Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 4843 del 2015. dep. il 22/10/2015

[…]

FATTO e DIRITTO

1.- Con il presente ricorso, la […] propone opposizione di terzo ai sensi dell’art. 108 Cod. proc. amm. avverso la sentenza di questa VI Sezione 9 aprile 2013 n. 1912 con la quale, in accoglimento del ricorso in appello n. 766 del 2013 proposto dal Comune di […] avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia-Romagna 28 novembre 2012 n. 733, è stato respinto, in riforma della impugnata sentenza, il ricorso di primo grado del signor […] proposto avverso l’ordinanza comunale 10 ottobre 2007 n. 242172 recante l’ordine di demolizione di un fabbricato realizzato sine titulo in […].
L’odierna ricorrente, acquirente fin dal 24 novembre 2004 dell’edificio cui cui all’ordine di demolizione, propone opposizione di terzo alla sentenza assumendo di essere stata pretermessa in sede di notifica dell’appello avverso la sentenza di primo grado, nonostante che quest’ultima fosse stata pronunciata anche in suo confronto.
Ciò premesso in ordine alla legittimazione a proporre opposizione di terzo avverso la sentenza di secondo grado, la ricorrente si duole della erroneità della decisione, adottata a suo dire sulla base su di una non condivisibile interpretazione dell’art. 34 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia ).
In particolare, la ricorrente assume che, in caso di opere edilizie parzialmente difformi dal titolo edilizio, il “pregiudizio” per la parte non abusiva delle opere, quale limite ostativo all’adozione della misura ripristinatoria della demolizione (con conseguente possibilità di adottare, in sua vece, sanzioni alternative, quale la auspicata sanzione pecuniaria), andrebbe apprezzato non solo in relazione ai profili inerenti la staticità dell’intero immobile, quanto piuttosto in senso funzionale, e quindi anche tenendo conto della fruibilità della restante parte del fabbricato realizzata conformemente al titolo.
Sulla base di tale assorbente ragione, la ricorrente censura la sentenza che, avendo interpretato il pregiudizio cui fa cenno la norma con esclusivo riferimento all’aspetto della staticità dell’edificio, ha respinto il ricorso di primo grado (statuendo conseguentemente la legittimità, sotto i profili dedotti, dell’ordine di demolizione adottato dal Comune di […]) non essendo emerse evidenze istruttorie in ordine al pericolo strutturale della parte non abusiva del fabbricato.
Conclude la ricorrente per l’accoglimento dell’opposizione di terzo e per la riforma della sentenza di questo Consiglio di Stato, con consequenziale conferma della pronuncia di primo grado.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di […] e il signor […], originario ricorrente. Il Comune ha chiesto la reiezione dell’opposizione, mentre il privato ha aderito alle conclusioni dell’opponente chiedendo l’accoglimento dell’impugnazione e delle conclusioni nella stessa rassegnate.
Con ordinanza cautelare 25 settembre 2013 n. 3719 questa Sezione ha respinto l’istanza di sospensione della esecutività della impugnata sentenza.
All’udienza pubblica del 6 ottobre 2015 il ricorso in opposizione è stato trattenuto per la sentenza.
2. Il ricorso in opposizione è infondato e va respinto.
3.- Nessun dubbio sussiste riguardo alla legittimazione della ricorrente alla proposizione del rimedio straordinario dell’opposizione di terzo alla sentenza atteso che la stessa è stata pretermessa in sede di notifica della sentenza di primo grado, pur essendo parte necessaria in quel giudizio (quale acquirente a titolo particolare del fabbricato oggetto di demolizione) ed essendo stata nominativamente contemplata nella sentenza.
4.- Ciò premesso in ordine all’ammissibilità dell’opposizione, nel merito la Sezione non ha ragione di discostarsi dalla piana interpretazione della disposizione normativa che qui viene in rilievo (art. 34 d.P.R. cit.), fatta propria nella sentenza qui opposta, in senso non difforme da specifici precedenti di questo Consiglio di Stato puntualmente richiamati nella avversata decisione (Cons. Stato, V, 29 novembre 2012 n. 6071; 5 settembre 2011 n. 4982).
La questione giuridica controversa riguarda l’interpretazione dei limiti normativi al potere di far luogo alla demolizione parziale di un edificio in presenza di difformità edilizie che riguardino soltanto una parte delle opere realizzate.
Secondo l’assunto dell’opponente, occorrerebbe aver riguardo al pregiudizio (non solo statico ma) anche di tipo funzionale che subirebbe la residua parte del fabbricato, il che imporrebbe di non far luogo alla demolizione parziale quante volte la parte da demolire sia stata in fatto destinata a servizio della residua porzione dell’immobile (nella fattispecie , il limite all’ordine di demolizione sarebbe da ravvisare nella circostanza che la porzione da demolire sarebbe stata destinata a cucina dell’appartamento della ricorrente e che ivi sarebbe stata allocata una parte cospicua degli impianti).
5.- Il Collegio è di diverso avviso.
Nella sentenza si è posto l’accento sulla circostanza che non potrebbero venire in rilievo, quale limite specifico all’adozione dell’ordine di demolizione, profili inerenti l’eccessiva onerosità dell’intervento di ripristino dello stato dei luoghi posto che “ altrimenti si rischierebbe di trasformare l’istituto in esame in una sorta di condono mascherato con incidenza negativa grave sul complessivo assetto del territorio ed in contrasto con la chiara determinazione del legislatore, che ha imposto che abbia luogo la demolizione parziale, tranne il caso in cui la relativa attività materiale incida sulla stabilità dell’intero edificio, e dunque anche nell’ipotesi in cui nella parte da demolire siano stati realizzati strumenti o impianti più o meno costosi”.
Osserva il Collegio, in senso conforme a quanto affermato nella sentenza qui impugnata, che il pregiudizio cui si riferisce la norma non potrebbe essere diverso da quello correlato alla pericolosità dell’intervento di demolizione in relazione ai profili statici dell’immobile, e quindi al pericolo di crollo della restante parte del manufatto una volta eseguita la demolizione della parte realizzata abusivamente.
Se intesa in senso diverso (e cioè nel senso auspicato dalla odierna ricorrente in opposizione) la disposizione si presterebbe a interpretazioni elusive in punto di regime sanzionatorio ordinario degli interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire. Invece l’applicazione delle misure sanzionatorie deve, in principio, assicurare la prevalenza della sanzione ripristinatoria perché satisfativa della restituzione in integro dell’ordine urbanistico violato: preferenza che è patente nell’art. 34, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, secondo cui gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire sono rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell’abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell’ufficio. Invero, ad accedere all’assunto che correla il pregiudizio della demolizione al pregiudizio, di tipo funzionale, conseguente all’abbattimento di quella parte di fabbricato ormai collegata alla porzione legittimamente realizzata, la sanzione ripristinatoria avrebbe poche possibilità di effettiva e concreta applicazione, essendo marginali i casi in cui, all’epoca di adozione dell’ordine di demolizione, la parte abusiva non sia già stata in fatto collegata, sul piano “funzionale”, alla restante porzione dell’edificio. Per conseguenza l’ordine urbanistico resterebbe per lo più alterato dagli abusi e il governo del territorio mancherebbe di strumenti repressivi idonei a rimuovere la gran parte delle realizzazioni non giustificate: patente sarebbe l’effetto generale di delegittimazione e di negazione dell’effettività dell’intero ordine, per tacere del riflesso di pratico incentivo agli abusi stessi.
6.- In definitiva, per le suesposte ragioni, è da condividere la impugnata sentenza che ha escluso che possa attribuirsi rilevanza alla “eccessiva onerosità” per l’obbligato di far luogo alla esecuzione dell’ordine demolitorio (sotto il profilo della minore fruibilità che deriverebbe alla parte di edificio legittimamente realizzata) e, in riforma della pronuncia di primo grado, ha ritenuto la legittimità dell’ordine di demolizione in primo grado impugnato.
7.- Per quanto sin qui detto, il ricorso in opposizione va respinto e va confermata la impugnata sentenza. […]