Corte di Cassazione, Sez. IV, Sentenza n. 133 del 2019. dep. il 03/01/2019

[…]

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 14/10/2015, rigettava l’istanza, proposta da […] e […], volta ad ottenere la revoca dell’ordine di demolizione con riferimento all’immobile oggetto della sentenza emessa dal Pretore di Napoli, Sezione distaccata […], il 15/4/1997, divenuta irrevocabile il 12/6/1997.

La Terza Sezione Penale di questa Corte di Cassazione con la sentenza 11056/2017, del 13/12/2016, ha annullato l’ordinanza in questione con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli, ritenendo fondata la doglianza secondo cui, a fronte dell’avvenuta presentazione della domanda di condono e dell’assenza di condizioni ostative al suo accoglimento, il G.E. non aveva compiuto alcuna verifica sul punto, né motivato sulla presenza di cause ostative, accollando ai ricorrenti l’onere di provare la congruità dei tempi per l’eventuale rilascio del provvedimento di condono.

Il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, in sede di rinvio, con nuova ordinanza del 25/1/2018, ha nuovamente rigettato la domanda di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione, rilevando che la richiesta di condono edilizio era stata rigettata dal Comune in quanto le opere abusive non erano suscettibili di sanatoria ai sensi dell’art. 27 della L. 326/2003 essendo state edificate in zona vincolata paesaggisticamente ex DM del 12/9/1957.

2. Ricorrono per la cassazione di tale provvedimento, a mezzo del proprio comune difensore di fiducia […] e […], deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.

Il difensore ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’art. 35 della L.47/85, per l’evidente illogicità della motivazione in quanto fondata su presupposti di fatto e diritto evidentemente inesatti ed in particolare per l’inesistenza del provvedimento di diniego della richiesta di condono edilizio.

Il ricorrente si duole che il tribunale avrebbe rigettato la richiesta di revoca dell’ordine di demolizione sul presupposto di un avvenuto rigetto dell’istanza di condono dell’immobile presentata dalla […], fondando il proprio convincimento su quanto riferito da un dipendente dell’ufficio tecnico del comune di […] in ordine alla non condonabilità delle opere oggetto di richiesta di sanatoria così come annotato in calce ad un documento prodotto in udienza.

Il teste escusso aveva prodotto una copia della richiesta di rilascio dei pareri sui vincoli esistenti presentata dalla […] che riportava, in calce, una annotazione redatta a penna a firma di un non meglio identificato dipendente dell’amministrazione dal seguente tenore “rispondere che trattasi di opere non condonabili”, senza alcuna indicazioni sulle ragioni di tale affermazione.

Certamente, rileva il difensore, tale annotazione non può costituire un provvedimento di diniego del contenuto, come ritenuto dal G.E., tanto più che non è mai stato comunicato alla parte.

In ogni caso, aggiunge il ricorrente, l’affermazione che le opere abusive non sono suscettibili di sanatoria ai sensi dell’art. 27 della L. 326 del 2003, non può essere condivisa. Infatti, sebbene l’immobile sia stato edificato in zona vincolata paesaggisticamente ex DM del 12.09/1957, non può affermarsi l’astratta non condonabilità delle nuove costruzioni, condizione che deve essere sottoposta ad una specifica valutazione da parte del dirigente competente, che è tenuto a motivare l’eventuale diniego, con richiamo ai pareri della Commissione Locale per il Paesaggio e della Commissione Edilizia Comunale rispettivamente competenti per tutela ambientale la prima ed urbanistica la seconda. Atto che, per esplicare i suoi effetti, per espresso dettato normativo (art.35, comma 15 L.47/85), avrebbe dovuto essere notificato alla richiedente.

Allo stato, pertanto, non risulterebbe adottato alcun provvedimento di rigetto dell’istanza di condono edilizio, né risulterebbe verificata l’esistenza di ragioni ostative al rilascio della sanatoria come, richiesto con il provvedimento di annullamento, di questa Corte, della precedente ordinanza emessa dal Giudice dell’esecuzione.

Pertanto, la […] ritiene che il giudicante abbia omesso di verificare l’effettiva adozione di un formale provvedimento di diniego del condono edilizio, ed anche se la parte fosse stata messa a conoscenza dell’annotazione riportata in calce al documento prodotto in udienza.

Questo in evidente contrasto con quanto stabilito da questa Corte che a carico della parte che invochi la sospensione o la revoca di un ordine di demolizione non sussiste un onere probatorio, ma solo un onere di allegazione, incombendo all’autorità giudiziaria l’onere di procedere ai necessari accertamenti.

Pertanto, in mancanza di un rituale provvedimento di rigetto della sanatoria formalmente notificato, il giudicante avrebbe dovuto disporre la sospensione dell’esecuzione in attesa della definizione del procedimento amministrativo.

La ricorrente precisa che anche nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico, gli abusi maggiori possano essere astrattamente sanati qualora costituiscano abusi meramente formali, ovvero, siano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. In tali ipotesi, previo parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo stesso, le stesse possono essere senz’altro sanate secondo quanto previsto dall’ articolo 32 della L. n. 47/1985.

Ed invero, l’art. 32 comma 27, della L. 326/03, che individua le opere abusive assolutamente non suscettibili di sanatoria, fa salva la disciplina degli art. 32 e 33 L. n. 47/85, che consente la sanabilità di opere in zone sottoposte a vincolo, con esclusione dei soli casi di c.d. inedificabilità assoluta. Devono, pertanto, ritenersi sanabili tutte le tipologie di abuso, ivi comprese quelle assoggettate al rilascio del permesso di costruire, anche se realizzate in zone o su immobili vincolati, purché tali interventi siano conformi agli strumenti urbanistici vigenti e riguardino aree e immobili non gravati da vincolo di inedificabilità assoluta.

Pertanto, alla luce del disposto dell’art. 32, comma 27 lett. d) L. 326/03 perché l’opera possa ritenersi insuscettibile di sanatoria occorre che ricorrano contemporaneamente la sussistenza di un vincolo e la non conformità alla pianificazione urbanistica. Solo il cumulo di entrambe le condizioni è ostativo alla condonabilità dell’opera (C.d.S., Sez. 4, ord. 623212006).

Il vincolo paesaggistico esistente sull’ area (D.M. del 12/09/1957) su cui insistono le opere realizzate, nel caso di specie – si sostiene in ricorso- costituisce vincolo relativo ed in quanto tale superabile, ai fini della istanza di sanatoria formulata, ben potendo ottenere la ricorrente per le opere in questione pareri favorevoli ex art. 32 L. 47/85, non esclusi dalla nuova legge sul condono. (Cfr. TAR NAPOLI, SEZ. 6, 14/7-20/9/2010, N. 17273; TAR CAMPANIA- NAPOLI, SEZ. 6, nn. 7417/07 e 962/07). Infine, nel presente caso, non ricorrerebbe l’ipotesi della non conformità alla pianificazione urbanistica, che risulterebbe assolutamente non dimostrata.

Pertanto, concludono le ricorrenti, mancando la prova della non conformità urbanistica delle opere in questione, il solo generico rinvio alla sussistenza del vincolo paesaggistico sarebbe condizione del tutto insufficiente a giustificare la incondonabilità, ben potendo lo stesso vincolo essere rimosso trattandosi di vincolo relativo.

3. Il P.G. presso questa Suprema Corte in data 10/10/2018 ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi sopra illustrati sono infondati e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato.

2. Ed invero, l’ordinanza impugnata appare correttamente motivata e fare buon governo dei principi di diritto più volte affermati da questa Corte di legittimità in materia.

Va ricordato in proposito che in tema di reati edilizi, l’ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna, per la sua natura di sanzione amministrativa applicata dall’autorità giudiziaria, non è suscettibile di passare in giudicato essendone sempre possibile la revoca quando esso risulti assolutamente incompatibile con i provvedimenti della P.A. che abbiano conferito all’immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività (così questa Sez. 3, n. 3456 del 21/11/2012 dep. il 2013, Oliva, Rv. 254426, in cui la Corte, nell’affermare il principio, ha annullato il provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca dell’ordine di demolizione emesso nonostante la pendenza della procedura di condono).

E’ stato anche precisato che l’ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna è suscettibile di revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all’immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività, fermo restando il potere-dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci ed altro, Rv. 260972).

3. Ebbene, secondo l’orientamento consolidato di codesta Suprema Corte in tema di reati edilizi ai fini della revoca o sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive (art. 7,11 Co della legge 28/2/1985’n 47 oggi previsto dall’art. 31 comma nono DPR 6/6/2001 n 380) in presenza di una istanza di condono o di sanatoria, il giudice dell’esecuzione investito della questione è tenuto ad una attenta disamina dei possibili esiti e tempi di definizione della procedura ed in particolare ad accertare il possibile risultato dell’istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento (con riferimento alla tempestività della domanda, all’epoca di ultimazione dei lavori, al tipo di intervento e alle dimensioni volumetriche, alla sussistenza di cause di non condonabilità, al versamento delle. somme dovute a titolo di oblazione, al rilascio di una concessione in sanatoria legittima) e nel caso di insussistenza di tali cause a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l’esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso (Sez 3 n. 9145/2016, Marina; Sez 3 n. 47263/2014 Russo; Sez 3 n 38997/2007, Di Somma; Sez. 4 n 15210/2008; Sez. 3 n 3992/2004; Sez 3 n. 3683/2000).

Ebbene -come rileva condivisibilmente il PG- che le opere abusive realizzate in aree sottoposte a vincoli possono essere sanate con la procedura prevista dall’art 32 del DL 269/2003 conv. in L.326/2003 solo in caso di conformità agli strumenti urbanistici e previo nulla osta dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, purché si tratti di interventi di minore rilevanza (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria allegato 1 tipologie di abuso 4, 5 e 6) —cfr. Sez 3 n. 5984/2004; Sez. 3 n. 24551/2007.

La realizzazione, in area soggetta a vincolo paesaggistico, di nuova costruzione in assenza di permesso di costruire, non è suscettibile di sanatoria ex art 32 DL 269/2003 (Sez 3 sent 16471/2010).

Le nuove costruzioni realizzate in area vincolata sono insuscettibili di condono edilizio sia nel caso in cui l’area sia sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta, sia nel caso in cui l’area sia sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa (Corte Cost. sentenze 54/2009, 1.50/2009, 290/2009; Sez. 3 n. 23429/2011).

In materia di condono, per gli abusi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, la normativa regionale può essere interpretata in maniera confliggente con la noronnativa nazionale che ne consente la condonabilità negli stretti limiti previsti dall’art. 32 D.L. 269/2003.

4. L’impugnato provvedimento appare coerente con il dato normativo, con i predetti principi e con il dictunn della sentenza di annullamento 13/12/2016, avendo il Giudice dell’esecuzione sottolineato che a seguito dell’istruttoria svolta e della documentazione acquisita è emersa l’incondonabilità dell’opera, avendo il responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune […], che, ha valutato la richiesta di condono edilizio, riferito che la stessa è stata rigettata (ovvero comunque che la stessa non può essere accolta secondo l’annotazione in calce agli atti istruttori evidenziati dalla difesa) in quanto le opere abusive non sono suscettibili di sanatoria ex art 32 co 27 L. 326/2003, trattandosi di zona sottoposta a vincolo paesaggistico ‘ex DM 12/9/1957 e dunque di area nella quale le nuove costruzioni non possono essere condonate. […]