro della sostanza stupefacente occultata nell’imbottitura del sedile della stessa. La segnalazione anonima viene, infatti, utilizzata solo per avviare un’indagine sul posto, con acquisizione della notitia criminis e, in seguito all’acquisizione di essa, vengono eseguiti la perquisizione dell’autovettura sospetta e, quindi, il sequestro della sostanza stupefacente ivi occultata e il conseguente arresto in flagranza del titolare di essa, sicché perquisizione e sequestro vengono legittimamente utilizzati come mezzi di accertamento della prova e non della notizia del reato. Nella specie gli Agenti della Polizia di Stato a seguito della segnalazione anonima si sono recati sul posto e hanno verificato la presenza di un’autovettura sospetta, parcheggiata, e di persone nei pressi. Solo dopo tale accertamento hanno proceduto alla perquisizione del veicolo, sul quale hanno rinvenuto, occultati nell’imbottitura del sedile del lato del passeggero, gr. 90 circa di cocaina, che hanno sequestrato, procedendo all’arresto in flagranza del titolare dell’autovettura, ritenuto fondatamente detentore abusivo della sostanza stupefacente sequestrata, sicché perquisizione e sequestro sono stati eseguiti nel rispetto delle finalità processuali loro proprie. Il primo motivo di ricorso è, di conseguenza, infondato.
Il secondo motivo è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Il Tribunale ha motivatamente valutato le prove acquisite, a fronte delle quali gli elementi forniti dall’imputato appaiono generici e comunque ininfluenti, escludendo logicamente la sussistenza di un’ipotesi alternativa a quella risultante dalla ricostruzione dei fatti compiuta in base alle prove stesse e, in particolare, che un terzo avesse potuto nascondere lo stupefacente sull’autovettura, nell’esclusiva disponibilità di uno dei titolari dell’azienda e perciò di non facile accesso. Pertanto il ricorso dev’essere rigettato […]