Secondo la decisione della Corte di Cass. n. 9318/2016, la sanzione della nullità prevista dall’art. 40 l. 47/1985, con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria, trova applicazione nei soli contratti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quali il preliminare di vendita, ben potendo essere resa la dichiarazione o prodotta la documentazione relative alla regolarità dell’edificazione, all’eventuale concessione in sanatoria o alla domanda di oblazione e ai relativi primi due versamenti, all’atto della stipulazione del definitivo contratto traslativo, ovvero in corso di giudizio e prima della pronuncia della sentenza ex art. 2932, che tiene luogo di tale contratto.
Di seguito, si riporta:
– il testo dell’ art. 40 Legge 47/1985 e dell’art. 17 (richiamato al punto 4. dell’art. 40):
– il testo dell’art. 46 D.P.R. n. 380 del 2001 che ha sostituito l’art. 17 cit.
art. 40.
1. […].
2. Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell’articolo 31 ovvero se agli atti stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione di cui al sesto comma dell’articolo 35. Per le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l’opera risulti iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all’atto medesimo. Per gli edifici di proprietà comunale, in luogo degli estremi della licenza edilizia o della concessione di edificare, possono essere prodotti quelli della deliberazione con la quale il progetto è stato approvato o l’opera autorizzata.
3. Se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da indicarsi o da allegarsi, non sia dipesa dall’insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1° settembre 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indicate al comma precedente.
4. Si applica in ogni caso il disposto del terzo comma dell’articolo 17 e del primo comma dell’art. 21.
5. Le nullità di cui al secondo comma del presente articolo non si applicano ai trasferimenti derivanti da procedure esecutive immobiliari individuali o concorsuali nonché a quelli derivanti da procedure di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa.
6. Nella ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge.
art. 17. Nullità degli atti giuridici relativi ad edifici
(abrogato dal D.P.R. n. 380 del 2001 e sostituito dall’articolo 46)
art. 21. Sanzioni a carico dei notai
(abrogato dal D.P.R. n. 380 del 2001 e sostituito dall’articolo 47)
D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 – Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia
Art. 46 – Nullità degli atti giuridici relativi ad edifici la cui costruzione abusiva sia iniziata dopo il 17 marzo 1985
1. Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù.
2. Nel caso in cui sia prevista, ai sensi dell’articolo 38, l’irrogazione di una sanzione soltanto pecuniaria, ma non il rilascio del permesso in sanatoria, agli atti di cui al comma 1 deve essere allegata la prova dell’integrale pagamento della sanzione medesima.
3. La sentenza che accerta la nullità degli atti di cui al comma 1 non pregiudica i diritti di garanzia o di servitù acquisiti in base ad un atto iscritto o trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda diretta a far accertare la nullità degli atti.
4. Se la mancata indicazione in atto degli estremi non sia dipesa dalla insussistenza del permesso di costruire al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa.
5. Le nullità di cui al presente articolo non si applicano agli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali. L’aggiudicatario, qualora l’immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare domanda di permesso in sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria.
5-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi realizzati mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell’articolo 22 comma 3, qualora nell’atto non siano indicati gli estremi della stessa.
Sentenza della Corte di Cass. 9 maggio 2016 n. 9318, dep. 09/05/2016
[…]
1. — Col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 101-183 cod. proc. civ., 111 Cost., nonché la nullità del procedimento, per avere i giudici di merito rilevato d’ufficio l’impossibilità di procedere al trasferimento, ex art. 2932 cod. civ., della proprietà dell’immobile promesso in vendita a causa della mancata produzione della domanda di condono e delle ricevute delle prime due rate dell’oblazione, senza aver previamente instaurato il contraddittorio sulla questione.
La censura non ha fondamento.
Invero, la questione relativa alla regolarità urbanistica del fabbricato faceva parte ab initio del thema decidendum posto dall’attore, costituendo la detta regolarità edilizia presupposto giuridico del chiesto trasferimento coattivo della proprietà. Era pertanto dovere del giudice accertare la sussistenza dei presupposti fattuali e giuridici necessari per raccoglimento della domanda attorea. Il motivo, peraltro, sottintende un insussistente obbligo del giudice di invitare le parti a fornire la prova, che è incompatibile con le preclusioni previste dal codice di rito in tema di deduzione delle prove.
2. — Col secondo motivo di ricorso, si deduce poi la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., nonché la nullità del procedimento, per avere la Corte territoriale, una volta che l’attore aveva esibito la domanda di condono, omesso di disporre consulenza tecnica d’ufficio al fine di verificare la regolarità urbanistica dell’immobile.
Anche questa doglianza è infondata.
Premesso che il giudizio sulla necessità ed utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è incensurabile in cassazione, salvo che la decisione della controversia dipenda unicamente dalla risoluzione di una questione tecnica e i fatti da porre a base del giudizio non possano essere altrimenti accertati (Sez. 1, Sentenza n. 4853 del 01/03/2007, Rv. 595177), va rilevato che la consulenza tecnica d’ufficio non può essere disposta al fine di esonerare la parte dall’onere di fornire la prova di quanto assume ed è, quindi, legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (Sez. 3, Sentenza n. 3191 del 14/02/2006, Rv. 590615).
Nella specie, l’accertamento della regolarità amministrativa del fabbricato avrebbe potuto e dovuto essere provata dall’attore con la produzione della relativa documentazione; non può, pertanto, l’attore dolersi del fatto che i giudici di merito non abbiano supplito alla sua inerzia probatoria.
3. — Col terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 345 cod. proc. civ., 2932 cod. civ., 40 legge n. 47 del 1985, nonché la nullità del procedimento, per avere la Corte di Appello omesso di valutare l’ammissibilità ex art. 345 cod. proc. civ. della documentazione relativa ai versamenti delle due rate di oblazione prodotta nel giudizio di appello, ritenendo che la valutazione della ammissibilità della detta documentazione fosse preclusa per il fatto nel contratto preliminare mancava l’indicazione degli estremi della concessione edilizia e della intervenuta sanatoria; con ciò, secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe errato, in quanto l’art. 40 della legge n. 47 del 1985 commina la nullità (per la mancata indicazione degli estremi del titolo abilitativo) solo per i contratti ad effetti reali, e non anche per quelli ad effetti obbligatori, potendo invece la detta documentazione essere depositata in corso di giudizio fino alla pronuncia della sentenza ex art. 2932 cod. civ.
Questa censura è fondata.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, la sanzione della nullità prevista dall’art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e succ. mod., con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria, trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, ben potendo essere resa la dichiarazione o prodotta La documentazione relative alla regolarità dell’edificazione, all’eventuale concessione in sanatoria o alla domanda di oblazione e ai relativi primi due versamenti, all’atto della stipulazione del definitivo contratto traslativo, ovvero in corso di giudizio e prima della pronunzia della sentenza ex art. 2932 cod. civ., che tiene luogo di tale contratto (Sez. 2, Sentenza n. 13117 del 28/05/2010, Rv. 613173).
non poteva farsi luogo alla valutazione della indispensabilità della documentazione di cui si chiedeva l’ammissione in appello perché il contratto preliminare mancava della indicazione degli estremi della concessione edilizia e della sanatoria — ha erroneamente inteso il precetto dell’art. 40 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, incorrendo nella sua violazione, in quanto l’indicazione di tali elementi non era affatto necessaria ai fini della validità del contratto preliminare e i documenti comprovanti la concessione edilizia e la sanatoria ben potevano essere prodotti in sede di pronunzia della sentenza ex art. 2932 cod. civ. A tal fine, la Corte avrebbe dovuto valutare la indispensabilità della documentazione prodotta dall’attore ai fini della pronuncia sulla domanda di trasferimento coattivo della proprietà dell’immobile.
La sentenza impugnata va pertanto cassata sul punto, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce, perché valuti la indispensabilità della documentazione di cui in appello l’attore ha chiesto l’ammissione.
4. — Logicamente pregiudiziale rispetto al quarto e al quinto motivo di ricorso, è l’esame del sesto motivo, col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione degli ara. 101-112-183 cod. proc. civ., 24-111 Cost., nonché la nullità del procedimento, per avere la Corte territoriale rilevato d’ufficio la nullità del contratto per indeterminabilità del suo oggetto, senza previamente sottoporre alle parti la relativa questione.
Anche questa censura è fondata.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel caso in cui il giudice esamini d’ufficio una questione di puro diritto, senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione (c.d. “terza via”), non sussiste la nullità della sentenza, in quanto da tale omissione non deriva la consumazione di un vizio processuale diverso dall’error iuris in iudicando ovvero dall’error in iudicando de iure procedendi, la cui denuncia in sede di legittimità consente la cassazione della sentenza solo se tale errore si sia in concreto consumato; qualora invece si tratti di questioni di fatto ovvero questioni miste, di fatto e di diritto, la parte soccombente può dolersi della decisione, sostenendo che la violazione di quel dovere di indicazione ha vulnerato la facoltà di chiedere prove o, in ipotesi, di ottenere una eventuale rimessione in termini, con la conseguenza che, ove si tratti di sentenza di primo grado appellabile, potrà proporsi specifico motivo di appello solo al fine di rimuovere alcune preclusioni (specie in materia di contro-eccezione o di prove non indispensabili), senza necessità di giungere alla più‘ radicale soluzione della rimessione in primo grado, salva la prova, in casi ben specifici e determinati, che sia stato realmente ed irrimediabilmente vulnerato lo stesso valore del contraddittorio (Sez. U, Sentenza n. 20935 del 30/09/2009, Rv. 610517; Sez. 1, Sentenza n. 2984 del 16/02/2016, Rv. 638556).
Questo principio vale non solo per le cause instaurate successivamente all’entrata in vigore del secondo comma dell’art. 101 cod. proc. civ. (a norma del quale il giudice, se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, deve assegnare alle parti «a pena di nullità» un termine «per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione»), aggiunto dall’art. 45 comma 13 della legge n. 69 del 2009, ma anche per -che le, cause — come quella in esame, promossa con atto di citazione del 29.9.2001 — instaurate precedentemente.
Invero, questa Corte suprema ha affermato il principio — condiviso dal Collegio — secondo cui anche nel sistema anteriore all’introduzione del secondo comma dell’art. 101 cod. proc. civ., il dovere costituzionale di evitare sentenze cosiddette “a sorpresa” o della “terza via”, perché adottate in violazione del principio della “parità delle armi”, aveva un preciso fondamento normativo, costituito dall’art. 183 cod. proc. civ., che al terzo comma (oggi quarto, in virtù di quanto disposto dall’art. 2, comma 3, lettera c-ter, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge 28 dicembre 2005, n. 263) fa carico al giudice di indicare alle parti «le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione» (Sez. 3, Sentenza n. 25054 del 07/11/2013, Rv. 629138).
Nella specie, pertanto, la Corte territoriale non avrebbe potuto sollevare d’ufficio la questione della mancata individuazione catastale dell’immobile da trasferire e dei suoi confini senza indicare alle parti la relativa questione e dare loro la possibilità di difendersi sul punto, anche con la eventuale rimessione in termini ai fini della produzione dei documenti indispensabili. Anche su tale punto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio.
applicazione degli artt. 934, 1346 e 1418 cod. civ., per non avere la Corte territoriale considerato che l’indicazione esatta nel contratto preliminare dei dati catastali del suolo consentiva di individuare il fabbricato oggetto di sanatoria su di esso realizzato) e il quinto motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, per aver la Corte di Appello omesso di considerare, violando così le norme sulla interpretazione dei contratti, che l’oggetto del preliminare era determinabile sulla base del tenore del testo contrattuale) rimangono assorbiti.
6. — In definitiva, vanno rigettati il primo e il secondo motivo di ricorso; vanno accolti il terzo e il sesto motivo; vanno dichiarati assorbiti il quarto e il quinto. La sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della
[…].