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RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del … 1992 – divenuta irrevocabile il … 1993 – il Pretore di … ha condannato … in relazione ai reati contravvenzionali di cui ai capi di imputazione: a) art. 20, lettera b), della legge n. 47 del 1985, per aver realizzato un fabbricato in cemento armato senza la prescritta concessione edilizia; b) e d) artt. 18 e 20 della legge n. 64 del 1974, per aver realizzato la costruzione di cui al capo a) in assenza del preavviso scritto all’autorità competente e dell’autorizzazione dell’ufficio del Genio civile; c) artt. 2 e 13 della legge n. 1086 del 1971, per aver costruito l’opera di cui al capo a) in conglomerato cementizio armato, in assenza del progetto esecutivo redatto da un consulente tecnico qualificato. Con la medesima pronuncia il Pretore ha altresì ordinato la demolizione delle opere abusivamente realizzate.
Con ordinanza del … 2020, il Tribunale di Termini Imerese, in funzione di giudice dell’esecuzione, in accoglimento dell’istanza proposta nell’interesse di …, ha revocato l’ordine di demolizione disposto con la sentenza del Pretore di …, constatando la sopravvenienza di legittima determinazione amministrativa incompatibile con l’ingiunzione a demolire, costituita dalla positiva conclusione – nelle more della definizione dell’iter originato dall’istanza di condono presentata dalla ricorrente il … 1995 ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724 del 1994 – del percorso semplificato introdotto dall’art. 28 della legge regionale n. 16 del 2016, secondo il quale la perizia giurata presentata con le caratteristiche e nei tempi indicati dalla legge acquista efficacia di titolo abilitativo qualora non intervenga entro 90 giorni dal deposito della stessa un provvedimento negatorio dell’Ente Comunale competente. Il giudice dell’esecuzione ha rilevato, in particolare: a) la presenza in atti di una certificazione rilasciata dall’Ufficio del Comune di … attestante il decorso di 90 giorni dalla presentazione della perizia depositata il … 2019 senza l’intervento di un provvedimento negatorio; b) l’acquisizione del parere richiesto dall’art. 17, comma 6, della legge regionale n. 4 del 2003, rilasciato dall’ente preposto alla tutela del vincolo paesaggistico, rientrante tra gli enti di cui all’art. 23, comma 10, della legge regionale n. 37 del 1985; c) l’esistenza di una consulenza tecnico-scientifica redatta il … 2019 dalla …, attestante la distanza di 150 metri intercorrente tra il manufatto e la linea di costa all’epoca della sua costruzione e la mancata prospettazione di obiezioni a fronte delle emergenze rappresentate in detta consulenza.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese, lamentando, con un unico motivo di gravame, la violazione dell’art. 16 della legge regionale n. 16 del 2016, nonché vizi di motivazione del provvedimento, sul rilievo che il meccanismo di silenzio-assenso introdotto dall’art. 28 della suddetta legge non esime il giudice dall’onere di valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità del titolo “in sanatoria”, alla stregua di quanto accade in relazione all’emanazione di un provvedimento di condono edilizio, e che di tale valutazione non vi sarebbe traccia nel provvedimento impugnato. In ogni caso, l’analisi delle risultanze istruttorie avrebbe messo in luce l’illegittimità della situazione fattuale determinatasi con la conclusione della procedura semplificata di condono, non essendo la costruzione, per le sue caratteristiche, assoggettabile a sanatoria mediante formazione del silenzio-assenso. Ad avviso del Procuratore ricorrente, infatti, il giudice avrebbe dovuto condurre la sua verifica fondandosi non sulle risultanze della nuova consulenza prodotta nel corso nell’incidente di esecuzione, bensì sul contenuto della documentazione già presente in atti, dalla quale era emerso che l’immobile realizzato: a) si trovava in zona sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta ai sensi all’art. 15, lettera a), della legge regionale n. 78 del 1976, come accertato dalle note prot. 4580 del 27 febbraio 2013, prot. 9882 dell’8 maggio 2018 del Comune …, nonché in una nota datata … 2018 indirizzata dall’esecutata al responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale; b) ricadeva in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi del d.a. n. 4995 del 1967, come indicato nella nota prot. 5760 del 25 ottobre 2018 della Soprintendenza dei beni culturali e ambientali di … . Tali dati troverebbero conferma nelle relazioni tecnicostrutturali e tecnico-descrittive dell’…, attestanti la collocazione dell’immobile, all’epoca della sua costruzione, all’interno della fascia di rispetto marittima nella misura del 10%, pari a 14,17 mq, della sua superficie totale di 137,75 mq, nonché nella relazione tecnico-strutturale dell’ing. …, attestante l’impossibilità di procedere a sanatoria parziale dell’immobile mediante la demolizione della sola metratura abusiva, dal momento che tale operazione ne avrebbe compromesso irrimediabilmente la struttura, comportando il crollo dell’intero fabbricato.
3. Con requisitoria scritta del 4 novembre 2020, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha concluso nel senso della fondatezza del ricorso e del conseguente annullamento con rinvio dell’ordinanza, condividendo la prospettazione del Procuratore ricorrente, secondo la quale mancherebbe nel provvedimento impugnato qualunque valutazione, da condursi avendo riguardo alle risultanze degli accertamenti tecnici allegati alla perizia giurata, in merito alla sussistenza dei presupposti per il legittimo rilascio del titolo abilitativo.
4. Il 30 novembre 2020, l’interessata, tramite il difensore, ha depositato memoria ai sensi dell’art. 585, comma 4, cod. proc. pen., rilevando la genericità del proposto ricorso in ragione dell’assenza di specifiche contestazioni al contenuto degli elaborati tecnici attestanti l’esatta distanza del fabbricato dalla linea della costa. Si argomenta altresì che la giurisprudenza amministrativa (Tar Catania, n. 2111 del 31/08/2020), ricorrendo ad un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 15, lettera a), della legge regionale n. 78 del 1976, avrebbe ritenuto che la prevalenza dell’interesse pubblico alla pianificazione del territorio sussista solo laddove lo scopo relativo alla salvaguardia della libera fruizione del mare risulti perseguibile. Nel caso di specie, l’impossibilità di conseguire tale finalità, dovuta alla realizzazione, successiva all’introduzione della predetta legge, della linea ferrata e della sede viaria della strada statale 113, tra la linea della costa e l’immobile condonato, farebbe venire meno il presupposto applicativo della disposizione in esame. Alla memoria è allegata perizia giurata dal …, datata … 2020, con la quale quest’ultimo richiama dapprima la “Carta della tipologia costiera e dell’evoluzione delle linee di riva” dell’assessorato del territorio e dell’ambiente nell’ambito del Piano di stralcio di bacino idrogeologico (P.A.I.), Unità fisiografica …, attestante l’andamento della variazione geomorfologica della linea di battigia costiera in corrispondenza del manufatto in questione, per poi formulare osservazioni sui rilievi prospettati dal Procuratore ricorrente, evidenziando: a) la regolarità della procedura semplificata ex art. 28, comma 3, della legge regionale n. 36 del 2016, accertata dal responsabile del terzo settore del Comune …, ai sensi del comma 2 della medesima disposizione, e certificata con nota Prot. … del … 2019, con contestuale presentazione da parte della ricorrente della segnalazione di agibilità ex art. 25 del d.P.R. n. 380 del 2001, depositata con prot. n. 17080 del 7 agosto 2019; b) l’edificabilità della zona nella quale ricadeva la costruzione, indicata nel P.R.G. vigente all’epoca quale zona omogenea di tipo C\4 – “zona di villeggiatura”, con indice di edificabilità pari allo 0,75 mc/mq; c) l’inaffidabilità delle note prot. 4580 del 27 febbraio 2013, e prot. n. 9882 del 2018, attestanti la collocazione del fabbricato nell’area indicata dall’art. 15, lettera a), della legge regionale n. 78 del 1976, e l’impossibilità di regolarizzare l’edificio, in quanto cronologicamente antecedenti alla consulenza tecnico-scientifica redatta dalla … nel 2019, attestante il collocamento della costruzione al di fuori della fascia di rispetto quale presupposto per la positiva definizione della pratica di sanatoria; d) l’incompletezza della nota del … 2018 della Soprintendenza, che non terrebbe conto del fatto che la linea di battigia della costa interessata ha subito nel corso del tempo importanti variazioni morfologiche ed erosioni e che risulterebbe superata dalle nuove risultanze scientifiche; e) l’inattendibilità della valutazione compiuta dell’ing. …, essendo stata condotta secondo il metodo della sovrapposizione cartografica, inidoneo ad accertare l’esatta distanza della villetta dalla linea della battigia all’epoca della sua costruzione; f) la circostanza che, solo con l’entrata in vigore della legge regionale n. 15 del 1991, il legislatore avesse esteso ai cittadini privati il divieto di inedificabilità assoluta nella fascia di rispetto di cui all’art. 15, lettera a), della legge n. 76 del 1978, che dunque non operava all’epoca della costruzione della villetta (19…-1990); g) l’esiguità della porzione di immobile rientrante, secondo i rilievi del Procuratore ricorrente, nella fascia di rispetto marittima (pari al 10% della superficie totale dell’immobile), che non sarebbe in ogni caso d’ostacolo alla legittima conclusione della procedura di regolarizzazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato. Per costante orientamento giurisprudenziale, l’esecutività del provvedimento giudiziale applicativo della sanzione amministrativa della demolizione, e la vincolatività del relativo comando per il soggetto destinatario vengono meno, una volta definita la procedura di sanatoria, sempre che il giudice riscontri la legittimità dell’atto amministrativo in sanatoria sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge. A tal fine, occorre che la verifica del giudice si incentri, tra l’altro e in particolare, sulla previa individuazione della disciplina della normativa di condono applicabile, sull’esame della legittimazione del richiedente, sulla tempestività della domanda, sul rispetto dei requisiti strutturali e temporali delle opere, sull’esame del tipo di vincolo esistente al fine di stabilire la condonabilità o meno delle opere stesse, sull’analisi dei requisiti volumetrici o anche di destinazione d’uso assentibili, dando atto specificamente degli esiti di ciascuno di tali approfondimenti e dei relativi motivi (ex plurimis, Sez. 3, n. 37470 del 22/05/2019, Rv. 277668; Sez. 3, n. 9145 del 01/07/2015, Rv. 266763; Sez. 3, n. 764 del 02/12/2010, Rv. 249308; Sez. 3, n. 25485 del 17/03/2009, Rv. 243905; Sez. 3, n. 11051 del 30/01/2003 Rv. 224346; Sez. 3, n. 3196 del 27/11/1998, Rv. 213010).
Tale doverosa disamina si rendeva necessaria anche nella fattispecie in esame, caratterizzata da una disciplina frammentata per il succedersi nel tempo di diversi interventi normativi regionali, volti a facilitare i Comuni nell’espletamento delle procedure di condono edilizio pendenti. L’operatività di siffatti meccanismi, allorquando l’immobile interessato sia destinatario di un ordine di demolizione contenuto in un provvedimento di natura giurisdizionale, è subordinata, in conformità agli orientamenti giurisprudenziali sopra richiamati, alla previa verifica da parte del giudice circa la sussistenza dei presupposti per l’avvio della procedura e per la conclusione della stessa tramite il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria. Nel dettaglio, viene in rilievo la particolare procedura di semplificazione nell’ottenimento del titolo in sanatoria contemplata dall’art. 28 della legge regionale siciliana n. 16 del 2016, il quale ha previsto un meccanismo di silenzio-assenso che ha la stessa natura giuridica del rilascio del titolo abilitativo comunale. Tale disposizione, rubricata “perizia giurata per le procedure di condono edilizio” prevede che: «i titolari degli immobili, che hanno presentato istanza di condono edilizio, possono depositare dalla data di entrata in vigore della presente legge una perizia giurata di un tecnico abilitato all’esercizio della professione, iscritto in un albo professionale, attestante il pagamento delle somme versate per l’oblazione e per gli oneri di urbanizzazione nonché il rispetto di tutti i requisiti necessari per ottenere la concessione in sanatoria, oltre la copia dell’istanza di condono presentata nei termini previsti dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47, dalla legge 23 dicembre 1994, n. 724 e dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 (comma 1). Gli interessati, inoltre, per il periodo 2008-2013, allegano, ove previste, le ricevute di versamento delle imposte comunali sugli immobili e quelle per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (comma 2). Le pratiche di cui al comma 1 sono sottoposte ad accertamenti a campione nella misura minima del 5 per cento delle perizie presentate. Trascorso il termine di 90 giorni dalla data di deposito della perizia, senza che sia stato emesso provvedimento con il quale viene assentito o negato il condono, la perizia acquista efficacia di titolo abilitativo (comma 3)».
Alla luce del tenore letterale della disposizione, il silenzio-assenso si forma a condizione che vi sia rispondenza della domanda di condono edilizio ai requisiti previsti dalla legge per il prodursi dell’effetto sanante, attestati documentalmente tramite perizia giurata. A tal fine, la perizia depositata dalla difesa, che documenterebbe la presunta distanza di 150 metri intercorrente tra la maggior parte del manufatto all’epoca della sua costruzione e la linea di costa, è inidonea a costituire titolo legittimante, perché rappresenta un quid novi che potrebbe al più fondare, nella misura in cui lo stesso sia sopravvenuto o sia stato ignorato dal giudice che non ne abbia tenuto conto nella decisione, un’istanza di revisione del processo ex art. 629 cod. proc. pen. Per le medesime ragioni risulta del tutto inconferente l’ulteriore documentazione tecnica allegata dalla difesa alla memoria depositata nel presente giudizio, risultandone precluso l’esame in questa sede, per la natura del giudizio di cassazione, in cui non sono consentite valutazioni di merito.
Il giudice dell’esecuzione, dunque, avrebbe dovuto valutare la conformità alla legge dello stato di fatto, avuto riguardo al contenuto complessivo della documentazione presente in atti, non limitandosi alla sola perizia giurata.
Diversamente, con il provvedimento impugnato il giudice ha disposto la revoca dell’ordine di demolizione, effettuando una mera elencazione delle circostanze da cui ha desunto la sussistenza dei requisiti richiesti per il rilascio del provvedimento in “sanatoria”, senza svolgere alcuna verifica in ordine all’attendibilità delle certificazioni allegate e senza motivare, neppure sinteticamente, il proprio convincimento; rendendo, dunque, una motivazione apparente.
Anche prescindendo da tali assorbenti considerazioni, non può sottacersi il fatto che dagli atti richiamati nel ricorso per cassazione, oltre che dal testo motivazionale della sentenza pretorile, emerge altresì che l’opera, costituita da un fabbricato in conglomerato cementizio a due elevazioni, sia stata costruita in area sottoposta a vincolo paesaggistico, di inedificabilità assoluta e a rischio sismico, con conseguente mancato rispetto del divieto normativamente imposto di condono edilizio nel caso in cui l’area sulla quale insiste la costruzione sia sottoposta a tali vincoli. Sul punto, vale la pena ricordare che la norma statale dettata in materia di regolamentazione dell’attività edilizia, con la quale è stato previsto il regime dei titoli abilitativi, è destinata a prevalere sulla disciplina regionale, ancorché dettata da una regione a statuto speciale avente competenza esclusiva in materia urbanistica, conformemente a quanto ritenuto dalla stessa Corte costituzionale, la quale, con la sentenza n. 303 del 2003, ha affermato che, quanto all’attività urbanistico-edilizia, lo Stato ha mantenuto la disciplina dei titoli abilitativi come appartenente alla potestà di dettare i principi della materia. Sempre secondo un’interpretazione costituzionalmente corretta della competenza primaria riconosciuta alla Regione Siciliana, inoltre, la “deroga” alla disciplina nazionale deve essere limitata alla materia dell’urbanistica e non può essere estesa alle materie della disciplina edilizia antisismica e delle costruzioni in conglomerato cementizio armato. Infatti, lo Statuto speciale, che in via di eccezione riconosce la competenza primaria della Regione Siciliana, fa riferimento soltanto alla materia “urbanistica”, che attiene all’assetto e al governo del territorio, mentre la legislazione antisismica e quella sulle costruzioni in cemento armato si riferiscono a materie diverse, che attengono alla sicurezza statica degli edifici e – come tali – appartengono alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, comma 2, Cost. (cfr. Sez. F, n. 46500 del 30/08/2018, rv. 2741730; Sez. 3, n. 30657 del 20/12/2016, rv. 270210; Sez. 3, n. 28560 del 26/03/2014, rv. 259938; nel senso di una interpretazione restrittiva, costituzionalmente conforme, dell’ambito di applicazione della potestà legislativa esclusiva regionale, cfr. anche Sez. 3, n. 44957 del 02/07/2019, Rv. 277264; Sez. 3, n. 7400 del 20/12/2016, dep. 16/02/2017, Rv. 269193; Sez. 3, n. 45977 del 27/10/2011, Rv. 251341). In conclusione, l’art. 28 della legge della Regione Siciliana n. 16 del 2016 – per quanto qui rileva – deve essere interpretato nel senso che il meccanismo del silenzio-assenso ivi previsto non esclude il controllo del giudice penale sul rispetto di tutti i requisiti necessari per ottenere il condono edilizio e, riferendosi esclusivamente ai profili urbanistici, non può trovare applicazione in presenza di vincoli che comportino l’inedificabilità. […]