Corte di Cassazione, Sez. II, Sentenza n. 7286 del 2018, dep. il 23.03.2018

[…]

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2001 […] s.r.l. ottenne decreto ingiuntivo nei confronti della sig.ra […], titolare della ditta individuale […], per il pagamento della somma di euro 4.444,81 a titolo di corrispettivo della fornitura del software denominato […].
1.1. L’ingiunta […] propose opposizione, lamentando che il software in oggetto, acquistato per l’elaborazione di dati contabili, era risultato non compatibile con gli archivi informatici in uso alla ditta dell’opponente, come riconosciuto dai tecnici della […], chiedendo, in via principale, la risoluzione del contratto, previo accertamento della mancanza di qualità promesse o essenziali o, comunque, oggettivamente presupposte dai contraenti, e, in via subordinata, l’annullamento del contratto per errore dell’acquirente sulle qualità essenziali del software, con la condanna in ogni caso della venditrice alla restituzione dell’acconto ricevuto e dei danni provocati.
1.2. L’opposta […] dedusse che, invece, il software oggetto della fornitura era sicuramente compatibile con il programma già in uso all’acquirente per l’elaborazione dei dati contabili, entrambi prodotti dalla […], non anche con il programma utilizzato dall’acquirente per le denunce dei redditi, che aveva diverso produttore, e che pertanto essa venditrice non aveva garantito il recupero dati relativo a tale secondo programma, concludendo per il rigetto dell’opposizione e la conferma del d.i.
1.3. Il Tribunale di Nuoro, con la sentenza n. 239 del 2006, rigettò l’opposizione sul rilievo che non era stata raggiunta la prova della mancanza di qualità promesse, né sussistevano i presupposti dell’annullamento del contratto per errore, e confermò l’ingiunzione di pagamento.
2. La Corte d’appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari, con sentenza depositata il 22 febbraio 2013, ha accolto l’appello proposto da […] e riformato la decisione.
2.1. Rigettate le eccezioni preliminari di nullità e inammissibilità dell’appello, la Corte territoriale ha ritenuto raggiunta la prova del fatto che la società venditrice […] aveva garantito la compatibilità del software a tutti i sistemi informatici in uso presso la ditta […]. Il prodotto consegnato era quindi diverso da quello pattuito e risultava inidoneo ad offrire l’utilità richiesta e promessa, con la conseguenza che la fattispecie era riconducibile alla vendita di aliud pro alio, e l’acquirente aveva diritto alla risoluzione del contratto e alla restituzione di quanto versato a titolo di acconto.
3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso […] srl, sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso […].

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.
1.2. Con il primo motivo è denunciata nullità della sentenza per violazione degli artt. 83, 125, 342 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 163 e 327 cod. proc. civ. La società ricorrente contesta il rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’appello, sollevata in comparsa di risposta sul rilievo che nella copia dell’atto di appello, notifica in data 13 giugno 2007, non risultava trascritta la procura speciale alle liti. In proposito, la Corte d’appello aveva rilevato che dall’originale dell’atto di appello risultava che la procura era stata regolarmente conferita «al più il giorno stesso della consegna dell’atto all’Ufficiale giudiziario», e tuttavia l’assunto era erroneo, in quanto la mancanza dell’indicazione degli elementi essenziali nella copia dell’atto di impugnazione consegnata all’appellato in sede di notifica determina una nullità che investe l’atto di stesso.
In ogni caso, la ricorrente denuncia che nell’originale dell’atto di appello, iscritto a ruolo in data 22 giugno 2007, la procura alle liti era sprovvista di data.
1.2. La doglianza è infondata.
La Corte d’appello ha chiarito che sull’originale dell’atto di appello vi era procura regolarmente conferita, e ciò era sufficiente ai fini della validità dell’atto, ed ha poi rilevato che la data di conferimento della procura doveva essere individuata, al più tardi, nel giorno di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario ai fini della notificazione.
La conclusione è conforme alla giurisprudenza di questa Corte, che ritiene sufficiente che l’originale della procura sia contenuto in uno degli atti depositati dei quali la controparte abbia possibilità di prendere visione al fine di verificare che la procura sia stata rilasciata in data anteriore alla costituzione in giudizio della parte rappresentata (ex plurimis, Cass. 09/07/2009, n. n. 16135; Cass. 10/01/1998, n. 146).
La Corte d’appello ha poi ritenuto priva di conseguenze la mancanza di data del rilascio della procura sull’originale dell’atto di appello depositato in cancelleria. E in effetti, come chiarito dalla stessa Corte, l’atto – che era stato consegnato all’ufficiale giudiziario per la notificazione – recava il timbro che attestava l’avvenuta spedizione in data 12 giugno 2007, e a tale data, al più tardi, doveva farsi risalire il rilascio della procura.
2. Con il secondo motivo è denunciata violazione degli artt. 2722, 2725, 1362 e ss. cod. civ., 115 e 244 cod. proc. civ. La ricorrente lamenta che la Corte d’appello ha ritenuto utilizzabile la prova testimoniale ammessa dal Tribunale in violazione dei limiti previsti dai richiamati artt. 2722 e 2725 cod. civ., sul duplice rilievo della non revocabilità dell’ordinanza di ammissione e della mancata opposizione all’ammissione della prova stessa. In ogni caso, la Corte d’appello avrebbe privilegiato il contenuto di detta prova, trascurando le ulteriori risultanze processuali di segno contrario (per le quali rimanda al motivo successivo).
2.1. La doglianza è infondata sotto tutti i profili evocati.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte regolatrice, la parte interessata a dolersi della ammissione e dell’espletamento della prova testimoniale ha l’onere di richiedere, in sede di conclusioni definitive, la revoca dell’ordinanza ammissiva, in caso contrario resta preclusa al giudice di primo grado (collegio o giudice unico) la decisione in ordine all’ammissibilità della prova, con l’ulteriore conseguenza – particolarmente rilevante in questo caso – che la medesima questione non può neanche essere proposta in sede di impugnazione (tra le altre, Cass. 05/03/1999, n. 1874; Cass. 14/04/2004, n. 7055; Cass. 01/08/2007, n. 16993; più di recente, Cass. 23/03/2017, n. 7472).
2.3. È infondata anche l’asserzione secondo cui la violazione dei limiti legali alla prova testimoniale darebbe luogo ad un vizio non sanabile per acquiescenza.
In senso contrario, la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che le limitazioni poste dagli artt. 2721 e ss. cod. civ. all’ammissibilità della prova testimoniale non attengono a ragioni di ordine pubblico, ma sono dettate a tutela di interessi di natura privatistica, con la conseguenza che la loro violazione non solo non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma neppure è rilevabile dalle parti ove non sia stata dedotta in sede di ammissione della prova, ovvero nella prima istanza o difesa successiva o, quanto meno, in sede di espletamento della stessa (tra le altre, Cass. 19/09/2013, n. 21443; Cass. 28/04/2006, n. 9925; Cass. 17/10/2003, n.
15554/03).
2.4. Non è pertinente, per la non comparabilità delle situazioni poste a raffronto, il richiamo a Cassazione 14/09/2012, n. 15480 che ha ritenuto legittima la decisione del giudice d’appello di non utilizzare la prova testimoniale diretta a contestare, al di fuori del procedimento di querela di falso, un fatto il cui accertamento sia assistito da fede pubblica privilegiata.
2.5. Non è sindacabile l’apprezzamento del materiale probatorio, tanto più a fronte della mancata indicazione delle prove di segno contrario che, in assunto della ricorrente, sarebbero state trascurate.
3. Con il terzo motivo è denunciata violazione degli artt. 115, primo e secondo comma, 116, primo e secondo comma, cod. proc. civ., 1362 e ss. e 2730 cod. civ., 232 cod. proc. civ. e 2702 cod. civ.
La ricorrente, richiamando la censura già prospettata nel motivo che precede, lamenta che la Corte d’appello avrebbe valorizzato le dichiarazioni testimoniali a discapito delle prove documentali di segno contrario (contratto, licenza d’uso per utente finale di programmi di proprietà […]; missiva del legale della controparte in data 17 marzo 1999), nonché del contenuto degli atti giudiziari e della mancata presentazione della […] a rendere l’interrogatorio formale.
In particolare, la ricorrente richiama l’attenzione sui rilievi contenuti nella sentenza di primo grado, in cui si dava atto che la […] aveva sottoscritto le clausole contrattuali in cui dichiarava di conoscere il software e di essere compiutamente informata sul campo e sui limiti della sua applicazione.
3.1. Il motivo è infondato.
Fermo quanto si è detto a proposito dell’utilizzabilità della prova testimoniale, le riferite doglianze, nella misura in cui investono il modo nel quale la Corte territoriale ha apprezzato le risultanze istruttorie del processo, si risolvono in censure di merito, come tali non proponibili in questa sede.
Il punto controverso riguardava l’oggetto del contratto e, a tale proposito, le conclusioni raggiunte dalla Corte d’appello – secondo cui la venditrice aveva garantito la compatibilità del software con tutti i programmi informatici in uso presso lo studio dell’acquirente – non sono contrastate in modo decisivo né dalla lettera del 17 marzo 1999 (come riportata a pag. 48 del ricorso), nella quale si dava atto che l’acquirente attendeva la conversione degli archivi in formato compatibile con quello del nuovo sistema operativo, né dal contenuto della clausola n. 4.2. del contratto, valorizzata dal giudice di primo grado (pag. 54 del ricorso), né dagli altri elementi richiamati dalla ricorrente.
4. Con il quarto motivo è denunciata violazione degli artt. 99, 112, 345 cod. proc. civ. e 111 Cost., e si assume che la Corte d’appello avrebbe pronunciato la risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio in assenza di allegazione, poiché l’acquirente non aveva fondato l’opposizione a decreto ingiuntivo sulla circostanza che le era stato promesso un software compatibile con tutti i programmi informatici in uso presso il suo studio. La garanzia per qualità promesse sarebbe emersa, infatti, dalle dichiarazioni dei testi, e in ogni caso la missiva del 17 marzo 1999, che la Corte d’appello non aveva preso in considerazione, dimostrava che l’acquirente non aveva mai contestato l’inidoneità del prodotto.
4.1. Le doglianze sono infondate.
Emerge dal ricorso (pagg. 2 e 3) che nell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo l’acquirente aveva espressamente dedotto l’inidoneità del prodotto all’uso al quale era destinato, essendosi rivelato incompatibile con «gli archivi dei clienti».
Esclusa pertanto la violazione delle norme processuali denunciata dalla ricorrente, si richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di compravendita, il vizio redibitorio (art. 1490 cod. civ.) e la mancanza di qualità promesse o essenziali (art. 1497 cod. civ.), pur presupponendo l’appartenenza della cosa al genere pattuito, si differenziano in quanto il primo riguarda le imperfezioni e i difetti inerenti il processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa, mentre la seconda è inerente alla natura della merce e concerne tutti gli elementi essenziali e sostanziali che influiscono, nell’ambito di un medesimo genere, sull’appartenenza ad una specie piuttosto che a un’altra; entrambe le ipotesi differiscono dalla consegna di aliud pro alio che si configura quando la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso o presenti difetti che le impediscano di assolvere alla sua funzione naturale o a quella ritenuta essenziale dalle parti (tra le tante, Cass. 05/04/2016, n. 6596; Cass. 19/12/2013, n. 28419).
Quanto alla missiva datata 17 marzo 1999, si è già detto che la stessa, nei termini in cui è riportata in ricorso, non contrasta con la ricostruzione della Corte d’appello.
[…]