Corte di Cassazione, Sez. L, Ordinanza n. 24746 del 2018, dep. il 08.10.2018

[…]

LA CORTE, esaminati gli atti e sentito il consigliere relatore, OSSERVA
La Corte d’Appello di Milano, in riforma della gravata pronuncia, dichiarava inammissibile la domanda proposta con il ricorso introduttivo del giudizio (depositato il primo febbraio 2010) da […] nei confronti della S.a.s. […], unica convenuta in giudizio da parte attrice in ordine a pretese differenze retributive, poiché già cancellata (il 12-03-2009) dal registro delle imprese, mentre l’appello era stato poi proposto da […] anche in proprio, quale ex socio accomandatario della società però già cancellata, “unicamente al fine di emettere le pronunce conseguenti alla cancellazione”. L’appellata, già vittoriosa in primo grado, non risultava aver proposto alcuna domanda nei confronti del socio come persona fisica, essendosi limitata soltanto a chiedere la conferma della gravata pronuncia.
Con la sentenza n. 21 in data 9 / 29 gennaio 2013, nel dichiarare inammissibile la domanda, la Corte territoriale, “stante la palese soccombenza”, condannava l’appellata al pagamento delle spese relative a doppio grado del giudizio, liquidate in complessivi 4000,00 euro, oltre accessori di legge.
Tale decisione è stata, quindi, impugnata mediante ricorso per cassazione da […], come da atto ritualmente notificato giusta la relata del 26 luglio 2013, affidato ad un solo motivo, nei confronti di […] “in proprio e quale ex socio accomandatario della […] & C.”, formulando altresì contestualmente istanza di sospensione della sentenza di appello ex articolo 373 c.p.c..
[…] è rimasto intimato (non risultano, comunque, depositate memorie illustrative di sorta. Né peraltro vi stata requisitoria da parte del Pubblico Ministero in sede).

CONSIDERATO

in via preliminare, che impropriamente con il ricorso per cassazione è stata chiesta a questa Corte la sospensione dell’impugnata sentenza ex articolo 373 del codice di rito, laddove tale norma di legge, nel sancire che il ricorso non sospende l’esecuzione della sentenza, stabilisce tuttavia che il potere di sospensione compete esclusivamente al giudice che l’ha pronunciata, giudice di merito che quindi su istanza di parte e qualora dall’esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno può disporre con ordinanza non impugnabile la sospensione dell’esecuzione ovvero che sia prestata congrua cauzione (v. altresì il secondo comma che precisa i soggetti cui istanza va proposta -giudice di pace, tribunale in composizione monocratica ovvero presidente del collegio- a conferma quindi della incompetenza funzionale di questa Corte di legittimità a provvedere sull’istanza medesima);
che per il resto l’unico motivo del ricorso de quo, concernente soltanto il regolamento delle spese di lite, è stato così testualmente rubricato: «violazione dell’articolo 360 comma primo nl. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al principio della soccombenza di cui all’articolo 91 c.p.c., nonché in relazione al principio di cui all’articolo 112 c.p.c. in riferimento al fatto che la Corte di Appello, riformando la sentenza di primo grado, ha condannato alle spese processuali per il doppio grado di giudizio allorquando la controparte non si era costituita e non si era difesa in primo grado – richiesta di riforma con esclusione delle spese del giudizio di primo grado»;
che, invero, il ricorso appare meritevole di accoglimento nei seguenti termini;
che, infatti, non risultando costituita la società convenuta in primo grado (essendo in proposito del tutto irrilevante la sola comparizione personale dell’ex socio accomandatario per rendere libero interrogatorio, comparizione quindi di certo non equiparabile alla rituale costituzione in giudizio richiesta a norma degli artt. 416, ovvero 166-167. V. altresì l’art. 82, in tema di patrocinio, dello stesso codice in relazione all’unico caso in cui la parte può stare in giudizio personalmente davanti al giudice di pace e solo per le cause del valore limitato ivi indicato: 1. Davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede lire un milione. 2.Negli altri casi, le parti non possono stare in giudizio se non col ministero o con l’assistenza di un difensore. Il giudice di pace tuttavia, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona. 3. Salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti al tribunale e alla corte d’appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente; e davanti alla Corte di cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell’apposito albo), manca il relativo presupposto, costituito unicamente dalla regolare costituzione, appunto in giudizio, la quale a sua volta comporta di regola conseguenti oneri a carico della stessa parte, che va per l’effetto rimborsata, donde la condanna a carico del soccombente ex art. 92 c.p.c.;
che per il resto le doglianze della ricorrente non meritano pregio, sicché vanno disattese;
che, infatti, l’appello risulta proposto da […] anche in proprio, mentre nessuna domanda risulta essere stata formalizzata nei confronti di costui, in detta qualità, dall’attrice, sicché egli risultava comunque legittimato a proporre l’impugnazione, laddove d’altro canto con il ricorso per cassazione non risulta specificamente impugnata l’anzidetta declaratoria d’inammissibilità riguardo alla riforma della pronuncia di primo grado, circa la possibile valida instaurazione del contraddittorio pure nei confronti dell'[…], in proprio, sebbene quale avente causa dalla società cancellata;
che già Cass. II civ. n. 25192 del 15/10/2008 aveva affermato il principio, secondo cui in tema d’interpretazione del nuovo diritto societario, la modifica dell’art. 2495 cod. civ., ex art. 4 d.lgs. n. 6 del 2003 – secondo la quale la cancellazione dal registro delle imprese determina, contrariamente al passato, l’estinzione della società – si applica anche alle società di persone, nonostante la prescrizione normativa indichi esclusivamente quelle di capitali e quelle cooperative (in senso conforme Cass. III civ. n. 24037 del 13/11/2009, peraltro anche in ordine alla portata retroattiva della novella, donde la sua applicabilità pure in ordine alle cancellazioni intervenute anteriormente all’entrata in vigore delle modifiche introdotte dal citato d.lgs. n. 6 del 2003. Indirizzo interpretativo confermato sul primo punto anche da Cass. sez. un. civ. n. 4060 del 22/02/2010: «La citata pronuncia del 2008 deve invece condividersi per la parte in cui afferma che, se per le società con personalità giuridica si riconosce dalla nuova norma la erroneità del pregresso indirizzo giurisprudenziale prevalente, nel sistema è logico riconoscere al novellato art. 2495 c. c. un effetto espansivo che impone un ripensamento della pregressa giurisprudenza anche per le società commerciali di persone, in adesione ad una lettura costituzionale della norma. Le società in nome collettivo e in accomandita semplice non hanno personalità giuridica ma solo una limitata capacità per singoli atti di impresa e, con la cancellazione della loro iscrizione dal registro, come si estingue per l’art. 2495 c.c., la misura massima di detta capacità, cioè la personalità delle società che di essa sono dotate, deve logicamente presumersi che venga meno anche detta ridotta capacità delle società di persone, rendendola opponibile ai terzi con una pubblicità solo dichiarativa della fine della vita di essa, della stessa natura cioè di quella della loro iscrizione nel registro a decorrere dal 1 gennaio 2004 e per l’avvenire, come sopra già precisato.
Pertanto, anche per le società di persone, può presumersi, che la cancellazione della loro iscrizione nel registro delle imprese comporti la fine della loro capacità e soggettività limitata, negli stessi termini in cui analogo effetto si produce per le società di capitali e le cooperative, anche se in precedenza per esse si era esattamente negata la estinzione della società e della capacità giuridica e di agire di essa, fino al momento della liquidazione totale dei rapporti facenti ad essa capo, in difetto di una espressa previsione dell’effetto estintivo per le società di capitali della pubblicità della cancellazione. …
Il riconoscimento alla cancellazione delle società di persone di un effetto solo dichiarativo della estinzione della stesse da riconoscere al primo gennaio 2004 o successivamente, resta confermato dalla disciplina delle azioni dei creditori sociali nei confronti dei soci per debiti della società di persone, riconosciuta dall’art.2312 c.c., come accade per quelle con personalità giuridica cancellate ed era già previsto dal previgente art. 2456 c. c. e risulta confermato dall’attuale art. 2495 c.c., con una chiara differenza delle due discipline delle azioni nei due casi, connessa alla natura dei due tipi societari. Differenti sono infatti i limiti della responsabilità dei soci, nelle società di persone di regola illimitata, dopo l’escussione del capitale sociale, ai sensi dell’art. 2304 e 2324 c.c. -cfr. pure artt. 2267 e 2268 c.c., per le società semplici-, e invece, in quelle di capitali e nelle cooperative, coerentemente con il sistema, limitata fino alla concorrenza di quanto riscosso nel riparto del capitale sociale, dal socio chiamato a rispondere dei crediti sociali, in ragione dell’accentuata e totale autonomia del patrimonio delle società aventi personalità giuridica, che non consente una soddisfazione che superi quanto di esso è stato ripartito tra i soci e resta comunque destinato a soddisfare i creditori della società, nei limiti della sua capienza anche dopo la ripartizione.
Consegue quindi che l’inciso “ferma restando la estinzione della società”, che la novella ha inserito con riferimento espresso alle società di capitali e alle cooperative, integra comunque il presupposto logico, nel sistema, per una lettura della cancellazione delle iscrizioni di società di persone dichiarativa della cessazione della loro attività dal momento dell’entrata in vigore della legge, anche per le cancellazioni precedenti e dalla data della cancellazione dell’iscrizione per quelle successive al 1 gennaio 2004, consentendo quella interpretazione costituzionalmente orientata delle norme da sempre sollecitata dal giudice delle leggi e favorevole ad un identico trattamento di tutti i creditori delle imprese individuali e collettive di qualsiasi tipo, oggi possibile in ragione della riforma del 2003.
Infatti, il venir meno della società costituisce il medesimo presupposto della analoga disciplina delle azioni dei creditori delle società contro i soci di cui all’art.2312 c.c., comma 2, e dell’art. 2324 c.c., soggetti che rispondono per l’eventuale inadempimento, in solido e illimitatamente, previa escussione del patrimonio sociale, ove sia cessata la vita della società.
Per le società di persone, sembra logico ritenere che l’espressa disciplina della responsabilità dei soci subentrati alla società verso i creditori sociali per effetto della cancellazione ha come presupposto, il venir meno della soggettività e della capacità giuridica limitata di esse, parallelo all’effetto costitutivo – estintivo della cancellazione dell’iscrizione delle società di capitali di cui all’art. 2495 c.c. (così le cit. Cass. n. 19347/07, relativa a società consorziate e 29242/08), riaffermandosi, per le società commerciali senza personalità giuridica, la natura dichiarativa dell’effetto al 1° gennaio 2004 per le cancellazioni precedenti l’entrata in vigore della novella e quella contestuale alla pubblicità per quelle future.
Deve quindi affermarsi il seguente principio di diritto: “L’art.2495 c.c., comma 2, come modificato dal D.Igs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4, è norma innovativa e ultrattiva, che, in attuazione della legge di delega, disciplina gli effetti delle cancellazioni delle iscrizioni di società di capitali e cooperative intervenute anche precedentemente alla sua entrata in vigore (1 gennaio 2004), prevedendo a tale data la loro estinzione in conseguenza dell’indicata pubblicità e quella contestuale alle iscrizioni delle stesse cancellazioni per l’avvenire e riconoscendo, come in passato, le azioni dei creditori sociali nei confronti dei soci dopo l’entrata in vigore della norma, con le novità previste agli effetti processuali per le notifiche intrannuali delle citazioni, in applicazione degli artt. 10 e 11 preleggi e dell’art. 73 Cost., u. c.. Il citato articolo, incidendo nel sistema, impone una modifica del diverso e unanime pregresso orientamento della giurisprudenza di legittimità, fondato sulla natura all’epoca non costitutiva della iscrizione della cancellazione che, invece, dal 1° gennaio 2004 estingue le società di capitali nei sensi indicati.
Dalla stessa data, per le società di persone, esclusa l’efficacia costitutiva della cancellazione iscritta nel registro impossibile in difetto di analoga efficacia della loro iscrizione, per ragioni logiche e di sistema, può affermarsi la efficacia dichiarativa della pubblicità della cessazione dell’attività dell’impresa collettiva, opponibile dal 1° gennaio 2004 ai creditori che agiscano contro i soci ai sensi degli artt. 2312 e 2324 c.c., in base ai quali si giunge alla presunzione del venir meno della capacità e legittimazione di esse operante negli stessi limiti temporali già indicati, anche se perdurino rapporti o azioni in cui le esse sono parti, in attuazione di una lettura costituzionalmente orientata delle norme relative a tale tipo di società, da leggere in parallelo ai nuovi effetti costitutivi della cancellazione delle società di capitali per la novella.
La natura costitutiva riconosciuta per legge, a decorrere dal 1 gennaio 2004, degli effetti delle cancellazioni già iscritte e di quelle future per le società di capitali e le cooperative, che con esse si estinguono, comporta, anche per quelle di persone, che, a garanzia della parità di trattamento dei terzi creditori di entrambi i tipi di società, si abbia una vicenda estintiva analoga con la loro estinzione contestuale alla pubblicità, che resta dichiarativa degli effetti da desumere dall’insieme delle norme pregresse e di quelle novellate che per analogia juris determinano una interpretazione nuova della disciplina pregressa. Per le società di persone, come la loro iscrizione nel registro delle imprese ha natura dichiarativa, anche la fine della loro legittimazione e capacità è soggetta a pubblicità della stessa natura, desumendosi l’estinzione di esse dagli effetti della novella dell’art. 2495 c.c., sull’intero titolo 5^ del Libro quinto del codice civile dopo la riforma parziale di esso, ed è evento sostanziale che la cancellazione rende opponibile ai terzi (art. 2193 c.c.) negli stessi limiti temporali indicati per la perdita della personalità delle società oggetto di riforma”….»),
che, quindi, nella specie per l’udienza di discussione, relativa al giudizio di primo grado e fissata al 16-04-2010, la S.a.s. […] già risultava cancellata, come da visura camerale, in data 12 marzo 2009, che il ricorso introduttivo del giudizio risulta notificato all'[…] quale socio accomandatario, e che la sentenza di primo grado condannava, però in accoglimento della domanda, la sola […] Sas.;
che, pertanto, al momento della notifica del ricorso introduttivo del giudizio non sussisteva alcuna obiettiva incertezza interpretativa, tale da poter giustificare una compensazione delle spese, relativamente alla questione di diritto, poi sollevata dall'[…] in occasione dell’appello in seguito da quest’ultimi proposto;
che, dunque, l’impugnata sentenza va in parte cassata, limitatamente alla decisione di condannare l’attrice anche alle spese del giudizio di primo grado, però complessivamente liquidate insieme a quelle di secondo grado, di guisa che la causa va rimessa, ex artt. 384 e 385 c.p.c., alla Corte di merito per conseguente statuizione, cioè unicamente per la determinazione delle spese processuali relative all’appello, provvedendo, inoltre, la medesima, all’esito, pure al regolamento delle spese di questo giudizio […]